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Archivio per il mese di Luglio 2006


venerdì 14 Luglio 2006, 02:07

Traffic (day 1)

Sono appena tornato dalla prima serata di Traffic. Che dire? Sicuramente si tratta di un evento, il più grande festival gratuito in Italia; la serata di stasera è stata un successone di pubblico (direi almeno cinquantamila abbondanti, una marea che si stendeva a perdita d’occhio) ma mi ha lasciato parzialmente perplesso.

Sono arrivato tardi (il perchè ve lo racconterò domani) e così ho visto solo metà del concerto di Caparezza, che però ho trovato eccellente, persino sopra le attese. A me Caparezza piace parecchio, sia per la parte ritmica e musicale che per le giocolerie di parole; concede molto al fan service, tra citazioni anni ’80 e parolacce, e ha un numero limitato di temi, ma se li gioca bene.

Mi aspettavo però che dal vivo fosse tutto un set di campionamenti registrati, il che tra l’altro di solito provoca terribili problemi di mixer e risultati pessimi. Al contrario, Caparezza ha una band, e tra l’altro pesta anche parecchio! Di conseguenza i pezzi hanno un gran tiro; e segnalo la chiusura trionfante, prima con Dalla parte del toro, introdotta dicendo “E’ un piacere speciale suonarla qui a Torino”, mentre la band esibiva al completo magliette granata; e poi con Vengo dalla luna, che è stata cantata in coro dalla piazza in gran delirio.

Nel frattempo, però, il catino (ex pozza d’acqua cementata) della Pellerina si era completamente riempito, e così sono andato a farmi un giretto, ascoltando in sottofondo i francesi La Phaze, raccomandati da Manu Chao; all’inizio ero scettico, ma poi mi sono sembrati interessanti, con uno strano mix tra l’house-elettro-pop alla Subsonica e organini-chitarre anni ’70. Approfondirò; nel frattempo vi segnalo che sul retro, alla sinistra del palco, c’è una collinetta da cui si può vedere perfettamente il tendone sotto cui mangiano e si preparano gli artisti (ho visto la cena di Caparezza!).

Sono tornato per Manu Chao, che ha preso il palco alle undici e un quarto; a quel punto c’era il pienone, e io, pur essendo molto di lato, ai bordi del denso e avendo ancora parecchia gente dietro di me, ero ad almeno trenta metri dal bordo del palco (fosse che fossimo centomila?).

Bene, la prima mezz’ora mi ha convinto: Manu Chao è un bluff colossale! Io l’ho sempre apprezzato parecchio, sia per quel sapore anti-imperialistico e colorato dato dal mix continuo di lingue, sia per i ritmi ossessivi e ipnotici. Eppure, la prima mezz’ora, artisticamente parlando, è stata il nulla assoluto.

A quanto pare, Manu Chao per “concerto” intende il prendere una canzone indistinguibile dalle altre, eseguirne il ritmo solo strumentale per un paio di minuti per prendere tempo, cantarne una strofa, poi improvvisamente, proprio nel momento più struggente della canzone, raddoppiare il tempo e saltellare, infilando ogni tanto una esclamazione a caso tra “Canta!”, “Sube!”, “Oh-oh-oh-oh!” e “[insert city name here]!”. Alle volte anche mescolate, tipo “Canta [insert city name here]!”. Poi rallenta di colpo, fa la faccia compiaciuta perchè nessuno della band ha mancato il cambio di ritmo, e riprende il ciclo dal principio. Peccato che se avessi voluto fare dello spinning sarei andato in palestra!

Ogni tanto, comunque, inserisce anche qualche messaggio politico; a un certo punto arringa la folla a proposito di “el mas grande terrorista del mundo, el hombre mas peligroso, el presidente George W. Bush!” – e lì, ovviamente, centomila persone fanno buu all’unisono. Inoltre, all’inizio sale con la bandiera “No Tav”, che mostra anche alla fine; e devo dire che la coerenza nell’andare a fare la superpagata superstar a un concerto finanziato quasi interamente dal Comune di Torino e dalla Regione Piemonte, per poi fare l’alternativo anti-tutto e contro i progetti di quelle stesse istituzioni, mi sfugge alquanto. Da contribuente, mi sento un po’ preso in giro.

Arriva Me gustas tu; canzone delicatissima, con quel ritornello bilingue confuso e notturno:

Que voy a hacer je ne sais pas
Que voy a hacer je ne sais plus
Que voy a hacer je suis perdu
Que horas son, mi corazon

che ognuno in piazza dedica a una persona speciale (almeno, io l’ho fatto). Siccome questo gioiellino viene devastato eseguendolo in una versione speed metal funzionale ad ulteriore spinning, mi indigno e sto per metterci una pietra sopra; ma proprio allora il concerto decolla un pochetto. Lui esegue Clandestino (cantata in coro, anche se di “peruano clandestino” alla folla pare non fregare molto, quello che indigna e smuove le ugole è chiaramente solo “marijuana illegal”), e poi anche Desaparecido, canzone simbolo di chi nella vita cerca una casa e non la trova, non solo in senso letterale.

Proprio mentre la piazza ancora ondeggia cantando “cuando llegarè, cuando llegarè”, arriva a sorpresa sul palco Roy Paci e ribalta la situazione. Ecco, con un trombettista (e che trombettista) sul palco, finalmente si comincia a sentir della musica, e non un mix tra BGM da palestra e Il Peggio dei Gipsy Kings. Roy strega tutti con un assolo incredibile, e poi accompagna ancora un paio di pezzi.

A quel punto tutti pensano che sia finita, e invece no: Manu saluta la folla almeno dieci volte, ma ogni volta insiste nell’attaccare “a sorpresa” un nuovo brano, fino a che la gente sui lati, già visibilmente scemata, ha l’aria di voler cercare un fucile per abbatterlo da lontano e poter finalmente andare a casa. Nel frattempo, altra gente completamente strafatta comincia a cadermi sui piedi. Tra i bis, almeno c’è un pezzetto di Mentira“mentira la mentira, mentira la verdad”: quanto ci sono affezionato dai tempi bui – ma anche questo massacrato; e poi c’è il quinto o sesto finale con Bongo Bong, la canzone che lo lanciò, con quella linea di basso eccezionale.

Bon, il concerto finisce praticamente all’una, un’ora dopo il consentito: saranno contenti i vicini. Ma almeno abbiamo quasi completamente schivato la pioggia; in compenso, una massa di gente così non s’era mai vista. Vedremo domani e dopodomani, dove il livello secondo me sale, e quindi ci sarà meno gente.

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giovedì 13 Luglio 2006, 08:52

Si chiama mercato (ancora su Lidl)

E’ da un po’ che volevo dare un seguito all’originale post su Lidl, che è tuttora uno dei più commentati di questo blog. Ma stamattina ne parla anche Grillo (ricordo, per chi se lo fosse perso, cosa penso di lui) e quindi non me ne posso più esimere.

Grillo riporta la lettera di un dipendente Lidl, direttore di supermercato, che si lamenta, a fronte di 29.000 euro lordi l’anno, di condizioni di lavoro disumane, fino a 16 ore al giorno, mobbing vario eccetera (per i dettagli vedete il sito di Grillo). Naturalmente, Grillo la riporta senza nessuna forma di contraddittorio, senza nemmeno aver chiesto all’azienda una spiegazione; ma ammettiamo pure che tutto quel che c’è scritto sia vero.

Bene, io mi limito a notare che si chiama “mercato del lavoro” perchè ci sono una domanda e un’offerta. Lidl offre uno stipendio piuttosto elevato per quel genere di lavoro e di qualificazione professionale, e in cambio pretende una quantità di lavoro superiore alla media. Non ti piace? Nessuno ti obbliga a stare lì: puoi cercare un altro lavoro dove ci sia meno da fare, anche se ovviamente ti pagheranno di meno (e ci mancherebbe).

Tra l’altro, ho un amico che fa il direttore di supermercato, in una catena concorrente, francese. Non so cosa guadagni adesso, ma fa la stessa identica vita descritta nel post di Grillo; addirittura si è dovuto trasferire da Torino a Roma su richiesta dell’azienda. E i prezzi delle altre catene sono più alti; allora preferisco ancora Lidl, che spreme le persone al massimo esattamente come tutti gli altri, ma almeno non si intasca il risparmio conseguito, e lo gira almeno in parte ai clienti.

In un certo senso, io vado da Lidl anche perchè è capace a far lavorare di più i propri dipendenti, e quindi di offrirmi prezzi migliori; siccome ho sentito parlare di turni massacranti e tagli sui permessi, ma non certo di bambini che inscatolano biscotti o di gente picchiata sul posto di lavoro, non mi sembra che vada oltre al lecito. Se davvero lo fa su cose che non possiamo vedere, su ferie, malattia e così via, basta rivolgersi alla legge o ai sindacati. Lamentarsi e basta mi sembra scorretto; se ci sono dei fatti specifici, che li si sollevi nelle sedi opportune. Ma le cassiere che incrocio regolarmente tutte le settimane non mi sembrano nè deperite, nè depresse, nè incazzate, nè diverse dalle cassiere di qualsiasi altro supermercato.

Chiudo con un pensiero per Beppe: sei divertente, hai talento, hai il merito di tirare fuori faccende di cui gli altri spesso non parlano, ma… sai com’è, nel giornalismo ci sarebbe anche un’etica professionale. Trovo molto scorretto sparare a zero (su chiunque, azienda o persona che sia) senza prima averle dato l’opportunità di fornire una replica e di pubblicarla fianco a fianco alle accuse. Ma poi, si sa, c’è il rischio che, esaminato in modo imparziale, il caso si sgonfi… e se Grillo non trova una persona al giorno da bruciare, come fa a mantenere il traffico elevato?

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mercoledì 12 Luglio 2006, 22:44

[[Backyard Babies – The Mess Age (How Could I Be So Wrong)]]

Insomma, questa è la settimana del Traffic, domani Manu Chao e Caparezza, dopodomani Franz Ferdinand, sabato gli Strokes, tutto gratis alla Pellerina. Ma io ho sentito questa canzone per caso, stamattina su Radio Flash, e mi è subito entrata come un coltello nel cervello.

Ho detto: ehi! Ma è Alice Cooper! No, aspetta, sono gli AC/DC! No, invece, sono quattro svedesi sconosciuti ai più (anche se hanno suonato da poco all’Hiroshima, e per questo Flash li manda ancora) che però da vent’anni fanno del dannato hard rock’n’roll come si deve, come si faceva prima che November Rain ce lo facesse ammosciare a tutti.

Il resto del disco è carino ma non troppo all’altezza, anche se è tutto orecchiabile, con un buon tiro, diciamo del livello dei più pubblicizzati The Darkness. Ma questa canzone, oh signori, l’avrebbe potuta scrivere davvero Alice a fine anni ’80, e non avrebbe sfigurato nemmeno dentro Trash. D’altra parte, guardate un po’ come è conciato il cantante nel video

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mercoledì 12 Luglio 2006, 20:37

Voglio tornar bambino

Finalmente abbiamo scoperto che cosa ha detto Materazzi a Zidane, almeno stando alla denuncia televisiva dello stesso giocatore ex gobbo. A far infuriare Zidane non è stato un invito a trasferirsi all’Inter, ma “parole più dure di un pugno” rivolte “a mia mamma e a mia sorella”. Anche fosse vera la versione del Guardon, pardon del Guardian, secondo cui Materazzi si sarebbe vantato di attività sessuali svolte con la madre di Zidane – la quale, peraltro, dichiara ai giornali di non averle gradite – viene da chiedersi: ma è realistico pensare che un giocatore di trentaquattro anni, che ha giocato ai massimi livelli in tutto il mondo, venga sconvolto in questo modo da uno scambio di piacevolezze di quelli che accadono tutti i giorni, non solo sui campi di calcio di qualsiasi categoria, ma anche tra i guidatori ai semafori e nelle code all’ufficio postale?

Se davvero Zidane è così puerile da non capire che le provocazioni di Materazzi (peraltro noto e odiato da sempre, nell’ambiente, esattamente per questo genere di bastardaggini) vanno prese con filosofia, tanto sarebbe valso che si fosse messo direttamente a piangere chiamando la suddetta mamma.

Eppure, pare che Zidane non sia il solo a cui il calcio provoca la regressione a stadi infantili: nientepopodimenoche il direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, si è presentato a un serissimo convegno a cui presenziavano Giuliano Amato e il francese Jean-Claude Trichet, direttore della Banca Centrale Europea, portando teneramente per mano proprio Materazzi, solo per sfottere il suddetto Trichet. Non mi è dato sapere come faccia Mieli a disporre in questo modo di quel bel ragazzone, ma, ad ogni modo, anche questo episodio non mi è sembrato il massimo della maturità.

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martedì 11 Luglio 2006, 23:20

Punti, pollici, pixel

Oggi ho comprato un timbro online (sì, lo Stato Italiano richiede ancora ad ogni azienda, non importa quanto piccola, di avere un timbro, per poter inviare domande di vario genere). Bene, mi hanno chiesto di inviare l’immagine da imprimere sul timbro, e hanno specificato che i caratteri dovevano essere alti almeno “6 pt”. E qui sono andato in crisi… quanto sono 6 pt?

Alla fine, con un po’ di ricerca, credo di aver scoperto che 1 pt (punto) è equivalente alla dimensione dei pixel di un monitor a 72 dpi (pixel per pollice); si tratta quindi in realtà di una misura di lunghezza reale, pari a 1/72 di pollice, ossia circa 0,35 millimetri.

Quindi, per convertirla in pixel – che è una unità di lunghezza virtuale, relativa all’immagine digitale – è necessario passare attraverso la risoluzione dell’immagine, ossia i dpi; in una immagine a 72 dpi, 1 pt = 1 pixel, ma in una immagine a 600 dpi, ad esempio, 1 pt = 600/72 = 8,33 pixel. Nella mia immagine a 1200 dpi, quindi, 6 pt = 6*1200/72 = 100 pixel.

Però non c’è per caso qualche grafico in ascolto, che può confermarmi che ho capito bene come funziona?

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martedì 11 Luglio 2006, 09:17

Rosica

Certo, rosica: dicono che abbia guardato la partita da solo, nella sua villa in Sardegna, e poi sia risalito ieri mattina su un aereo per Milano con un diavolo per capello. Ma mettetevi un po’ nei suoi panni: prima perde le elezioni grazie a un complotto comunista che invia migliaia, ma che dico milioni, di agenti rivoluzionari nei seggi per cancellare i voti per Forza Italia; e nonostante riconteggi, proclami e richieste di intervento ai premier europei, all’ONU, all’ispettore Derrick e a Paperinik, non riesce ad aver ragione. Poi ridiventa Presidente (del Milan), e subito la sua squadra viene pescata a raccomandarsi ai guardalinee fino a rischiare la serie B. E infine, gli tocca vedere Prodi che alza la Coppa del Mondo insieme a Cannavaro – quando a lui sono toccati solo la Corea di Trapattoni, la crisi economica e l’undici settembre.

Oh, però, pensandoci bene – non è che Berlusconi porta sfiga?

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lunedì 10 Luglio 2006, 01:14

Fratelli d’Italia

Bene, abbiamo vinto il mondiale di calcio; una cosa che capita, se va bene, ogni vent’anni.

E subito dopo, abbiamo scoperto Rino Gattuso (chapeau), che ha rilasciato una intervista a caldo che sotto l’accento calabrese aveva la raffinatezza, l’autoironia e l’acume di un corsivo di Gramellini; e tutti gli altri giocatori, che hanno detto quasi sempre cose più intelligenti, più argute, più interessanti di tutta la corte di pseudogiornalisti e pseudocommentatori che alle loro spalle parla dagli studi televisivi.

In generale, triste a dirsi, questi giocatori hanno mostrato per contrasto tutta la pochezza della nostra attuale classe politica; il presidente Napolitano che sembrava stare in piedi a stento e a malapena capire dove fosse, e i cui occhi dicevano “portatemi a dormire, non ne posso più”; l’imbellettata Melandri che ha detto qualcosa di talmente banale che non me lo ricordo nemmeno; e soprattutto l’ineffabile Mastella, che ha imposto la sua presenza (chiaramente ingiustificata, non essendo nè Presidente nè Ministro dello Sport) come un avvoltoio, costringendo a togliere la parola a Buffon, solo per parlare a sproposito di amnistie per “calciopoli” che persino i giocatori stessi si vergognano a ipotizzare, e probabilmente nemmeno vogliono.

Eppure, è difficile spiegare che cos’è una vittoria della Coppa del Mondo a chi non mastica la nostra cultura. Per me è diventata importante man mano, specie dopo aver assistito alle partite in un ambiente internazionale come il meeting di ICANN. All’inizio, l’antipatia per questi calciatori viziati di squadre corrotte era forte; eppure, alla fin fine, è pur sempre la mia bandiera che difendono, e il piacere di sistemare prima i tedeschi e poi i francesi, permettendomi due buoni anni di sfottimento continuo nei prossimi meeting, non ha prezzo. E se è così per me, immagino come dev’essere per i nostri emigranti; ma anche per i nuovi italiani, per gli immigrati di cultura nordafricana e lingua francese che stasera, a Porta Palazzo, tifavano Italia. O anche, semplicemente, per i ragazzini nelle nostre strade che tra trent’anni ricorderanno questa notte coi lucciconi agli occhi, o per la gente normale, che fatica a tirare avanti, ma che per una sera può sentirsi padrone del mondo.

Già so che in queste ore, sui blog italiani, compariranno vari commenti con la puzza sotto il naso; e tutto questo rumore per un pallone, e non si può dormire la notte, e che schifo il nazionalismo e l’amor di patria. Ma l’identità nazionale è un elemento fondamentale del proprio sè; in un mondo globale, dove amare la diversità è un obbligo e insieme un gran piacere, è anche necessario sapere da dove si viene, ed esserne orgogliosi.

Insomma, “ama il prossimo tuo come te stesso” è un comandamento fondamentale anche a livello di culture e di nazioni; e noi italiani, purtroppo, troppo spesso dimentichiamo di amare la nostra Italia. Se può essere una partita di calcio – suprema metafora della vita – a ricordarcelo, che ben venga un mondiale ogni tanto.

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lunedì 10 Luglio 2006, 00:43

Traffico mondiale

Certo, avevo messo in conto che per tornare a casa dalla Val d’Aosta, oggi pomeriggio, avrei trovato un po’ più di traffico per via della gente che tornava a casa in tempo per vedere la partita. Ma non avrei mai pensato di impiegarci tre ore e un quarto invece dei canonici 70 minuti…

Per cominciare, la coda per prendere il biglietto ed entrare in autostrada al casello di Verrès iniziava nel centro del paese… di Challand-St-Victor, cinque chilometri più su. Nonostante Isoradio menzionasse (ma con gran dovizia di particolari) soltanto ingorghi che ricadessero entro la provincia di Roma, sulla A5 c’erano quaranta chilometri di macchine praticamente ferme, fino a Ivrea.

A Ivrea, come al solito, tutti i SUV e le Audi dei milanesi rientrano a destra, tagliandosi la strada a vicenda, per prendere il raccordo per Santhià; e così, la strada si libera un po’ per le 147 e le Punto che proseguono per Torino. Certo, il traffico era intenso, e sulla corsia di sinistra si faceva continuamente l’elastico tra i 130 e i 170; la strada si è liberata solo quando una macchina una decina di posizioni davanti a me è finita nel fosso (senza gravi danni per forutna) e tutti gli altri si sono fermati a guardare. Peccato per i tre chilometri di coda al casello, che si potrebbero evitare se ci fosse una corsia separata per Viacard e Telepass (visto che tutti alla fine vanno nelle due porte non meccanizzate), ma è chiedere troppo.

In compenso, nell’intervallo della partita ho cambiato sede, con ovvia fretta, e ho impiegato nove minuti e trenta secondi da casa mia (piazza Massaua) a casa di amici (oltre via Artom), un percorso che normalmente, fuori ora di punta, richiede almeno il doppio. Ho preso solo tre o quattro rossi minori, e a bassa velocità; ma non è stato un problema, visto che ero assolutamente l’unica auto in giro o quasi, e ho avvistato un paio di altri frettolosi e raminghi solo in qualche incrocio principale. Insomma, non so quand’è che potrò rifare i 130 all’ora in via Guido Reni

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sabato 8 Luglio 2006, 12:39

Il peso del gas

Poco fa, subito prima di andare a farmi un giro solitario nella mia casa in montagna, sono andato a fare la spesa al Lidl, e poi sono ripassato un attimo da casa per posare un po’ di roba.

Percorrendo la strada con una cassa d’acqua gasata in una mano e una cassa di Freeway Cola Light nell’altra, mi sono stupito: anche se dal lato dell’acqua avevo anche un paio di sacchetti, il lato della cola sembrava molto più pesante… ma proprio di netto.

Arrivato a casa, quindi, ho pesato le due casse (sei bottiglie da 1,5 litri l’una, impacchettate al risparmio nel cellophane più leggero che c’è: siamo pur sempre al Lidl). Quella d’acqua, come prevedibile, pesava poco più di nove chili; quella di cola, invece, pesava quasi tredici chilogrammi!

Ora, mi sono chiesto che cosa possa essere a determinare la differenza di peso, che peraltro non mi sembrava di aver mai notato in passato. Le bottiglie in sè sembrano sostanzialmente uguali, e del resto mezzo chilo in più a bottiglia si noterebbe subito. Il livello di riempimento pure; l’involucro di cellophane non sembra significativamente diverso. E allora, escludendo che ci sia un tondino di ferro o un topo morto in una delle bottiglie di cola (cosa che comunque verificherò man mano che le bevo), che cosa potrà essere? Non è che hanno esagerato ad aggiungere gas alla mia cola?

Qualsiasi suggerimento o buona idea è il benvenuto: domani pomeriggio, al ritorno, voglio trovare il problema risolto!

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sabato 8 Luglio 2006, 12:32

Nuovi biscotti!

Al mio Lidl di fiducia c’è stata una novità entusiasmante nella zona dei biscotti (dell’unica marca disponibile, la mai abbastanza lodata Ital d’Oro). Accanto ai già consolidati Fior di cacao (= Pan di stelle), Fior di panna (= Macine) e Fior di grano (= Tarallucci), sono improvvisamente comparsi Fior di latte e riso (= quei biscotti romboidali un po’ grezzi di cui non ricordo la denominazione normalizzata Mulino Bianco), Fior di zucchero (= Galletti) e soprattutto Fior di cioccolato (= Gocciole)! Ho prontamente acquistato questi ultimi: vi saprò presto dire se sono buoni. Grazie, Lidl, per aver espanso la gamma prodotto, venendo incontro alle esigenze di noi consumatori!

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