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Archivio per il mese di Settembre 2006


lunedì 18 Settembre 2006, 18:38

Vecchi, furiosi e combinaguai

Bene, ho visto che il mio post minimalista sulla morte di Oriana Fallaci ha scatenato una pioggia di commenti, anche piuttosto accesi. A questo punto mi sento in dovere di precisare meglio la questione, e di proporre un punto di vista spero interessante.

La storia della Fallaci è nota a tutti; una giornalista anticonformista, laica ed emancipata, cosmopolita e conosciuta in tutto il mondo, idolo delle femministe e della sinistra e come tale adorata, persino al di là delle sue oggettive qualità artistiche, come giustamente obiettava Bruno; che negli ultimi anni diventa ancora più famosa per una serie di posizioni estremamente dure – sicuramente intolleranti, c’è chi dice razziste – contro l’Islam.

Noi, però, spesso commettiamo l’errore di giudicare le persone da quello che dicono, senza cercare di capire da dove arrivano quei pensieri. E’ invece soltanto attraverso la compassione – in senso proprio, cioè sentire insieme, immedesimarsi nelle emozioni e nei sentimenti delle persone – che si può cercare di comprendere ciò che passa nella testa di una persona.

La chiave di interpretazione, per me, sono state due frasi dell’intervista postuma che La Stampa ha pubblicato sabato mattina, citate direttamente in prima pagina. La prima frase diceva più o meno “Ho avuto una vita difficile e infelice, non capisco perchè tutti mi detestino”; e la seconda “Invidio tutte le donne incinte, perchè stanno per diventare immortali; io ho preso l’abitudine di chiamare bimbi i miei libri, ma è una magra consolazione”.

In altre parole, mi immagino la Fallaci come una vecchia signora frustrata dalla solitudine e dal rimpianto per alcune delle scelte e dei casi della vita (si sa che il suo unico grande amore morì in prigione dopo un paio d’anni, torturato dai colonnelli greci). In tutte le persone infelici esiste la necessità psicologica di trovare qualcun altro con cui prendersela, per evitare di pensare troppo a prendersela con se stessi. Per questo scopo, come “brutti e cattivi” e allo stesso tempo fornitori di una santa missione con cui giustificare la propria esistenza, gli islamici sono perfetti.

Naturalmente, non c’è solo questo; le argomentazioni della Fallaci hanno certamente delle basi filosofiche, per quanto io non le condivida affatto. Ma questo, secondo me, spiega la fissazione ossessiva con cui, in vecchiaia, lei si è concentrata su questo solo argomento; nonchè la cattiveria, la violenza verbale e l’assoluta mancanza di dubbi con cui sostenere le proprie opinioni. Perchè, se pensi di aver sacrificato una parte significativa della tua felicità alla difesa di una causa collettiva, ammettere dubbi e deviazioni dalla causa stessa corrisponde ad ammettere i dubbi (sicuramente covati) sulle tue scelte di vita.

In questo, la Fallaci è tutt’altro che un caso isolato (del resto la vecchiaia porta comunque con sè una sclerotizzazione dei valori e delle visioni del mondo, e penso che non si possa continuare a essere onestamente di sinistra dopo i sessant’anni). Un’altra persona, un tempo illuminata ed arguta, che in vecchiaia diventa puerilmente ossessionata e concentrata su un presunto nemico è il Forattini con la bava alla bocca contro D’Alema e compagni.

E poi, c’è il mistero del Rottweiler di Dio, che insiste nel rilasciare dichiarazioni che farebbero impallidire un inquisitore rinascimentale: tutte le opinioni sono legittime, ma chi di noi, se non sotto effetto di stupefacenti, citerebbe in pubblico come maestro di pensiero un imperatore medievale che era violento, totalitario e bigotto pure per quell’epoca, tanto da metterselo fin nel patronimico? Si dimostrerà un vecchio rancoroso anche lui, o possiamo sperare che metta giudizio?

La cosa veramente preoccupante, a ben vedere, è che le paturnie esistenziali o le antipatie senili di un vecchio o di una vecchia possano finire per alimentare conflitti mondiali, o perlomeno per scatenare un po’ di ammazzamenti in giro per il mondo. Forse sarebbe bene che gli anziani, non importa quanto potenti o geniali siano stati nell’età adulta, si ritirassero in buon ordine quando l’arteriosclerosi comincia ad avanzare.

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domenica 17 Settembre 2006, 23:56

Overbooking

Circa tre ore fa, all’aeroporto di Francoforte, arrivo al gate del mio volo per Torino – in teoria, pochi minuti prima che finisca l’imbarco – e trovo una folla di gente sparpagliata e pigiata nella sala e attorno al bancone; molta di più di quella che può entrare in uno dei (relativamente) piccoli aerei da meno di 150 posti che Lufthansa usa sulla tratta.

Pochi secondi dopo, la signorina prende in mano il microfono e fa il seguente annuncio: “Il volo è esaurito a causa di overbooking. Stiamo ancora cercando alcuni passeggeri disposti volontariamente a partire domani mattina con l’aereo delle 8,55. Offriamo il pagamento dell’albergo, della cena, della colazione e un buono da 350 euro oppure 250 euro in contanti.”

La reazione, contrariamente alle aspettative, è tiepida. Anche io, in effetti, mi pongo il problema: potrei arrivare in ufficio più tardi, non ho nessuno che mi aspetta a casa, perchè non restare? La cifra offerta non è affatto piccola. Poi mi faccio un esame di coscienza, e decido che sono troppo stanco, ho già dormito in albergo stanotte, non ho voglia di cenare da solo e ho soltanto il desiderio di arrivare a casa.

Dopo un po’, comunque, ci ripenso e mi avvicino; tuttavia, mancano solo tre volontari e siamo in quattro potenziali interessati, e gli altri tre sono un gruppo di ragazzi più giovani di me che hanno passato i cinque minuti precedenti a dirsi con entusiasmo “Ehi, ma è quello che guadagno in una settimana!” o “Fico, finalmente cambio il computer!”. Decido che, in effetti, non ho particolare bisogno dei soldi – sicuramente meno di loro – e ascolto la mia voglia di casa.

Ad ogni modo, se l’offerta vi sembra strabiliante, ripensateci: difatti, come ho scoperto ascoltando le conversazioni in sala, a Francoforte c’era una fiera che è finita oggi, e mezzo aereo era riempito da uomini d’affari che tornavano indietro. E’ ampiamente probabile che alcuni di questi si siano svegliati all’ultimo; e lo stesso volo intraeuropeo in economy che con qualche settimana d’anticipo Lufthansa ti dà per 100 euro più tasse, se comprato due giorni prima può costarne tranquillamente 700 o 900, cifra che di tasca mia non pagherei, ma che per un manager, essendo sborsata dall’azienda, non è mai un problema. Nei 600-800 euro di differenza ci stanno tranquillamente sia l’albergo e la cena che i 250 euro in contanti per chi resta a piedi; a Lufthansa conviene quindi vendere questi biglietti anche se il volo è già pieno, e ci guadagna comunque parecchio.

Apprezzo però il fatto che, invece di limitarsi a beccare gli ultimi che arrivano e dirgli “rimanete a terra, questo è il buono per l’albergo e ci vediamo domani”, Lufthansa cerchi dei volontari e li compensi in modo comunque significativo. Non credo che tante altre compagnie facciano lo stesso.

P.S. Anche nel corso di questo giro finesettimanale ho timbrato tutte le caselle: mi sono difatti precipitato in bagno in tutti e tre gli aeroporti coinvolti (nell’ordine Franz-Josef-Strauss, Tegel e Francoforte). Ma l’aria di aeroporto sarà diuretica?

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venerdì 15 Settembre 2006, 14:30

Non sono sempre i migliori che se ne vanno

Dialogo avvenuto cinque minuti fa (mentre scrivevo la bloggata precedente) qui in ufficio, a proposito di una news che ancora non sapevo:

Collega: “Adesso ti tocca bloggare anche sulla Fallaci!”
Io: “La Fallaci? Che ha fatto? Ma non è ancora morta?”
Collega: “Eh, appunto: è morta oggi…”

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venerdì 15 Settembre 2006, 14:27

Prezzi turchi

Ok, il kebabbaro nuovo dove mi ha portato Simone, pur se situato in estrema periferia, con vista su bidoni dell’immondizia e binari del tram abbandonati, è gentile, simpatico, e anche piuttosto buono (per quanto non al livello del mitico Demir di piazza Adriano). Ma dieci euro per un piatto di kebab e una bottiglietta d’acqua??

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giovedì 14 Settembre 2006, 23:44

(h)Umor gobbo

Forse voi non sapete che allo stadio vige una censura ferrea: voi potete preparare tutti gli striscioni che volete, ma quando cercate di entrare trovate degli sgarbati poliziotti che ve li fanno aprire, li leggono, e poi decidono se possono entrare o meno. Aggiungetevi che una buona percentuale dei tutori dell’ordine sono gobbi, e capirete il perchè di alcuni episodi ben lontani dal buonsenso, accaduti domenica prima di Toro-Parma.

Insomma, posso capire che una bara bianconera di polistirolo possa essere di cattivo gusto, ma da qui a lasciarla fuori ce ne passa; ed è divertente il racconto del tizio che si presenta con una normalissima bandiera, e che viene fermato per cinque minuti da tre poliziotti che cercano di capire se dentro l’asta, che suona cava, sia nascosto un pericolosissimo messaggio sovversivo da estrarre dentro lo stadio.

Ma, ecco, c’è gente che passa giornate a realizzare i propri due aste – che, per i meno tecnici, sono quegli stendardi quadrati, spesso con una scritta, che vengono retti mediante due aste infilate verticalmente sui due lati e tenute una per mano con le braccia larghe, in modo che il tessuto resti disteso e che la scritta si legga bene – e meriterebbe più rispetto. Capisco che un due aste doubleface con scritto davanti

AAA JUVE CERCASI

e dietro

BBB JUVE RESTACI

possa far rosicare il poliziotto gobbo di turno, ma non si capisce in base a quale criterio, se non il tifo, il suddetto poliziotto possa tacciare la scritta di “antisportività” e sequestrare l’oggetto, senza alcun mandato; tanto è vero che il due aste è poi stato raccolto all’esterno da un altro tifoso, che, entrando dal cancello a fianco, non ha avuto alcun problema. Sarà la mancanza di umorismo dei poliziotti gobbi.

Certo, non è solo questione di senso dell’umorismo ma proprio di umore generale. Tra i tifosi del Toro, normali e ultras, c’è stata la corsa all’abbonamento, che ha esaurito le due curve e i distinti solo con le tessere annuali (oltre 19.000), e quindi anche creato problemi di occupazione del ridotto spazio in curva. Chi bazzica gli ultras sa che il prestigio di un gruppo è legato a quanto centrale in curva campeggia il suo striscione, e che esiste quindi la corsa a conquistarsi, spesso con la forza, le zone centrali; ma a tutto c’è un limite, motivo per cui tra la ventina di gruppi ultras del Toro ci sono state quest’estate varie riunioni, con ampie e tranquille discussioni, che hanno determinato pacificamente quali gruppi stanno in una curva e quali nell’altra, e in che posizioni.

I gobbi, invece, pur avendo staccato solo 8.000 abbonamenti e apprestandosi ad entrare in uno stadio mezzo vuoto, hanno preferito fare così.

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giovedì 14 Settembre 2006, 19:27

Lascito olimpico

Non sto (ancora) parlando dello stadio Olimpico, del cui scempio peraltro l’intera città si è finalmente accorta.

Invece, di fronte a casa mia, sull’angolo di piazza Massaua, in uno dei punti più strategici di Torino, a un semaforo dalla tangenziale e con la fermata della metro proprio davanti, hanno aperto per le Olimpiadi un Holiday Inn. Oddio, tre mesi prima dei Giochi era ancora uno scheletro di cemento armato, tanto che nessuno pensava fosse possibile finirlo in tempo; e invece, con uno sprint incredibile, sono riusciti ad aprire tutto proprio il giorno della cerimonia inaugurale.

E’ un bell’albergo, per quanto il colore verzolino faccia storcere il naso a molti; non ho mai visto le camere, ma sulla strada ci sono delle enormi vetrate da cui si poteva osservare la sala colazione, una serie di salottini, di sale riunioni… il tipico arredo da albergo internazionale d’affari e da turismo, comunque carino ed elegante.

Eppure, nonostante veda relativamente spesso dei taxi che fermano davanti alla porta, da qualche giorno sulle vetrate sono comparsi due cartelli: “Affittasi garage interrato da 150 posti con licenza di uso pubblico” e “Affittasi locali commerciali da 50 a 600 mq“. Nel contempo, con lo scopo di preparare i suddetti locali, la sala colazione e le sale riunioni sono già state sbaraccate.

Forse che tutti i discorsi che ci sono stati ammanniti per anni, sul lascito turistico delle Olimpiadi, si sono rivelati una favola? Peraltro spero davvero che quest’agosto non siano venuti a Torino troppi turisti: si sarebbero trovati di fronte a una città niente affatto deserta, ma con praticamente tutti i locali e i negozi del centro chiusi, e avrebbero avuto serie difficoltà a mangiare un panino, figuriamoci a fare shopping.

Infatti, la maggior parte dei negozianti torinesi, tra una lamentela sulla crisi e un incontro col sindaco contro la pedonalizzazione del centro, quest’anno ha fatto quattro o cinque settimane di ferie, tutte rigorosamente attorno ad agosto. Probabilmente avevano fatto troppi soldi durante le Olimpiadi.

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mercoledì 13 Settembre 2006, 21:38

La società frustrata

Stasera, leggendo in giro, sono finito tramite il blog di .mau. in quello di una persona che non conosco, anche se mi sono subito ricordato di aver letto il blog tempo fa. Si tratta del racconto fatto da un tecnico di alto livello che lavora in un centro ricerca di una grande multinazionale (Siemens) che, d’improvviso, viene chiuso per essere trasferito all’estero, dove il lavoro qualificato costa meno. Di lì in poi, per oltre due anni, il blog racconta della progressiva spoliazione delle competenze locali, della fuga o cacciata di parte del personale e delle varie riorganizzazioni che chi resta deve subire; il tutto con un tono estremamente polemico e vittimistico, sin dalla pagina introduttiva, come se ciò che succede al protagonista fosse uno scandalo collettivo e non una normale, per quanto spiacevole, vicenda lavorativa privata.

Adesso che mi ricordo, avevo già contestato l’approccio all’epoca, sulla base del fatto che non è sovvenzionando o difendendo artificialmente delle situazioni lavorative non più competitive che possiamo garantirci un futuro, anche in produzioni molto qualificate. Ma il punto non è questo.

La cosa che mi ha colpito stasera, leggendo qua e là con la curiosità di scoprire come si era evoluta nel frattempo la vicenda, è stato un post di fine luglio in cui si narra degli ennesimi brutti segnali, in vista della fusione tra la divisione cellulari di Siemens e Nokia, con le conseguenti paure per il posto di lavoro; il post finisce con la seguente frase:

“Morale, quest’anno faccio vacanze costose, visto che l’anno prossimo potrei non potermele permettere…”

Ecco, detto che i pensieri espressi in rete possono essere fraintendibili, che quello che segue è un volo pindarico pieno di inferenze non provate, e che comunque ognuno ha legittimamente i propri desideri e le proprie esigenze di vita, questa frase mi ha colpito non una ma due volte.

La prima è stato per aver citato le “vacanze costose” come ciò a cui si sarebbe dovuto rinunciare per colpa della crisi sul posto di lavoro, insomma come la rinuncia simbolo del passaggio a uno stato di inaccettabile depauperamento – o, al contrario, come il giusto premio che si ottiene avendo un lavoro “adeguato”. In altre parole, mi ha colpito come si sia incredibilmente alzato il livello di aspettativa su ciò che molte persone ritengono il minimo equo compenso da ricevere dalla società in cambio del proprio lavoro; non soltanto il sostentamento, una casa decente, la possibilità di crearsi una famiglia, ma anche i gadget tecnologici e appunto le vacanze costose (e, si noti bene, non necessariamente belle ma sicuramente costose).

La seconda è stata il ragionamento secondo cui, se l’anno prossimo penso o temo di guadagnare meno di quest’anno, quest’anno spendo di più invece che di meno. Se ci pensate, questo è veramente perverso: i nostri padri, i nostri nonni, sono partiti con poco (i nostri nonni si sono trovati un paese quasi senza economia e raso al suolo dalla guerra…), e, con un lavoro quantitativamente e qualitativamente incomparabilmente più duro del nostro, hanno fatto sacrifici tutta la vita per comprarsi una casa, una macchina, e mandare i figli all’università. Le generazioni vicine alla mia, i trentenni e i quarantenni di oggi, pur di fronte a un mondo con molte meno certezze (ma anche a una situazione economica di partenza molto migliore), e pur vedendo come una prospettiva catastrofica il dover rinunciare ad una estate alle Seychelles (o forse proprio per quello), non hanno nessuna intenzione di risparmiare o di sacrificare alcunchè per costruirsi un futuro; l’imperativo è soddisfare subito, qui e ora, le proprie voglie istantanee, senza guardare in faccia niente e nessuno, e poi si vedrà.

Ho preso l’esempio di una persona che, ripeto, non conosco, ma che dal blog si evince colta, preparata, non certo succube degli spot televisivi o del modello di vita velina-calciatore-Briatore; ne deduco (ma basta guardarsi attorno) che per l’italiano medio è anche peggio. Del resto, giusto per citare un sintomo tra molti, i finanziamenti al consumo di ogni genere, da quelli delle banche ai terrificanti Prestitò telepromozionati per giungere alle carte di credito con dilazione di pagamento incorporata, stanno vivendo un boom senza precedenti. Il paese tradizionalmente più risparmiatore d’Europa si è trasformato nel regno dell’indebitamento a rate.

Eppure, il ragionamento non si può fermare qui. Perchè la psicologia insegna che il consumo moderno è soprattutto una forma di gratificazione, e la gratificazione da shopping – come quella da cibo, da fumo, da alcool – diventa tanto più impellente quanto più vengono a mancare le forme di gratificazione più normali e tradizionali, prima tra tutti quella dei rapporti interpersonali in tutte le loro forme, associazione amicizia amore e sesso tra le altre, e poi quella della realizzazione pubblica, del riconoscimento tra pari, delle soddisfazioni professionali.

E allora, forse tutto questo debito e questo apparente edonismo individuale hanno una causa profonda, cioè la frustrazione tremenda che, in modo ancora sotterraneo ma ben percepibile, attraversa tutta la nostra società. Una frustrazione che è, purtroppo, strutturale; non solo per via dei meccanismi economici basati sulla creazione di desideri artificiali funzionali al consumo, o della parcellizzazione e dequalificazione dei posti di lavoro; ma anche per via del modo in cui, in una società basata troppo spesso sull’arroganza, sulla competizione spinta all’estremo, sulla libertà individuale senza limiti etici e sull’instabilità professionale e personale, i rapporti umani di qualsiasi genere si sono inceppati.

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mercoledì 13 Settembre 2006, 19:22

Siamo proprio italiani

Non ci turba nulla; semplicemente, ci arrangiamo.

E quindi, arrivano pericoli veri o presunti di attentati? Si allungano le file, rallentano i controlli, viaggiare in aereo o entrare nei luoghi pubblici diventa un problema? Niente paura, noi inventiamo lo Zaino NoBomb.

Ma anche solo per farci un po’ di pubblicità, eh.

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martedì 12 Settembre 2006, 23:20

[[Honest Bob And The Factory-To-Dealer Incentives – Hey]]

Questa è la canzone conclusiva del concerto celebrativo in linea di oggi. Forse non capirete mai come ho scoperto gli Honest Bob And The Factory-To-Dealer Incentives, onesta band underground della scena di Boston, anche se non mancherò di bloggarne prossimamente. Sappiate però che ho sentito cinque secondi di questo pezzo, totalmente fuori contesto, e me ne sono subito innamorato; dopo averlo acquistato ho passato la serata a suonarlo! Ora, oltre a digitare quel riff semplice semplice e quell’assolino sghembo con grande goduria, ve lo propongo come sintesi occasionale ma sorprendentemente dettagliata di tutte le scene di questi nostri anni; perchè, in fondo, la vita è molto, molto, molto più semplice di come noi esseri umani ce la immaginiamo.

Riempitevi la testa di suono… Buon ascolto, e buona fortuna, di cuore, a tutti quelli che leggono queste righe!

Hey, I saw you standing, I saw you smile
You look enchanting, let’s dance for a while
For a while

Hey, I know it ain’t easy, I know it’s hard
You leave yourself open, you’re gonna get scarred
Yeah I’m still scarred

I love everybody, I love you
You’re the only friend I got I wanna do stuff to

Hey, you took my soda, you stole my fries
I thought you were honest, but then I got wise
Yeah I got wise

Hey, let’s take a vacation, just me and you
Cause I got a secret and you have one too
Yeah you do

I hate everybody, I love you
We could save the world but we’ve got better things to do

Push me up and pull me down, kiss me underground
Throw me off and watch me drown, fill my head with sound
Push me up and pull me down, kiss me underground
Throw me off and watch me drown, fill my head with sound

You can fill my head with sound
You can fill my head with sound
You can fill my head with sound
My head with sound

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martedì 12 Settembre 2006, 21:38

[[Deep Purple – Clearly Quite Absurd]]

Questa ballata, oltre ad essere la colonna sonora per le montagne dell’Anatolia centrale, è un totale capolavoro, dalla scala in arpeggio al sabba finale passando per il testo; tutto questo nonostante i Deep Purple siano ormai oltre i sessanta, o forse proprio per quello.

After all we said today the strangest thought occurred
I feel I ought to tell you but it’s clearly quite absurd
Wouldn’t it be wonderful if you could read my mind
Imagine all the stuff that we could leave behind
How many words you waste before you’re understood
Or simply sow some seeds, you’d do it if you could
Let me take a moment of your time
Inside your mind

I know what you’re thinking but I don’t know what to say
The turmoil and the conflict, you don’t have to feel this way
Look into my eyes and feel my hand upon your heart
Holding us together, not tearing us apart
How many words we waste to justify a crime
Compare it to an act of love that really takes no time
Why not take a moment to unwind
Inside your mind

How many words I waste that you don’t want to hear
Why not sit in silence while the muddy waters clear
Why not take a moment to unwind
Inside your mind

After all we said today the strangest thought occurred
I feel I ought to tell you but it’s clearly quite absurd

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