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sabato 25 Agosto 2007, 10:37

Los Angeles (3)

(Segue dalla seconda puntata…)

Come dicevo, l’unica parte un po’ interessante di Downtown Los Angeles è il centro antico, all’angolo tra Main Street e l’autostrada 101 (qui le autostrade le costruiscono scavando al posto dei vecchi corsi, un po’ come se per fare la Torino-Milano avessero cominciato abbattendo le case per trasformare via Roma in un trincerone a otto corsie: mica vorrai farti i semafori per arrivare in centro dalla tangenziale?). Sorprendentemente, ci sono alcuni edifici di inizio Ottocento, quando Los Angeles era messicana, e la originale missione dei frati francescani che fondarono il posto come El Pueblo de Nuestra Senora La Reina de Los Angeles del Rìo Porciuncula (quello di Assisi); abbreviato L.A., va per la maggior contrazione toponomastica della storia. Soprattutto, qui è pieno di messicani e finalmente ci si sente un po’ a casa, anche se a fianco della missione c’è un parcheggio (ma ci sono parcheggi ovunque: l’idea è che in un isolato si fanno case e in quello a fianco si fa un parcheggio sopraelevato a pagamento).

C’è una bella piazza, e c’è Olvera Street, un mercatino pieno di bancarelle di chincaglierie messicane fatte in Cina. E c’è la Union Station, la stazione dei treni, uno dei peggiori investimenti pubblici della storia americana – fu costruita nel 1939, dal 1940 cominciarono a smantellare le ferrovie e sostituirle con auto, bus e aerei. E’ grandiosa, scura e austera all’interno, allagata dal sole nei chiostri e nei cortili esterni; è ancora usata, ma solo in parte, per i pochi treni rimasti, e per farla fruttare un po’ ci hanno persino girato Blade Runner (la sede della polizia). Certo, prima di capire dove si prende la metro e dove si comprano i biglietti ci vorrà un po’, perché ogni servizio pubblico è gestito da una azienda separata, e il concetto di integrazione è inesistente. Ma vale la pena arrivare fin qui.

A questo punto dovreste aver capito che, a differenza delle città a cui siamo abituati, a Los Angeles non ci sono zone storiche da vedere, e zone non storiche da ignorare; il punto della visita è l’esperienza di vita. Per questo sono stato ben contento, quando pagavo io, di spostarmi in un motel: un classico Travelodge, che è il tipico albergo degli americani medi, per affari o per vacanza che sia. A parte Las Vegas, solo i ricchi vanno negli alberghi “all’europea”; gli altri si muovono in auto e usano i motel.

I Travelodge sono tutti uguali da un capo all’altro dell’America: c’è un ingresso dalla strada, vicino alla reception, che controlla cosa succede; poi c’è una specie di lunga casa di ringhiera su due piani, a L, che dà sul cortile interno, che è un parcheggio a pettine. Se siete al pianterreno, potete parcheggiare col muso a mezzo metro dalla porta della camera: difatti le camere danno sul passaggio coperto a pianterreno, o sul balcone al primo piano. Ogni camera ha un bel letto matrimoniale, un televisore con la TV via cavo, un frigo vuoto per le vostre cose, un forno a microonde, un vecchio condizionatore elettrico, una cassaforte, un ripostiglio, e un bagno più che discreto, che di solito funziona bene. In mezzo al parcheggio, c’è anche una piscinetta, nemmeno troppo piccola (non fosse che di solito è monopolizzata da qualche famigliola). Insomma, ci si può vivere per una settimana con vari comfort, e in occasioni passate il forno a microonde mi venne piuttosto utile per risparmiare sui pasti.

Qui io ho dormito per 95 dollari a notte tasse incluse, che per un motel è tanto, ma per un albergo di Los Angeles a “due fermate della metro” sia da Downtown che da Hollywood non è molto. In più, esso stava di fronte alla fermata della metro di Sunset/Vermont, abbastanza vicino alle uscite dell’autostrada, in una zona con vari servizi: tre o quattro fast food tra cui un simil-Starbucks, un paio di benzinai con negozietto di cibarie aperto 24 ore su 24, un bank-in – cioè un bancomat che funziona come un drive-in, senza scendere dall’auto; sembra ridicolo, ma lo rivalutate parecchio se dovete prelevare col buio… e capite nel contempo perchè la Focus americana abbia un dispositivo che abbassa automaticamente la sicura delle porte dopo dieci secondi che la guidate – e poi, un paio di ospedali – tra cui il già citato Ospedale Infantile Haim Saban – e la sede mondiale della chiesa di Scientology, caso mai abbiate una crisi esistenziale nel cuore della notte.

Del resto, in America le città vanno a zone. Può capitarvi come a me, di essere a Hollywood, dover riconsegnare a breve l’auto nell’ufficio Avis del centro città, e nel contempo aver finito i contanti. La periferia di Hollywood, però, è una zona di casette, quindi niente banche, ma un sacco di negozi, e di benzinai. Alla fine, dopo venti minuti, trovate una banca e prelevate, ma siete già quasi in centro. Così andate fino all’ufficio di noleggio, sperando di trovare un benzinaio in centro per fare l’obbligatorio pieno prima di riconsegnare l’auto. Sperate male: perché il terreno in centro serve per i grattacieli, e non ho visto un singolo benzinaio in tutta la zona. I benzinai sono rigorosamente collocati fuori dal centro e sulle avenue più frequentate, meglio se all’incrocio di due di loro; e così dovrete uscire fuori lungo Wilshire per un paio di chilometri, per trovarne uno.

Peraltro, i problemi di muoversi in un ambiente sconosciuto non si limitano al cercare banche in un quartiere di benzinai, e poi benzinai in un quartiere di banche. Fare benzina non è così facile: perchè in America nessuno mai si fiderebbe a lasciarti fare ciò che fai qui, cioè prima mettere benzina e poi andare a pagare (e nemmeno si fiderebbe a metterti benzina lui, almeno nelle città). Tutti i benzinai sono self-serve, pre-pay: metti la macchina davanti alla pompa, scendi, lasci una certa cifra alla cassa, che ti autorizza a far benzina per quell’importo. Torni alla pompa, metti la benzina, e se ne hai avanzata torni indietro a farti dare il resto. Poi, può succederti come a me, di aver messo la macchina con il serbatoio dal lato sbagliato, contando sull’estensibilità della pompa, e di scoprire che in America le pompe non sono estensibili; e così, devi improvvisare una inversione in mezzo al piazzale pieno di gente, mentre un coreano cerca di fregarti il posto e tendenzialmente anche la benzina che hai già pagato. E’ appena normale che, in tutto questo, tu faccia la manovra col serbatoio aperto e il tappo penzolante!

(continua…)

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