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sabato 20 Marzo 2010, 22:25

Il bello della politica

Il bello di queste giornate convulse è la possibilità di conoscere tante persone nuove, e soprattutto diverse. Ognuno di noi, infatti, tende a frequentare soprattutto persone simili a sé; anche quando hanno idee diverse, di solito hanno in comune un certo livello sociale e culturale, un certo stile di vita, un certo sistema di valori. La nostra società è sempre più divisa in compartimenti stagni, in cui le persone si sfiorano senza conoscersi e senza parlarsi; avere l’opportunità di scoprire pianeti diversi è non solo un grande vantaggio (se mai uno di noi si troverà ad amministrare qualche cosa, avere la possibilità di conoscere le questioni di prima mano da chi le vive direttamente è fondamentale) ma anche un grande piacere; una occasione di arricchimento umano.

Questo, per esempio, è uno dei motivi per cui mi piace andare allo stadio, e magari (quando si può, ormai sempre più raramente) in trasferta, ossia in una occasione dove puoi condividere non solo il breve spazio della partita, ma un intero viaggio in pullman attraverso l’Italia. Lo stadio è infatti uno dei pochissimi luoghi della nostra società dove i gruppi sociali si mescolano e si uniscono trasversalmente.

Analogamente, in questi giorni tante persone mi hanno incoraggiato, mi hanno voluto parlare, mi hanno chiesto i volantini da distribuire; ed è stata una grande occasione per imparare qualcosa. Bastano dieci minuti di parole per scoprire almeno un po’ problemi, aspirazioni, desideri, e tanto meglio se vengono da ambienti che non hai mai avuto modo di frequentare; dagli autisti del GTT o dagli operai di una fabbrica in crisi, dagli anziani che chiedono un futuro per i propri figli agli imprenditori con le banche che se li mangiano.

Stamattina ero ad Alba, in un bell’incontro con Imprese che resistono in cui sul palco dei politici mi sentivo a disagio – sto meglio nei panni del piccolo imprenditore in lotta col sistema. Delle questioni economiche parlerò con più calma nei prossimi giorni, ma volevo raccontarvi di quanto mi abbia colpito scambiare due parole con una imprenditrice tessile del Varesotto, amareggiata e pronta a portare quel che rimane della sua fabbrica in Svizzera, data l’impossibilità di competere coi cinesi stando in Italia. Lei era leghista e accusava con calore il rappresentante della Lega di aver “disonorato quel fazzoletto verde che io rispetto”, dimostrando con la rabbia di non credere più ai grandi proclami leghisti a difesa dell’Italia, alla schizofrenia decennale della “Lega di lotta e di governo”. Mi sono reso conto di come per quelle zone la Lega sia stata ciò che è stato nelle periferie di Torino il PCI fino agli anni ’80: prima ancora che un partito, un simbolo in cui identificarsi, a suo modo un simbolo di lavoro e di progresso; e per noi torinesi, che pensando alla Lega abbiamo subito in mente il razzismo becero di Borghezio, è una visione diversa e davvero strana, e mi ha colpito.

Oggi pomeriggio poi – alla manifestazione No Tav No Mafia – mi ha fatto piacere conoscere di persona tante persone incrociate solo su Facebook, anzi mi spiace che non ci sia stato più tempo per parlare. Ammetto di essere veramente stanco, alcune volte mi son dovuto far ripetere le cose prima di capirle… Eppure, raramente come in questi giorni ho avuto modo di conoscere esperienze diverse dalle mie, e questo è stato davvero un bel regalo.

[tags]politica, movimento 5 stelle, piemonte, elezioni regionali, società, persone[/tags]

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13 commenti a “Il bello della politica”

  1. VP:

    A proposito di idee più o meno prossime, ma non uguali. La quinta stella, quella dell’abolizione dei fondi pubblici ai giornali, soprattutto in un paese dove esiste Mediaset e dove pesa quello che pesa qui, scusa, ma è una stupidaggine degna di Tafazzi. Per fare un esempio pratico e diretto, uno dei risultati immediati sarebbe la chiusura del Network di Radiopopolare. Non credo sia una buona idea, nemmeno quando avrei voglia di prenderli a calci nel didietro per la loro pronaggine al PD.

    E che dire del Manifesto? Idem con patate…
    Al proposito ti consiglio di leggere a fondo le obiezioni di Luttazzi al metodo e al merito del buon Beppe che, se ha sicuramente dalla sua il buono di aver messo la faccia a disposizione di gente migliore di lui (come te), resta un personaggio ambiguo, con idee se non di destra, certamente demagogiche e tajà col piolet…

  2. vb:

    Sì, ma in consiglio regionale ci andiamo noi, mica Beppe Grillo… (poi francamente io mi sono un po’ stufato di giudicare a priori le proposte a seconda che siano “di destra” o “di sinistra”, secondo me bisogna guardarle nel merito e basta).

    Quanto ai finanziamenti all’informazione, fare informazione senza i nostri soldi è possibile, vedi il Fatto Quotidiano. In Italia si è creata una vera cancrena per cui l’informazione è sdraiata al servizio della politica che in cambio le fa avere i soldi per tenere aperti giornali e radio che non interesserebbero a nessuno ma che cercano di manipolare l’opinione pubblica. Radio Popolare invece ha il suo seguito e in un sistema sano, eliminati quei carrozzoni che veramente vivono solo per i fondi pubblici, avrebbe anche più spazio, più ascolto e dunque maggiori introiti da pubblicità per compensare i fondi pubblici mancanti…

  3. .mau.:

    » Radio Popolare invece ha il suo seguito e in un sistema sano, eliminati quei carrozzoni che veramente vivono solo per i fondi pubblici, avrebbe anche più spazio, più ascolto e dunque maggiori introiti da pubblicità per compensare i fondi pubblici mancanti…

    Ci credi davvero? (no, non per il seguito, ma per gli introiti della pubblicità)
    Nonostante la parte di network abbia preso commesse che i puri e duri snobbano, ci sono comunque aziende che non si immischiano coi rossi.

  4. vp:

    Caro Vittorio,
    vedi che in consiglio ci vai tu, ma almeno su questo punto con le idee e la superficialità di Grillo, che non condivido. E poi la mia è un’obiezione nel merito: se aboliamo il finanziamento pubblico dei giornali chiudono RadioPopolare e qui a Torino Radio Flash. Punto.
    Io credo che la politica sia l’arte del possibile: pensare che queste radio sopravvivano senza quei soldi, soprattutto se tolti da un giorno all’altro è sciocco. Oppure qualunquista. E qui torniamo a Grillo e al suo procedere “col piolet”.

    Quello di cui abbiamo disperatamente bisogno è PIU’ politica e non MENO politica. Abbiamo bisogno di SCUOLE DI PARTITO e di gente PREPARATA a fare l’amministratore pubblico.
    Il vostro sforzo è lodevole, ma se non cominciamo già da ora a porci questi problemi stiamo rischiando davvero l’effetto Tafazzi: ossia “fe come cul li che per feje dispet a sua fumna a l’è tajase i cujun”.

    E’ più pericoloso un “cattivo” preparato o uno impreparato ma mosso da buone intenzioni? Per esperienza, posso dirti, fa più danni il secondo. :(
    Purtroppo!

  5. Yari:

    @VP: l’attuale legge elettorale rende qualsiasi partito esistente o nascente una potenziale associazione per deliquere. I partiti hanno avuto la loro occasione ma hanno chiaramente fallito. Vogliamo i partiti? Bene, allora riprendiamo in mano le 350000 firme raccolte ai V day e facciamole diventare qualcosa di concreto e poi ricominciamo a parlare di partiti e di scuole di partito (anche se in questo momento servirebbero scuole di democrazia e senso civico). Di cattivi preparati ne abbiamo visti anche troppi, di persone con buone intenzioni neanche uno. Dal mio punto di vista vale la pena provare. Per prendere in considerazione la tua esperienza dovremmo sapere di cosa tu stia parlando.

  6. Luca:

    @ VP: a mio parere non ha senso parlare di politico preparato proprio perchè la politica non è una cosa che si impara se non analizzando gli errori e le cose buone successe nel passato. Secondo me siamo troppo abituati all’idea del politico di professione che ha spinto, da alcuni anni a questa parte, la gente ad occuparsi sempre meno di politica delegando sempre più a questi “politici” che vedendo aumentare a dismisura il potere personale hanno dato vita all’attuale sistema corrotto e bacato.
    Trovo molto importante il riprendere coscienza che la politica siamo noi e che dovremmo dedicare tutti un pò di tempo per il perseguimento del bene comune, esattamente come in un condominio si fanno le assemblee e non si delega qualunque decisione all’amministratore e ai consiglieri.
    Per concludere io sono favorevolissimo all’ingresso in politica di gente come Vittorio che a mio parere possiede le caratteristiche fondamentali che dovrebbe avere chiunque si metta alle nostre dipendenze per gestire al meglio la “cosa pubblica” e cioè: onestà, preparazione culturale-tecnico-scientifica di alto livello, spirito di sacrificio, voglia di fare e ultima ma di grandissima importanza: la capacità di confrontarsi che adesso i “politici” hanno completamente perso.

  7. VP:

    Allora, chiariamo il punto. Io sono conscio quanto voi del livello disperante a cui siamo arrivati, per questo voterò Vittorio (col voto disgiunto, beninteso).
    Detto questo continuo a pensare che abbia ragione Luttazzi e torto Grillo a proposito del V-day e delle proposte fatte in quella sede:

    1. il limite tassativo di due legislature: demagogia. Una persona che abbia servito per due legislature è una persona con esperienza. Obbligarla a non presentarsi significa semplicemente privare l’Italia di esperienze preziose, ossia andare nel verso opposto a quello di cui abbiamo bisogno. Il nostro problema è che la II repubblica è assai peggio della I e lo è perché almeno i vecchi partiti erano composti da gente che SAPEVA GETIRE LA COSA PUBBLICA. Questi qua di adesso sono incompetenti, prima che mafiosi, e ridurre le legislature lungo le quali si può sviluppare competenza può solo incancrenire il problema.

    2. No ai condannati in primo grado. Piace molto a Di Pietro, ma questa roba ha un nome: giustizialismo. Ed è una delle forme con cui il fascismo affermò il suo potere, una delle forme in cui tutti i regimi lo mantengono (guardare agli ultimi 40 anni della storia del Sud America per capire). Posso vederla accettabile come norma emergenziale, ma senza mai dimenticare che le ultime leggi approvate per l’emergenza BR in questo paese sono ancora vigenti. E sono leggi MOLTO PERICOLOSE per la libertà dei cittadini. Vogliamo contribuire a creare uno stato di polizia, dove la magistratura ha l’ultima parola sulla politica? Ora come ora è una castroneria del centrodestra, ma guardate che la supremazia del PCI nella magistratura va lentamente esaurendosi con gli anni. Guardate dove siede ora, grazie al governo attuale, il giudice Carnevale, quello che salvava i mafiosi ammazzando le sentenze. Pensate che bello se Vittorio venisse condannato in primo grado per un reato inventato. Non sarebbe mica la prima volta in Italia, sapete? Avete presente Genova 2001? E Sofri? Potrei continuare con esempi a lungo.

    3. La preferenza. Su questo punto sono d’accordo invece al 90% (il 100% non esiste in questo mondo). Mi sembra che i pro siano più dei contro. Ma resto dell’idea che bisogna ragionare di queste cose CON LA TESTA e non con la pancia.

    4. Finanziamento pubblico ai giornali. Anche qui, vorrei invitare Vittorio e tutti i grillini a ragionare del POSSIBILE e non sull’onda dell’incazzatura per le cose che non vanno. Qui rischiamo solo di rafforzare Mediaset. Se vogliamo pensionare il mi sta bene, ma -per Dio- l’analisi materialista dei rapporti di forza è uno strumento indispensabile ad un’azione politica che non voglia essere tafazziana.

  8. VP:

    @Yari. Mi spiego meglio: persone di buone intenzioni ma non preparate ne ho viste parecchie, invece:

    – Di Pietro: ottimo giudice e pessimo politico, sbraitone, superficiale e giustizialista (oltre che machista fino al vomito, esattamente come Silvio e Umberto). Oltre che corresponsabile della sopravvivenza del Mostro sullo Stretto e dell’impunità dei macellai di Genova 2001.

    – Vittorio Agnoletto: corresponsabile del massacro di Genova 2001 e gran cappellaio del Social Forum (nel senso che ci ha messo il cappello manco fosse cosa sua). Sarebbe stato più utile probabilmente se avesse continuato come medico della LILA.

    – Marco Travaglio: ottimo giornalista, pessimo analista politico, professionista dell’indignazione che non porta frutto alcuno perché sempre diretta “agli altri” e mai a noi stessi.

    – I Radicali: basta solo dire che hanno avuto l’attuale portavoce di Berlusca come segretario. Bella roba. Senza parlare di quando supportavano Berlusca. E guarda che su altre cose sono in gamba (vedi il casino delle liste, il software libero, etc). Ma sono MINE VAGANTI a cui non possiamo dare sostegno alcuno.

    Ce ne sono certo altri, ma mi sembra che bastino, come esempi.

  9. elena:

    La nostra società, il nostro stato sono da prendere e da rifare da capo, tabula rasa.
    Innanzitutto, regolare sto benedetto conflitto di interessi. Una situazione come quella italiana in una qualsiasi democrazia occidentale non è accettata, altro che sherman act. Risolto radicalmente il conflitto di interessi (ribadisco, qui ci vuole ben altro che lo sherman act e adesso tacciatemi di essere comunista) si può parlare di finanziamento pubblico a iniziative anche private

    Secondo: educazione e formazione: una persona con esperienza la trasmette agli altri, non mette le radici nel posto assegnatole

    Poi le persone con condanne in giudicato se ne devono stare bene alla larga dagli uffici pubblici, ciò esiste già con l’interdizione dai pubblici uffici quale pena accessoria alla condanna principale, ma la lunghezza dei procedimenti (spesso provocata ad arte) da un lato e il perverso gioco delle prescrizioni dall’altro la rendono di fatto mai applicata

    Stato di Polizia? qui si invoca il semplice e banale rispetto della legge che alle latitudini italiche viene subito scambiato per persecuzione giustizialista-comunista, quando basterebbe smetterla con la doppia morale.

  10. vb:

    VP: Sulla preparazione hai ragione, anche se io penso che si possa essere preparati anche e soprattutto grazie alle competenze acquisite nel proprio lavoro precedente; una persona che fa politica tutta la vita sarà estremamente competente sui meccanismi dello Stato ma rischia di non avere idea di come funzioni il mondo reale. Probabilmente è giusta una via di mezzo, in cui ci siano dei disincentivi che facciano in modo che a lungo termine rimangano soltanto le persone con un vero e indubitabile sostegno popolare e capacità indiscutibili; in questo momento però abbiamo una emergenza con una casta che non se ne vuole andare e dunque serve un taglio netto.

    Idem per la regola sull’essere incensurati: in linea teorica anch’io sono d’accordo che una persona può sbagliare e redimersi o può essere condannata senza particolari colpe, e che magari bisognerebbe distinguere in base al tipo di reato; in questo momento però credo che ci sia bisogno di grande pulizia. Vedila, se vuoi, come una serie di misure per rispondere a un’emergenza.

  11. .mau.:

    una domanda a latere.

    Da http://www.consiglioregionale.piemonte.it/attivita/comunicati/2010/02_febbraio_2010/elezioni.htm leggo La soglia di accesso al Consiglio per le liste provinciali è fissata al 3 per cento, a meno che siano collegate a una lista regionale che abbia superato il 5 per cento.
    Ma se non sbaglio il primo candidato che viene eletto è il candidato presidente del listino; quindi anche se tu fossi il più votato in Piemonte perché tu venga assunto in consiglio regionale dovrete prendere un po’ più del 4% (tolto il listino ci sono 48 posti con il proporzionale: il gioco dei resti può essere in un senso o nell’altro). O sbaglio?

  12. vb:

    Sbagli. Alle elezioni regionali, in virtù della L.Cost. 1/99, risulta eletto (oltre che il candidato presidente che ha vinto, in quanto capolista del listino regionale a cui sono assegnati i seggi del maggioritario) il candidato presidente della coalizione seconda classificata. Per le altre coalizioni, il candidato presidente non ha alcun ruolo speciale e i seggi vengono assegnati col proporzionale su scala provinciale, e poi con un sistema di resti su base regionale; in pratica, si ottiene effettivamente un seggio per ogni 1,5-2% di voti presi, ma il primo seggio viene assegnato al candidato con più preferenze personali nella provincia più grossa (Torino). Questo naturalmente a meno che la Regione non abbia cambiato la legge elettorale rispetto a quella nazionale.

    Le simulazioni ci dicono che col 3% si prende un seggio a Torino, col 3,3-3,5% si prendono un seggio a Torino e uno a Cuneo, raggiungendo il 5 e qualcosa per cento si prende un terzo seggio, probabilmente di nuovo a Torino.

  13. .mau.:

    ok, claro.

 
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