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sabato 5 Marzo 2011, 16:47

Intanto (sull’evasione fiscale)

Parlare di politica è un lusso che non tutti si possono permettere. Intanto, mentre si discute di idee, progetti, alleanze, o magari di correnti, scambi e appalti, là fuori la vita scorre con tutta la sua ordinaria crudeltà.

La storia del titolare di autoscuola ma anche autista GTT che si è ucciso nel laghetto di Italia ’61 per sfuggire ai controlli del fisco è una di quelle che non saranno mai sull’agenda di nessun partito. La politica, se si occupa di persone, lo fa ormai in una logica spietata di scambio di voti e di finanziamento della propria costosissima rete di pubblicità e di clientele. Il signore in questione forse (non lo sappiamo con certezza) era un evasore fiscale, ma visti i fatti non penso che fosse uno di quegli evasori che girano con il macchinone e hanno tre ville al mare. Questi ultimi sono quelli che la fanno franca, spesso perché hanno coperture politiche, amicizie influenti o semplicemente abbastanza denaro da pagare avvocati, politici o magari mazzette. Questi ultimi sono i soli evasori che interessino alla politica.

Non tutti gli evasori sono così; c’è chi veramente non può fare altro, a fronte del fatto che il nostro fisco ti fa pagare non solo le tasse che devi pagare su ciò che guadagni, non solo le tasse che devi pagare su ciò che in teoria guadagnerai ma che il tuo cliente non pagherà mai confidando nella totale impunità, ma anche le tasse che il fisco presume che dovrai pagare, secondo stime sue unilaterali spesso totalmente fuori dalla realtà.

A me ha fatto rabbrividire l’esaltazione positiva con cui è stata accolta qualche giorno fa la notizia che, dopo tre anni di calo, il numero di aziende a Torino ha ricominciato a crescere. Quelle tremila partite IVA in più sono quasi sempre persone lasciate in mezzo a una strada dal mondo del lavoro, persone che, non sapendo che fare, si mettono in proprio per mancanza di alternative. Quasi mai una avventura imprenditoriale che parte con queste premesse può avere successo, perché anche l’imprenditore, come tutti gli altri, è un mestiere che richiede esperienza e preparazione specifica (a meno di non avere, come si dice, il “culo parato” dai meccanismi di cui sopra).

Anche l’evasione fiscale, come l’immigrazione, è un argomento devastato dall’ideologia. Quasi sempre – persino nei commenti al minipost di Grillo qualche giorno fa – la discussione viene impostata come “lavoratori dipendenti contro lavoratori autonomi”, con ciascuna delle due tifoserie a sostenere che l’altra è quella che ruba di più. Questa impostazione non ha più alcun senso, se non altro perché milioni di persone che trent’anni fa sarebbero stati dipendenti ora sono, nell’attuale ordinamento del lavoro, lavoratori autonomi, ma per finta; partite IVA che fatturano sempre la stessa cifra alla stessa azienda, o precari abbandonati a se stessi. Non è più vero che l’autonomo è sempre la parte più ricca o più forte.

La vera distinzione da fare è tra chi ruba e chi non ruba, sapendo che chi non ruba è soggetto a una pressione fiscale fuori da qualsiasi logica, dovuta alla necessità di pagare le tasse anche per chi non le paga, e di pagare le tasse per mantenere un paio di milioni di persone che in Italia vivono di politica invece di lavorare. La vera lotta è dunque di chi vuole vivere in un paese civile, qualsiasi sia il lavoro che fa, contro chi questo Paese lo deruba con l’evasione, con l’assenteismo e con le raccomandazioni, dipendente o autonomo che sia.

[tags]evasione fiscale, lavoro, tasse, fisco, tragedie, politica, clientelismo[/tags]

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2 commenti a “Intanto (sull’evasione fiscale)”

  1. patrizia:

    Il problema di fondo e’ nella difficolta’ di riconoscersi come
    appartenenti ad una comunita’ che ha interessi e obiettivi comuni. Una collega di lavoro tedesca mi ha fatto notare che l’Italia appare abitata da tribu’ piuttosto che da un popolo. Tribu’ che sono in contrapposizione tra di loro….

  2. Alessandro D.:

    @patrizia : divide et impera

 
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