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Cultura
(Del 7/5/2003 Sezione: Cultura Pag. 8)

DIVENTA UN CASO LA LEZIONE DELLO STORICO TEDESCO IN SENATO
Lo scandalo Nolte: «Stato di Israele
come il Terzo Reich» «Se Tel Aviv procedesse al trasferimento forzato della popolazione araba l’unica differenza con i nazisti sarebbe Auschwitz» L’accostamento ha provocato le obiezioni severe di Pera e La Malfa



Il pensiero di Ernst Nolte non è mai pacificante. Non mira alla conciliazione, ma alla radicalizzazione degli opposti. Non svolge una funzione mediatrice ma acuisce i contrasti, le polarità, le contrapposizioni. Per questo gli scritti di Nolte costringono a riflettere, a misurarsi con le interpretazioni più scomode e addirittura urticanti. Ma proprio per questo i saggi e i libri di Nolte sono destinati ad alimentare polemiche anche molto aspre. È stato così negli anni Sessanta, quando Nolte, nei Tre volti del fascismo, propose la sua lettura metastorica e metafilosofica del fenomeno fascista. È stato così quando Nolte ha elaborato il suo concetto dei totalitarismi novecenteschi come manifestazione di una «guerra civile europea». È stato così quando Nolte ha proposto il nesso tra il Gulag e Auschwitz, incendiando la cultura tedesca con un dibattito conosciuto in Italia tramite un libro curato da Gian Enrico Rusconi. Anche la «lezione» che Ernst Nolte ha letto ieri in Senato ha scatenato discussioni non diplomatizzate. A cominciare dall’indigeribile accostamento che Nolte propone tra l’orrore di Auschwitz e le tentazioni dello Stato d’Israele. Contro questo accostamento si sono esplicitamente pronunciati Marcello Pera e Giorgio La Malfa. Il presidente del Senato ha confessato di «provare perplessità al cospetto di una comparazione che rischia di non spiegare nulla». Giorgio La Malfa ha espresso invece il suo «disagio di fronte a una forma di giustificazionismo del regime hitleriano». La lezione di Nolte sulla Filosofia europea e il futuro dell’Europa si snoda per molte pagine a partire dall’identità europea risalente alla mitologia greca, agli influssi della cristianità, passando per la Rivoluzione francese e Kant, Joseph De Maistre e Hegel, Marx e Nietzsche, la Grande Guerra e la rivoluzione bolscevica, l’ascesa del nazionalsocialismo e la nascita degli Stati «ideocratici». Un dotto excursus storico e filosofico che mette a confronto le diverse idee d’Europa, le loro implicazioni religiose e politiche, ideologiche e militari. Ma nelle ultime pagine, e proprio partendo dalla nozione di «Stati ideocratici» (variando su un concetto, «ideocrazia», peraltro forgiato in Francia e in Italia da Alain Besançon ed Enzo Bettiza), la ricostruzione di Nolte finisce per affrontare i nodi politici dell’attualità internazionale, con una torsione in senso europeista anti-americano che fa da prologo a una demolizione della legittimità stessa dello Stato d’Israele e del sionismo, frettolosamente liquidato come «opera di colonizzazione europea nel cuore dell’Islam in corrispondenza con il territorio dell’antica “Terra Santa”», sebbene lo stesso Nolte ammetta che gli europei sionisti definiti «colonizzatori» sarebbero in questo caso gli «ebrei vittime delle discriminazioni dell’Impero zarista e della Repubblica di Polonia nata dopo il 1918». Anche Israele viene definito, al pari del nazismo e del comunismo, un altro esempio novecentesco uno «Stato di natura eccezionale e a suo modo ideocratico» (ma davvero si stenta a capire come mai Nolte esclude dalla rosa delle sue «ideocrazie» gli Stati a base islamica o islamista che non conoscono, a differenza della democrazia israeliana, distinzione alcuna tra potere politico e religione). Ma Ernst Nolte non riesce a dissimulare la sua profonda ostilità ideologica (o filosofica, se preferisce) nei confronti di Israele e della potenza che a suo dire rappresenta l’unica fonte di protezione di Israele: gli Stati Uniti d’America. Nei cui confronti Nolte è molto esplicito, paventando in toni allarmati «l’ulteriore espansione della sfera di influenza della “civiltà mondiale americana”» che potrebbe comportare per l’Europa, e lo storico tedesco non lascia margini a dubbi circa le proprie preferenze ed avversioni, «il pericolo di una sottomissione totale alla volontà politica e all’influenza culturale degli Usa». Ma l’ostilità antiamericana è solo il prologo di un attacco durissimo allo Stato di Israele, menzionato con un uso delle comparazioni storiche che lascia nel lettore un senso di incoercibile turbamento. Nolte avanza infatti l’ipotesi che «con il tacito accordo degli americani» Israele potrebbe «cogliere l’occasione, offerta dalle turbolenza del dopoguerra, di attuare il “trasferimento” dei palestinesi, desiderato da una forte minoranza della popolazione» israeliana. Nolte mette la parola trasferimento tra virgolette. Ma come non cogliere l’imbarazzo per un termine che suona come versione edulcorata della «deportazione»? Davvero Israele sarebbe fortemente tentata da una politica di «trasferimento» e «deportazione» dei palestinesi? E la scelta di Nolte non è forse l’allusione all’eterno topos antisionista (e persino antisemita) secondo cui il popolo «deportato» di ieri potrebbe trasformarsi in quello «deportatore» di oggi, la vittima di ieri nel persecutore di oggi? Ma l’accostamento suggerito da Nolte diventa esplicito una riga più sotto, quando lo storico tedesco, a proposito di un eventuale apocalittico trasferimento dei palestinesi, evoca addirittura lo spettro di Auschwitz: in quel caso «l’unico elemento essenziale di differenziazione tra Israele e il Terzo Reich sarebbe “Auschwitz”, un evento che aveva come premessa una grande guerra, mentre in Medio Oriente non esiste alcuna analogia in questo senso». Anche in questo caso «Auschwitz» viene prudenzialmente collocato tra le virgolette, come a sottolineare il valore puramente evocativo della comparazione storica. Inoltre è bene precisare che il discorso di Nolte si declina al futuro, indicando un’eventualità (sebbene non propriamente remota) e non una realtà operante. Resta però il fatto che prima l’inclusione di Israele tra gli Stati «ideocratici» di cui il nazismo (assieme al comunismo) è stato terrificante esempio, poi l’accenno equivoco alla volontà di «trasferimento» di un altro popolo, e infine, l’identificazione possibile tra Israele e il Terzo Reich, ad eccezione di «Auschwitz» ridimensionata a mero dettaglio aggiuntivo e non costitutivo di un regime che ha partorito i campi di sterminio, tutto questo mette inevitabilmente in discussione da parte di Nolte la stessa legittimità morale dell’esistenza dello Stato di Israele. Un accostamento che ha del resto provocato le obiezioni severe, come detto, dello stesso presidente del Senato Marcello Pera. Ulteriore dimostrazione dell’avversione furibonda che circonda Israele, gettata nell’inferno del discredito anche, grazie a Nolte, in chiave metafilosofica e metastorica.

Pierluigi Battista

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