TRATTENUTI A LUGANO DOPO UN BLITZ IN CERCA DI DOCUMENTI
Caso Telekom Serbia
fermati in Svizzera
i due deputati italiani
La trasferta elvetica dei parlamentari Kessler e Nan si è trasformata
in un incidente diplomatico: sono stati indagati per «violazione
della sovranità nazionale e per spionaggio economico»
ROMA
Doveva essere una trasferta che alla vigilia si annunciava
promettente, addirittura una missione che sarebbe tornata alla base con le
«prove» del pagamento della maxitangente di oltre cinquanta miliardi di
vecchie lire per l’affare Telekom-Serbia. Di più: con le prove che quelle
tangenti furono versate, in parte, anche a “Mortadella”, “Ranocchia” e
“Cicogna”, i soprannomi affibiati a Romano Prodi, Lamberto Dini e Piero
Fassino. E invece la missione a Lugano, Svizzera, della delegazione della
commissione bicamerale d’inchiesta sull’affare Telekom Serbia si è
trasformata in un incidente diplomatico tra Italia e Svizzera, in caso
giudiziario clamoroso: i due parlamentari (Enrico Nan, Forza Italia, Gianni
Kessler, Ds), i due funzionari di polizia giudiziaria e un consulente della
commissione sono stati fermati, indagati, interrogati fino a tarda sera
dalla magistratura elvetica. Le ipotesi di reato contestate agli indagati
sono gravissime: «Ci hanno rilasciato dopo averci contestato - ha dichiarato
l’onorevole Enrico Nan - il reato di violazione della sovranità nazionale e
spionaggio economico ai danni della Svizzera, ma per Igor Marini la
situazione si complica, è ancora sotto interrogatorio...».
Infatti nella notte Marini è stato arrestato perché avrebbe indirettamente
ammesso, con le dichiarazioni di mercoledì in Commissione, di aver riciclato
denaro di provenienza illecita. Ex promotore finanziario, il faccendiere era
andato l’altro giorno a palazzo san Macuto per essere sentito dalla
commissione bicamerale d’inchiesta sull’affare Telekom Serbia. E in quelle
sede aveva denunciato di avere le prove del pagamento delle tangenti nei
confronti di «Mortadella», «Ranocchia» e «Cicogna», soprannomi riferiti a
Romano Prodi, Lamberto Dini e Piero Fassino. Marini, per la verità, non
aveva detto di aver consegnato materialmente le tangenti ai tre esponenti
politici e istituzionali ma di aver cercato di farlo tramite terze persone
(per Fassino, ha detto di non aver versato nulla). E aveva assicurato la
commissione che era in grado di esibire le sue prove se fosse stato
accompagnato a prenderle. Precisando che documenti bancari, fotocopie di
passaporti delle persone coinvolte e destinatarie delle mazzette erano
depositate presso lo studio del notaio di Lugano Boscaro, anzi presso gli
archivi depositati alla Corte dei notai di Lugano, dal momento che Boscaro
era morto «misteriosamente» in un incidente.
L’opposizione, in commissione, aveva chiesto che si procedesse attraverso
una regolare rogatoria con la Svizzera, invece a tambur battente, l’altra
sera, il presidente della commissione, Enzo Trantino, dopo aver garantito la
tutela a Igor Marini, disponeva, per ieri mattina, la missione a Lugano.
Racconterà poi l’onorevole Nan che della missione era stato informato il
consolato italiano per ottenere i necessari accrediti.
Dunque, ieri mattina arriva a Lugano la delegazione della commissione, per
«assistere passivamente» Igor Marini. Primo colpo di scena: le carte di
Boscaro non si trovano alla Corte dei notai ma al Tribunale fallimentare,
l’ufficio fallimenti di Viganello (periferia di Lugano), non avendo i suoi
familiari rivendicato l’eredità (compresa la documentazione presso il suo
studio) e, dunque, dovendo il Tribunale liquidare il suo patrimonio. Secondo
colpo di scena: Marini fa domanda al Tribunale di poter venire in possesso
della sua documentazione, indicando anche i fascicoli consegnati al notaio
Boscaro. I funzionari del Tribunale cercano la pratica - quaranta scatoloni
di atti e documenti - e prendono tempo. Devono consultarsi, capire se
possono, una volta trovati, consegnare quegli atti. Comunque, per una
qualche risposta positiva bisognerà aspettare la prossima settimana , anche
se alla fine della giornata verrà trovato nei dieci faldoni consultati
soltanto un documento che proverebbe l’attività di intermediazione
finanziaria tra società estere di Marini, ma che non avrebbe collegamenti
con la vicenda Telekom Serbia.
Terzo colpo di scena. Sono da poco passate le cinque del pomeriggio.
L’onorevole Gianni Kessler risponde al cellulare: «In questo momento siamo
bloccati in un ufficio. Dei poliziotti ci hanno fermato, chiesto le
generalità, ritirato i documenti. E’ successo quello che temevo. Lo avevo
detto in tutte le lingue possibili l’altro giorno: per fare le cose perbene
dovevamo procedere con una rogatoria. Anche perché è l’unica strada per
garantire autenticità e completezza agli atti».
Per quattro ore, fino alle 21,30, la delegazione della commissione
bicamerale d’inchiesta su Telekom Serbia si ritrova così fermata, indagata,
interrogata.«Mi sembra esagerato - commenta l’onorevole
Nan - sottrarci i documenti e trattenerci per 4 ore e mezza per poter
dimostrare che noi eravamo qui non per compiere degli atti ma come semplici
osservatori intervenuti su richiesta di un soggetto privato che chiedeva,
secondo lui legittimamente, di poter recuperare dei documenti di sua
proprietà».