LA STAMPAweb

Interni
(Del 9/5/2003 Sezione: Interni Pag. 2)

TRATTENUTI A LUGANO DOPO UN BLITZ IN CERCA DI DOCUMENTI
Caso Telekom Serbia fermati in Svizzera i due deputati italiani
La trasferta elvetica dei parlamentari Kessler e Nan si è trasformata in un incidente diplomatico: sono stati indagati per «violazione della sovranità nazionale e per spionaggio economico»



ROMA

Doveva essere una trasferta che alla vigilia si annunciava promettente, addirittura una missione che sarebbe tornata alla base con le «prove» del pagamento della maxitangente di oltre cinquanta miliardi di vecchie lire per l’affare Telekom-Serbia. Di più: con le prove che quelle tangenti furono versate, in parte, anche a “Mortadella”, “Ranocchia” e “Cicogna”, i soprannomi affibiati a Romano Prodi, Lamberto Dini e Piero Fassino. E invece la missione a Lugano, Svizzera, della delegazione della commissione bicamerale d’inchiesta sull’affare Telekom Serbia si è trasformata in un incidente diplomatico tra Italia e Svizzera, in caso giudiziario clamoroso: i due parlamentari (Enrico Nan, Forza Italia, Gianni Kessler, Ds), i due funzionari di polizia giudiziaria e un consulente della commissione sono stati fermati, indagati, interrogati fino a tarda sera dalla magistratura elvetica. Le ipotesi di reato contestate agli indagati sono gravissime: «Ci hanno rilasciato dopo averci contestato - ha dichiarato l’onorevole Enrico Nan - il reato di violazione della sovranità nazionale e spionaggio economico ai danni della Svizzera, ma per Igor Marini la situazione si complica, è ancora sotto interrogatorio...». Infatti nella notte Marini è stato arrestato perché avrebbe indirettamente ammesso, con le dichiarazioni di mercoledì in Commissione, di aver riciclato denaro di provenienza illecita. Ex promotore finanziario, il faccendiere era andato l’altro giorno a palazzo san Macuto per essere sentito dalla commissione bicamerale d’inchiesta sull’affare Telekom Serbia. E in quelle sede aveva denunciato di avere le prove del pagamento delle tangenti nei confronti di «Mortadella», «Ranocchia» e «Cicogna», soprannomi riferiti a Romano Prodi, Lamberto Dini e Piero Fassino. Marini, per la verità, non aveva detto di aver consegnato materialmente le tangenti ai tre esponenti politici e istituzionali ma di aver cercato di farlo tramite terze persone (per Fassino, ha detto di non aver versato nulla). E aveva assicurato la commissione che era in grado di esibire le sue prove se fosse stato accompagnato a prenderle. Precisando che documenti bancari, fotocopie di passaporti delle persone coinvolte e destinatarie delle mazzette erano depositate presso lo studio del notaio di Lugano Boscaro, anzi presso gli archivi depositati alla Corte dei notai di Lugano, dal momento che Boscaro era morto «misteriosamente» in un incidente. L’opposizione, in commissione, aveva chiesto che si procedesse attraverso una regolare rogatoria con la Svizzera, invece a tambur battente, l’altra sera, il presidente della commissione, Enzo Trantino, dopo aver garantito la tutela a Igor Marini, disponeva, per ieri mattina, la missione a Lugano. Racconterà poi l’onorevole Nan che della missione era stato informato il consolato italiano per ottenere i necessari accrediti. Dunque, ieri mattina arriva a Lugano la delegazione della commissione, per «assistere passivamente» Igor Marini. Primo colpo di scena: le carte di Boscaro non si trovano alla Corte dei notai ma al Tribunale fallimentare, l’ufficio fallimenti di Viganello (periferia di Lugano), non avendo i suoi familiari rivendicato l’eredità (compresa la documentazione presso il suo studio) e, dunque, dovendo il Tribunale liquidare il suo patrimonio. Secondo colpo di scena: Marini fa domanda al Tribunale di poter venire in possesso della sua documentazione, indicando anche i fascicoli consegnati al notaio Boscaro. I funzionari del Tribunale cercano la pratica - quaranta scatoloni di atti e documenti - e prendono tempo. Devono consultarsi, capire se possono, una volta trovati, consegnare quegli atti. Comunque, per una qualche risposta positiva bisognerà aspettare la prossima settimana , anche se alla fine della giornata verrà trovato nei dieci faldoni consultati soltanto un documento che proverebbe l’attività di intermediazione finanziaria tra società estere di Marini, ma che non avrebbe collegamenti con la vicenda Telekom Serbia. Terzo colpo di scena. Sono da poco passate le cinque del pomeriggio. L’onorevole Gianni Kessler risponde al cellulare: «In questo momento siamo bloccati in un ufficio. Dei poliziotti ci hanno fermato, chiesto le generalità, ritirato i documenti. E’ successo quello che temevo. Lo avevo detto in tutte le lingue possibili l’altro giorno: per fare le cose perbene dovevamo procedere con una rogatoria. Anche perché è l’unica strada per garantire autenticità e completezza agli atti». Per quattro ore, fino alle 21,30, la delegazione della commissione bicamerale d’inchiesta su Telekom Serbia si ritrova così fermata, indagata, interrogata. «Mi sembra esagerato - commenta l’onorevole Nan - sottrarci i documenti e trattenerci per 4 ore e mezza per poter dimostrare che noi eravamo qui non per compiere degli atti ma come semplici osservatori intervenuti su richiesta di un soggetto privato che chiedeva, secondo lui legittimamente, di poter recuperare dei documenti di sua proprietà».

Guido Ruotolo

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