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Cronache italiane
(Del 20/5/2003 Sezione: Cronache italiane Pag. 10)

L’ASSOCIAZIONE DI CATEGORIA: FACILE GIUDICARE PER CHI STA IN POLTRONA
«Con la paura tutti i giorni»
«Chiediamo più telecamere e casse a tempo»

MILANO

LA nostra categoria, ma non solo la nostra, vive ormai in una psicosi da stato d’assedio. Bisogna tener conto di questo prima di dare giudizi su quello che è accaduto l’altra sera a Milano». Sergio Baronci, segretario generale della Fit, la Federazione che raccoglie 48 mila tabaccai italiani, spiega che l’organizzazione sconsiglia l’uso delle armi ai suoi associati,ma racconta anche che la categoria ha già di fatto assolto Giovanni Petrali, il tabaccaio che sabato sera ha reagito a un assalto inseguendo e uccidendo un rapinatore e ferendone un altro: «Siamo stati sommersi da centinaia di telefonate da mezza Italia che ci chiedevano che cosa avremo fatto per quel collega di Milano».


E voi che cosa farete?

«Siamo pronti a sostenere le spese per la sua difesa legale, senza che questo sia naturalmente un modo per incitare nessuno a fare lo stesso».

Ma è il caso che un tabaccaio o qualsiasi altro negoziante tenga la pistola sotto il banco per difendersi?

«Ai nostri associati noi sconsigliamo di tenere un’arma in negozio perchè, alla fine, in questo modo rischiano di esporsi a grandi rischi. Se la usano per difendersi e colpiscono il rapinatore finiscono davanti al giudice come è già accaduto in molti casi. Se tirano fuori l’arma, ma non la usano o sbagliano, aumenta il rischio che il rapinatore li colpisca».

Quella di Milano, secondo il magistrato che conduce le indagini, non è stata, però, un’azione di difesa...

«Glielo ripeto: è facile stare qui seduti in poltrona, come siamo io e lei, senza nessuno che ci punta una pistola addosso, e discutere di come si debba agire in questi casi. In teoria siamo tutti d’accordo sul fatto che non ci debbano essere eccessi di legittima difesa, ma, poi, in pratica bisogna vedere come reagisce una persona in preda a quello stress che i tabaccai vivono ogni giorno».

I vostri associati vi danno retta o preferiscono comunque avere un’arma?

«Non tantissimi, ma certo - specie con questa recrudescenza di rapine - ci sono quelli che scelgono di essere armati. Del resto in Italia la legge lo consente e con il porto d’armi ogni negoziante che decida di essere armato è registrato, cosa che naturalmente non avviene per i malintenzionati. Noi, comunque, per difendersi dalle rapine, consigliamo di puntare più sulle difese passive, dalle telecamere alle casseforti a tempo».

I tabaccai sono sotto tiro più di altre categorie?

«Ce ne sono tante: noi, ma anche gli orafi o i farmacisti. Quel che è vero, però, è che il tabaccaio non può, certo, mettere la doppia porta o blindarsi. Così, specie in certe ore, chi sta in negozio esamina ogni faccia che entra chiedendosi se sia un cliente o un delinquente. E poi, malgrado il ministero dell’Interno dica che le rapine stanno diminuendo, noi non abbiamo lo stesso segnale. Ogni settimana pubblichiamo sul nostro giornale l’elenco delle rapine a danno dei tabaccai e in media non passa giorno senza che ce ne sia una. Vorrà dire che a fine anno faremo un bel volume e lo spediremo al ministro...»

Il poliziotto di quartiere serve oppure no a garantire la sicurezza dei negozianti?

«E’ un’ottima iniziativa, ma servirà quando i poliziotti saranno in numero adeguato. Ancora non c’è quella copertura che consente a chi controlla il quartiere di conoscere residenti e commercianti e di notare una faccia strana. Ci vorranno più agenti, ma anche più tempo».

f. man.


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