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Le ragioni del No Tav

Scrissi questa pagina nel 2010 per il sito del Movimento 5 Stelle di Torino (www.movimentotorino.it); essa è stata rapidamente rimossa dopo la fine del mio mandato e l'elezione di Appendino a sindaca, insieme all'intero sito. Molti link e documenti non sono più accessibili, ma le considerazioni qui contenute restano ancora sostanzialmente valide quasi dieci anni dopo, e anche i dati di traffico lo confermano: nel 2014, ultimo dato disponibile da Alpinfo, il traffico merci ferroviario sul Frejus è stato di 3,3 milioni di tonnellate, mentre il raddoppio del tunnel autostradale è quasi completato, e quasi tutte le altre nazioni coinvolte nel famoso "corridoio 5 Lisbona-Kiev" hanno cancellato il progetto da anni.

 

Da anni, i giornali e telegiornali locali del Piemonte sostengono con una propaganda martellante l'utilità di costruire una gigantesca opera pubblica, una ferrovia in gran parte sotterranea tra Torino e Lione, con una motivazione tanto pressante quanto vaga: "non restare tagliati fuori dall'Europa".

Noi non siamo pregiudizialmente contrari a qualsiasi opera: alcune possono effettivamente essere utili e migliorare la qualità della vita delle persone, anche se il miglior regalo alle persone sarebbe quello di garantire loro un lavoro dignitoso senza la necessità di spostamenti, e se il miglior regalo al nostro ambiente sarebbe quello di smettere di trasportare l'acqua italiana in Francia e l'acqua francese in Italia solo per motivi di marketing. Insomma, molte delle necessità di trasporto sono in realtà irrazionali e insostenibili, e, vista la situazione del nostro pianeta, dovranno comunque finire: investire in nuove mastodontiche infrastrutture di trasporto può facilmente rivelarsi un grosso spreco.

Comunque, pensiamo che una grande opera sia giustificata solo se i suoi benefici sono superiori ai suoi costi, sia dal punto di vista economico che da quello ambientale. Il semplice aumento della capacità di trasporto non è un motivo sufficiente: anche le autostrade potrebbero essere costruite a 12 corsie invece che a 4, e certamente il traffico risulterebbe poi più scorrevole, ma se già ora sono mezze vuote per la maggior parte del tempo l'investimento sarebbe ingiustificato.

Questo è esattamente il caso della Torino-Lione, una ferrovia già oggi esistente, semivuota e dal traffico in calo. Questa figura parla da sola:

previsioni-traffico-515_515

La linea rossa rappresenta il traffico merci effettivo sulla linea, che è sostanzialmente stabile da trent'anni e anzi già dal 2000 al 2005, ben prima della crisi economica, era in netto calo. La linea viola è la capacità massima della linea così com'è oggi, da stime di RFI. Anche ipotizzando che il traffico riprenda a crescere linearmente, la linea attuale è sufficiente fino al 2065!

La linea blu è la previsione di traffico fornita dai promotori del TAV per giustificarne la costruzione: una previsione di crescita esponenziale assolutamente priva di credibilità e già smentita dai fatti. Secondo loro, già ora la linea attuale doveva essere pressochè satura, e invece è usata per meno di un quarto della sua capacità. Nel 2008 sono state trasportate 4,8 milioni di tonnellate contro 20 di massimo; nel 2009, ultimo anno disponibile, si è scesi addirittura a 2,4 milioni, poco più del 10% della capacità della linea (dato ufficiale Alpinfo, l'osservatorio svizzero sul traffico nelle Alpi).

Le stime dei sostenitori del TAV sono basate sull'idea che il PIL cresca all'infinito e che tale crescita si basi sull'incremento della produzione e della circolazione di merci voluminose: vi sembra una prospettiva credibile? A noi sembra più credibile la prospettiva, sotto gli occhi di tutti, di un'Italia in cui le merci prodotte calano continuamente, e in cui l'economia si sposta verso i servizi e le nuove tecnologie, riducendo le necessità di trasporto pesante.

Talvolta i promotori del TAV dicono che la linea servirebbe a "togliere i TIR dalle strade". Ma se l'obiettivo fosse quello di eliminare i TIR, lo si sarebbe già potuto realizzare: la linea attuale è sottoutilizzata e nulla vieta di introdurre divieti e contingentamenti al transito dei TIR dal Frejus. Il motivo per cui non lo si fa è sia politico che economico: non solo la lobby dell'autotrasporto è fortissima e ben radicata in entrambi gli schieramenti politici, ma per le necessità dell'industria italiana - caratterizzata da grande frammentazione, da scarsa organizzazione logistica e da capannoni situati in mezzo alla campagna - in molti casi è economicamente impossibile spostare le merci su ferro.

Anche se lo si volesse fare, comunque, la capacità della linea attuale è sufficiente: anzi, perché non lo facciamo subito? Così i nostri politici ci dimostrerebbero che il rischio di costruire un'opera gigantesca per poi vederla giacere inutilizzata mentre i TIR continuano a sfrecciare sull'autostrada non è così realistico come ci sembra. Per non parlare del fatto che, contemporaneamente al TAV, i nostri ineffabili politici hanno cominciato a ventilare il raddoppio del tunnel autostradale del Frejus.

Talvolta invece dicono che è il fatto stesso di costruire una linea veloce e comoda che genera il traffico per riempirla, attirandolo anche dai TIR; questo è spesso vero per le strade di città, ma difficilmente si applica alle ferrovie internazionali. Una dimostrazione è la ferrovia di valico Udine-Tarvisio, raddoppiata in galleria negli anni '90 con costi elevatissimi, su cui il traffico è aumentato esponenzialmente... sull'autostrada (nel 1990 la vecchia ferrovia portava il 41% delle merci, nel 2008 la nuova ne porta solo il 28%).

Veniamo ora a un altro argomento: "ma cosa sarebbe successo se Cavour non avesse costruito l'attuale traforo del Frejus?". Questo slogan suggestivo ultimamente va di moda, ma è privo di senso: lo storico traforo del Frejus trasformò un percorso di sei ore a dorso di mulo su per i valichi, impraticabile d'inverno, in un quarto d'ora di tragitto in treno. Ovviamente l'impatto fu enorme! Qui stiamo parlando di spendere 15 miliardi di euro per risparmiare forse un'ora (la velocità dei treni nel tunnel, passeggeri compresi in quanto accodati ai merci, sarebbe di 100-120 km/h) su merci che viaggiano per giornate; non è credibile che questo faccia grande differenza sulla competitività delle nostre merci.

E infatti, il motivo dato dai promotori per costruire la linea non è né il traffico passeggeri (quasi inesistente) né la velocità, ma la capacità: il numero totale di tonnellate che possono viaggiare sulla linea. Ma, come abbiamo visto, questo problema non esiste. Tra l'altro, la domanda di trasporto delle merci è in crescita soltanto sulle direttrici nord-sud (Brennero, Gottardo...), e parte del traffico sul Frejus è in realtà traffico tra l'Italia e il nord della Francia per cui la via più diretta, con i nuovi tunnel in costruzione, sarà la Svizzera. Rassegniamoci: di scatolette di sgombro che devono andare in treno da Lisbona a Kiev non ce ne sono poi molte.

Questo risponde anche all'argomento "ma se lo fanno in tutta Europa...": certo che in tutta Europa si costruiscono linee ad alta velocità e lunghi tunnel per le merci, ma lo si fa sulle direttrici già quasi sature, dove servono davvero. E comunque spesso, in Europa, c'è anche chi disinveste per via di risultati deludenti.

Molto ci sarebbe da dire sui rischi ambientali della costruzione dell'opera: la costruzione delle linee ad alta velocità in altre parti d'Italia (es. Mugello) ha regolarmente distrutto le falde acquifere, e lo stesso rapporto COWI commissionato da Unione Europea e LTF denuncia la perdita sicura di acqua nel caso di realizzazione di gallerie nel massiccio dell'Ambin. Questa perdita sarebbe pari al fabbisogno di 1.000.000 di persone ogni anno, per sempre. Le aree della collina morenica e dell'Orsiera non rientrano nel calcolo. E non parliamo dei rischi legati alla probabile presenza di amianto nelle montagne.

Interferire con la falda acquifera ha anche un altro effetto: le fondamenta delle case vengono spinte di qua e di là seguendo gli spostamenti profondi del terreno, anche a centinaia di metri dal cantiere, e le case si sbriciolano. Questa, per esempio, è la foto della camera da letto di un appartamento di via de' Carracci a Bologna, dove sta venendo scavato il tunnel del TAV che dovrebbe attraversare la città:

foto_casa_via_carracci-595_595

In alcuni casi gli abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case, ricevendo indennizzi minimi. Gli abitanti della zona di corso Marche a Torino sono avvertiti!

Per quanto riguarda il tratto in galleria, i progetti Alpetunnel chiariscono che all'interno del tunnel ci sarebbero 50 gradi, per via del naturale gradiente termico all'interno della Terra. Bisognerebbe lavorare in quelle condizioni con presenza di grisou, radon, uranio, almeno 17 faglie con rocce in movimento, grandi quantità d'acqua in forte pressione. Poi ci sono rocce inconsistenti, laghi sotterranei e pressioni altissime. Nessuno ha oggi la certezza che la galleria lunga di 57 km sotto alle Alpi sia realmente fattibile, né si conoscono i costi reali di costruzione ed eventualmente di gestione.

Finora abbiamo visto che l'opera presenta benefici scarsi e dubbi, e costi ambientali elevati. Parliamo del conto?

I costi dell'opera sono stimati attualmente tra 15 e 20 miliardi di euro (poi, si sa, man mano che i lavori procedono i costi si gonfiano sempre, talvolta raddoppiano o triplicano). Per dare un'idea della dimensione della cifra, non facile da cogliere, il costo dell'intero passante ferroviario di Torino - venticinque anni di lavori per mezza città - è di 1,6 miliardi (un dodicesimo); l'intero, ed enorme, debito del Comune di Torino - il più alto d'Italia pro capite - è di 5 miliardi (un quarto). I famosi "fondi europei" - quelli per cui bisogna assolutamente far partire i lavori a costo di mandare l'esercito, se no saranno persi - ammontano a 0,7 miliardi di euro. Un paio di miliardi li mettono i francesi, perché pur di fare l'opera l'Italia si è assunta buona parte dei costi anche del tratto in territorio francese (e poi ti chiedono "come mai i francesi non si oppongono?" - gli arriva una ferrovia quasi regalata da noi...). Tutto il resto è a carico del contribuente italiano.

Dato che il traffico è scarso, il rischio è che il conto non si chiuda qui: infatti un'opera del genere, una volta costruita, ha un costo enorme anche solo di manutenzione e gestione. Per decenni il bilancio italiano si troverebbe sulle spalle le perdite della Torino-Lione, esattamente come i francesi hanno dovuto pagare i debiti mostruosi dell'Eurotunnel sotto la Manica, in cui centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori hanno perso tutto il loro investimento. Il maggiore sito indipendente di economisti italiani ha pubblicato studi scientifici, sia francesi che italiani, che danno per certo questo finale.

Questo è ciò che scrive la Corte dei Conti in merito al TAV in Italia:

"E’ emersa allora evidente la forzatura iniziale che, attraverso un progetto finanziario troppo ottimistico, ipotizzava un autofinanziamento mediante project finance: in realtà si trattava ab origine di linee ferroviarie finanziate con debito pubblico futuro, neppure acquisito alle migliori condizioni di mercato (anche in considerazione degli elevati costi di intermediazione conseguenti al complesso iter utilizzato rispetto a quelli di attivazione del normale credito di investimento).
In realtà un progetto delle dimensioni dell’Alta velocità non può ritenersi accettabile solo in relazione all’indubbia strategicità dei fini in esso contenuti, ma deve essere accompagnato da una realistica analisi dinamica della copertura economica. Diversamente opinandosi, non poteva che verificarsi un onere rilevantissimo per la finanza pubblica, come avvenuto nel caso di specie."

In altre parole, le attuali tratte TAV in Italia sono state approvate grazie a conti finanziari volutamente ottimistici, ma si sono trasformate in un "onere rilevantissimo per la finanza pubblica".

Ci sembra dunque evidente che la costruzione della Torino-Lione rappresenta una spesa enorme non giustificata dai benefici: ecco perché siamo contrari al TAV Torino-Lione.

Già, ma a questo punto vi chiederete: perché politici e industriali di ogni colore insistono, e la vogliono fare a tutti i costi?

Cominciamo col dire che il TAV in Italia (es. la Torino-Milano) è costato 60-70 milioni di euro a chilometro, contro i 10-15 di costo medio europeo (fonte Il Sole 24 Ore). In parte ciò è dovuto alle numerose opere connesse, ma una differenza simile non si spiega se non con una grande abbuffata. Le aziende che hanno costruito il TAV in Italia, abbuffandosi, sono per esempio la Fiat; per esempio l'Impregilo dei gruppi Gavio, Benetton e Ligresti; per esempio un buon numero di cooperative rosse dell'Emilia-Romagna. Vi stupite che La Stampa da anni attui una vera e propria propaganda di regime a favore dell'opera, o che il PD nazionale e regionale sia sdraiato a favore?

A Torino e in Piemonte, difatti, non c'è opposizione: comanda un gruppo di potere economico radicato in entrambi gli schieramenti politici. Più aumenta il nervosismo sul TAV e più l'inciucio viene allo scoperto: per esempio Berlusconi e Letta che nominano Mario Virano, ex PCI, come direttore politico del progetto. Per esempio Chiamparino che a ottobre 2009 viene eletto presidente dell'ANCI, l'associazione dei comuni italiani, e potendosi nominare chiunque come vice non sceglie qualcuno del suo partito o di un'altra zona d'Italia, ma nomina Osvaldo Napoli, leader del PDL piemontese, in teoria suo avversario nelle elezioni regionali di pochi mesi dopo.

La cosa diventa ancora più inquietante se si considera che i subappalti per la costruzione delle grandi opere, anche in Piemonte, sono in mano alla mafia e alla ndrangheta, spesso infiltrate nelle stesse amministrazioni comunali della cintura torinese. Numerosi sono i casi pubblicamente noti anche solo negli ultimi mesi (es. qui e qui). Il TAV sarebbe anche un grandissimo regalo alle mafie.

Le motivazioni contro il TAV sono supportate dai dati, da una lunghissima lista di motivazioni e da ragionamenti ben precisi; quelle a favore sono supportate solo da slogan ripetuti all'infinito dalla televisione e dai giornali. Anche molti di noi, prima di conoscere i dati, credevano alla propaganda; credevano che in Valsusa ci fossero "quattro facinorosi" che resistevano al progresso. Dopo aver scoperto la verità, ci è sembrato subito chiaro da che parte stare.

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