toblòg
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Idee, fatti e commenti di vb su Torino e non soloit2024-03-19T04:57:34webmaster@bertola.euhourly12000-01-01T12:00+00:00Cambio di blog
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2006-04-21T02:01:31vb (mailto:webmaster@bertola.eu.org)GeneralCome già scritto, ho deciso di sospendere toblòg... però alla fine ho accolto le richieste e deciso di non privarvi del dubbio piacere di leggere le mie elucubrazioni. Ho però voglia di tentare un formato leggermente diverso, e quindi ecco a voi il mio nuovo, sperimentale blog: Near a tree. ...Near a tree. Engiòi!]]>Lo schermo
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2006-04-14T00:00:00vb (mailto:webmaster@bertola.eu.org)GeneralFine (I feel)
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2006-04-13T23:32:58vb (mailto:webmaster@bertola.eu.org)Generalif it wasn't for your misfortune
I'd be a heavenly person today
Ho riflettuto sulla questione negli ultimi giorni, e penso che questo sarà l'ultimo post di questo blog. Ciò deriva non solo dalla sensazione che la cosa non faccia tutto sommato grande differenza per nessuno; mi rendo conto difatti che, ultimamente, ...if it wasn't for your misfortune
I'd be a heavenly person today
Ho riflettuto sulla questione negli ultimi giorni, e penso che questo sarà l'ultimo post di questo blog. Ciò deriva non solo dalla sensazione che la cosa non faccia tutto sommato grande differenza per nessuno; mi rendo conto difatti che, ultimamente, non ho poi più molto da dire, nè è cortese riservare nuo strumento come questo a mesi di inattività seguiti da qualhce sfogo estmporaneo.
Poi, diciamo che le poche persone con cui posso comunicare qualcosa hanno modo di farlo direttamente; se vorrete vedere le duemila e passa foto della Nuova Zelanda, basta sfruttare la prima occasione utile. Per il resto, pare che questo blog disturbi la quiete altrui senza per questo aggiungere punto alla mia, e quindi è meglio lasciar perdere.
Del resto, vi avviso, credo che Internet abbia esaurito il proprio potere comunicativo. Se non altro, è una finta mockery, versione onanistico-nevrotica, di ciò che i rapporti interpersonali dovrebbero essere in una società sana. Per cui smetterei di parlarci per bit virtuali, darei un bel calcio reale a tutto e chiuderei l'argento interiore del mio velenoso mercurio in una bella pagina esteriormente bianca, linda, che non sporca e non disturba (tra poco su questi schermi).
Grazie a chi deve essere ringraziato, e auguri; aprile puzza di morte lontano un miglio, come ciascun aprile sin dalla morte di Gesù. Ridatemi subito, vi prego, l'autunno, o perlomeno il cappio filiale dell'insulto massimo verso il nostro (g|G)enitore, lo sberleffo rovinoso del rifiuto ultimo alla vita. E poi andate via, che qui non c'è più niente da vedere. Grazie.]]>Rottami
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2006-03-27T02:13:36vb (mailto:webmaster@bertola.eu.org)GeneralEssere malati all'estero non è mai bello, specie se si è così lontani da casa. E pensare che avevo atteso e organizzato questo viaggio un po' come se marcasse la fine di un periodo complicato, visto che era la mia prima vacanza dall'estate di due anni fa, ossia la prima ...ICANN di Vancouver, a novembre, ma poi non mi ero sentito abbastanza tranquillo).
E invece, una combinazione dal tempismo impeccabile di casi perversi della vita, errori miei e di altri, piccole e grandi meschinità - come ha chiosato un amico per mail, "non saprei dire se sia più grande la tua sfiga o la quantità di stronzi che ti prendono di mira" -, unita ad un massacrante volo di venti ore in classe economica, con relativi casini aggiuntivi di visti mancanti e prenotazioni alberghiere sbagliate, mi ha fatto arrivare quaggiù in pessime condizioni, con da gestire un mucchio di nuovi casini sul piano personale, su quello dell'ufficio, nei miei circoli "politici" italiani e internazionali. In questo momento, vorrei soltanto essere a casa, o svegliarmi nella vita di qualcun altro.
Ho quindi giracchiato un po' la città, che è sicuramente interessante, anche se non significativamente diversa da tante altre città che ho visitato in questi anni. So che è difficile convincere chi non ha mai provato che poter guardare la TV in un albergo a cinque stelle dall'altra parte nel mondo non rende affatto felici, quindi non ci proverò neppure. Cerco di sopravvivere a questa ennesima mareggiata, sperando prima o poi di trovare un porto, anzichè le solite porte in faccia, talvolta condite di finta compassione o di sorrisi imbarazzati. Mi consolo con qualche amico che risponde, nonostante le dieci ore di fuso, e mi tira un po' su.
Intanto, cominciare a dormire potrebbe essere utile; purtroppo, l'effetto di dosi da cavallo di Lexotan (talvolta nella Diet Coke, più facile da trovare dell'acqua) e di una camomilla ogni due ore è che sono più che altro rimbambito, ma dormo lo stesso tre ore per notte, mentre nelle altre ventuno convivo spesso con crisi di vario genere, che mi fanno quasi svenire. Insomma, sono proprio un rottame! In questo momento non riesco granchè a seguire queste conversazioni sempre uguali su temi noiosi e complicati, mi entrano da un orecchio e mi escono dall'altro.
Speriamo che domani sia un giorno migliore.]]>Perso e tradotto
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2006-03-25T03:24:39vb (mailto:webmaster@bertola.eu.org)GeneralPerso al di sopra di un mare senza nome
in un tramonto ad un'ora qualsiasi
come in un'isola accesa in mezzo al buio che avanza
tradotto nel cielo
ridotto da uomo a funzione
Al di fuori del territorio usuale ed umano
non so dove vado e non ricordo da dove
ricordo, ogni tanto, delle voci lontane
in lingue ...
in un tramonto ad un'ora qualsiasi
come in un'isola accesa in mezzo al buio che avanza
tradotto nel cielo
ridotto da uomo a funzione
Al di fuori del territorio usuale ed umano
non so dove vado e non ricordo da dove
ricordo, ogni tanto, delle voci lontane
in lingue mai più frequentate
C'è chi vola e decolla ed atterra poi altrove
ma per me, questa sera, c'è il nulla in attesa
sospeso nel vuoto, di fuori e di dentro
perduto di nuovo ed ancora a guardare
le nuvole ferme e la vita che passa
la mia vita ferma a una nuvola bassa
il ciclo di giorni e di notti
di voli e aeroporti e tragitti interrotti
parole tradotte il cui senso non cambia
passate, corrotte, che il cuore ricambia
attese fraintese e pretese svanite
sequenze confuse per trame impazzite
tradotto o doppiato, nessuno è diverso
e ognuno è di solito perso
Ich sehe, dass du denkst
Ich denke dass du fühlst
Ich fühle dass du willst
aber ich hör dich nicht ich
hab mir ein Wörterbuch geliehen
dir A bis Z ins Ohr geschrieen
Ich stapel tausend wirre Worte auf
die dich am Ärmel ziehen
Und wo du hingehen willst
Ich häng an deinen Beinen
Wenn du schon auf den Mund fallen musst
Warum dann nicht auf meinen
Oh bitte gib mir nur ein Wort
Bitte gib mir nur ein Oh
Bitte gib mir nur ein
Bitte bitte gib mir nur ein Wort
Es ist verrückt wie schön du schweigst
Wie du dein hübsches Köpfchen neigst
Und so der ganzen lauten Welt und mir
die kalte Schulter zeigst
Dein Schweigen ist dein Zelt
Du stellst es mitten in die Welt
Spannst die Schnüre und staunst stumm wenn
Nachts ein Mädchen drüber fällt
Zu deinen Füssen red ich mich
um Kopf und Kragen
Ich will in deine tiefen Wasser
Große Wellen schlagen
Oh bitte gib mir nur ein Wort
Bitte gib mir nur ein Oh
Bitte gib mir nur ein
Bitte bitte gib mir nur ein Wort
In meinem Blut werfen
die Endorphine Blasen
Wenn hinter deinen stillen
Hasenaugen die Gedanken rasen
Oh bitte gib mir nur ein Wort
Bitte gib mir nur ein Oh
Bitte gib mir nur ein
Bitte bitte gib mir nur ein Wort
Bitte gib mir nur ein Wort
Bitte gib mir nur ein Oh
Bitte gib mir nur ein
Bitte bitte gib mir nur ein Wort]]>Una salita a Superga
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2006-03-06T09:35:46vb (mailto:webmaster@bertola.eu.org)GeneralIeri era una bella giornata, che faceva venire voglia di uscire. Era già da qualche giorno che stavo pensando di fare una passeggiata in salita, per allenarmi in vista del mio prossimo viaggio in giro per il mondo; e visto che la montagna è ancora impraticabile per neve, mi ero ...Superga.
Una salita a Superga può avvenire in tanti modi. Ci si può andare in auto, una sera d'estate, a suonare la chitarra sul piazzale con gli amici; oppure una domenica con la dentiera, per vedere il panorama. Ci si può andare in bici, per un voto fatto; o anche tutti insieme, camminando per la strada, con una fiaccola in mano in una sera di luglio. Io ho scelto la strada più lunga, da solo a piedi per il bosco.
Lasciata la macchina a Sassi, dopo venti minuti di salita ripida sui marciapiedi della strada, incomincia il sentiero vero e proprio (numero 28 della carta dei sentieri della collina torinese). Bisogna superare la sbarra abusiva di una villa, lasciandosi alle spalle, dietro una rete, il solito cane da guardia con la bava alla bocca, gobbo e dopato; e si è subito soli in mezzo alle sterpaglie. Per circa un'ora il percorso si snoda tra larghe carrabili a mezza costa, solo ogni tanto ostruite da qualche albero caduto, e qualche improvviso taglio verticale che mette a dura prova il fiato. Il bosco in questo periodo è affascinante, con il terreno coperto di foglie secche rimaste lì dall'autunno, frollate dalla neve e poi dal suo scioglimento; e con il terreno molle, spesso fangoso, e in certi rari tratti ancora coperto di neve.
Si arriva così a Pian Gambino (il termine “Pian” è decisamente ironico, vista la pendenza), dove un qualche ente pubblico ha appena rasato il bosco, facendolo assomigliare ai giardinetti della Maddalena. Lì si incontra di nuovo la dentiera, facendo ciao ai turisti che ti guardano un po' stupiti dai finestrini; e pare di essere arrivati. In realtà, manca ancora mezz'ora buona di salita dura, fino ai vecchi tornanti, residui d'Ottocento, che portano alla stazione della funicolare e di lì al piazzale della Basilica.
Io ho fatto il percorso pensando ai fatti miei, ma anche al Toro. Nel tratto più solitario ho pensato di sentirmi come devono sentirsi ora Cairo e De Biasi, soli nel silenzio circostante, persi su un lungo sentiero in salita in mezzo ai rovi e alle sterpaglie, in cui è difficile distinguere l'alto dal basso, la sinistra dalla destra, l'avanti dall'indietro; e non si sa bene se alla fine del sentiero si troverà Superga, oppure ci si ritroverà inaspettatamente di nuovo in fondo alla valle.
E così, ogni tanto, fermandomi per riprendere fiato, declinavo una stazione della nostra via crucis, cercando di incitare i vari giocatori: Taibi, impara ad uscire; Orfei, impara a marcare; Stellone, impara a mirare; Fantini, impara a passare la palla (almeno una volta ogni tanto, e dai!). Del resto non si può tifare Toro senza essere un po' masochisti, senza provare il piacere della fatica e l'abitudine a farne il triplo degli altri; e senza infilarsi almeno tre volte, con tutto il cuore e in perfetta buona fede, sul sentiero sbagliato, magari dietro una guida di quelle che perdono il controllo della situazione e poi, a difesa della propria autostima, anche il contatto con la realtà; che continueranno fino all'ultimo a dire “ma no, là in fondo intravvedo un pezzetto di cielo, bisogna solo insistere”, e non ammetteranno mai di essersi perdute.
In cima alla salita – prima di una meravigliosa discesa col sole al tramonto, piena di luci fantastiche che filtravano tra gli alberi – non ho potuto non fermarmi davanti alla lapide, e poi al Museo del Grande Torino (tra l'altro, in tutto il piazzale non vi è una sola indicazione della sua esistenza nè di quella della lapide, bisogna sapere che esistono e un turista qualsiasi potrebbe tranquillamente non scoprirli). L'affluenza al museo, che è aperto solo nel weekend e solo al pomeriggio, era talmente elevata che hanno dovuto dividerci in gruppetti e farci visitare le tre stanzette di corsa. Ugualmente, l'effetto di vedere i grandi del passato che ci aspettano in cima alla salita è stato forte; il contrasto con il calcio di oggi è stridente.
Forse, anche i nostri confusi giocatori troverebbero la strada e la forza di reagire, se provassero per una volta l'esperienza di salire a piedi a Superga.]]>Miracolo a Torino
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2006-02-15T00:27:23vb (mailto:webmaster@bertola.eu.org)GeneralDa qualche giorno, sul forum di Toronews, c'è una bella discussione in cui ci si chiede perchè siamo del Toro. E' un tema che meriterebbe un libro, con pagine molte e complesse, con storie abbondanti ed antiche. Eppure, un manipolo di noi ha avuto la risposta migliore senza bisogno di ...Toronews, c'è una bella discussione in cui ci si chiede perchè siamo del Toro. E' un tema che meriterebbe un libro, con pagine molte e complesse, con storie abbondanti ed antiche. Eppure, un manipolo di noi ha avuto la risposta migliore senza bisogno di una parola, semplicemente essendoci, sabato sera al vecchio Filadelfia, per una di quelle magie che capitano una volta sola nella vita.
Peraltro, certamente una volta sola capitano le Olimpiadi in città, con questa festa di piazza magnifica e straripante per tutte le vie del centro; e ci eravamo tutti resi conto che tra le Olimpiadi, simbolo supremo della lealtà sportiva, e il Toro, che della lealtà ha sempre fatto una bandiera, non poteva finire così, con uno scontro a colpi di graticci metallici, per l'orrida arroganza di un'assessore in malafede.
E' anche un po' per questo che, nello spirito riparatore, i soliti noti del Comitato Dignità Granata hanno pensato di organizzare sabato scorso una serata in onore del Fila, illuminandolo e riportandolo agli occhi del mondo, in una sera di festa olimpica. Ma nemmeno loro, credo, immaginavano di riuscire a risvegliare quegli spiriti meravigliosi che pure sono lì, al Fila, davanti agli occhi e al cuore di chi li vuole cercare.
Nonostante la festa per la vittoria del pomeriggio, la serata era iniziata con un po' di scoramento. L'organizzazione era costata grande fatica, con il reperimento di quattrocento bandiere gentilmente donate dal Toro Store, usate a Superga per festeggiare la fiaccola olimpica e che, in teoria, avrebbero dovuto essere riportate per imbandierare il Fila; ebbene, buona parte di esse sono state bellamente incamerate dai tifosi, e addirittura sabato mattina, mentre ci si adoperava per installarle sui muri del Fila, continuavano ad arrivare giovani ultras a chiederne “in prestito solo una, solo oggi per la partita, poi giuro che te la riporto”. Le quattrocento bandiere erano così già ridotte a un centinaio, che i valorosi volontari hanno provveduto a disporre sulle balaustre di quel che resta del Fila, in qualche caso con acrobazie al limite dell'incoscienza.
Oltre a questo, l'allestimento includeva una serie di suggestivi lumini; uno striscione su via Giordano Bruno con la scritta “Stadio Filadelfia”, visto che il Comune non ha nemmeno posto uno straccio di targhetta giallo-blu per spiegare a torinesi e ospiti olimpici cosa siano davvero quelle rovine; varie foto e testi appesi sulla novella “recinzione” comunale; un cavo elettrico coraggiosamente sospeso attraverso via Filadelfia, per far arrivare la corrente dallo Sweet Bar allo stadio; un videoproiettore dalla potenza inaudita, e dal costo altrettanto inaudito (alcune centinaia di euro solo per l'affitto per la serata); e due fari da un migliaio di watt, che però sul più bello sono venuti a mancare, causa sovraccarico dell'impianto dello Sweet.
Dopo tutto questo, ci si aspettava l'arrivo di almeno qualche centinaio di tifosi, e invece c'erano sempre i soliti (i famosi quattro coglioni di Cimminelli?). Eppure, alla fine abbiamo avuto ragione noi che c'eravamo.
La serata è iniziata tra una chiacchiera e l'altra, proiettando le immagini sul palazzo dello Sweet Bar, con il proiettore piazzato sulla gradinata del Fila; e così, improvvisamente, le ombre si sono fatte solide. Prima il Grande Torino, le immagini vere e quelle finte, i montaggi strazianti dei fantasmi di ieri nel Fila di oggi; e poi tanti altri video, e in particolare i migliori derby degli ultimi cinquant'anni. E così, le auto si fermavano di colpo, in doppia e terza fila, in mezzo a manipoli di persone a bocca aperta e naso in su, a guardare in alto sulle finestre del palazzo un Torrisi di dieci metri infilare una, due, cinque volte la porta bianconera, nel replay infinito di uno dei grandi miracoli granata della storia sportiva.
Ma questo è niente rispetto a ciò che è successo dopo, quando qualcuno ha avuto l'idea geniale di girare il proiettore, e di invadere di luce e di forme il terreno dello stadio Filadelfia. Come in una macchina del tempo, gli Invincibili hanno riconquistato il loro campo, solo per un momento, per un unico, miracoloso respiro di quelli che, come dicevamo, succedono una volta sola nella vita.
E così, le erbacce sulle erbacce con il Grande Torino che entra in campo; e poi, azioni di gioco proiettate là dove sono state, là dove sempre saranno, con noi tifosi al nostro posto, seduti sulla gradinata, ad incitare ed ammirare i campioni di un tempo. Una schitarrata in compagnia, e Redemption Song che diventa un inno al Toro e alla sua rinnovata liberazione. A un certo punto, prima uno, poi due, poi tre bambinetti sfuggono al controllo, e si lanciano sul terreno di gioco; danzano con le ombre, e cercano di colpire un pallone gigantesco, provando a evitare i giocatori di sessanta anni fa, fino a trapassarne l'immagine.
Io ci ho provato, ma non credo che questa sensazione possa essere davvero descritta a parole; avreste dovuto esserci, per sentire i brividi. Alla fine, nonostante l'ora tarda, non riusciamo a trattenerci; e un unico grido, “Toro, Toro”, come un'unica voce si alza ancora una volta dalla gradinata del Fila. La notte, i palazzi, il mistero ce lo restituiscono amplificato cento, mille volte, come uno stadio vero, come uno stadio ancora una volta pieno. E' il miracolo del vecchio cuore granata.
Il resto della serata scorre facilmente, davanti a una pizza in discussioni oziose, mentre tutti cerchiamo di fissare il ricordo di questi brividi, per non dimenticarli più. Brividi è trovarsi con trenta amici che nemmeno sapevi di avere, a cantare e gridare in uno stadio buio, e vedere d'improvviso farsi luce lo spirito del Toro, quello che ci lega ora e per sempre, quello che quando ce lo chiedono i tifosi delle altre squadre non riusciamo comunque a spiegare, ma che c'è e non può andare via.
Lo rifaremo, ma come per ogni cosa, la seconda volta non sarà più la stessa. Ma ho davvero la speranza che la prossima volta saremo in tanti.]]>L'Italia che filtra gli IP
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2006-01-31T00:15:22vb (mailto:webmaster@bertola.eu.org)GeneralOrmai la maggior parte degli italiani, compresi quelli che non hanno mai usato Internet, ha sentito parlare del caso "calcio(non)libero", ossia dei due siti che fornivano link a streaming video di televisioni cinesi, sulle quali sono trasmesse in chiaro le partite di pallone che qui in Italia si dovrebbero pagare ...Sky, Mediaset o La7.
Come riportato ieri da Punto Informatico, i due siti sono stati chiusi dalla Guardia di Finanza (o meglio, uno ha semplicemente cambiato URL, e quindi è ancora visibile, essendo ospitato all'estero su un dominio non italiano); non si capisce su quali basi, visto che si limitavano a fornire i link. Pare che la tecnologia P2P usata per lo streaming sia tale che il fatto di radunare molti utenti - e quindi, di provocare l'attivazione in Italia di tanti peer in grado di redirigere i pacchetti - sia essenziale per il funzionamento stesso dello streaming, perché un utente da solo vedrebbe poco o nulla; mi sembra un argomento debole.
Ma la cosa che trovo veramente preoccupante è che, secondo tutti i giornali, la Guardia di Finanza avrebbe ora ottenuto da tutti i maggiori provider italiani che gli indirizzi IP delle suddette emittenti cinesi vengano resi irraggiungibili ai clienti mediante filtri sui router.
Questa soluzione, se ricorderete, è stata "promessa" poco tempo fa anche per un altro scopo, ossia impedire l'accesso dall'Italia ai casinò online, per salvaguardare il monopolio di Stato sulle scommesse.
Certo, fa pensare il fatto che quel genere di provvedimenti che non si riescono mai a ottenere contro i peggiori siti spammer, razzisti o pedopornografi vengano presi a spron battuto quando di mezzo ci sono i soldi dello Stato o delle televisioni; ma, per chi come me pensa che la censura sia sbagliata comunque, non è questo il peggio.
Quello che sconvolge è invece come in Italia si stia provvedendo a implementare una forma di "censura di Stato" sulla rete, in cui senza alcun tipo di scrutinio pubblico o di garanzia legale la Guardia di Finanza e gli ISP, magari su pressione di attori privati ancora più forti come le televisioni o le major dell'audio e del video, decidono che cosa gli italiani devono o non devono poter vedere su Internet.
Nessuno discute la legittimità dei diritti di sfruttamento sulla trasmissione di determinati eventi, anche se immagino che le televisioni cinesi non li abbiano avuti gratis, per cui essi dovrebbero essere già stati compensati; però io sono estremamente preoccupato dalla faciloneria con cui un diritto fondamentale come quello di espressione e di comunicazione tramite i media venga intaccato così di soppiatto. E se le emittenti cinesi, dopo Juve-Milan, mandassero un documentario sui dissidenti locali? Ce lo perderemmo pur di non mettere in dubbio i danari di Galliani?
Vi sono molti altri episodi - si pensi ad esempio alla presunta pratica di alcuni grandi ISP italiani di filtrare il traffico di determinati programmi peer to peer - da cui appare che, in assenza di una adeguata protezione dei nostri diritti, i fornitori di accesso si arrogano il ruolo di censori in modo totalmente arbitrario.
Se proprio così deve essere, credo che essi dovrebbero perlomeno essere obbligati a scrivere a chiare lettere a tutti i propri clienti che determinati siti o determinati programmi sono oscurati, con tanto di elenco allegato, in modo che il consumatore possa scegliere il fornitore che gli è più congegnale.
E però, io credo che la via migliore sarebbe prevedere che questo tipo di provvedimenti, se proprio sono necessari, vadano presi in modo pubblico e chiaro, dopo aver applicato le opportune garanzie e gli opportuni criteri per limitarli al minimo necessario; e secondo principi oggettivi di responsabilità giuridica, che non criminalizzino chiunque inserisca anche solo il termine "peer to peer" nelle proprie pagine, ma soltanto chi compie davvero dei reati, e dopo che un giudice specifico della materia, competente ed equilibrato, abbia vagliato la credibilità della denuncia.
Io ricordo che a Tunisi, un paio di mesi fa, inserendo il termine "anonymizer" su Google si otteneva in risposta una finta pagina di errore in francese, creata dall'ISP su ordine del governo. Quando vedo che l'Italia si avvia sulla stessa strada, comincio a chiedermi in che paese vivo, visto che le immagini delle cosce da cavalli gonfiati di Nedved e Del Piero ormai valgono più della nostra libertà.]]>Beppe Grillo ha rotto i coglioni
http://bertola.eu/toblog/index.php?p=112&c=1
2005-12-31T11:54:28vb (mailto:webmaster@bertola.eu.org)GeneralE' l'ultimo dell'anno, e dovremmo essere tutti più buoni (ah no, quello era Natale, ma insomma ci siamo capiti).
E invece, dopo l'iniziale puntata dedicata al maestro Gianni Vattimo, proprio oggi mi viene da scrivere la seconda puntata della serie “...ha rotto i coglioni”, dedicata appunto a Beppe Grillo.
Per carità, dire ...
E invece, dopo l'iniziale puntata dedicata al maestro Gianni Vattimo, proprio oggi mi viene da scrivere la seconda puntata della serie “...ha rotto i coglioni”, dedicata appunto a Beppe Grillo.
Per carità, dire che ha rotto i coglioni è esagerato; anzi, per fortuna che c'è, visto che ha il grande merito di dire chiaramente cose che molti altri tacciono per convenienza. In parte la mia è probabilmente invidia, per la sua capacità di far ridere e far riflettere allo stesso tempo; una abilità satirica che anche a me piacerebbe avere.
Inoltre Grillo merita rispetto per il fatto di essere, ben prima di Biagi-Luttazzi-Santoro, uno dei primi epurati politici della televisione italiana; a fine anni '80 gli bastò una velenosa barzelletta su Craxi e i socialisti cinesi per ottenere una storica dissociazione in diretta da parte di Pippo Baudo, e l'espulsione praticamente perpetua dai teleschermi pubblici nazionali (che, di fatto, perdura tuttora).
Dunque, non è che le cose che dice Grillo siano sbagliate, anzi; ma a me quel che dà fastidio è la carenza di dubbi, lo stile da crociata, la critica a tutti i costi. Certamente nella nostra società esistono molte ingiustizie, molte storture, molte assurdità; eppure, se le cose funzionano in un certo modo di solito ci sono delle ragioni.
Ad esempio, per citare uno dei suoi cavalli di battaglia, è facile fare il saccente di successo raccontando dei camion che, portando i pomodori italiani in Olanda, incrociano i camion che portano i pomodori olandesi in Italia; ma forse bisognerebbe anche osservare come il sistema moderno di produzione e distribuzione dei prodotti agricoli, con tutti i suoi casi limite, gli sprechi e gli spazi di miglioramento sulla compatibilità ambientale, abbia eliminato la fame dall'Europa (chiedete ai nonni come si stava dopo la guerra).
E quindi, quando come in questo caso vedo una causa peraltro giusta – la preservazione di uno dei pochi spazi verdi rimasti a Milano – cominciare a rimbalzare sul blog di Grillo e di lì su altri blog politicamente allineati, dando il via alla solita manifestazione in cui “uno si indigna, l'altro si imbavaglia, e alla fine arriva Dario Fo”, cominciano a venirmi i nervi: perchè a un blocco dirigente compatto nel farsi gli affari propri (lo ammetto, nonostante i meravigliosi distinguo e giri di parole delle news di Radio Popolare, che meriterebbero un post a parte, non vedo differenza tra il dalemiano Consorte e il berlusconiano Fiorani) corrisponde un blocco contestatore compatto nel criticare sempre e comunque, a proposito e a sproposito.
E se nella prima metà degli anni '90 i contestatori italiani votavano Lega, ora, se si candidasse, voterebbero senz'altro Beppe Grillo. Egli diventa così non il leader di una rivoluzione silenziosa, ma il leader di quella cultura disfattista e cazzara, e anche un po' infantile, a cui non va mai bene nulla, e per cui lo scopo della vita è contestare gli altri sempre e comunque, in modo da sentirsi per diritto naturale più intelligenti di loro.
L'apoteosi di questa cultura è stata secondo me la famosa manifestazione no-TAV alla Pellerina, un paio di settimane fa, che a guardare le immagini sembrava quello che sul mio hard disk sta nella cartella “misc”. Ai contestatori del TAV in val di Susa si assommavano i contestatori del Mose di Venezia, i contestatori del ponte sullo Stretto, i contestatori di qualsiasi discarica in qualsiasi punto del paese, i contestatori degli sgomberi dei centri sociali, i contestatori della legge Biagi e financo i contestatori del capitalismo, quelli che ogni tanto invadono il centro di Torino spaccando tutte le vetrine per ottenere l'istituzione del “reddito di cittadinanza”, ossia non fai un cazzo tutto il giorno e lo Stato ti paga uno stipendio (scusate se mi dilungo, ma non ho mai capito la differenza concettuale tra questa modalità di “lotta politica” e un tentativo di estorsione a mano armata).
Il tutto condito da un regolamentare palco su cui far esibire tutti i nani e le ballerine del carrozzone, dallo stesso Grillo a Dario Fo, passando per Marco Travaglio e Marco Paolini; gli stessi di cui poi potete ritrovare gli spot a rullo su Radio Popolare e associate, e le interviste su Repubblica. Insomma, un altro blocco di amici che aiutano amici e tutti insieme fanno un sacco di soldi, in pieno stile italiano; con la differenza che Mastella, almeno, non si atteggia a salvatore dell'umanità.
Poi, se uno va a vedere la sostanza, emergono dettagli imbarazzanti. Potete ad esempio leggere il post di Grillo sul suddetto abbattimento del bosco milanese di via Gioia.
Potete chiedervi dov'è che lui (con la forza del pensiero, visto che abita a Genova) vede che “in ogni portone ci sono cartelli con uffici in vendita o in affitto, dove interi palazzi sono vuoti”, in una città dove appena si libera un monolocale c'è qualcuno pronto a pagarlo un miliardo; o quali dati porti a suffragio di tale affermazione.
Potete chiedervi come fa uno che, come lui asserisce, gira a piedi per il centro di Milano e scopre che “da Piazza del Duomo a Piazza Castello non c’è un cespuglio, un albero” (strano, pensavo che Milano fosse nella giungla), a non accorgersi che piazza Castello si affaccia su un parco urbano grande come il nostro Valentino se non di più.
Oppure potete leggere il finale melodrammatico: “Io non ci sono. Sono bloccato a Genova dalla neve, ma è come se fossi lì. Coraggio.” E invece di lasciarvi stordire da tanta retorica e buoni sentimenti, potreste riprendervi un attimo e chiedervi esattamente quale mostruosa nevicata sia venuta giù negli ultimi tre giorni tanto da far chiudere l'autostrada e anche la ferrovia; qui a Torino c'è un gelo polare ma un sole splendido; diciamo che se c'è stata, non se ne è accorto nessuno tranne Grillo. Insomma, qualsiasi occasione è buona per farsi vedere, pur che non ci si debba muovere da casa.
Intendiamoci, quasi sempre è meglio Grillo di quelli che lui contesta; però questi eccessi, accoppiati alla necessità di montare ogni giorno qualcosa di nuovo, scandaloso, indignante per tenere alta l'audience del suo blog, senza peraltro tirare fuori mai altro che invettive, insulti o provocazioni, fanno davvero venire dei dubbi su cosa cerchi davvero: se risolvere problemi, o farsi pubblicità.
E se capisco che in quest'epoca buia e piena di uomini di bassa statura morale ci si aggrappi a qualsiasi speranza, il fatto che un comico sessantenne possa passare per un leader rivoluzionario fa soltanto capire quanto vecchia e cinica sia la classe dirigente italiana in generale; sia quelli che passano per i conservatori, sia quelli che passano per i progressisti.
P.S. Comunque ci tengo a sottoscrivere l'augurio di Grillo relativo alla pronta dipartita (politica, s'intende), di Massimo d'Alema. Anzi, dovrei davvero raccontarvi un po' di cosette sugli affarucci di Massimino (e anche, di Massimino e Silviuccio insieme), di quelle che peraltro potete scoprire anche voi, con Google e un po' di olio di gomito. Magari in un prossimo post.]]>Il disco dell'anno
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2005-12-24T16:41:58vb (mailto:webmaster@bertola.eu.org)GeneralBene, ormai i regali natalizi li avrete fatti; e quindi, certo di non poter essere male interpretato come un tentativo di promozione, vorrei dedicare il mio post natalizio al disco dell'anno, anche perchè è stato variamente bistrattato da ogni forma di critico musicale.
Il disco in questione è X & Y ...
Il disco in questione è X & Y dei Coldplay, e da quando è atterrato sul mio hard disk (e di lì sul mio player MP3) nello scorso giugno, non è mai uscito dalle mie playlist. E non solo dalle mie; in realtà pare sia un disco che, non piacendo ai critici, tocca profondamente varie persone che conosco e anche, leggendo in giro per la rete, molte che non conosco.
Probabilmente per apprezzarlo davvero bisogna leggere attentamente tutti i testi, e allo stesso tempo essere in uno di quei periodi dalla vita dove l'incertezza la fa da padrona, e dove non sai bene chi sei e dove potrai andare, ma sei assolutamente sicuro di volerti muovere da lì.
Il disco, difatti, parla non soltanto (cosa a cui allude il titolo) dei rapporti tra uomo e donna, ma più in generale dell'incertezza e dell'insicurezza che affliggono gli abitanti del mondo moderno sul piano dei rapporti emotivi; sempre alla ricerca di un pezzo mancante senza sapere bene cosa sia, e messi di fronte alla sfida più difficile, quella contro la paura e la difficoltà di credere in se stessi e negli altri.
E' facile scrivere canzoni che parlano di sentimenti, quando i sentimenti sono quelli pieni e travolgenti che tutti sognano; è meno facile quando si tratta delle mezze tinte che pure riempiono la maggior parte della vita, causando il dubbio e le domande fondamentali dell'esistenza. E' difficile parlarne con semplicità e chiarezza, senza risultare ridicoli o pomposi.
Ci ha provato per esempio Richard Ashcroft, da quando ha mollato i Verve e fa il solista, e come risultato i critici ne fanno sberleffi da anni. E così, spesso anche i migliori artisti sono costretti a nascondere grandi verità sotto canzonettine pop orecchiabili: l'esempio principe è Sting con la sua If You Love Somebody Set Them Free, che ha riempito la mia primavera solitaria.
Il disco dei Coldplay, però, secondo me ci riesce quasi sempre; muovendosi tra suoni elettronici di suggestioni galattiche, pezzi intimi e accelerazioni rock improvvise, riesce ad infilare una serie notevole di pezzi da ricordare.
In particolare, la prima canzone (Square One) è un manifesto della ricerca continua dell'esistenza, e della necessità, che caratterizza gli esseri umani, di trovare una direzione e insieme di condividerla con qualcuno: From the top of the first page / To the end of the last day... You just want somebody listening to what you say / It doesn't matter who you are; e finisce con una descrizione perfetta di quei momenti in cui alcune cose si chiudono, altre non sembrano andare da nessuna parte, e ti sembra di rimanere bloccato sulla prima casella del gioco della vita: You wonder if your chance will ever come / Or if you're stuck in square one.
What If è uno dei singoli del disco, e descrive con dolcezza la paura di darsi, e tutte quelle domande che ci si pone quando ci si trova di fronte a un rapporto importante e si ha paura di quello che succederebbe se lo si perdesse: What if you should decide / That you don't want me there by your side?. La risposta è, naturalmente, di non farsi trattenere: Let's try / Let's take a breath, jump over the side.
White Shadows parla dell'imprevedibilità della vita; Fix You è il singolo più controverso, una canzone intima che alla fine si apre in un crescendo corale e quasi orchestrale, e che molti trovano melensa nel suo intento chiaramente consolatorio, ma che chi ha bisogno di essere consolato troverà invece liberatoria. Talk (con un riff di chitarra tagliente) riprende il tema iniziale, sul desiderio degli umani di parlarsi e condividere le proprie emozioni per riuscire a realizzarsi appieno; X & Y è un'istantanea dilatata di un rapporto vero tra un uomo e una donna, con tutte le incertezze e le difficoltà che ne derivano.
Insomma, per non parlare di tutto il resto del disco, citerò soltanto due altri pezzi: la ballata The Hardest Part, su come la cosa più difficile nella vita sia trovare il coraggio di accettare la perdita delle persone e delle esperienze, più ancora che viverle; e la cantilena finale di Twisted Logic, che riassume gli incessanti alti e bassi della vita in una filastrocca dall'essenzialità disarmante: You go backwards, but then / You go forwards again / You go backwards, but then / You go forwards.
Non so se questo disco piacerà anche a voi; in realtà, una buona metà del contenuto di un'opera artistica ce la mette chi ne fruisce, orientandola e interpretandola secondo le proprie esperienze ed i propri stati d'animo. Per cui, sentitevi liberi di indicarmi invece quale è stato il vostro disco di quest'anno.
Nel frattempo, per alleggerire un po', vi consiglio di guardare il video torinese dell'anno: la fantastica Cantieri su Torino dei Fratelli Sberlicchio (link ai file grande [34MB] e piccolo [11MB]). Samuel dei Subsonica non deve averla presa bene.