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3. Il Marchio

Poco dopo essere stato portato a bordo del vascello esploratore gli tagliarono corta la sua aggrovigliata massa di capelli e gli diedero dei vestiti per coprire le sue nudità. Erano vecchi e rattoppati e fatti con uno scadente materiale sintetico spiacevole al tatto, ma perlomeno sembravano puliti. Il dottore lo interrogò nuovamente, e si arrabbiò quando Conan gli diede le stesse risposte che gli aveva dato in precedenza.

"Voci!" Urlò disgustato. "Di tutte le sciocchezze! Quando arriveremo al porto, sarà meglio che tu stia attento alla tua lingua con il sovrintendente al lavoro. Prova a raccontargli che sono state le voci a mantenerti così in salute e sarai squalificato".

"Squalificato per cosa?"

"Per vivere, Pazzo! Il Nuovo Ordine non può correre rischi con degli stravaganti. Potrebbero rovinare dell’equipaggiamento di valore. Inoltre, " Aggiunse con voce più bassa, "Odierei vedere un così bel giovane corpo sprecato. Questi muscoli così belli! In tutta la mia vita non ne ho visto di eguali". Tastò il suo braccio "Come l’acciaio! Al Nuovo Ordine occorre la tua forza."

La ringraziò per il suo avviso, quindi le chiese "Dove siamo diretti?"

"A casa per rifornirci di carburante. Quindi di nuovo fuori per mappare tutte le nuove terre prima dell’arrivo delle nebbie."

"Ma – dov’è casa?"

"Industria, naturalmente"

"È una città?"

"È la capitale del Nuovo Ordine" l’informò orgogliosamente. "prestò sarà la capitale del mondo. Vi arriveremo in pochi giorni. Tre, forse quattro. Queste sono strane acque; dobbiamo procedere con cautela.

* * *

Vide lo smog di Industria e lo fiutò molto prima che il lento e pesante vascello arrancasse. abbastanza vicino da permettergli di distinguerla. Qualcosa della sua scomposta bruttezza gli era vagamente familiare. Con disgusto crescente fissò gli acri di aggrovigliati tubi e serbatoi, il fumo oleoso che saliva spiraleggiante da gruppi di ciminiere ed i vasti agglomerati di edifici in plastica, che sorgevano squallidamente tra il male e le brulle coline. Infine virava dentro alla protezione di un frangiflutti di fortuna, si ricordò di una foto che aveva visto anni fa.

"Ma sì," disse alla dottoressa, che aspettava con impazienza di sbarcare, "non è uno di quei centri chimici industriali che l’Unione della Pace progettava di costruire? Sapete, quelli dove si supponeva che ogni cosa sarebbe stata fatta di materiali plastici o sintetici, anche il cibo –"

"Questa è la città modello", l’interruppe laconica. "L’unica terminata prima del Cambio. E non chiamare sintetico il cibo. È il miglior cibo che sia mai stato prodotto, ed il più scientifico. L’hai mangiato da quando sei stato salvato."

"Non sono stato salvato," ritorse "Sono stato catturato. E non nutrirei un cane con il vostro cibo."

Si volò verso di lui arrabbiata "Non c’è cibo migliore sulla terra, ed è meglio che te lo faccia piacere! E, aiutami, è meglio che stai attento alla tua lingua una volta sbarcato, o desiderai di non essere mai stato trovato."

Non appena si tesero le corde furono tese gli fece un cenno con il mento, balzò al di là della ringhiera e saltò sul molo. Quando la raggiunse gli disse "Ti sto passando al sovrintendente al lavoro. Ti assegnerà un incarico. Te la passerai meglio se mostrerai un po’ di gratitudine per l’opportunità che ti è stata data."

"Quale opportunità?"

"Quella di diventare un cittadino del Nuovo Ordine, naturalmente! Inizierai come cittadino apprendista ed il resto sta a te. Niente è gratis a questo mondo. Si deve lavorare per ottenerlo"

Represse la sua rabbia improvvisa e marciò tristemente al suo fianco. Attraversarono una piazza disseminata di materiali da costruzione plastici e svoltarono verso una lunga, sudicia struttura trafitta da file di piccole finestre. La bandiera rossa del Nuovo Ordine ondeggiava spavaldamente sopra l’entrata.

Poco prima di raggiungere il posto un’improvvisa corrente discendente da una delle ciminiere li inondò di fumi pungenti. Il dottore si fermò un attimo, gettò indietro la sua magra testa e respirò profondamente "Ah, questo è un buon odore!" gridò. "Il miglior odore del mondo!"

Conan soffocava e riuscì a borbottare, "C-Cos’ha di buono?"

"È l’odore della vita e del progresso", gli ricordò tagliente. "Ci ha tenuti vivi dall’epoca del Cambio. Un giorno ci aiuterà a governare la terra."

Lo condusse attraverso un lungo e spoglio salone ed oltre una porta sulla sinistra. Entrarono in un gelido ufficio in cui diversi uomini erano raccolti a conversare intorno ad una mappa murale. Dietro di loro, in una stanza vicina, intravide un’enorme figura dalla barba rossa ingobbita sopra una scrivania troppo piccola per lui.

Conan si stava chiedendo perché tutti gli uomini che aveva visto fossero barbuti, quando Barba Rossa, alzò lo sguardo, sollevò le sopracciglia cespugliose ed improvvisamente ruggì, "Cittadino Dottore Manski! Stavo giusto pensando che era il momento del vostro ritorno. Entrate e ditemi cosa avete trovato".

"Non abbiamo trovato molto, Cittadino Sovrintendente" gli replicò il dottore entrando. "Molto poco, mi spiace che dobbiate sentire questo. Sono dispiaciuta"

"Smettetela di sentirvi spiaciuta", ordinò " e datemi i fatti. Cosa avete trovato?"

"Ventisette nuove isole, tutte praticamente prive di valore. Il capitano vi porterà un rapporto completo al suo arrivo."

"Nessun sopravvissuto?"

"Solo uno. È giovane, ma dovrebbe essere un buon lavoratore"

"Nessun segno di chi cerchiamo?"

"Neanche una traccia! Comincio a pensare che il gruppo di High Harbor ci stia nascondendo qualcosa"

"Beh, Dyce adesso è lì. Dovrebbe essere in grado di estrarre loro la verità. Nel frattempo, continuate a cercare. Provate l’Area Tre stavolta."

"Ma è la zona in cui la bussola impazzisce sempre", gli ricordò.

"Ne parlerò al capitano. Dovreste essere in grado di controllarle prima dell’arrivo delle nebbie. Briac Roac potrebbe nascondersi là, c’è della terra". Il sovrintendente si fermò e fissò torvamente Conan, che aspettava sulla soglia. Improvvisamente esclamò "Non dirmi che questo è il sopravvissuto che hai riportato!".

"È lui. E posso certificare che è forte, fisicamente perfetto e intelligente. Ma è ribelle – non apprezza l’opportunità che ha avuto."

"Ha! Un po’ di lavoro si prenderà cura di questo. Ma è stupefacente! Così salutare! Vieni qui, giovane ragazzo" ordinò il sovrintendente "e lasciati esaminare!".

Bruciando interiormente di rabbia Conan entrò e si sottomise alle domande del grosso uomo. Erano le stesse che gli erano già state poste, ma erano più acute, e il suo intimidente interrogatore era molto più esigente. La rabbia di Conan aumentò. Solo il ricordo della voce che aveva udito, gli permise di tenere il suo temperamento sotto controllo.

Ma improvvisamente esplose: "Perché mi trattate così? Sono disposto a lavorare per il mio posto, ma se ci sono delle ragioni per cui voi non potete -".

"Zitto!" ordino il sovrintendente. "Sei un Occidentale. Devi provare te stesso prima di essere accettato come cittadino".

"Ma non voglio essere un cittadino! Tutto quello che io voglio è andare a High Harbor. La prossima volta che una delle vostre barche -"

Il Dottor Manski scattò "Non essere ridicolo! Presto tutti a High Harbor saranno felici di avere la cittadinanza. Se vuoi accettare il mio consiglio -"

"Ho detto zitto!" ordinò nuovamente il sovrintendente. Quindi ruggì "Cittadino Repko!"

Una grosso uomo con gli occhi pallidi, le giunture slegate, i lineamenti pesanti e praticamente senza barba apparve sulla soglia "Si, Cittadino Sovrintendente?"

"Prendi questo giovane pazzo", grugnì il sovrintendente "controlla che venga marcato e registrato, quindi rimandamelo per l’incarico"

Conan fu spinto nell’altra stanza ed obbligato a stare ritto sull’attenti mentre il Cittadino Repko usava uno stilo ed pezzo di plastica simile a carta per registrare, con ovvio divertimento, il suo nome, data di salvataggio ed altre informazioni pertinenti. Infine il cittadino Repko prese quello che sembrava uno spesso tubo di metallo dalla sua scrivania e gli ordinò di stare ritto contro il muro.

"Cos’è quello ?" chiese Conan sospettosamente "Cosa stai facendo?"

"Zitto e ritto!" gli fu risposto.

Vide che gli uomini nell’altra stanza stavano guardando con aria d’attesa mentre una delle estremità del tubo veniva piazzata contro la sua fronte. Ci fu l’improvviso click di una molla tirata indietro ed un improvviso colpo che lo fece singhiozzare come se centinaia di aghi appuntiti lo pungessero.

Balzò indietro arrabbiato "Cosa – cosa mi hai fatto ?" chiese.

"Guarda allo specchio" rispose Repko, sorridendo affettato "Guarda come sei bello adesso!"

Conan si girò e si osservò in uno specchio crepato appeso vicino alla porta. Sulla fronte della faccia incredula che lo fissava c’era una grossa croce scarlatta. Un’incredibile croce che, ricordò in quel momenti, era il metodo usato dalla vecchia Unione della Pace per marcare i suoi prigionieri – con una macchina per tatuaggi che iniettava il colore nella pelle.

Toccò il marchio infuocato con dita tremanti e si girò lentamente, oltraggiato. Anche in quel momento avrebbe potuto tenere sotto controllo la sua rabbia. Ma le improvvise rauche risate dei quattro uomini che lo guardavano furono troppo.

All’improvviso un grido di puro odio gli sgorgò dalla gola. Prima che qualcuno capisse quello che stava facendo, afferrò il tubo dalla stretta di Repko e lo spinse contro la fronte dell’uomo con tale forza da scagliare Repko all’indietro contro un angolo. Accecato dalla rabbia Conan non pensò neanche di attivare il meccanismo del tubo, ma poco importò. Gli aghi che iniettavano il colore erano già scattati in fuori. Le loro punture strapparono un urlo al Cittadino Repko che cadde tremante al suolo.

Conan si girò al suono di voci arrabbiate. Due uomini lo afferrarono per le braccia, ed un terzo provò a strappargli il tubo di mano. Sbatté il tubo contro la fronte dell’uomo, quindi roteo usando il tubo come una mazza. Sembrava fatto di una lega metallica leggera ed infine si ruppe. Ma ormai non c’era più nessuno che se la sentiva di afferrarlo, neanche il sovrintendente dalla barba rossa che stava a bocca aperta nel suo ufficio.

Con un ultimo sussulto di rabbia Conan picchio l’estremità del tubo contro il pavimento fino a che non fu rotto al di là di ogni possibile riparazione, quindi lo scagliò contro la faccia di Barba Rossa.

Non oppose resistenza quando gli uomini si rovesciarono dentro la stanza e lo catturarono.

 

* * *

 

Sei quieti, tetri uomini lo scortarono marciando fuori ed attraverso la piazza. Senza quasi una parola lo spinsero avanti lungo una malmessa area portuale fino ad una zona mezza sommersa e dentro ad un cubicolo in calcestruzzo costruito lungo un muro. Sembrava che il luogo fosse stato una volta un posto di guardia. Fu spinto dentro – quasi gentilmente gli parve – e la piccola porta di plastica fu chiusa a chiave.

Attraverso le piccole feritoie nei muri spiò con curiosità gli uomini, chiedendosi chi fossero. Sicuramente non guardie regolari. Avevano parlato poco mentre erano con lui, ma mentre si voltavano per andarsene sentì uno di loro dire a voce bassa "Avete visto cosa ha fatto a Repko ?"

Ci furono delle risate soffocate ed un altro disse "Anche Haggel, se ne è prese. Il colore era quasi finito, ma ne è venuta fuori una sfumatura rosa molto bella"

Conan sentì un risata fragorosa, rapidamente soppressa. Quindi "Il Vecchio Benda ha continuato a richiedere un aiutante più forte. Se verrà assegnato a lui, sarà una punizione dura a sufficienza. Non augurerei a nessuno…."

Gli uomini si spostarono al di fuori del suo raggio auditivo. Li osservò pensosamente fino a che non furono fuori vista. Infine, accigliandosi e borbottando – un’abitudine che aveva preso sull’isoletta mentre cercava di risolvere uno dei problemi da cui tanto spesso dipendeva la sua vita – iniziò a girare in circolo nella sua minuscola prigione. Occasionalmente si fermava e guardava fuori da una delle fessure per studiare il circondario. Poche cose gli sfuggivano ed aveva già raccolto un quantitativo sorprendente di informazioni da quando era sbarcato. Stava cercando di riorganizzarle in un insieme più chiaro quando udì il rapido raschiare di stivali di plastica sulla pavimentazione fessurata al di fuori.

Il suo visitatore era la Dottoressa Manski. Gli occhi neri della sua scarna e dura faccia brillavano di fredda ira.

"Tu pazzo!" lo aggredì "Tu idiota completo! Cosa diavolo ti ha posseduto per farti agire in quella maniera ?"

Nonostante la sua situazione incerta, una strana calma lo aveva avvolto "Come avreste agito voi" replicò "Se foste stata al mio posto?"

"Perché – perché, Avrei usato la mia testa!" scattò. "Non capisci che hai praticamente firmato la tua condanna a morte? Non puoi attaccare i cittadini del Nuovo Ordine e distruggere proprietà di valore senza essere punito. Probabilmente sarai squalificato."

Conan si strinse nelle spalle e sperò che se ne andasse.

"Non hai sentito quello che ho detto?" gli chiese allungandosi verso di lui. "Squalificato!". Conan si strinse nuovamente nelle spalle.

"Non ti terrorizza l’idea di morire?"

"No."

"Non dire delle sciocchezze! Certo che ti terrorizza"

"No." Disse lentamente" Non ho paura di niente, da quando –"

"Beh ? Da quando?"

"Niente. Non capiresti. Capisci, io – io sono stato mandato qui per un motivo."

Lei lo fissò "Chi ti ha mandato? Per quale scopo?"

"Ancora non lo so. Ho già provato a spiegartelo –"

Sbuffò con derisione "Al diavolo! E non rifilarmi di nuovo quella stupida roba riguardo ‘Dio’ o io non sprecherò il mio tempo a terra cercando di aiutarti. Devo partire al mattino".

"Perché vuoi aiutarmi? Per quale motivo?"

"Perché il Nuovo Ordine ha bisogno di te!" ribattè con rabbia "Gli serve la tua giovinezza e la tua forza – ma servirà tutto quello che è in mio potere per convincere il sovrintendente ad ignorare quanto hai fatto. Hai ferito gravemente due uomini, ed hai rovinato completamente l’unico marchiatore che avevamo. Dovrai praticamente gettarti in ginocchio ed implorare il perdono del sovrintendete. Ed anche così –"

"Non implorerò il perdono di nessuno!" si infiammò "Piuttosto che lui chieda il mio! Che diritto ha di marchiarmi così? Siamo in guerra? No! Sono un criminale? No! Sono stato portato qui di mia volontà per lavorare? No! Non mi piace nessuno di voi. Siete peggio dell’Unione della Pace. Voi –"

"Zitto e ascoltami –"

"Tu ascolterai me!" urlò. "Tutte queste chiacchiere di ricostruire il mondo – chi cercate di ingannare? I sopravvissuti che avete catturato e marchiato? Che bugie! La vostra gente ha causato per prima il Cambio – non dirmi che non l’avete fatto, perché l’avete fatto! – ed ora tutto quello che volete è di governare quello che è rimasto del mondo. Se aveste un minimo di decenza -"

"Oh piantala di parlare come un idiota! Non capisci che ci sono volute entrambi le parti per causare il danno?"

"Io non ci credo!"

"Ma è stato così! Ora qualcuno deve rimettere insieme i pezzi."

"Solo che deve essere fatto nella vostra maniera – e marchiando i prigionieri! Avreste catturato anche High Harbor se avreste potuto e derubato ognuno dei suoi diritti! Perché voi siete il più sporco branco che abbia mai-"

"Zitto!" ordinò freddamente "Nessuno, ha diritti, neanche io. Solo lo stato ha diritti – il Nuovo Ordine. È il solo stato che –"

"Stato dei miei stivali! Di tutte le idee stupide!"

"Tu sei lo stupido! Stupido ed ignorante! Naturalmente occuperemo High Harbor – e presto! Faremo loro un favore. Sono incapaci di prendersi cura di loro stessi. Se solo potessi vedere – "

"Posso vedere quanto contorto e duplice sei! Ed avida!" Ora, stava tremando dalla rabbia e la odiava più di quanto avesse odiato chiunque altro "Vattene!" le urlò. "Lasciami solo!".

Lei lo fissò un istante, i suoi neri occhi si strinsero, la sua bocca sottile si indurì in maniera pericolosa. Improvvisamente si voltò sui suoi tacchi ed iniziò ad allontanarsi a grandi passi.

Giunta ad una dozzina di metri della prigione esitò, quindi si fermò. Si voltò lentamente e tornò indietro.

"Sei così giovane" gli disse concisa "Poco più di un bimbo. E così pazzo. Ma sarai giudicato come un adulto, perché sei così alto e forte. Ci occorre la tua forza e solo quella può salvarti."

Aprì la bocca per parlare, quindi saggiamente la chiuse capendo che stava veramente cercando di aiutarlo.

"Ho solo pochi minuti disse" lei disse. "Quando me ne andrò, può darsi che non ti riveda più. Potresti essere squalificato e buttato nelle sabbie."

"Le – sabbie ?"

"Il deserto" scattò lei. "È lì fuori – centinaia di miglia di esso. Raramente ci preoccupiamo di uccidere qualcuno a meno che uno squalificato non provi a tornare. Allora gli sparano."

Fece una pausa quindi aggiunse rapidamente. "Adesso ascoltami con attenzione. Sto andando a parlare al sovrintendente, ed ad altri se ci riesco. Se sarai interrogato, agisci come ti ho detto. Non agire ancora da stupido. E ricorda – se ti è permesso di vivere, vale la pena di lavorare per raggiungere la cittadinanza. Questo è un posto migliore di quello che pensi."

Attraverso la feritoia nel muro egli alzò gli occhi interrogativamente verso di lei. Lei disse aspramente " Se riesci a diventare un cittadino, scoprirai quanto meglio è. Noi lavoriamo tutti insieme per lo stato e quindi non c’è crimine. E naturalmente non c’è polizia. Ma esiste la punizione – come scoprirai. Alle persone come te si deve insegnare che il Nuovo Ordine viene sempre per primo."

Improvvisamente scrollò rabbiosamente la testa, si voltò per andarsene e disse da sopra alla spalla. "Non so neanche perché mi preoccupo per te. Voi Occidentali avete ucciso mio figlio, ho tutte le ragioni per odiarvi."

Detto questo marciò trucemente via.

 

* * *

 

Per molto tempo dopo che la Dottoressa Manski fu fuori vista, Conan guardò fuori dalla sua prigione al molo vuoto, pensando a quello che gli era stato detto e a tutto quello che aveva visto e sentito. Niente polizia? Allora Industria doveva essere un luogo dove ognuno sorvegliava il vicino. Dove si ha paura di fidarsi del proprio fratello. E chi faceva funzionare le cose? I sovrintendenti? Allora chi erano gli uomini di mezza età che l’avevano scortato e rinchiuso lì? Erano balzati in aiuto del sovrintendente quando questi aveva gridato chiedendo aiuto – ma erano stati segretamente compiaciuti per quanto era successo. Non potevano essere guardie normali. Sembravano più simili a dottori o professionisti.

Quindi realizzò che erano proprio questo. Chimici, lavoratori scientifici, tecnici di tutti i tipi. Naturalmente! Dovevano essere stati lì dall’inizio, perché erano il tipo di persone che servivano a mantenere un’industria chimica operativa.

Solo non sembrava che fosse molto operativa.

Il solo segno di attività sembrava essere in fondo alla curva del lungomare dove poteva appena vedere la carena dello scafo di pattuglia che l’aveva portato lì dall’isoletta. Occasionalmente delle figure comparivano sul molo vicino portando delle casse da caricare a bordo. La sua visuale nell’altra direzione era tagliata dallo sporgere del muro contro il quale la sua minuscola prigione era stata costruita.

Improvvisamente mentre osservava di nuovo l’area sommersa vicino a lui, realizzò che una parte importante della città era stata sommersa dal Cambio. E quindi contemporaneamente non saranno annegati un sacco di cervelli importanti ?

Un qualche istinto gli suggeriva che Industria non era proprio del tutto quello che pretendeva che fosse il Dr. Manski.

Poteva sentire il suono dei lavori in svolgimento intorno a lui – ma mancava qualcosa. Cos’era? Improvvisamente ricordò che ogni grossa zona industriale in cui era stato aveva una specie di suono globale, un ronzio o un battito attutito. Era associano ai grossi macchinari e all’energia. Industria non l’aveva. Che funzionasse usando le unità di emergenza?

Conan guardò torvamente la sezione affondata. Se la città avesse funzionato propriamente, producendo automaticamente le cose necessarie alle persone, allora la vita sarebbe stata facile lì. Ma ovviamente la vita non era facile.

Perché? La risposta era proprio di fronte a lui. L’intera sezione affondata conteneva i resti dell’equipaggiamento solare, appena ricoperto dalla marea. Il cuore di Industria era morto. E senza dubbio erano morti con esso i pochi selezionati che avrebbero potuto conoscere il segreto di costruirne uno nuovo.

Nessuna meraviglia quindi che volevano Briac Roa!

Si chiedeva se poteva essere mezzogiorno quando un gong suonò nell’edificio alla sua sinistra. Uomini e donne, abbigliati tutti simili fra loro con addosso le stesse tuniche economiche, fluirono fuori da un ingresso vicino. Evidentemente avevano già saputo di lui, perché tutti lo fissarono con curiosità prima di voltarsi ed di affrettarsi verso il lungomare.

Gli ultimi due lavoratori svoltarono nella direzione opposta. Mentre passarono, a soli pochi metri di distanza lo sbirciarono furtivamente, ed egli fu stupefatto dal vedere che entrambi erano stati marchiati sulla fronte con una croce scarlatta simile alla sua.

"Hey!" chiamò "Solo un momento, per favore –"

Lo guardarono senza replicare, e si affrettarono fuori dalla sua vista attorno al muro sporgente.

Improvvisamente arrabbiato Conan si ammaccò il pugno sul muro di cemento che lo circondava. Quindi sospirò e scosse la testa. Aveva già indovinato com’erano le cose lì. Ognuno aveva paura di ogni altro – specialmente i marchiati e i lavoratori comuni. Se qualcuno avesse osato parlargli, probabilmente qualcun altro gli avrebbe fatto rapporto.

Il periodo del pranzò passò presso ed egli osservò il ritorno dei lavoratori. Il pensiero del loro cibo sintetico tenne a bada la sua fame, ma la sua sete stava aumentando, e desiderava che qualcuno gli portasse un sorso d’acqua.

A metà pomeriggio realizzò che il sovrintendente al lavoro poteva tenerlo lì per giorni fino a che non fosse quasi morto di sete. La furia ribollì di nuovo in lui e senza pensare a quello che stava facendo mollò un calcio rabbioso alla porta di plastica.

Una lunga fessura apparve accanto ad uno dei cardini.

I suoi occhi si allargarono al vederla. Quindi si mise in posizione e cominciò a calciarla, più duramente.

Improvvisamente si congelò. Stava arrivando qualcuno.

Girando intorno al muro apparve un lungo carro con quattro cigolanti ruote di plastica. Veniva spinto da un uomo molto magro ed anziano, con una barba bianca ed una massa selvaggia di spessi, bianchi capelli. Era un tipo apparentemente irascibile, reso piratesco da una benda nera che copriva un occhio. Sulla fronte aveva una croce scarlatta.

Mentre si trascinava oltre, borbottando e gettando occhiate torve, Conan fu stupito dal vedere il suo occhio buono che si girava nella sua direzione e quindi chiudersi, facendogli un cenno.

L’uomo e il carro scomparvero verso il lungomare. Qualche minuto più tardi riapparvero e stavolta il carro era stato caricato con numerosi fogli di plastica pesante. Mentre ripassavano di fronte alla prigione il carro sussultò improvvisamente sul pavimento fessurato ed i fogli di plastica caddero giù.

"Maledizione a loro!" borbottò sulfureo il vecchio pirata. Comincio a ricaricare il carro, mentre borbottava un flusso di imprecazioni. Nel mezzo di esse, come se stesse riprendendo il fiato, sussurrava rapidamente "Mi chiamano Benda … Prenditela comoda figliolo … Ci vediamo stanotte …"

Un sussurro finale, infilato tra i borbottii raggiunse le orecchie di Conan mentre il carro ricominciava a sferragliare via.

"Lanna ha di nuovo Tikki"

Lo shock irrigidì Conan. Si disse che non poteva averlo sentito veramente. Era impossibile. Come poteva quell’incredibilmente vecchio furfante essere l’uomo che doveva essere per poter mormorare quelle ultime poche parole?

Ma lo era. Solo Insegnante in persona poteva aver saputo di Tikki. Insegnante era lì, prigioniero del Nuovo Ordine – ma aveva cambiato così tanto il suo aspetto che non c’era possibilità che fosse riconosciuto per quello che era da chi lo cercava.



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