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9. Inseguimento

Circa un’ora dopo lo spuntare del giorno Conan si accorse per la prima volta di un debole suono che avrebbe desiderato non udire. Era solo un ronzio distante, ma distrusse ogni speranza che la distanza percorsa potesse dare sicurezza. La terra era ben oltre l’orizzonte alle loro spalle ed il vento che li aveva spinti costantemente per ore, sembrava rinforzarsi. Sotto la spinta della grande vela latina lo scafo stava quasi decollando.

Non aveva avuto il coraggio di svegliare Insegnante. Il vecchio uomo, fasciato dalle coperte, era ancora rannicchiato a tribordo del motore. Dopo un’occhiata a quella faccia tirata e contusa decise di non disturbarlo a meno che il rumore di ronzio d’ape non si fosse fatto più vicino.

Pregò perché il suono si allontanasse. Lo fece numerose volte, ma tornava sempre più forte, e Conan comprese che l’elicottero stava volando seguendo una rotta a zigzag, cercando di coprire una grande sezione di mare. Rimase invisibile nella foschia costante per molto tempo. Quindi improvvisamente lo scorse, un puntino in movimento che avrebbe potuto essere scambiato per un uccello se non fosse stato per il suono che emetteva.

Si voltò per chiamare Insegnante e scoprì che il vecchio uomo era seduto, ed ascoltava con attenzione.

Improvvisamente Insegnante ordinò, "Metti in panne, quindi spegni il motore. Dobbiamo prendere la vela ed usarla per coprirci."

Abbassarono affrettatamente il lungo albero e fecero in modo di coprire con la plastica grigia la maggior parte del vascello. Poco prima che potessero legarla saldamente, l’elicottero stava passando, solo poche centinai di metri a babordo.

Conan quasi non credette ai suoi occhi quando il veicolo continuò per la sua rotta, non prestando la minima attenzione a loro. "Cosa c’è di sbagliato in loro?" chiese, scosso. "Non riuscivano a vederci?"

"No," disse Insegnante. "Grazie alla plastica grigia. È praticamente dello stesso colore delle acque. E penso che siano in caccia di due barche – una che traina l’altra. Non hanno pensato che potremmo averle trasformate in qualcosa di diverso."

"Ma che cosa faremo? Sono davanti a noi e se usiamo la vela ci potranno scorgere in seguito."

"Useremo il motore. Se proseguiamo dovremmo incontrare qualche banco di nebbia. Quindi potremo usare le vele."

Conan esaminò l’orizzonte velato. "Penso che ci sia una linea di nebbia lontano a sinistra – a babordo, voglio dire."

"Dirigiti verso di essa. In questo caso conta la tua vista. Io non sono capace di distinguere – o dovrei dire percepire – niente che sia lontano più di poche centinaia di piedi da me."

Conan accese il motore e si diresse a tutta velocità verso il distante banco di nebbia. Stavano muovendosi con il vento che soffiava dalle loro spalle e senza una vela pareva loro di strisciare a stento. Momentaneamente si aspettavano di udire il ritorno dell’elicottero, ma passò metà della mattinata prima che sentissero di nuovo il suo suono, ma ormai erano nascosti al sicuro nella nebbia.

Conan aiutò stancamente ad alzare la vela e passò il timone a Insegnante. Cadde addormentato nel momento in cui si stese a fianco del motore. Era il primo momento di riposo che aveva da ventiquattro ore.

Quando si svegliò era buio pesto, così buio che non poteva distinguere insegnante a qualche metro di distanza. Il motore era ancora funzionante, e lo scafo stava scivolando agilmente lungo la stessa rotta seguita in precedenza.

Si diresse a tentoni a poppa e prese il timone da Insegnante, dicendogli con tono accusatorio, "Perché mi hai lasciato dormire così a lungo?"

Il vecchio uomo schioccò la lingua. "Per lo stesso motivo per cui mi hai lasciato dormire così a lungo la scorsa notte. Ma stavo per chiamarti. Devo cercare di entrare in contatto con Mazal."

"Oh. Immagino che sia stato impossibile ultimamente."

"Si, ed è disperata. Io riesco sempre a raccogliere i suoi messaggi, anche cose che non vuole farmi sapere. Ma lei ha ancora problemi a ricevere i miei. L’ultima volta ha capito che stavamo pianificando la fuga – ma non sa cos’è successo. Stanotte devo cercare di contattarla e di avvertirla."

"Avvertirla? Di cosa?"

"Hanno dei problemi a High Harbor. La nostra fuga li ha solo peggiorati – può far precipitare la situazione. Ma ti spiegherò in seguito."

Insegnante avanzò nell’oscurità. Conan improvvisamente agitato, afferrò trucemente il timone e tentò di pensare a quanto gli era stato detto. Ma non aveva senso. Infine, spinto dalla fame, frugò nella scatola del cibo che si trovava sottocoperta a poppa, e prese dei sandwich da una confezione aperta, mangiandoli senza gustarli. Stava pensando con desiderio al pesce crudo ed alle alghe quando Insegnante tornò.

"Grazie al cielo," mormorò il vecchio uomo. "Stavolta sono riuscito a raggiungerla."

"Cosa sta succedendo là? Perché, solo a causa della nostra fuga-"

"Conan, ricordi un ragazzo di nome Orlo?"

"Sì, signore. Era quello con cui ho dovuto combattere la notte in cui ognuno stava aspettando di essere portato in volo a High Harbor. Non c’è molto da dire, solo che voleva comandare. Comunque era più forte di me e non potevo controllarlo."

"Beh, sembra che sia ancora il più forte e che continui a voler comandare. E può riuscirci – con l’aiuto del Nuovo Ordine."

"Queste non sembrano buone notizie. Ma come -?"

"Sto’ solo prevedendo le cose, Conan. Prima, lascia che ti dica qualcosa. Noi siamo già stati identificati."

"No! "

"È successo questo mattino, poco dopo che ti sei addormento. L’elicottero tornò indietro."

"L’ho sentito arrivare. Ma con tutta quella nebbia pensavo fossimo al sicuro!"

"Lo pensavo anch’io. Ma siamo incappati in una zona sgombra proprio mentre stava arrivando. Siamo rimasti fuori dalla nebbia per qualche istante, ma sufficiente per permettergli di girarci intorno e di guardarci bene. Quindi sanno dove siamo e dove siamo diretti."

"Ma non ci stiamo dirigendo direttamente verso High Harbor?"

"No. Non nelle nostre condizioni. Dobbiamo attraversare un mare pericoloso e non ci sono carte per aiutarci. Non ce la faremmo mai. Ci serve una vela migliore, uno scafo più robusto, un timone più efficiente,…"

Conan apprese che servivano loro una dozzina di miglioramenti per rendere il loro fragile scafo più resistente al mare. Lo riteneva forte, ma scoprì che senza materiale di rinforzo extra lo scafo si sarebbe potuto sfasciare con facilità e che anche la loro chiglia era un pericolo. Era stata ficcata a forza in giù, rigida, nella sua fessura e se avesse urtato un ostacolo sommerso il fondo della barca sarebbe stato squartato.

"Quindi dobbiamo trovare un’isola," disse Insegnante. "Alla svelta. E sistemare il nostro vascello per rimetterci in rotta prima che ci scoprano ancora. Perché torneranno a cercarci. Penso che stiano già richiamando la nave da esplorazione."

"E riguardo all’altra loro barca? Non il peschereccio -"

"Intendi dire il vascello – Quello che Dyce ha ad High Harbor?" Lo lasceranno lì naturalmente. Non comprendi?"

Conan lanciò occhiate torve nella notte. "Come un asso nella manica, intendi?"

"Esattamente. È questo a preoccuparmi, se riusciamo a fuggire, se gli sfuggiamo del tutto e raggiungiamo High Harbor, la loro unica maniera di catturarmi è attraverso Dyce. Ma Dyce deve prima controllare il posto. Non può farlo da solo. Ha pochi uomini e non osa iniziare qualcosa di nuovo."

"Nuovo? Intendi dire che userà qualche trucco?"

"Si, ma questo è successo prima che venisse a sapere della nostra fuga. Sono sicuro che ormai lo sa. Quindi la sua mossa successiva sarà di ottenere l’aiuto di Orlo e di tentare di organizzare tutti i giovani scontenti che stanno crescendo come selvaggi. Ora capisci?"

Conan fischiò. "Che casino! Quanto ci vorrà per raggiungere High Harbor?"

Il vecchio uomo sospirò. "Non c’è risposta alla tua domanda, figliolo. Se fossimo in grado di affrontare il mare in questo momento ed avessimo il vento giusto, ci occorrerebbero tre settimane. Ma il vento non è mai sempre in favore e non siamo in grado di affrontare il mare. Quindi preghiamo di avvistare un’isoletta domani mattina…"

Per tutto il giorno successivo Conan scrutò speranzosamente la foschia costante, cercando una macchia di grigio più scuro che avrebbe indicato la terra. La terra era lì fuori da qualche parte, dozzine di piccoli punti di essa. Aveva vissuto su un minuscolo fazzoletto di terra per un lungo periodo, e Insegnante aveva vissuto su un altro, per quanto ne sapeva erano sparsi in giro su migliaia di miglia attorno al bordo settentrionale del mare.

Perché non riuscivano a trovarne una ora?

Ma il tramonto arrivò prima che avessero avvistato qualcosa, nemmeno un uccello marino vagante. Poco dopo la batteria, che aveva spinto il motore molto più a lungo di quanto Conan avesse sognato, si esaurì improvvisamente. La buttò fuoribordo e connesse una delle due batterie rimanenti.

"Meglio risparmiare l’energia," consigliò Insegnante. "Può darsi che ci occorra più tardi. Ormai dovremmo essere da qualche parte vicino alla catena di isole, se non oltre."

Per rimanere in vista della catena, cambiarono la rotta deviando verso occidente e navigarono di bolina stretta nella notte. Alle prime luci del mattino Conan iniziò a cercare con speranza una macchia grigia nella foschia.

Questo era il loro terzo giorno in mare. Conan si accorse del cambio di latitudine dall’ispessimento della foschia, dallo scurirsi delle acque e dalle occasionali lunghe e vaganti dita di nebbia. Stava cominciando a provare un senso di familiarità. E gli era familiare anche il graduale scurirsi che si allargava nel cielo a nord ovest. L’aveva visto spesso nel corso dei cinque anni passati ed aveva sempre significato cattivo tempo.

Per tutto il mattino riuscì a controllare la sua irrequietezza pensando che le isole fossero vicine e che sicuramente ne avrebbero avvistata una in breve tempo. Ma l’interminabile giornata si trascinò fino a sera ed ancora non avevano avvistato niente. Ormai il vento si era ridotto ad un sussurro. Stavano perdendo la spinta ed il loro scafo stava cominciando a beccheggiare sgradevolmente nel mare che cominciava ad ingrossarsi.

Quindi Conan vide Insegnante alzare la testa bianca e sedersi in posizione di ascolto.

"Cos’è?" chiese. Ma prima che Insegnante potesse rispondere vide la macchia distante a tribordo. Per un istante aumentarono le sue speranze di aver trovato un’isola. Ma con sorpresa si accorse che si muoveva.

"È la nave da esplorazione," disse il vecchio, il cui udito, come Conan ormai sapeva, era fenomenale. "Conosco il suo suono." Fece partire il motore ed aggiunse rapidamente "Dovranno inseguirci e correrci per prenderci. È la nostra sola possibilità."

Sulla nuova rotta, spinti dal motore, corsero sulle lunghe pendenze del mare con un vento appena sufficiente a gonfiare la vela. Conan si voltò a guardare la nave da esplorazione. Ci fu un movimento in cui la vide stagliata con terrorizzante chiarezza contro il cielo cupo e non c’era dubbio che fossero stati avvistati. Aveva già cambiato la sua rotta e deviava verso di loro. Quindi la perse nell’improvviso scurirsi della tempesta che stava sopraggiungendo.

Improvvisamente udì il vento. Lui e Insegnante balzarono verso la vela contemporaneamente, cercando freneticamente di abbassarla e raccoglierla prima che fosse strappata via. Ci riuscirono a stendo, la abbassarono rapidamente e legarono al sicuro il pennone mentre il vascello ondeggiava e ballava pazzamente.

La voce del vento divenne un urlo. Un mare distruttore si gettò contro di loro, e l’acqua si rovesciò nella mastra di boccaporto. Una violenta raffica sembrò sollevarli. Prima che li scagliasse giù, Conan udì un suono acuto che non potette identificare. Ma quando tentò di afferrare per sostenersi il pennone, che era stato assicurato al ponte, non riuscì a trovarlo. O il vento o il mare lo avevano spazzato via ed avevano portato via la vela con esso.

Debolmente sopra il suono del vento udì Insegnante urlare raucamente, "Conan, non riusciremo a rimanere a galla! Afferra uno dei sacchi e legati ad esso."

Tormentandosi per il fallimento di tutte le loro speranze, non comprese immediatamente quello che Insegnante stava dicendo. Ma mentre combatteva vanamente per tenere il vascello sottovento, comprese che si riferiva alle sacche di plastica in cui avevano immagazzinato le loro coperte ed abiti.

Iniziò a cercarne una a tentoni. Da poppa il raggio di una faro passò sopra di loro e torno indietro inchiodandoli con il suo bagliore. La nave era così vicina che a Conan parve che fosse destinata ad investirli. Ma scivolò oltre di loro nell’oscurità come un fantasma e non rivide più il faro.

Con la mano libera toccò una delle sacche. Provò ad afferrarla mentre con l'altra mano combatteva con il timone. Ce l’aveva, poi improvvisamente non l’ebbe più, perché in quell’istante colpirono. Avevano colpito qualcosa con tale forza che sentì il vascello sfasciarsi lungo la congiunzione, e venne catapultato fuori a poppa nella confusione di spuma volante e di onde tremende.

Provò ad urlare ad Insegnate, ma le acque si chiusero su di lui. Lo spinsero sotto, lo colpirono duramente e per un’eternità diventò solo un giocattolo sbatacchiato dalla tempesta.



[Capitolo 8] [Capitolo 10]
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