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Vittorio vb Bertola
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Perché un sito in piemontese?

E' probabile che, quando siete arrivati per la prima volta sul mio sito e avete scoperto che esisteva una sezione in piemontese, vi siate messi un po' a ridere. In Italia, infatti, le lingue locali - specie quelle del Nord Italia - sono considerate cosa da vecchi e da contadini, se non decisamente da macchiette televisive. In alternativa, potreste esservi un po' preoccupati o addirittura indignati, ripensando all'abuso politico delle identità locali che è stato fatto negli anni Novanta dalla Lega Nord.

Nel mio sito in piemontese non c'è nulla di tutto questo. Semplicemente, dopo essere diventato adulto ed aver cominciato a viaggiare per l'Italia e per il mondo, ho cominciato a realizzare quante cose davo per scontate e invece non lo erano. Essendo nato e cresciuto in città, io non ho mai parlato piemontese, nè lo parlo correntemente a tutt'oggi; ho al massimo orecchiato qualche conversazione dai parenti più anziani o qualche frase dagli amici cresciuti in campagna o in montagna. Eppure, quando nelle riunioni romane ho cominciato a notare che tutti gli altri usavano il passato remoto dei verbi e io no, o ho visto facce perplesse quando ho dichiarato sarcasticamente di essere "ben messo", ho realizzato quanto della lingua piemontese è traboccato nella mia identità personale, così come in quella di chiunque sia cresciuto a Torino, anche senza parlare piemontese.

Questa, insomma, è la nostra identità. Non è nè meglio nè peggio di quella degli altri, ma è la nostra e dovremmo tenercela stretta, e conservarla con cura. Probabilmente è una esigenza che sento maggiormente perchè vengo a contatto frequentemente con persone di ogni parte del mondo, insomma con altre identità molto diverse, e con persone che solitamente ne sono molto più fiere e gelose di quanto noi siamo con la nostra, dai catalani agli australiani. Finchè non vi muovete troppo da Torino, probabilmente non vi rendete nemmeno conto di cosa vi rende diversi dagli altri, e quindi vi rende voi, proprio voi e non un altro; ma vi assicuro che più ci si mescola ad altri e più si sente il bisogno di avere dei punti di riferimento anche culturali, una città natale, una cultura, delle abitudini e delle usanze condivise.

Il mondo sta cambiando velocemente; se non facciamo qualcosa, la lingua e la cultura piemontesi, sviluppatesi da quelle latine nel corso di duemila anni di fatica per i colli e per i monti, e dotate di particolarità proprie e significative, andranno perdute per sempre. Già oggi, sono pochi i giovani che parlano correntemente il piemontese, e non so quanti di quei pochi pensano di insegnarlo ai propri figli.

Eppure, la cultura locale è anche una opportunità di crescita; pensate solo a quante persone vanno in Irlanda anche perchè affascinate dalla cultura celtica e dal gaelico, che è una lingua ormai parlata da meno di ventimila persone (rispetto a tre milioni di piemontofoni), ma che compare su ogni cartello stradale in ogni angolo del paese. Il piemontese ha dimensioni paragonabili al danese o al catalano, e non vedo perchè lasciarlo morire, quando basterebbero pochi soldi e un po' di buona volontà.

In fondo, parafrasando un famoso slogan di una delle maggiori aziende piemontesi, che mondo sarebbe senza bagna caoda?

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