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Basi della sintassi
Il piemontese: Basi di sintassi
La grammatica, la morfologia e la sintassi del piemontese non sono molto diverse da quelle delle lingue ad esso più affini, l'italiano e il francese; ad ogni modo, per maggiori dettagli vi conviene consultare il sito indicato alla fine, che contiene risposte a tutte le tradizionali domande grammaticali. Qui, personalmente, volevo solo riassumere in breve alcune particolarità che risultano più impegnative della media.
La prima riguarda articoli e preposizioni e la loro composizione: il piemontese ha varie forme che differiscono quasi soltanto per la grafia. Partiamo dagli articoli: l'articolo singolare maschile ("il") è di norma ël, che però diventa lë se la parola seguente inizia per doppia consonante o per s più dittongo, e l' se la parola seguente inizia per vocale. Inoltre, la forma ël si può elidere in 'l se la parola precedente finisce per vocale. L'articolo femminile è più semplice, essendo la, che si elide in l' se la parola seguente inizia per vocale. I plurali seguono lo stesso schema, diventando nell'ordine ij, jë, j' e 'j per il maschile, e le o j' per il femminile.
Lo stesso schema viene seguito da altre particelle, come un (në, n', 'n) e una (n'); la preposizione ëd ("di") (dë, d', 'd); o il pronome riflessivo ës ("sè") (së, s', 's). Inoltre, alcune preposizioni - la già citata ëd e su - formano preposizioni articolate secondo lo stesso schema (dël, dlë e dl' per il maschile singolare, dla e dl' per il femminile singolare e così via).
Esistono altre particolarità più interessanti perchè relative all'uso della lingua; probabilmente non ci avete mai fatto caso, ma il fatto che chiunque sia nato a Torino tenda a non usare mai in italiano il passato remoto è una conseguenza diretta del fatto che in piemontese il passato remoto è in disuso da secoli. Forse siamo talmente attaccati alle nostre radici che non ci sembrano mai passate del tutto :-)
Sempre per i verbi, va notato come il verbo esse ("essere") abbia una terza persona un po' particolare, il famoso a l'é, dove quel l' può essere considerato privo di significato in sè e parte della declinazione del verbo: ha solo una funzione eufonica. La stessa particella si ritrova davanti a tutte le forme alla terza persona singolare che iniziano per vocale (a l'era, a l'era stait), mentre per le altre forme si usa j' (i j'era... fino a a j'ero alla terza plurale). Per il verbo avej ("avere"), la particella eufonica è sempre l' ed è presente dappertutto, comprese le forme che iniziano per h: l'indicativo è quindi i l'hai, it l'has, a l'ha, i l'oma, i l'eve, a l'han. La particella eufonica non si usa invece con altri verbi, tranne ovviamente che nelle forme che usano "essere" o "avere" come ausiliari.
Un'altra annotazione più culturale che grammaticale è relativa al fatto che in piemontese non esistono, salvo rari casi, i superlativi assoluti (esageroma nen!); si ricorre ad avverbi come bin o pròpi (A l'é bin fòl!) o a comparazioni metaforiche come brut coma la neuit ("brutto come la notte").
E poi, esiste la particolarità grammaticale più famosa di tutte: il temibile pronome verbale!