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Numero 28 - 10 Luglio 2003 (Giovedì), 1:29
Come preannunciato, questa è la parte finale del mio racconto del weekend: il pomeriggio e la sera della domenica.
Il ritorno a casa è stato preceduto dal solito noioso Gran Premio. Non so nemmeno bene perchè li guardi ancora, penso che sia per il loro potere digestivo e soporifero; sono emozionanti come una carovana di amici che va in autostrada da Torino a Venezia rimescolandosi casualmente ad ogni sosta all'autogrill. Noi siamo poi partiti (prima guida in autostrada per Elena, ed è subito 150) e ci siamo ancora goduti uno scampolo di valle.
La sera a Torino, dopo una rapida cena, ci siamo subito diretti al Palastampa per il concerto dei Jethro Tull, nell'ambito della nuova edizione dell'Extrafestival.
Chi non è di Torino deve sapere che il Palastampa è una triste struttura semiprefabbricata, semivuota e semiabbandonata, situata di fronte all'angolo più remoto dello Stadio Delle Alpi. Torino era già dotata di una abbondante quantità di palazzetti in stato di latente o evidente degrado: il Ruffini, il Palazzo a Vela, il Palazzo del Lavoro, Torino Esposizioni... Per questo non si è mai ben capito perchè abbiano costruito anche il Palastampa, che grazie alla sua evidente inutilità ha presto raggiunto gli altri in termini di tristezza e degrado; così come non si è mai capito, del resto, perchè abbiano costruito la pista di atletica al Delle Alpi, per poi usarla in tutto due volte (una delle quali nell'intervallo di un Toro-Atalanta di dieci anni fa, facendo correre quasi da solo Gennaro Di Napoli, per un record italiano, nell'indifferenza generale).
Dunque, ci avviamo all'ingresso sfidando l'immondizia accumulata nel viale antistante e le erbacce alte un metro e mezzo nei prati vicini, nonchè le auto che vengono sapientemente fatte parcheggiare in divieto di sosta sulle strisce in mezzo a un incrocio dal solito parcheggiatore abusivo. (Al ritorno controlliamo: ovviamente niente multe.)
Entriamo (13 euro per me grazie allo sconto CTS, 10 per Elena) e ci troviamo di fronte a un centinaio di persone che premono alle porte del palazzetto. Attorno, una specie di sagra paesana, con stand di grigliate, pubblicità del Bacardi Breezer, una esibizione di dodicenni su un palco secondario...
Incrociamo anche le signorine distributrici di cartoline del concorso della nuova Punto; bisogna ricordarsi di specificare "nuova" perchè è assolutamente indistinguibile dalla precedente, tanto che la Fiat si è sentita in dovere di scegliere come slogan di lancio "In sostanza, è cambiata.". Grazie di avercelo detto. Lo stesso pubblicitario ha scelto come slogan dell'anno prossimo per la Juve "Non abbiamo mai rubato uno scudetto.".
Dunque riusciamo a entrare tra i primi e ad accomodarci, seduti, proprio a centro platea: un po' lontani, date le dimensioni del "prato", ma comodi comodi come i cinquantenni che ci attorniano. All'inizio non c'è molta gente, ma alla fine è quasi tutto pieno, sia sotto che sugli spalti.
Alle 20,30, per farci compagnia, parte una imbarazzante esibizione dei violoncellisti del Teatro Regio, bravissimi ma del tutto irrilevanti: dal punto di vista dell'interesse musicale, mezz'ora in una segheria sarebbe stata del tutto equivalente. Alla fine, salutati da grida di sollievo, se ne vanno e vengono sostituiti da un simpaticone che infilando un "cioè capito?" dietro l'altro ci prega di aspettare altri venti minuti; ed è attorno alle 21,30 che finalmente Ian Anderson sale sul palco.
I Jethro Tull sono forse il gruppo musicale che più ha segnato il mio passaggio all'età adulta, in parte grazie al fatto che in uno dei punti più ostici di Thick As A Brick ho identificato e continuo ad identificare una autobiografia perfetta. Se la mia adolescenza musicale è partita dal pop facile facile dei Dire Straits, è passata attraverso la fase metallara degli Iron Maiden, è approdata ai Deep Purple e di conseguenza al grunge, e in parallelo prima agli U2 e poi ai R.E.M., è nella complessità e profondità mozzafiato della musica dei Jethro Tull che ha trovato la sua maturazione allo stato adulto, almeno prima che la mia fruizione musicale cambiasse a causa della rete. Eppure, nonostante le loro tournèe restino piuttosto frequenti, non ero mai riuscito a vederli dal vivo; e non avrei perso questa occasione per nessun motivo.
Si tratta anche di un gruppo che a partire dal suo debutto nel 1968 ha cambiato moltissime facce: nato come un gruppo blues, è diventato nei primi anni '70 - specie con Aqualung - una delle maggiori rock band del mondo, evolvendo poi in un paio di capolavori assoluti del progressive come Thick As A Brick e il vertiginoso A Passion Play; ma già a metà degli anni '70 sono usciti con musica folk, acustica e medievale, per poi tornare al rock, avere nei primi anni '80 una sbandata (poi giustamente ritrattata) per l'elettronica, e quindi tirar fuori una serie di dischi svarianti tra il rock, il blues e il jazz (notevole Catfish Rising), rimanendo - cosa rara per i grandi vecchi - ampiamente al di sopra della soglia della decenza anche nelle ultimissime uscite. Perdipiù, sono stati tra i primi gruppi ad avere un sito e usarlo pesantemente, fino a fare nel 1999 un disco intitolato come l'URL (J-Tull Dot Com).
Dunque, nonostante i 56 anni di Ian (che è il leader carismatico, quello che canta e suona il flauto, oltre a un pacco di altri strumenti quando capita), il concerto è formato da due ore di continuo movimento, con tanto di saltelli e soli di flauto suonati su un piede solo.
Altra cosa molto apprezzabile: c'è l'inevitabile promozione degli ultimi dischi - addirittura tre in uscita a breve: uno del gruppo, uno solista di Ian e uno solista del chitarrista Martin Barre, 57 anni, capelli bianchi e assolazzi metallici da diciottenne - ma è confinata al minimo necessario; la gente è lì per i classici e classici vengono sfornati, anche se per suonarli tutti ci vorrebbero quattro o cinque ore.
Insomma è uno spettacolo ben più che onesto, che magari richiede un po' di preparazione - la musica dei Tull è complessa e al primo ascolto può risultare un po' ostica, specie per chi è cresciuto a quattro quarti, strofa ritornello e via - ma ripaga ampiamente, non solo per la perfezione sbalorditiva con cui i pezzi vengono riprodotti e risuonati dal vivo (con non più di un paio di cori registrati dove proprio non se ne poteva fare a meno), ma anche per le buffe scenette tra Ian e i suoi compari. Personalmente, sono ancor più soddisfatto dal fatto che non si siano limitati ai superclassici dei primi anni '70 - Aqualung o Locomotive Breath - ma abbiano suonato alcune delle mie canzoni preferite dai periodi successivi, come Songs From The Wood o Hunting Girl.
E anche se non ascoltavo più molti di questi pezzi da anni, è stato un po' come rimpatriare, per riscoprire una serie di sensazioni e di effetti profondi e permanenti, prodotti nel mio animo dalla musica e dalle parole di queste persone.
P.S. Per la cronaca e per gli affezionati, questa è stata la scaletta del concerto:
Living In The Past (Living In The Past, 1972)
Nothing Is Easy (Stand Up, 1969)
Some Day The Sun Won't Shine For You (This Was, 1968)
A New Day Yesterday (Stand Up, 1969)
With You There To Help Me (Benefit, 1970)
God Rest Ye Merry Gentlepersons (in uscita)
Beside Myself (Roots To Branches, 1995)
Fat Man (Stand Up, 1969)
Hunting Girl (Songs From The Wood, 1977)
(strumentale) (in uscita nel disco solista di Barre)
Dot Com (J-Tull Dot Com, 1999)
Eurology (in uscita nel disco solista di Anderson)
Medley: Songs From The Wood (Songs From The Wood, 1977) / Too Old To Rock'n'Roll, Too Young To Die (Too Old To Rock'n'Roll, Too Young To Die, 1976) / Heavy Horses (Heavy Horses, 1978)
My God (Aqualung, 1971)
Budapest (Crest of a Knave, 1987)
Aqualung (Aqualung, 1971)
Wind Up (Aqualung, 1971)
Locomotive Breath (Aqualung, 1971)
Cheerio (The Broadsword and The Beast, 1982)
--vb.
<Commenti>
Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero. |
.mau.
10 Luglio 18:30
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il palasport in teoria avrebbero dovuto rimetterlo in sesto, il palavela non sarebbe certo un posto dove ascoltare musica o parole - presente l'acustica?, il palazzo del lavoro ha il Bit, a Torino Esposizioni c'è il parcheggio. Basta?
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Fonzie
11 Luglio 11:07
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Che palle sto blog!
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