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Numero 39 - 4 Ottobre 2003 (Sabato), 0:46
Non dovrei bloggare di corsa, quando devo uscire e sono già in ritardo; e non dovrei bloggare sotto l'alterazione derivante da un improvviso avvento musicale, come, in questo caso, il nuovo singolo dei Muse. La conseguenza è che finisco per parlare di filosofia da quattro soldi; ma tant'è, ormai ho scritto e quindi ve lo dovrete subire.
Dunque, una delle cose più difficili da imparare e da accettare nella vita è come ci sia un tempo per ogni cosa; come le faccende della nostra vita, persino quelle più importanti e che più ci stanno a cuore, passino e svaniscano senza possibilità di scampo.
Talvolta esse finiscono di colpo, per una sorpresa inattesa o una disgrazia improvvisa; alle volte invece si spengono piano piano, prima di potersene accorgere, di modo che è solo quando un fattore esterno o un improvviso momento di lucidità ci forzano la verità davanti agli occhi che ci rendiamo conto di come noi e la nostra vita siamo irrimediabilmente cambiati.
Ma siccome questo è lo stesso principio che, altrettanto inaspettatamente, porta ai nostri maggiori successi nella vita - successi che, sì, dipendono senza dubbio dal nostro impegno e dalle nostre capacità, ma dipendono ancor di più dal caos - ecco, io, pur non riuscendoci spesso, trovo che sia fondamentale accettarlo; dare per scontato che ciò che ci accade sia soltanto in minima parte merito o colpa nostra, e quindi guardare avanti sempre, indietro mai, cercando la felicità nel presente e nel futuro, anzichè l'infelicità nel passato.
Dunque le ferite peggiori sono quelle che ci facciamo da soli non accettando questo principio, non accettando lo scorrere incontrollato del tempo e dell'universo e il cambiamento delle cose; o peggio, abbarbicandoci alla visione estremamente egocentrica secondo cui ciò che accade abbia non solo una ragione, ma una ragione direttamente focalizzata su di noi.
Ma questo non toglie che essendo umani (non vulcaniani) è il nostro irrazionale egocentrismo a renderci ciò che siamo; e che talvolta persino il dolore (o il fantasma del dolore che fu) vada gelosamente conservato, come prova della nostra identità e della paura di perderla.
Queste cose le ho pensate oggi, e scusatemi se non racconto a tutti il perchè, visto che è legato a fatti molto personali, al ricordo di lunghi mesi di dolori similmente passati, all'eco conseguente di altrui dolori passati e presenti, e alla consapevolezza della loro inevitabile inutilità; d'altra parte, dei miei quattro lettori almeno tre mi conoscono e sanno di cosa stiamo parlando (gli altri ciccia).
La canzone dei Muse, poi, è solo una concrezione di questi sentimenti in forma di onda sonora, perchè è l'uditore, non l'autore, a mettere i sentimenti dentro ciò che ascolta, e a vedere nell'arte ciò che inconsciamente desidera vederci. Ma questo non toglie che il sanguinante gorgheggio in falsetto di Matt Bellamy che chiude il crescendo del brano sia, ancora una volta, totalmente geniale.
--vb.
<Commenti>
Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero. |
opsss
6 Ottobre 12:48
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:-)
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Yari
7 Ottobre 16:13
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non oh capito un cazzo
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Simone Caldana
8 Ottobre 15:50
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che sono ciccio lo so, ma nemmeno io ho capito.
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FRANK
8 Ottobre 16:17
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non faccio testo perche' non capisco mai un cazzo, ma mi associo al club.
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Rutto
8 Ottobre 23:20
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Pezzenti. Io invece ho capito tutto: l'assassino è il maggiordomo!
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.mau.
9 Ottobre 9:39
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non capisco ma mi adeguo.
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vb
9 Ottobre 10:21
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vabbe', ho capito: non lo faccio più... dalla prossima volta parliamo solo di pallone?
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Fabrizio
10 Ottobre 0:38
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Potresti anche parlare di figa, invece che di pallone.
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Daniele
10 Ottobre 13:00
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OK, allora parla anche di alcool e droghe gia che ci siamo.... :-p
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Fabrizio
11 Ottobre 20:18
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Vb, parlaci di quando eri webmaster di studenti.polito.it
Il webmaster odierno ci ha messo 1 settimana per leggere una mail
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fc
22 Ottobre 23:34
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il pezzo e' grandioso. ottima scelta. da certe situazioni ci siamo passati un po' tutti e la cosa positiva e' che ne cresciamo piu' forti e consapevoli. purtroppo debolezza ed orgoglio sono un lusso che solo gli artisti possono permettersi... (ne me quitte pas?)
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