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Numero 43 - 26 Ottobre 2003 (Domenica), 12:11
Dunque, tanto per farvi subito rosicare, scrivo questo report con il portatile sulle gambe, seduto su un lettino in mezzo a una spiaggia deeserta di sabbia finissima, con il rumore delle onde e un soffio di vento nelle orecchie, e null'altro. Peccato che per postarlo dovrò tornare almeno fino alla piscina, a raggio di wi-fi, e forse anche dentro, visto che la mia batteria ormai dura mezz'ora o poco più...
Insomma, più che un centro congressi questo sembra (anzi, è) un villaggio vacanze; tipo un Club Med con più ristoranti e meno attrezzature sportive (solo un paio di piscine e due campi da tennis). Oggi però il cielo è azzurro e si sta proprio bene; non credo che farò il bagno (la temperatura è attorno ai venti gradi), ma sono proprio contento di aver mollato il resto della truppa dentro l'albergo per avventurarmi solitario fino alla spiaggia.
Ieri, all'aeroporto, ci siamo trovati subito di fronte a una organizzazione molto curata; tanto è vero che, subito di fronte allo sbocco del finger e prima ancora di arrivare alla dogana, siamo stati intercettati da una gentile signorina, che ci ha portato a un controllo passaporti separato e ci ha poi fatto aggirare tutta la coda alla dogana, attraverso il passaggio marcato "CORPS DIPLOMATIQUE" (wow...).
Subito fuori ci ha mollato ad un altro signore, incaricato di spuntare la lista degli arrivi; il quale signore si è trovato di fronte a un diplomatico nigeriano piuttosto spazientito, che continuava a ripetere che lui sarebbe stato raccolto e scarrozzato dalla sua ambasciata, e che non gli facessero perdere troppo tempo con questa roba; e si è spazientito ancor di più quando il volenteroso locale non è riuscito, nonostante tre o quattro tentativi di spelling in franglese, a scrivere correttamente il suo nome. D'altra parte il suddetto nome era formato da cinque lettere, di cui due a, una i, una j e una y: una di quelle combinazioni che se ti escono a Scarabeo bestemmi per tutta la serata. Comprensibile una certa difficoltà.
Durante il viaggio, mi son trovato di fianco a un signore american-singaporeano, che ha cominciato raccontando di come (visto il suo aspetto indiano) il 14 settembre del 2001 abbia rischiato di rimanere a terra, prima di un volo interno negli Stati Uniti, perchè i passeggeri bianchi non si fidavano a volare insieme a un non-bianco e pretendevano che venisse scaricato (questo nel caso in cui qualcuno avesse ancora dei dubbi sul significato che i WASP americani attribuiscono alla frase "lotta al terrorismo").
Successivamente, il signore si è bullato in sequenza di essere professore universitario per metà anno a Singapore e per l'altra metà a Stanford; di essere l'inventore dei nomi di dominio IDN (ossia con caratteri non-ASCII); di essere il proprietario dell'unica azienda rimasta operativa nella produzione di software per registri IDN; e di aver da poco firmato un contratto con il governo cinese, che sta patchando i root server e gli ISP nazionali, per vendere domini completamente ideogrammatici (anche nel primo livello), e di averne già venduti un milione alla faccia di ICANN e delle sue lentezze.
Oltre a questo, mi ha anche detto che è ora che i tecnocrati e l'IETF tutta si levino dalle scatole e smettano di pensare che dieci ingegneri della UCLA sappiano cosa è giusto per tutto il mondo; che nessuna università seria darebbe una laurea honoris causa a Cerf o a Postel visto quanto è scarso il design ingegneristico di Internet; che è ora che la gestione della rete passi dai tecnici ai businessmen delle grandi telco, che la faranno funzionare bene proprio come il telefono; e che la soluzione allo spam e ai problemi di stabilità delle aziende Internet (io gli ho raccontato la storia della mail di Libero) è che venga imposta una tassa di qualche decina di cent su ogni e-mail spedita, in modo che la gente la usi di meno e con più cognizione di causa, e i provider guadagnino di più.
Ora, non so cosa pensiate voi di questo tipo di approccio, ma vi garantisco che in America sta diventando sempre più popolare, per cui c'è veramente il rischio che (alla facciazza del resto del mondo) diventi realtà entro breve.
Ma chiudiamo la parentesi e invece torniamo a dove sono capitato: come detto, si tratta sostanzialmente di un albergone-villaggio vacanze sulla costa, nel mezzo del nulla e a una ventina di chilometri da Tunisi. Questo significa che difficilmente riuscirò a visitare la città, per motivi di tempo e anche per scarsa fiducia nei tassisti locali.
Vero è che ieri sera sono andato a cambiar moneta al bancone dell'albergo, facendo la domanda in inglese, e la signorina ha cominciato a contarmi i dìnari facendo gargarismi; al mio sguardo ebete, è passata al francese scusandosi per aver cominciato a contare in arabo, perchè "vous avez l'air d'un arabe". Non mi aggraderebbe molto perdermi nella Medina di Tunisi, venir apostrofato in arabo, non capire una mazza e subirmi pure l'irritazione del locale...
Thomas, che è arrivato un giorno prima di me, ha visitato la Medina e mi ha raccontato di essere stato portato dentro un negozio dalla sua guida e abbandonato lì per un quarto d'ora, secondo lui come forma di ricatto psicologico: o compri o la guida non torna più, e sono tutti cazzi tuoi. Lui si vanta sempre, da buon turista tedesco, di non cadere in queste trappole per turisti poco razionali o disorganizzati; così come si vantò, in Brasile, di averci fatto scendere dal taxi dopo che l'autista gli aveva chiesto per il trasporto 10 real (3 euro) invece del giusto prezzo di 5, facendoci quindi risparmiare 50 centesimi a testa.
Poco importa che io sarei stato ben lieto di regalare una simile fortuna a un carioca, anche se magari c'erano destinatari migliori del taxista con la sua vecchia Uno gialla; e che questo tipo di logiche mi pesano perchè lì e ancor più qui mi fanno sentire un corpo estraneo.
Qui all'ingresso dell'albergo ci sono un metal detector e un sacco di poliziotti, anche se molti degli americani hanno comunque preferito starsene a casa, e se la Tunisia è forse il meno arabo dei paesi arabi. Attorno non c'è nulla, e non possiamo avere troppo contatto con i locali, anche se siamo liberi di prendere un taxi e andare in giro a nostro rischio e pericolo.
Sicuramente questa è una esibizione di prestigio internazionale per la Tunisia, che vuole presentarsi come il paese più moderno del Nordafrica; e noi dovremmo essere i virtuosi che da tutto il mondo accorrono, celebrano questa missione, lasciano qui qualche seme, qualche contatto e qualche idea.
Ma mi sfugge un po' il senso di fare tutto questo quando, nella realtà, siamo invisibilmente chiusi in un'isola felice; così come mi sembrava molto ingiusto, a Rio, sedere sul portico a mare del lussuoso megaristorante di churrasco, con una caipirinha in mano, circondato da pasciuti americani che facevano il trenino ballando la samba, e vedendo le luci delle favelas dall'altro lato della baia.
Pensandoci bene, continuo a pensare che un senso ci sia; che Internet sia un angolino piccolo ma importante della speranza di un mondo migliore, persino per le favelas brasiliane; e che se può essere vero che, in fondo, basta che funzioni, e magari persino che il modo migliore per farla funzionare sarebbe trasformarla completamente in un business di telecomunicazioni come tanti altri, è però anche vero che il sogno di una reciproca comprensione e collaborazione mondiale, presupposto per la pace*, passa attraverso la comunicazione globale, e che Internet è quello che ha reso questa comunicazione possibile a livelli prima inimmaginabili. Per questo mantenerne l'armonia, l'apertura e la funzionalità a livello mondiale è così importante.
* Una volta avrei detto "pace e prosperità", ma sto cominciando a pensare che, vista la scarsità delle risorse mondiali, in futuro pace e prosperità andranno sempre meno d'accordo. Ma questo meriterà, prima o poi, un altro post.
--vb.
<Commenti>
Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero. |
Elena
26 Ottobre 12:38
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io almeno avevo la scusa di essere ubriaca...
se qui lo leggi, bacio.
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Rutto
27 Ottobre 17:31
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Una volta trasformato in un business come tanti altri, verrà usato per fare soldi come tutti gli altri business: nelle favelas non ci sono soldi. Esattamente come non ci sono telefonini. Anzi, a volte ci sono telefonini e non c'e' l'acqua.
Fai foto, mi raccomando.
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alessio
28 Ottobre 13:52
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Nessuno riesce a togliermi dalla testa che questi meeting vengono organizzati da ICANN "nella terra di nessuno" per impedire di avere partecipazione, domande, rotture di maroni assortite.
Ma se fanno un meeting a San José, quanti sono i "geek" che vanno ad insultare Verisign?
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vb
28 Ottobre 15:10
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Se noti, non ci sono più stati meeting di ICANN negli USA a partire da uno a tua scelta dei due eventi seguenti:
1) 11 Settembre 2001 e le conseguenti difficoltà per chiunque non sia WASP di entrare negli USA
2) Karl Auerbach vince la causa che imporrebbe ad ICANN di fargli vedere tutti i suoi documenti più segreti
Vedi tu.
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Daniele
28 Ottobre 20:33
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Che nervoso.... e rosico si che rosico!!
"...scrivo questo report con il portatile sulle gambe, seduto su un lettino in mezzo a una spiaggia deeserta di sabbia finissima, con il rumore delle onde e un soffio di vento nelle orecchie, e null'altro. Peccato che per postarlo dovrò tornare almeno fino alla piscina, a raggio di wi-fi..."
Dalla mia parte invece "Leggo questo post dall'ufficio ed e' tardissimo, vorrei andare a casa, ma devo ancora finire delle cose per domani..." e mi girano si che mi girano!! :-(
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