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Numero 51 - 19 Novembre 2003 (Mercoledì), 9:27
Mi hanno chiesto in molti com'è che non ho ancora parlato di Iraq.
Perchè esattamente a qualcuno debba interessare cosa penso io della faccenda, mi sfugge; ma, si sa, con un blog siamo tutti opinionisti. E poi, se avete letto l'ultimo post sapete che un tentativo c'è già stato ed è abortito miseramente... Ma veniamo al dunque.
A me come a molti, questa ventata ottocentesca di patria nazione ed eroi ha disturbato un po', perchè la solidarietà e il rispetto per i morti sono doverosi, ma tutta questa sovrastruttura di saluti e di bandiere pare un po' un tentativo di oscurare la discussione più importante: per cosa sono morte queste persone, e per cosa e contro chi siamo andati là?
(Comunque, a proposito di rispetto, mi hanno dato ancor di più sui nervi i soliti noti che, pur di sentirsi alternativi, non esitano a insultare e prendere per il culo i morti per poi dare del deficiente a chi reagisce male.)
Questa strage ha segnato un punto di rottura nel farci capire veramente che in Iraq la guerra non è affatto finita; e che siamo andati lì pensando di lavorare alla ricostruzione, e siamo invece finiti nel mezzo di una "battaglia fredda". Colpa questa non certo dei carabinieri, ma piuttosto del nostro governo - ma per carità, lasciamo stare.
Allora, perchè stiamo facendo questa guerra, e contro chi?
Sul tema, nei mesi, si sono sentite versioni molto diverse. La motivazione ufficiale iniziale, che era eliminare le armi di distruzione dell'Iraq, si è rivelata una bufala.
La motivazione "non ufficiale", ossia garantire agli Stati Uniti il controllo del petrolio iracheno, è ovviamente probabile; eppure, secondo me, chi pensa che la guerra sia stata scatenata esclusivamente per questo motivo sbaglia di grosso. Gli stessi americani hanno già capito che la cosa sarà più difficile del previsto, visto il pantano in cui si sono cacciati, tanto è vero che il riavvicinamento con la Russia e l'appoggio a Putin sulla questione cecena sono legati anche e soprattutto a progetti petroliferi comuni, da usare come alternativa al travagliato petrolio mediorientale.
La nuova motivazione ufficiale, cioè portare la democrazia in Iraq per ridurre i rischi di terrorismo mondiale, è decisamente più interessante.
Intanto perchè, per quanto strano possa sembrare, i neoconservatori americani ne sono certamente convinti; culturalmente e fin dai tempi delle prime colonie, gli Stati Uniti sono sempre stati imbevuti dello spirito dei predicatori, della convinzione di essere la terra promessa donata da Dio - quella che ha dato cibo e ricchezza a milioni di poveri giunti là senza un soldo - e di avere la missione di estendere questa promessa a tutto il mondo.
Su questo progetto si saldano i cristiani conservatori, che vogliono estendere l'influsso dei loro ideali tradizionalisti, e i sostenitori del modello iperliberista americano, che pensano che sia sufficiente estenderlo a tutto il mondo tale e quale per eliminare povertà e fame.
Alla luce di ciò, permettetemi di interpretare in modo un po' suggestivo la questione di chi sia il nostro nemico, partendo dalla considerazione che il nemico è stato personificato in due individui: Osama Bin Laden e Saddam Hussein. (Il fatto che prima della guerra non fossero alleati nè collaborassero tra loro si è un po' perso nella propaganda.)
Peccato che di entrambe queste persone si sia persa ogni traccia; non si sa dove siano, non si sa nemmeno se siano vivi o morti. Per quanto ne sappiamo noi, sono dei fantasmi, che come tali riappaiono a sorpresa qua e là, in un video, su un sito, in un comunicato.
Come tutti i fantasmi, ci fanno molta più paura dei vivi; tanto è vero che quando qualcuno è testimone della loro riapparizione, e sorride beffardamente delle sconfitte che i fantasmi ci causano, lo cacciamo subito via; come se non vedere e non ascoltare fosse un modo per cancellare l'esistenza del problema.
Probabilmente è vero che questi spauracchi fanno anche comodo a chi la guerra la vuole, per aumentare il sostegno alla propria posizione; chissà, magari sono persino mantenuti artificialmente in vita a questo scopo.
E però io li trovo estremamente simbolici di altri fantasmi che in questo momento fanno paura all'Occidente: il fantasma della crisi economica globale, il fantasma della fine delle risorse naturali, il fantasma di miliardi di poveri che premono alle nostre porte.
Anche questi fantasmi, quando è possibile, vengono ignorati; se ne parla il meno possibile. Ogni tanto ci facciamo coraggio tra noi, ci diamo pacche sulle spalle, facciamo saltar fuori un celodurista o una Fallaci di turno a ribadire che non stiamo sbagliando niente, che il nostro modello sociale è quello giusto, che dobbiamo portare "pace", "ordine" e "ricchezza" al resto del mondo, come abbiamo fatto per cinquecento anni.
Ma basta un'occhiata alla realtà del mondo, alle strade di Nassiriya come a quelle di Torino, per accorgersi che in realtà non solo non stiamo portando laggiù alcun modello sicuro, ma stiamo anche ignorando la frustrazione, i contrasti e la povertà che crescono nelle nostre strade.
Come se fossero solo fantasmi.
Cosa che in realtà non sono.
--vb.
<Commenti>
Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero. |
Simone Caldana
19 Novembre 11:05
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Mi fa piacere che tu abbia cominciato a prendere a schiaffi la gente, ma almeno potevi avvertirmi prima...
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Frank
19 Novembre 13:15
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"Peccato che di entrambe queste persone si sia persa ogni traccia; non si sa dove siano..."
Sono sul sidecar del mullah Omar. Stanno girando per il MO e parteciperanno alla prossima Parigi-Dakar.
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