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Numero 77 - 17 Aprile 2004 (Sabato), 17:26
Volare è per quasi tutti gli esseri umani una esperienza spiacevole. Razionalmente, si sa che i rischi sono in realtà molto minori rispetto a una qualsiasi gita in automobile; eppure, quando si è su di un aereo si percepisce molto chiaramente, fin nel profondo delle proprie budella, di essere in un posto dove non si dovrebbe essere, al di fuori dei propri confini naturali, e dove la propria vita potrebbe improvvisamente terminare con una morte orribile, relativamente lenta ed estremamente dolorosa, per eventi ed errori del tutto al di fuori del proprio controllo.
Personalmente, a parte la primissima volta, ho sempre avvertito questa sensazione sgradevole, ma non ho mai veramente avuto paura di volare fino a quando non ho avvertito dentro di me la sensazione di avere veramente qualcosa di importante da perdere, nel caso in cui non fossi mai più tornato a casa.
Negli ultimi anni ho così cominciato a fare viaggi in aereo piuttosto sgradevoli, in cui alla noia di otto o dodici ore chiusi e fermi su una seggiola si sommava per buona parte del tempo una debole ma fastidiosa sensazione di paura; proprio perchè la sensazione sgradevole del rischio evidente si congiungeva irrazionalmente al desiderio profondo di non morire, per non perdere una vita il cui senso era finalmente chiaro ed evidente.
Ora, a parte le mie recenti disillusioni sul (non)senso della vita, tutto questo mi è tornato alla mente oggi mentre apprendevo dai telegiornali i tristi sviluppi del disastro aereo dell'8 ottobre 2001. Dovreste ricordarvelo: all'aeroporto di Linate un aereo di linea e un aereo da turismo si scontrarono, provocando centodiciotto vittime.
Ieri si è concluso il processo contro i responsabili dell'aeroporto e i controllori di volo coinvolti. Le accuse erano ovviamente solo di tipo colposo, visto che nessuno ha volontariamente causato la strage, ma il giudice ha alla fine deciso di comminare le pene più dure che siano mai state date in Italia per reati di questo tipo, fino a otto anni.
Naturalmente, non si può entrare così, senza dati e senza informazioni, nel merito di una sentenza, ma quello che colpisce è la durezza estrema del clima che si è creato contro gli imputati, principalmente a causa dell'attività dei parenti delle vittime.
Il lutto per la perdita improvvisa e inaspettata di una persona fortemente amata, indipendentemente dalle cause, è una delle cose più difficili da affrontare per gli esseri umani; una di quelle prove che, in molti casi, segnano in profondità lo spirito, e cambiano il senso e la direzione di una vita.
L'accettazione del fatto che una persona con cui per anni si è condivisa la vita, a cui per anni ci si è dedicati ricevendone in cambio uguale dedizione, e su cui si pensava di poter contare ancora molto a lungo, da un giorno all'altro non c'è più, richiede una quantità di tempo e una forza enorme. Anche solo la distruzione delle abitudini, la presenza dei ricordi, la quantità di oggetti materiali e immateriali che continuano a saltar fuori per mesi dopo la scomparsa, nonchè l'inevitabile idealizzazione della persona perduta e dei giorni trascorsi con lei, contribuiscono a mantenere la ferita aperta.
E' quindi del tutto normale che, di fronte a un travaglio di questo genere, la prima cosa che venga naturale fare sia cercare delle ragioni, delle responsabilità, e quindi, dei colpevoli: perchè se una tragedia è in sè terribile, una tragedia senza spiegazioni lo è molto di più.
L'atteggiamento più razionale, difatti, sarebbe forse riconoscere che le fatalità esistono, gli eventi accadono, e che non necessariamente c'è una ragione o una responsabilità diretta per quello che accade; e l'unica cosa da fare è guardare avanti, e ricostruire una vita diversa in cui conservare serenamente il bel ricordo dei momenti passati, ma anche cercare di crearsene di nuovi. Ma è anche quello che è più difficile da mettere in pratica e da accettare nel profondo, perchè dimostra appunto l'oggettiva assenza di certezze nella nostra vita.
Alcuni (e mi ci metto anch'io, anche se è una parte di me che sto cercando di eliminare) tendono all'autoaccusa; sono quelli che tendono ad evidenziare i modi in cui hanno contribuito a causare la tragedia, persino quando non ve ne sono di credibili, o sono stati del tutto involontari; sono quelli che non hanno bisogno di perdonare, ma di sentirsi perdonati, persino sapendo che ottenere il perdono di un defunto è oggettivamente impossibile.
Altri, invece, tendono ad accusare gli altri. Sono di solito quelli che tendono a mettere in piedi i comitati, le proteste di piazza, e a sfilare chiedendo giustizia!. Sono quelli che separano il grano dal loglio e conservano solo il loglio, notando istintivamente nel comportamento degli altri soltanto gli errori e le negligenze che abbiano in qualsiasi modo contribuito al verificarsi della tragedia. Sono, di solito, quelli che non sanno perdonare.
Nessuno di questi atteggiamenti è di per sè giusto o sbagliato, nè il famoso "perdono", parola d'ordine di ogni servizio giornalistico su questo tipo di eventi, è qualcosa che sia necessariamente auspicabile o peggio ancora dovuto.
Nel caso di Linate, comunque, mi sembra vi sia una evidente prevalenza del secondo tipo di atteggiamento, con i parenti delle vittime che gridano "Assassini!" e "Inginocchiatevi!" agli imputati appena condannati, e persino che li inseguono e li minacciano di morte [nota].
Eppure, mi dispiace, e so che è duro da accettare; ma se in praticamente tutte le tragedie grandi e piccole delle nostre vite ci sono delle colpe, solo in pochissime ci sono veramente dei colpevoli.
E quindi, più ci penso, e più credo che l'unica cosa da fare sia cercare di capire che la vita continua, e che, proprio perchè certe ferite bruciano così tanto, è inutile crearne di nuove.
Nota: a scanso di equivoci legali... il minacciato e/o il suo avvocato hanno dichiarato oggi in varie interviste di ritenere che l'autore sia uno dei parenti delle vittime, già individuato. Io non ho elementi in merito.
--vb.
<Commenti>
Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero. |
Simone Caldana
17 Aprile 18:16
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sposiamoci
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vb
18 Aprile 9:39
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ci potrei pensare...
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Kaise Sose
19 Aprile 14:08
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Il fatto e' che non si e' trattato proprio di una tragica fatalita'. Report ha realizzato una intera puntata sui pericoli di quell'aeroporto.
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Fabrizio
20 Aprile 17:34
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Io dico da anni che voi 2 prima o poi farete coppia fissa
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Osso di Seppia
5 Ottobre 0:04
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Perche' tu non abbia di che intimorirti quando sali su di un aereo e' necessario che chi svolge il proprio lavoro a terra (il controllore) lo faccia con passione ma soprattutto con Buon Senso. Nello specifico, per comprendere bisognerebbe leggere le trascrizioni dei dialoghi torre/aeromobile e ascoltare le conversazioni telefoniche degli addetti.
Ci sono mestieri dove non si puo' abbassare la guardia, costa troppo.
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hghgfg
27 Novembre 23:43
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prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr
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