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La buona musica è come il buon vino |
Numero 97 - 17 Ottobre 2005 (Lunedì), 20:37
Questa sera sono arrivato a casa sapendo di dover andare a Roma, domani e mercoledì. E così, dovendo prepararmi alle solite quattordici ore di treno (stavolta, almeno, in due giorni), mi sono messo a caricare un po' di nuova musica sul mio Creative Zen.
Per combinazione, proprio nel weekend ho finalmente finito di scaricare l'intera discografia dei Deep Purple, che avevo messo in cottura da mesi ma che aveva ricevuto un po' di spinta solo dopo il mio cambio di fornitore ADSL. E così, ho lanciato il mio rar x e, mano a mano, ho visto materializzarsi sul mio hard disk a poco a poco tutti i vecchi dischi dei Deep Purple.
Dovete sapere che i miei quindici anni, grazie ad un mio compagno del liceo, sono stati duramente segnati dalla scoperta dell'hard rock; e in particolare, dei Deep Purple. A quel tempo, io e il mio amico avevamo collezionato ogni possibile disco dei Purple, rigorosamente in vinile, facendo metà per uno della spesa (ma io, che già all'epoca ero un timido, mi beccavo sempre i dischi più scarsi). Dopodichè, li si suonava una volta sola, per passarli su cassetta, e poi li si riponeva religiosamente, per non rovinarli; e si ascoltavano le cassette.
E così, in quegli anni, tutti i dischi dei Purple erano costantemente nel mio stereo; non solo i quattro grandi classici degli anni '70, quelli che hanno fatto la storia della musica (nell'ordine, In Rock, Fireball, Machine Head e Who Do We Think We Are), ma anche i tanti altri dischi dei vari, distinti periodi della loro produzione. Poi, col tempo, era venuto il grunge e poi l'elettronica; e quindi, le cassette erano finite piano piano nel dimenticatoio. Nell'era MP3, infine, avrò sì e no avuto tre o quattro pezzi.
E poi, quest'estate, ho guardato il Live 8, facendo buon uso della Rai, di Sky e dello streaming di AOL per non perdermi nulla. Mentre le patrie telecamere inquadravano una sfilata di pataccari, io incuriosito mi collegai con Toronto (scommetto che nemmeno vi eravate accorti che c'era anche Toronto) e mi trovai di fronte a una parata di vecchietti coi capelli bianchi. Erano i Deep Purple, di cui tre originali, dopo che Blackmore ha litigato con tutti, e John Lord ha lasciato la tastiera, pare per l'artrite incombente; e in fondo, hanno tutti sessant'anni o più.
Eppure, questi nonnetti hanno spaccato la piazza, lasciando migliaia di persone in delirio che urlavano "we want more" dopo la conclusione del terzo pezzo, alla faccia dei vari Bryan Adams e simili che avevano suonato prima; uno show trascinante che ha dimostrato ancora una volta che qualcosa nel mondo della musica non funziona più da tempo, e che la classe non è acqua. E insomma, se al giorno d'oggi gli eventi sono i nuovi dischi di U2, Depeche Mode, Simple Minds e persino Duran Duran e A-Ha, qualcosa vorrà dire... Comunque, tornando ai Purple, mi è venuta la voglia di riscaricare tutto.
Bene, il punto di questo post è la sensazione eccezionale che ho riprovato nel rimettere mano a questi dischi, nel riconoscere nomi e musiche che un tempo erano familiari, e nell'entusiasmarmi per la riscoperta di alcuni di questi pezzi, e per tutti i ricordi che ad essi sono collegati.
Ad esempio, il primo album che mi è venuto sottomano è The House Of Blue Light, del 1987 - quindi dell'età più che adulta, solo per i fan più stretti - che acquistai in saldo nell'estate del 1989, al Virgin Megastore di Dublino, sulla riva sud del Liffey (credo che non ci sia più da anni), in una cassetta che, consunta dal tempo, devo ancora avere da qualche parte. Eppure, persino questa musica apparentemente secondaria è ancora perfetta; gira come un orologio, apparentemente semplice, ma con ritmi dispari e incastri millimetrici tra i vari strumenti, che, a sentirli bene, lasciano senza fiato; e allo stesso tempo dotata di una carica travolgente. Che sia un meccanismo rock classico dal finale in sei quarti come Bad Attitude, che sia un blues elettrico cantato con tutta l'estensione e tutte le vocalità possibili come Mitzi Dupree (provateci, è divertente), è musica trascinante.
Certo, i Purple non si sono mai distinti per la profondità dei loro testi, spesso sfociando nel peggior machismo (braghe di pelle attillate e guitar heroes di lì fino a Bon Jovi, e ci hanno giusto appena riprovato i Darkness) e toccando vette come Mistreated, il prototipo della lagna del maschio mollato e che si esprime solo più a pensierini delle elementari, e che dai soli sette minuti e mezzo del disco si espande nei live fino a dodici, quindici, diciotto minuti di strazianti e lamentose accuse alla ex di turno.
E però... alla fine questa musica ha una sostanza allegra che non è la lisergia cupa dei Pink Floyd e non è la serietà autocelebrativa dei Bono salvatori del mondo, e nemmeno la pesantezza di tutto il metal che è venuto fuori negli anni Ottanta, e l'oscurità dei poeti suicidi ed eroinomani dei primi Novanta. E' musica in cui innanzi tutto si diverte chi la suona, senza preoccuparsi troppo dei press agent e delle vendite del prossimo disco. E così, con tanta leggerezza, mi sono divertito anch'io questa sera, cercando di emulare i gorgheggi di Ian Gillan.
Probabilmente a me questa musica fa questo effetto perchè è associata alla mia adolescenza; probabilmente il messaggio che voi potete trarne è di provare a rispolverare qualche disco che vi piaceva tanto a quindici anni, e vedere che sensazioni vi dà; magari scoprirete anche voi che la buona musica, come il buon vino, diventa ancora migliore con l'età. Nel frattempo, però, se non conoscete i Deep Purple, dal periodo classico al funk, dal postmetallaro al melodico delle origini, c'è molto da scoprire.
--vb.
<Commenti>
Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero. |
/plb
17 Ottobre 23:46
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Ogni tanto Ian Paice, capita qui in città ..l' ultima volta ha suonato con i 60/70 (!)
http://www.60-70rockband.com/Ian%20Paice%20+% 2060-70%202005.10.07%20Ravenna%20283%20m.jpg
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MailMaster C.
18 Ottobre 12:33
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Per /plb: Ian Pace ha collaborato anche con Tolo Marton, ed in effetti gira parecchio per concerti in localini.
Per Vittorio: a me i DP a Toronto hanno fatto quasi pietà : Ian Gillan ormai di voce non ci arriva più (non è colpa sua, ha l'età che si merita), il chitarrista (Steve Morse? non mi ricordo) bravo, ma esegue la lezioncina, non mi è sembrato originale e travolgente, Ian Paice mi ha sorpreso per il fatto che era ancora capace di muovere le braccia, ma nessuna tenuta di ritmo, il nuovo tastierista è un clone di Jon Lord, ma non ha minimamente la carica e la verve del grande Jon. L'unico, veramente inossidabile, è il buon Roger Glover, l'unico forse veramente coerente in tutti questi anni, per lo meno come stile.
Ammetto che un'ascoltata distratta ad un loro Live all'Olympia del 1996 mi ha sorpreso. Da risentire con calma.
Inoltre di DP originali c'era solo Paice. Glover e Gillian sono venuti dopo.
Chiedo una prece per il mai abbastanza osannato Tommy Bolin.
Per il resto, ti capisco benissimo e sono d'accordo con te, anche se Mitzi Dupree nelle versioni live del Mark III resta da brivido nelle gare di chitarra/voce fra Blackmore e Coverdale.
Ah, la versione che hai recuperato di Nobody's Perfect ha 1 o 2 cd? Mi hanno detto che la versione da 2 cd è notevole, ma mi manca.
Mandi
MailMaster C.
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vb
20 Ottobre 21:09
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Va bene, allora mi tocca rispondere punto per punto:
Steve Morse, come tutti i chitarristi supertecnici, ha probabilmente meno appeal melodico, ma è uno dei grandi della chitarra anni 80.
Don Airey è della stessa scuola di Jon Lord, suona con la famiglia (Rainbow) dagli anni '70, se era possibile un sostituto era lui :-)
I Purple dei primi tre dischi (ante Gillan/Glover) sono molto interessanti ma difficilmente considerabili più di un antipasto... la formazione di riferimento è quella di In Rock :-)
Come Taste The Band è un disco meraviglioso, ce l'avevo nelle orecchie ieri in treno.
E sì, ho la versione in 2 CD.
Ciao,
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MailMaster C.
2 Novembre 14:03
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Steve Morse: hai detto bene, anni '80. Ma siamo nel terzo millennio. Insomma, di chitarristi che sono spariti come Eddie Van Halen nel giro di un decennio ne ho visti fin troppi... e dispiace.
Airey: sono d'accordo, ma se prendi un clone di Lord vuol dire che non hai voglia/interesse a rinnovarti, a cambiare, a sperimentare... ma è vero che considerando l'età della band, non posso aspettarmi innovazioni stilistiche ad ogni album. D'accordo anche sul Mark I, personalmente li ascolto con l'orecchio filologico, della serie: c'erano anche loro, che poi si sono evoluti. Ma non sono i DP degli anni d'oro.
Cavoli, sono contento per te per la versione da 2 CD. Se penso che ho conosciuto i DP con quella cassetta, mi vien male a pensare che c'è in giro la versione doppia... :)
Grazie della divagazione musicale! :) E' sempre un piacere leggerti.
Mandi
MailMaster C.
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roberto cassetta
17 Novembre 13:28
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Foto Ian Paice su www.60-70.it
Ciao.
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