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Numero 98 - 20 Ottobre 2005 (Giovedì), 7:57
Appunti di una sera del mio viaggio a Roma.
Questa è nata come una serata qualsiasi, da solo alla stazione Termini, in cerca di un posto per mangiare in fretta, che da soli non si ha da perder tempo a cianciare al tavolo.
E così, finisco al self service della stazione, abbrancando piatti mezzi freddi con fame ma senza particolare golosità. Finisco per sedermi nel salone pieno di gente a metà - niente a che vedere con la ressa dell'ora di pranzo - in fondo a un lato, là dove arrivano le onde di un tizio lontano che tenta di allietare la serata, suonando con mano incerta al pianoforte, con un sacco di pedale per nascondere gli errori, tutto il repertorio dei Ricchi e Poveri e altre stupide parole d'amore, in mezzo al rumore riverberato di cento commensali che scherzano.
Solo davanti a una coscia di ex pollo, e alle patate ex surgelate, mi viene voglia di fermarmi a pensare, a sentire, tirando fuori i miei sogni senza nome, la persona a cui sto pensando, e soppesandoli con dolcezza per qualche attimo.
E' come avere una perla purissima nel cuore, e poterla tirare fuori ogni tanto, per guardarla dolcemente e tastarne la lucentezza, e farsene scaldare un po'; anche se poi, al tatto, non sembra più una cosa viva, ma un cristallo dei ricordi di secoli andati. Ogni tanto pare che un serpente vi si agiti dentro, e ogni tanto invece vi è un angelo, con quelle forme confuse tipiche della vita reale. Nella realtà, infatti, solo a posteriori si dà un nome alle cose, e se ne definisce la natura, mentre, quando si stanno realizzando, raramente se ne ha una percezione lucida, o più facilmente si hanno lucidità contrastanti in diversi momenti, e guardando le cose da angoli diversi.
Alle volte, credo, tutti noi abbiamo pensato quanto sarebbe bello poter rifare le cose, e, dopo averle sperimentate la prima volta, poter tornare indietro a cancellare i propri errori, quelli degli altri, e dire "bene, adesso ho capito, possiamo fare sul serio; e questa volta, sul serio, verrà benissimo".
Ma la vita non funziona così, e si può soltanto andare avanti; e quando si presenta una nuova occasione, bisogna sapere che, ad ogni modo, non rimpiazza e non cancella la prima. E quindi, bisogna portare avanti la propria storia, compresi i propri dolori e i propri fallimenti, senza però commettere l'errore di guardarli con durezza o con rimpianto; anche questi, difatti, ci definiscono rispetto al mondo. E con tutto il familiare rispetto dovuto ad un simile maligno tesoro, bisogna però evitare di restarne reclusi all'interno, come in una prigione dalle sbarre invisibili.
E in fondo, questa sera, non ho sbarre, e non sono davvero solo; sto soltanto rifiatando un attimo al balcone, nella galleria di un vecchio cinema, a guardare il film di stasera con lo stupore degli occhi di un bambino, e a viverne immedesimandomi le emozioni, belle e brutte, come se quel film fosse la vita, come se quel film fosse tutto. E poi, quando la storia sarà finita, le luci si alzeranno, e discuteremo insieme di come si è conclusa la vicenda, e se per i personaggi è andata bene o male, prima di apprestarci a guardare il prossimo film.
La mia storia, ho il sospetto, è finita come tutte le storie vere: nè bene, nè male, o meglio, un po' bene e un po' male. Fino a che, già so, la musica non si fermerà in un sospiro, e da un'inquadratura rubata arriverà un nuovo colpo di scena, il prologo alla seconda o all'ennesima nuova puntata. Ma per stasera, perdonatemi, ho proprio voglia di restare fermo, lasciando i miei pensieri, i miei ricordi e i miei sogni scorrere liberi sullo schermo.
Fuori, in effetti, è buio, ma non è freddo; Roma è dolce e tenera anche stasera. Penso che andrò a fare una passeggiata.
--vb.
<Commenti>
Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero. |
bruno
20 Ottobre 19:35
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Eggià ! La vita sarebbe molto più facile se se ne potesse fare un backup...
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vb
21 Ottobre 21:10
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Che fai, sfotti? :-D
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/plb
23 Ottobre 10:40
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belle le inquadrature rubate..
specialmente a Roma.
Un pò di back-up ce l' hai, vb. E' qui on-line :)
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