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On the road again
Numero 42 - 25 Ottobre 2003 (Sabato), 17:41

Vecchio Commonwealth Oggi su fotoblòg

Vecchio Commonwealth

Molto inglese.

Sarebbe più corretto "sur la route encore", stante che questa volta ICANN mi porta in un paese (semi)francofono. Ma questo è soltanto il racconto del viaggio... cercherò di bloggare un po' più spesso nei prossimi giorni, ma non prendetela come una promessa.

Stamattina, quindi, sveglia alle 6,20 (nnnnooooo...) Decido per l'abbigliamento ottimista (giacchetta e maglietta a maniche corte, nel freddo delle 7 torinesi...). Nonostante l'aspetto arruffato, a Caselle devo comunque sembrare un tipo affidabile, visto che, come scoprirò poi, la signorina mi affibbia per entrambi i voli la fila dell'uscita di sicurezza.

All'imbarco già il primo problema tecnico della giornata: si presenta una signora in sedia a rotelle, con opportuna prenotazione, e le signorine all'imbarco le chiedono di farsi le scale a piedi... perchè la prenotazione è stata fatta con codice "disabile che per un po' può camminare", non con codice "disabile che non cammina proprio". Imbarco ritardato, qualche timida discussione, ma più che altro tristezza.

A bordo l'aereo è semivuoto e mi approprio del sedile della fila davanti. Dall'altra parte viene collocato un tipo con una paura folle: quando il comandante, prima di scendere verso Roma, chiede di allacciare le cinture, il tizio sbianca e chiede a voce altissima: "Perchè? E' successo qualcosa??". Scopro inoltre che Alitalia ha sostituito lo slogan "dolcettiosalatini" con una scatola di cartone già con tutto dentro, tipo McNuggets (la qualità del servizio prima di tutto).

Mi smazzo La Stampa che, come tutti gli altri quotidiani, mostra come i dieci milioni di scioperanti non se li sia cagati nessuno; sarà colpa, come dice ellekappa su Repubblica, di una "collaudata star a cinque punte", che casualmente le forze dell'ordine hanno tirato in scena proprio ieri; ma secondo me è anche colpa del fatto che molti sono ormai o troppo rassegnati o troppo poco rassegnati per aver voglia di perder tempo a scioperare.

Arrivo a Roma alle 8,50, il mio volo per Tunisi imbarca alle 9,55, mi avvio tranquillo verso il gate... ed è solo dopo che realizzo che Fiumicino non è un buon aeroporto per fare una coincidenza internazionale. Praticamente, partendo dal terminal nazionale, ci si para di fronte una simpatica coda di un quarto d'ora al controllo di sicurezza; ci sono ben due metal detector attivi, davanti a cui si ammassa in ordine sparso una folla di gente in ritardo; ovviamente nessuno ha pensato a organizzare una fila, nè a mettere un cartello che indichi che si deve passare lì; difatti metà della gente si infila tranquilla sull'altro lato del corridoio (che è aperto e, non indicato, è riservato all'uscita) e un povero poliziotto quindicenne deve andarli a pescare uno per uno e riportare in coda.

Ma questo è nulla rispetto alla coda per i passaporti: una buona mezz'ora in una bolgia di file che si biforcano e si riuniscono come i binari di Milano Centrale, anche qui senza nessuna organizzazione. Sarebbe bastato (come in tutti gli aeroporti d'Europa) dividere gli europei dai non europei per razionalizzare le file... invece ci si ammassa tutti su una coda finchè al banco non si materializza un egiziano o un moldavo o un'altra nazionalità poco gradita alle nostre forze dell'ordine, al che la coda si blocca per venti minuti e tutti sgomitano per fondersi dentro quelle a fianco. Io ne sono uscito convinto che una città (peraltro meravigliosa) la cui industria principale è la burocrazia faccia culturalmente fatica ad offrire servizi moderni ed efficienti, ma è sicuramente un peccato.

Insomma, arrivo al gate con soli cinque minuti di anticipo, e già il primo shock: o mamma, ma qui sono tutti tunisini! Peraltro, sembra ricordarglielo anche il signore delle pulizie che apostrofa un tunisino che fuma nonostante il divieto con due fischi, seguiti da "Aoh, bello", neanche fosse un cane. L'avrebbe fatto con un tedesco?

Comunque il fumo sembra essere una attrattiva notevole per i nordafricani: difatti all'apertura del gate tutti si precipitano per imbarcarsi per primi. Voglia di sedersi presto? Macchè: imbarcandosi subito ci si può fermare sul piazzale, tra il corridoio e l'autobus, per fumare una sigaretta prima che l'autobus parta. Esco dal corridoio e ci sono almeno una decina di tunisini fermi lì a fumare... Alla fine deve scendere l'autista e dirgli di buttare la sigaretta e salire sull'autobus, se no li lascia lì.

Durante il volo mi becco due signorine venete che discutono di import-export di beni locali, di negozio e di crisi del commercio che quest'anno sono potute andare solo due settimane alle Maldive; appena atterrate, subito si rimettono il rossetto (ma che andranno a fare a Tunisi?). Il secondo shock, che mi rimette in allarme sui preconcetti che evidentemente ho, è guardare dal finestrino durante l'atterraggio e vedere la città circondata da normalissimi prati, anzichè da presunte distese di sabbia popolate di cammelli.

L'aeroporto di Tunisi... beh, non è diverso da quello di Catania, solo che le scritte sono bilingui (per fortuna oltre all'arabo c'è anche il francese). Siamo subito accolti da decorazioni e marmi tirati a lustro, e tutto sommato non mi sento fuori posto; anzi, per ora mi pare una occasione per mostrare quanto la differenza tra qui e casa nostra sia ridotta, e quanto la nostra cultura abbia imparato ad integrarsi con la loro. Probabilmente è per via della mia passione per i kebabbari...

Però questo non sembra nè terzo mondo nè un altro pianeta; sembra un posto come tanti altri, meno ricco del nostro, ma non così meno ricco; ci sono le stesse pubblicità, gli stessi mestieri, gli stessi modi di comportarsi (telefonini inclusi, solo che invece di Chihuahua come suonerie ci sono le melodie locali), spesso perfino gli stessi marchi. Magari l'interno del paese è diverso, ma qui è come Montevideo, è come Rio de Janeiro, è come l'Italia di trent'anni fa.

Insomma, i media spesso tendono a farci pensare che l'Africa sia una versione ingrandita dell'isola dei famosi, solo con un sacco di gente in più e molto meno famosa; ma che qui, di giorno, si scalino le piante di cocco o si vada a fare un giro sui cammelli. Non è vero; ci sono strade, semafori, automobili, pubblicità, giornali, università, Internet, computer, tappetini del mouse con la pubblicità e il marchio Microsoft, solo un po' meno nuovi e un po' meno moderni; e uno che parte da qui per venire a cercare lavoro a Torino non è poi così diverso, come livello di modernità, da uno che parte da Agrigento o da Casalpusterlengo.

Almeno, questa è la prima impressione; penso che non potrò vedere molto di Tunisi. Infatti, siamo un po' fuori, in un albergone vuoto sulla costa che con il cielo grigio e quasi piovoso fa molto Loano d'inverno. Ma i dettagli sull'accoglienza e sulla sistemazione vanno al prossimo post!


--vb.

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<Commenti>

Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero.
Pollon
25 Ottobre
22:02
...e che dire dell'aeroporto di Catania?
 
Simone Caldana
27 Ottobre
9:42
Sento che hai ripreso un po' di ottimismo. Sono contento.
 
opss
27 Ottobre
13:00
un bel viaggetto per distrarsi dal solito trantran e parlare un po'.....
:-)
 


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