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Numero 17 - 5 Giugno 2003 (Giovedì), 11:10

Vecchio Commonwealth Oggi su fotoblòg

Vecchio Commonwealth

Molto inglese.

Ieri anch'io, come buona parte dei geek torinesi, sono andato ad assistere alla conferenza di Richard Stallman al Politecnico.

Credo che nessuno dei lettori di questo blog ignori chi sia Richard Stallman (rms per gli amici); sostanzialmente, il fondatore del movimento noto come free software (o, meno precisamente, open source), anche se lui giustamente rimarca come il software fosse libero sin dal principio, e come lui sia semplicemente quello che ha cominciato a difenderne la libertà nel momento in cui si è cominciato a metterlo sotto chiave.

Non l'avevo mai visto di persona, ma sapevo già che è un tipo un po' particolare; e questo, unito alla miscela esplosiva di una manciata di giovani ingegneri tanto volenterosi quanto inesperti delle cose del mondo, ha generato un evento che sarà certamente ricordato negli annali della comunità torinese come un caso esemplare di applicazione della legge di Murphy.

Dunque, già prevedendo l'assalto, sono arrivato in aula 1 alle 16, mezz'ora prima dell'inizio, chiedendomi come mai non avessero usato l'aula magna (credo fosse occupata da qualche fondamentale convegno sulla lampadinologia applicata o qualcosa del genere). Stallman era già lì, un signore barbuto e panzone, vestito con una maglietta verde, posato su una sedia nel mezzo del palco ma completamente avulso dal contesto, intento a smanacciare su un portatile per i fatti propri. Sotto la sua sedia, un tappeto, sul quale erano collocati altri signori giovani e vecchi, tutti barbuti. Attorno, una decina di giovani ingegneri indaffarati a bootare portatili, provare proiettori e attaccare e staccare fili (incluso un buu generale quando il portatile, che pare appartenere al professor Meo, mostra un menu di dual boot in cui accanto a Linux figura Windows XP).

Verso le 16,30, ovviamente, l'aula era già strapiena; gente ovunque, nei corridoi, sulle scale, in braccio a quelli seduti... A quel punto, improvvisamente, e dopo cinque minuti di dita nel naso - dita sulla barba - dita in bocca, il guru si agita: per prima cosa, si toglie scarpe e calze, mostrando durante l'operazione il culo (vestito) alla platea, e comincia a girare a piedi nudi; dopodichè, chiama gli organizzatori, e comincia a lamentarsi. Dopo un po' anche noi del pubblico capiamo che si lamenta del caldo, effettivamente soffocante, anche se l'Ateneo ha gentilmente fornito un ventilatorino a pale di quelli da venti euro al Carrefour, che cerca disperatamente di spalare il caldo fuori da un'aula di quattrocento persone. Il guru sembra dare di matto, si sposta agitato qua e là e insiste. Si decide di cominciare, sperando che la situazione migliori.

Sale sul palco un giovane ingegnere: è uno degli organizzatori che tenta di presentarsi. Viene accolto da una bordata di insofferenza sia dal pubblico che dal guru, che alla fine praticamente lo tronca. Temendo probabilmente l'incazzatura definitiva, viene tagliato dal programma il discorso di Meo, e la parola passa direttamente a Stallman.

Inizia così una scena piuttosto buffa, in cui Stallman, in mezzo al palco, si china parlando in un orecchio a una distinta signora, che traduce e ripete al pubblico. Il problema è che la signora non è una traduttrice professionale, e quindi non è in grado di tradurre in simultanea: ogni volta bisogna che Stallman dica una frase, si fermi, e poi la signora riferisca al pubblico. Dopo le prime quattro frasi, in cui Stallman ci tiene a dire al pubblico torinese che non chiederebbe mai nemmeno al suo peggior nemico di tenere una conferenza in quel posto, il guru si stufa e spedisce la traduttrice giù dal palco, facendo notare che in quel modo la conferenza occuperebbe il doppio del tempo previsto - e lui ha già caldo così.

Attacca quindi a parlare in inglese, e nonostante l'astante medio si sia già piuttosto rotto del suo atteggiamento, bisogna dire che lo fa bene e che riconquista l'audience; non solo parla lentamente e in modo comprensibile, ma il suo discorso è convincente e fila via liscio. Comincia spiegando cosa sia il software libero... finchè non lo interrompono una volta per dire che stanno cercando di attivare un collegamento con l'aula di fianco.

Dopo cinque minuti, è lui a fermarsi, ripetendo per la terza o quarta volta che il proiettore davanti a lui (utilizzato per proiettare sul muro una sua foto con l'aureola, veramente fondamentale) genera calore, e che sarebbe proprio il caso di spegnerlo. Prova anche a tirarci un mezzo cazzotto, ma nulla. A quel punto, tutto si ferma mentre cinque o sei giovani ingegneri provano a smanettare sul quadro di controllo accanto alla cattedra, cercando di spegnere il proiettore. L'impresa si rivela improba, perchè, nonostante Stallman e il buon senso insistano a sostenere che deve pur esistere un apposito interruttore, gli ingegneri non cavano un ragno dal buco.

Il tutto peggiora quando un altro giovane ingegnere in sala alza la manina per spiegare gentilmente a Stallman che l'operazione è possibile solo se il monitor presente sulla cattedra verrà spinto in basso nel suo alloggiamento. Effettivamente, io ricordo qualcosa del genere dalle mie antiche ore di lezione, ma la correlazione causa-effetto pare un po' dubbia, e non si risolve nulla.

Ma niente paura... alla fine i giovani ingegneri hanno l'idea geniale: si armano di scotch e pezzi di carta, e li attaccano davanti alle lampade del proiettore, in modo che la proiezione sullo schermo cessi! Invano Stallman cerca di spiegargli che questo non risolve il problema di spegnere il proiettore e tantomeno di interrompere la generazione di calore; alla fine allarga le braccia, pensando probabilmente di essere capitato in una città di pazzi.

Dopo dieci minuti la conferenza si interrompe un'altra volta, questa volta per comunicare alla platea che il collegamento audio-video con l'aula a fianco è operativo, e quindi tutti i presenti assiepati su scale e corridoi sono "gentilmente" pregati di spostarsi. Con un po' di sana insistenza, lo spostamento avviene.

Il seguito della conferenza procede abbastanza tranquillo per un'oretta, finchè verso le 18 si scatena all'esterno un furioso temporale. A quel punto, come nei migliori film comici, salta la luce. Si accendono le luci di emergenza, ma Stallman coglie prontamente l'occasione per salutare tutti e terminare la conferenza a metà, senza neanche finire la frase.

Scatta ovviamente l'assalto, mentre il guru raccomanda l'uso dei suoi sticker (in cui il pinguino di Linux è legato e imbavagliato a uno GNU volante) e dichiara di non rilasciare autografi, con una sola eccezione: e difatti prontamente autografa dei portatili, dopo aver verificato che sopra vi sia Linux. Segue comunque una questua di domande e strette di mano, tra cui una imperdibile immagine di Paolo Demai che presenta a Stallman la sua creatura (il famoso mini-PC cubico di cui io teoricamente sono socio finanziatore), e già lì il pubblico, almeno quello che conosce Demai, scommette sulle probabilità di litigio.

Faccio in tempo a chiacchierare con i miei eredi per assicurarmi che il sito degli studenti, con annesso Progetto Prometeo, venga presto ripristinato (sembra proprio che accadrà), e poi mi presento anch'io dal guru per porgli la mia domanda. Visto da vicino, ha l'aria intelligente e gentile, tutto l'opposto di quello che sembrava prima; e ha due occhi chiari e bellissimi. Io gli chiedo se la sua Free Software Foundation ha mai pensato di partecipare ad ICANN, e la risposta è che loro pensano che i nomi a dominio siano un falso problema, e che bisognerebbe concentrare l'attenzione sulla legislazione sul copyright; ma se c'è qualche proposta o attività particolare, di scrivergli e fare pure riferimento a lui.

Insomma, nonostante la mia istintiva antipatia per i guru e nonostante il suo comportamento, alla fine Stallman mi è pure rimasto simpatico; penso però che questa disgraziata conferenza rappresenti un po' una figura di merda per la città. Ma essendo stato anch'io un tempo un giovane, volenteroso e inesperto organizzatore di eventi, e avendo raccolto anch'io le mie figure di merda, non posso che complimentarmi lo stesso con chi l'ha organizzata.


--vb.

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<Commenti>

Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero.
Simone Caldana
5 Giugno
11:40
Ma Stallman odora di lattuga?
 
Andrea
5 Giugno
15:27
Che bisogno c'era della traduzione? I giovani ingegneri non conoscono l'inglese? O tempora, O mores!
 
NMF
5 Giugno
15:27
Mi verrebbe da commentare tutto con un bel Rotfl e morta lì, ma la scena dei giovani ingegneri che tappano con il cartone e lo scotch il videoproiettore mi fa ridere amaro.
Cazzate e figure di merda ne abbiamo fatte tutti, ma ho l'impressione che, per amor patrio, tu sia un po' troppo indulgente con gli organizzatori, (tra cui mi sembra di capire c'era pure un prof).
 
NMF
5 Giugno
15:51
Leggendo la paginal inkata sotto mi sembra di capire che Stallman ama l'Italia:
http://www.stallman.org/genoa.html
 
.mau.
5 Giugno
15:59
a me rms sta sulle palle.
bisognerebbe che abbassasse la cresta
chissenefrega di lui, poi?
dai, è troppo pieno di sé...
e poi gli brucia il fiasco di Hurd :-)
figuriamoci...
gnu/linux.
hai capito? Prima gnu,
il VERO motore.
linux? un ammenicolo casuale, per rms.
.mau.
 
Piero
6 Giugno
12:10
...tutti come piazza S.Pietro, in adorazione del Papa....ma perpiacere!
 
Lino
6 Giugno
12:10
Vorrei farti notare ( forse non te ne sei reso conto)che anche tu sei un signore barbuto e panzone.
 
Piero
7 Giugno
23:33
Spero che Stallman non si sia offeso per il portatile di Meo. Lui ha sempre sostenuto e tifato per l'Open Source. Evidentemente anche Alfaromeo non può fare a meno dell'ultimo grido di casa M$ (forse per ragioni didattiche). Probabilmente se al posto di Stallman ci fosse stato l'amico Bill, quest'ultimo avrebbe lasciato l'aula con un secco: "O win o win". Quand'è che vedremo R. Stallman tra i Presidenti di Camera e Senato e non in una squallida aula del Poli?
 


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