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Coincidenze
Numero 15 - 30 Maggio 2003 (Venerdì), 7:46

Vecchio Commonwealth Oggi su fotoblòg

Vecchio Commonwealth

Molto inglese.

Sì, lo so che adesso vi aspettate un commento sulla partita - ma tanto, come ben potete immaginare, noi poveri granata tifavamo per quello che nei contratti commerciali anglosassoni si definisce un "act of God": che so, una improvvisa e circoscritta alluvione che spazzasse via lo stadio con entrambe le squadre dentro.

E' quindi per questo che io ho deciso di cogliervi di sorpresa e di continuare il discorso della scorsa settimana a riguardo di alcune grandi aziende americane del settore ICT, introducendovi quindi alla SAIC, o Science Applications International Corporation, di San Diego, California.

La prima volta che ho sentito questo nome è stato nel 2000, quando per Vitaminic mi trovai a partecipare ad alcuni meeting di SDMI, l'ormai praticamente defunto sforzo internazionale per creare un sistema standard di digital rights management con cui proteggere tutti i CD musicali ed impedirne la digitalizzazione e la distribuzione incontrollata via Internet. Un po' come la ricerca della pietra filosofale, insomma; e sebbene il direttore di SDMI fosse il nostro Leonardo Chiariglione, tutte le prove e le valutazioni tecniche necessarie alla scelta del sistema erano affidate alla SAIC.

Eppure il nome non avrebbe dovuto essermi nuovo: difatti la SAIC fu protagonista di uno degli episodi che stanno alla base della storia di Internet. Nel 1995, difatti, fu proprio la SAIC ad acquistare per due lire una piccola azienda della Virginia chiamata Network Solutions, che aveva ricevuto l'incarico di gestire le registrazioni (allora gratuite) dei domini .com, .net e .org. Casualmente, pochi mesi dopo il governo americano stabilì che le registrazioni dovessero costare cinquanta dollari l'anno; e la SAIC si fece una valanga di soldi, prima di rivendere l'azienda a Verisign nel pieno della bolla della new economy, facendone una ulteriore valanga. Ma soprattutto, quanto può valere disporre delle pagine gialle mondiali, con nomi, telefoni e indirizzi di chiunque possieda un dominio .com?

Ma forse non è questa la citazione più preoccupante. E' invece quella all'interno di un rapporto del Parlamento Europeo denominato Development of Surveillance Technology and Risk of Abuse of Economic Information, meglio noto come Rapporto Echelon. Vabbe', se proprio ci tenete potete andare al volume 2, appendice tecnica, pagina (i), punto 6 per leggere di quale azienda fa parte il principale produttore delle attrezzature usate per Echelon.

Coincidenze? Forse potrebbero illuminarvi alcuni particolari. Innanzi tutto, chi è il padrone della SAIC? Potreste aspettarvi che una azienda con un fatturato di sei miliardi di dollari e 40'000 impiegati sia quotata in Borsa, vero? Ma no, perchè, sapete, le aziende quotate in Borsa sono sempre sotto i riflettori e devono pubblicare un sacco di resoconti finanziari e di altre notizie riservate.

La SAIC, invece, è un caso assolutamente unico di grande azienda posseduta dai propri impiegati. In un impeto di comunismo all'americana, chi lavora in azienda, e solo lui, ne riceve le azioni. Piuttosto stranamente, però, nel patto c'è una clausola: che chi lascia l'azienda deve rivendere le proprie azioni all'azienda stessa. Insomma, non solo nessuno dall'esterno può possedere pezzi della compagnia e quindi controllare cosa faccia; ma finchè stai nella famiglia (e rispondi ai tuoi capi) bene, poi però...

Ma in pratica questo cosa vuol dire? Beh, immaginate di essere uno degli impiegati e di possedere un quarantamillesimo dell'azienda. Quanto contate nelle sue decisioni? Nulla. Difatti, le decisioni sono prese da un Consiglio di Amministrazione, che regolarmente comprende generali dell'esercito e altra gente con connessioni strettissime con Washington, tanto è vero che, in generale, la SAIC è uno dei maggiori fornitori dell'esercito americano. C'è chi (oltre a raccontare alcuni particolari interessanti) dice che tutti i governi americani da Nixon in poi hanno sempre avuto un direttore della SAIC tra i ministri... Se non vi basta, potete leggere che ne pensa John Gilmore (per chi non lo conosce: hacker imprenditore, fondatore di EFF e autore di tar).

Che ne dite? Il fatto che tutte e tre le attività sopra citate siano state compiute dalla stessa compagnia (e che compagnia) dovrebbe aprirvi gli occhi su come non solo la sorveglianza a tappeto, ma anche il controllo di Internet e la difesa del copyright siano ritenuti dagli americani elementi vitali per conservare il loro predominio militare ed economico nei confronti del resto del pianeta, inclusa la vecchia Europa.

Ma, signori miei, non temete, e recatevi con fiducia alle urne per l'incombente referendum sugli elettrodotti... chè questi sì che sono temi che meritano la pubblica attenzione. D'altra parte, volendo potete anche leggere quanto i nostri servizi segreti non sapessero nulla di Echelon. Cioè, poi qualche informazione agli americani loro l'hanno chiesta; ma gli hanno risposto che "si tratta solo di una tecnologia". Insomma, state pure tranquilli.


--vb.

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<Commenti>

Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero.
Simone Caldana
30 Maggio
11:28
/me sadly subscribes
 
Piero
30 Maggio
15:15
"please ususcribe me".
 
Verita
1 Giugno
16:46
Xche certa gente sente il bisogno i scrivere cazzate a raffica???
Ritirati e non scocciare piu la comunita' internet... (per lo meno ora non sei piu sui newsgroup)..
 
Piero
2 Giugno
15:11
Che gli americani controllino il mondo non è una novità. Loro, insieme all'Inghilterra, la Francia e la Russia hanno vinto la guerra, noi l'abbiamo persa con una resa incondizionata. Non a caso Echelon si trova in Inghilterra. Sarà forse per questo che io come privato citadino, privo di partita iva, non posso registrare più di un dominio sotto il tld .it e mi devo rivolgere al governo degli Stati Uniti?
 
NMF
3 Giugno
13:57
Bello, lo linko.
 
dasar
24 Giugno
11:34
Bello, voglio linkarlo.
 


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