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Sglobalizzando la rete (part I)
Numero 36 - 21 Settembre 2003 (Domenica), 13:23

Vecchio Commonwealth Oggi su fotoblòg

Vecchio Commonwealth

Molto inglese.

Gli ultimi giorni per me sono stati piuttosto densi, essendo pieno di cose da fare al lavoro e dovendo nel contempo tenere dietro alle continue evoluzioni dell'affare Verisign.

Eppure, sono stati giorni piuttosto interessanti, perchè la mossa di Verisign ha scatenato un lungo dibattito in tanti luoghi virtuali e tra persone molto diverse: partendo dai guru internazionali dello IAB e della lista di discussione generale dell'IETF per arrivare ai commenti dell'utente italiano medio al repost del mio precedente articolo su Punto Informatico, tutti hanno cercato di capire, di discutere, di farsi un'opinione e di esporla liberamente, e di reagire ognuno a proprio modo e nel proprio campo.

E' proprio osservando queste reazioni che credo di aver capito quella che, per me, è la conseguenza peggiore di tutto questo affare, e che però è anche il simbolo di un cambiamento già in atto da molto tempo, e di cui l'idea di Verisign è un sintomo e non certo la causa: il passaggio dall'era della globalizzazione a quella della sglobalizzazione.

Per anni abbiamo sentito parlare di globalizzazione della società e dell'economia; di circolazione senza barriere di capitali, idee e merci per tutti gli angoli del mondo. Di tutto questo, Internet è il simbolo; è lo strumento che ha reso possibile questo processo ad una velocità prima imprevedibile. Ma come tutti i processi veloci, i cambiamenti rischiano di essere superficiali e di subire stop imprevisti.

Gli standard della rete sono aperti, globali e collaborativi sin dal principio; si basano sull'ipotesi che tutti gli operatori di rete che gestiscono i vari pezzi di Internet siano interessati a collaborare positivamente per rispettarli e per poter comunicare reciprocamente senza problemi.

I meccanismi di protezione e di autenticazione sono disegnati principalmente per evitare che bug, cattive implementazioni o malfunzionamenti portino danno alla rete, oppure per prevenire azioni illegittime o "furbate" a livello utente. Nessuno però ha mai pensato che potessero essere le stesse entità che gestiscono frazioni significative di Internet o suoi servizi centrali e cruciali a voler agire di proposito in modo tale da spezzare questa interoperabilità per perseguire propri obiettivi personali.

Come risultato, la rete è assolutamente indifesa nei confronti di azioni come quella di Verisign, tanto è vero che essa può tranquillamente appellarsi alle fessure degli standard per sostenere di non aver fatto nulla di male: perchè se è scritto che la risposta "NXDOMAIN" vuol dire "dominio inesistente", non è scritto esplicitamente che quando un dominio non esiste bisogna obbligatoriamente dire che non esiste, anche se è sempre stato dato per scontato.

Di fronte a questa carenza, però, qual è stata la reazione della rete? Siccome gli standard globali non sono riusciti a fermare Verisign, ognuno ha reagito come poteva: c'è chi ha rilasciato patch specifiche per annullare il nuovo comportamento del DNS, chi ha chiuso il routing rendendo irraggiungibile il sito jolly di Verisign, persino chi ha organizzato attacchi distribuiti contro la loro rete.

Tutte queste reazioni hanno un punto fondamentale in comune: spezzano il principio di uniformità della rete. Riguardano specifici nomi e specifici indirizzi IP; sono mirate ad un ben determinato pezzo di rete; sono l'equivalente internautico di dogane, fili spinati e posti di blocco interposti tra noi e una nazione ostile.

Questa è una cosa che si era forse vista in passato a livello di utenti o piccoli operatori (si pensi ad esempio alle blacklist anti-spam), ma mai a livelli di rete così vasti e importanti.

In altre parole, mentre la speranza di molti padri fondatori della rete era che Internet provocasse l'abolizione dei confini e dei nazionalismi anche nel mondo reale, sta succedendo esattamente il contrario: le storiche miserie umane e gli storici egoismi del mondo reale stanno spezzando la globalità della rete.

Ma per dimostrare che si tratta di un processo non basta un solo evento; e allora domani vi racconterò cosa succede in questo settore ai massimi livelli diplomatici.


--vb.

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<Commenti>

Attenzione: quanto segue potrebbe non essere vero.
Simone Caldana
22 Settembre
10:37
Il matrimonio non lo costruisce il prete.
 
Fabrizio
22 Settembre
16:40
Nollo' capita
 


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