Flux
Già sapevo mentre ci offrivano la cena, che sarebbe finita così; eravamo in un locale fighettissimo della parte più altolocata di Dublino, l’infilata di case vittoriane prospiciente St. Stephen’s Green, dove una cameriera francese anoressica dal peso massimo di venticinque chili ci serviva dinieghi a strati di sdegno successivo; e non solo non si può avere un calice di champagne sfuso, ma se ti chiedo la bistecca senza sauce Béarnaise e tu mi dici di sì e poi me la porti grondante albume imburrato, ecco, allora sei proprio conica come sembri; perchè, come disse il grande filosofo Jean-Paul Sartre, “Tu es encore plus con que tu n’en as l’air” – Sartre, La Mort dans l’âme, 1949, p. 170, per quanto nel caso si dovrebbe usare il femminile conne*.
Ciò detto, la fighettaggine del locale imponeva che non appena il tuo bicchiere di vino da trenta euro a bottiglia scendesse sotto la vaga metà , esso venisse riempito fino all’orlo; e ciò spiega il mio desiderio di compiere – in una piena, fresca notte – una mezz’oretta di passeggiata di ritorno, invece che prendere un taxi con tutti gli altri; gli altri essendo un simpatico indiano di Chennai, un simpatico cinese di Hong Kong, e un gruppo di simpatici americani di mezz’età , compreso un consigliere d’amministrazione di Afilias – che, in una vita precedente, ha fatto l’accordatore di racchette di Jimmy Connors e Pete Sampras – e un Vice President di GoDaddy.
E così, non volendo spaventare gli altri prendendo dritti per il lato remoto di St. Stephens Green – che poi magari si preoccupano che tu non sappia dove stai andando – ci si ritrova giù per Dawson Street e poi per Nassau, gridando tra sè e sé “I am FAIIRRRRRLLLY drunk”, pur non essendolo, visto che il resto della via è popolato di villici in giacca e cravatta più formali della tua, e alticci altrettanto o probabilmente di più.
E’ solo che dopo un po’ di passeggiata ci si ritrova davanti all’angolo d’un altro giardino e ci si dice, “Ma questa non sarà mica Merrion Square, che ho camminato dieci minuti e sono ancora qui?”, e in effetti lo era, e non finisce qui: per fortuna che pur in mezzo all’allegria dopo dieci metri mi son chiesto se non fosse già quello l’angolo giusto, e son tornato indietro, visto che effettivamente, nascosto dietro una casa assassina, c’era l’imbocco dell’unico passaggio verso Pearse Street e la relativa stazione della DART (che sarebbe il Dublin Area Rapid Transit ovvero la ferrovia suburbana; gli irrici, che hanno il senso della misura, l’hanno ufficialmente chiamata “freccetta” in onore dei suoi picchi di velocità attorno ai trentacinque orari). Se no, mi ripescavate domani a Dun Laoghaire.
Quindi, prendo giù per East Lombard, attraversando un quartiere di case popolarissime con tarri alle finestre, punteggiato da pub piantonati all’esterno da culi improponibili di bellezze locali rese lievissimamente sovrappeso da qualche ettolitro di Guinness per day. Alla fine, si sbuca sul fiume proprio di fronte all’ultimo ponte, quello pedonale, su cui improvvise, marcando la fine della terra di nessuno, si protrudono coppiette a ripetizione. Di lì, cinque minuti a fianco di una strana coda di auto sul lungofiume, e poi si arriva all’albergo giusto in tempo per incrociare nella hall un pullman targato GinoBramieri, con le relative bruttezze moleste ambosessi, ubriache nell’ascensore.
Certo che, a veder le inglesi, s’ipervaluta l’Irlanda.
* Nel caso proprio non aveste capito e voleste tutta l’etimologia spiattellata, il termine deriva dal latino cunnus, che nel lessico internazionale moderno è rimasto in uso al genitivo nell’ambito di una locuzione prevalentemente utilizzata per – ok, vado a dormire.
24 Aprile 2007, 01:46
su gunnu ? (sardo)
ciao
24 Aprile 2007, 02:32
Standing ovation.
24 Aprile 2007, 19:21
Mamma mia! Assomiglia a un racconto di E.A. Poe!