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Archivio per la categoria 'Tech&Howto'


domenica 20 Agosto 2023, 22:59

Creare immagini con l’AI

Oggi, domenica d’agosto con poco da fare, ho deciso di dedicarmi al piacere e al dovere insieme: dopo averne tanto parlato, ho passato la giornata a provare Stable Diffusion, una delle AI specializzate in disegno. Me la sono installata in locale sul portatile; c’è voluto un po’ di smanettamento, la lettura di prontuari su diversi siti, la comprensione di una dozzina di acronimi e componenti, nonché un bel po’ di spazio disco (comprese tutte le aggiunte, ho già occupato una quindicina di GB), ma dopo un paio d’ore ero a posto.

Bene, che dire? Come primo esperimento, ho scelto per soggetto un famoso personaggio cinese, Xiao di Genshin Impact (non preoccupatevi se non sapete cos’è, se avete più di vent’anni è normale): l’ho scelto perché è allo stesso tempo complesso da disegnare ma molto diffuso. Questo mi ha permesso di recuperare in rete una serie di modelli già pronti: il generico modello ottimizzato per il disegno in stile anime, e poi il modello specialistico per disegnare questo specifico personaggio.

Infatti, a differenza di quasi tutti i sistemi AI concorrenti, Stable Diffusion è un sistema molto aperto che può funzionare anche sui personal computer: così, c’è stato qualcuno che ha passato una montagna di tempo a far vedere all’AI centinaia o migliaia di immagini di questo personaggio, specificando per ognuna tutte le caratteristiche del disegno, in modo che l’AI imparasse a disegnarlo in qualunque forma e posizione.

Insomma, c’è voluta un’oretta per capire come mettere insieme i vari componenti e come usare l’interfaccia utente, ma alla fine… la prima delle immagini che vedete è soltanto la quinta che ho generato in tutta la mia vita: le prime quattro non c’entravano nulla, ma questa è già notevole.

C’è però un piccolo problema: come ho scoperto nel pomeriggio, è relativamente facile generare immagini piuttosto belle, ma è molto difficile generare immagini perfette, nonché davvero corrispondenti a ciò che vorresti tu. Non mi riferisco soltanto al fatto che ogni tanto – non spesso, a dir la verità – escono fuori immagini con una gamba sola o con tre. Mi riferisco piuttosto al fatto che tu puoi anche dare una caterva di istruzioni e dettagli su come vuoi l’immagine, ma più ne metti più il sistema si incasina, perché può soltanto mettere insieme imitazioni di ciò che ha visto: e se “Xiao in piedi con lo sguardo truce” è abbastanza semplice, “Xiao vestito di un kimono blu mentre guarda a sinistra col braccio piegato e una spada in mano, sullo sfondo del cielo con le nuvole” è già troppo complicato, e non viene mai eseguito alla lettera. Ogni tanto, al posto della spada c’è una candela, oppure il cielo è nero e senza nuvole, e il kimono è sempre bianco perché il modello ha imparato solo kimono bianchi.

Insomma, è come guidare una Ferrari senza volante, provando a partire venti volte per sperare che almeno una vada più o meno nella direzione che desideri. Ovviamente io sono un operatore AI molto incompetente, eppure pare che tutti facciano così: si prova a dargli un insieme di istruzioni, viene fuori un risultato più o meno carino, gli si dice “riprova”, magari si aggiunge o si toglie una parola, e poi semplicemente si ripete, anche perché più ripetizioni diverse delle stesse istruzioni danno risultati anche piuttosto diversi; quindi, si ripete a caso fin che l’AI non ne imbrocca una meno brutta.

Non parliamo poi di disegnare scene con più personaggi: a quanto pare, al momento – a meno che non si tratti di un generico gruppo – non è fattibile, non con questi strumenti almeno. E poi, non ho ancora provato le illustrazioni fotorealistiche: penso che lì ottenere buoni risultati sia ancora più difficile.

Morale: è un giochino divertente, ma per ora può sostituire i disegnatori umani solo in certi tipi specifici di composizione, e solo per committenze che si accontentino, che non abbiano un’idea molto precisa dei dettagli che vogliono e che si adattino a quel che viene fuori dal sistema. Però, è impressionante che per quel tipo specifico di illustrazione io, con un normale portatile e poche ore di addestramento, possa fare quel che fino a ieri richiedeva talento, manualità e anni di studio; e questi strumenti certamente continueranno a migliorare.

P.S. Naturalmente, questo è un esperimento: dato che nelle discussioni di policy che seguo per lavoro si parla continuamente di AI, mi sembrava il caso di capirne di più. Le immagini generate sono prove per uso personale; nel frattempo, la discussione sulla legittimità dell’uso di questi strumenti senza compensazione degli autori originali è tuttora aperta.

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mercoledì 21 Dicembre 2022, 08:58

Su SPID e carta d’identità elettronica

Sul possibile pensionamento dello SPID ho letto tante cose, da chi pensa che sia solo una boutade per far parlare i giornali a chi è contento perché vuole che tutto sia sempre gestito dallo Stato. Credo dunque, da persona un po’ più addentro alle cose, di dovervi fornire alcuni elementi di riflessione.

Per prima cosa, l’idea di usare al posto di SPID la carta d’identità elettronica (CIE, dotata di chip digitale da leggere con un apposito dispositivo) non è nuova. Non ci siamo solo noi; il maggior sostenitore dell’idea è la Germania, dove SPID non esiste, ma che negli anni ha messo in piedi ripetuti e costosissimi progetti di identità digitale, tutti falliti. La Germania ha una CIE come la nostra: ha poche centinaia di migliaia di utenti e fa in un mese il numero di transazioni che SPID fa in due ore.

Il motivo è semplice: la CIE è molto più complicata da usare di un sistema basato sui cellulari, che non a caso è quello che usano tutte le piattaforme americane. Serve un cellulare moderno con lettore NFC (SPID funziona anche sul Nokia del nonno via SMS…), oppure un lettore da attaccare al computer; e serve un PIN, che la gente o si dimentica o si scrive. Poi, quando la perdi o scade, aspetti per mesi il nuovo documento e nel frattempo che fai? Se poi, come successo in Estonia, si scopre che il chip è fallato e insicuro e che le carte vanno bloccate in massa, di botto tutto il Paese resta senza identità digitale fin che non hai riemesso tutte le carte, mentre SPID si aggiorna al volo via software.

Tuttavia, pochi giorni fa Germania e Francia hanno imposto al Consiglio Europeo una posizione che renderebbe illegali i sistemi come SPID perché “insicuri”, in quanto il cellulare sarebbe craccabile più facilmente di un pezzo di plastica. È una stupidaggine, perché i sistemi di identità non vengono craccati informaticamente, ma corrompendo uno all’anagrafe di Roccacannuccia perché rilasci un documento falso, oppure facendo phishing delle credenziali; e a quel punto, il metodo di autenticazione è irrilevante, anzi, la CIE può essere rubata e usata fisicamente. Del resto, non risulta che SPID sia mai stato craccato per via informatica.

Ma allora, perché il governo italiano va dietro a questo trend e prova a distruggere l’unica esperienza di identità digitale che funziona davvero in tutta Europa, con quasi 35 milioni di utenti? La risposta io non la so, ma temo sia molto banale. Il PNRR prevede l’istituzione di una nuova mega software house di stato, partecipata da INPS, INAIL e ISTAT; due settimane fa, il governo Meloni ha nominato il suo amministratore delegato. Ma una software house deve pur avere qualcosa da fare, e quindi, cosa meglio di una commessa per fare un nuovo sistema di identità nazionale e migrare a esso tutti gli SPID già esistenti? Ci sono tutti i soldi del PNRR da spendere. E se non fossero loro a farla, comunque questa commessa la si può dare a qualche ente pubblico che piaccia, come il Poligrafico che già stampa le carte d’identità, magari con subappalto ad altre aziende che piacciano: rifare qualcosa che già esiste è un gran motivo per spendere soldi dei contribuenti.

In fondo, quello che dà fastidio di SPID è che è un sistema misto pubblico-privato, in cui, orrore, il cittadino può scegliere a chi far gestire la propria identità, magari cercando qualcuno che abbia un’app che funzioni meglio delle altre o che garantisca meglio la privacy. Perché invece non rimettere tutto in mano ai luminari che hanno prodotto siti come quelli dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS, fulgidi esempi di usabilità ed efficienza? Sicuramente, con il monopolio informatico pubblico, verrà fuori un sistema migliore.

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sabato 12 Maggio 2018, 10:29

Whatsapp: il software chiuso è un incubo

Dopo quattro anni, Elena ha un cellulare nuovo (Xiaomi, comprato da Hong Kong). E quindi, abbiamo dovuto trasferire le chat dal vecchio cellulare.

Con Telegram non c’è il minimo problema; le memorizza in cloud e sono sempre disponibili su tutti i dispositivi. Certo, non a tutti può piacere che le proprie conversazioni siano sul cloud, ma io non discuto segreti di stato (mi chiedo invece quanti parlamentari discutano di segreti di stato su Whatsapp: e la CIA festeggia).

Whatsapp, invece, è stato un delirio. In teoria, almeno attivando l’apposita opzione, anche lui memorizza le chat su Google Drive e le ripristina quando lo installi su un nuovo telefono. Peccato che il ripristino sia possibile solo la prima volta che lo esegui; nel nostro caso, il ripristino per qualche motivo si è piantato e dopo diverse ore era ancora lì, per cui l’abbiamo chiuso… e solo dopo abbiamo scoperto che, così facendo, rinunci per sempre a recuperare i vecchi messaggi.

O meglio, una soluzione c’è: come loro stessi dicono, bisogna disinstallare e reinstallare l’applicazione, in modo che lui ti chieda di nuovo se vuoi ripristinare. E’ un po’ come: se non hai ricevuto il PIN del bancomat quando ti è stato dato, chiudi e riapri il conto in banca. Ma tanto non hai alternative, e quindi lo fai.

Peccato che però, nel frattempo, se hai proceduto all’installazione e attivato il backup su Google sul nuovo telefono, questo automaticamente ha cancellato il backup precedente, sostituendolo con un backup (vuoto) dei messaggi (inesistenti) sul nuovo telefono. Whatsapp, infatti, permette di tenere nel cloud un solo backup da un solo dispositivo per volta.

Beh, ho pensato, sul vecchio telefono però i messaggi ci sono ancora; si potrà rifare il backup da lì. E invece no, perché Whatsapp, a differenza di Telegram e degli altri, ti vieta di farlo funzionare su più di un telefono per volta, per cui la vecchia applicazione si è automaticamente disattivata installando quella nuova.

A questo punto cominciavo a essere piuttosto arrabbiato, e ho provato il metodo da amministratore di sistema: copiare il file in cui sono memorizzati i messaggi dal vecchio cellulare a quello nuovo. Loro ti danno delle istruzioni, che però sono sbagliate; per esempio, sul vecchio telefono i file di Whatsapp non erano nella scheda di memoria, ma in un altro percorso sulla memoria interna.

Recuperato poi il file dei messaggi, si pone il problema di come trasferirlo sul nuovo telefono… e lì mi sono preso il piacere, visto che Whatsapp rifiutava di servirmi, di usare Telegram per spedire il file di Whatsapp sul nuovo telefono come allegato.

Ma anche ricevuto e scaricato il file sul nuovo telefono, non sapevo dove metterlo: il percorso “Whatsapp/Databases” segnalato dalle loro istruzioni non esisteva né sulla scheda di memoria né sulla memoria interna. Alla fine ho deciso di provare a creare io la cartella, ci ho messo dentro il file, ho aperto l’applicazione, sono andato nelle impostazioni dei backup e… mi diceva che il backup c’era, ma non dava alcuna opzione per ripristinarlo.

A quel punto ho nuovamente disintallato e reinstallato Whatsapp per vedere se così lo ripristinava, ma durante l’installazione l’applicazione mi ha detto: hai già installato Whatsapp troppe volte, devi aspettare sette ore prima di poter ricevere un nuovo SMS di verifica. Per fortuna c’era almeno l’alternativa di farsi telefonare da una voce automatizzata, e così ho fatto. A quel punto, finalmente l’applicazione ha visto il backup che io gli avevo messo sotto il naso e l’ha importato correttamente.

Morale: Whatsapp fa schifo, ma tutti lo usano perché tutti lo usano, e Facebook, che lo possiede, se ne approfitta per fare le cose male e per imporre limitazioni che non hanno nessun vero senso tecnico o di sicurezza, ma seguono logiche commerciali. Se soltanto ci fosse un regolatore con le palle sufficienti per imporre l’uso di standard pubblici e aperti, sarebbe possibile per altri realizzare app compatibili con Whatsapp e molto migliori!

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martedì 16 Agosto 2016, 13:56

Un disastro certificato

Qualche giorno fa, mi è arrivato l’avviso di scadenza della mia casella di posta elettronica certificata, che avevo aperto tre anni fa presso le Poste.

Ora, la webmail PEC di Postecert è una cosa orripilante, con una interfaccia che pare ferma al 1999 e all’era dei CGI, con font piccolissimi e illeggibili, pulsanti indistinguibili, nessun tipo di responsività… un disastro di interfaccia utente. Però funziona, e per le tre volte l’anno che mi serve va bene, per cui mi loggo, entro e… nell’account non c’è il pulsante di rinnovo e nemmeno alcun avviso di scadenza.

Allora rileggo la mail, e scopro che per rinnovare la casella PEC bisogna andare su un altro sito, loggarsi con un altro account con diverso username e password, ed effettuare la procedura. Digito l’indirizzo, e il browser resta appeso, dando infine errore; solo dopo un paio di tentativi capisco che il sito è solo HTTPS e non c’è la banale redirezione automatica dall’HTTP, ma bisogna inserire “https” a mano.

Mi viene allora fuori una pagina in Times New Roman, priva di CSS, nella quale (dopo aver recuperato da vecchie mail i dati) effettuo il login e avvio il rinnovo, ma senza che mi venga detto quanto costa. Mi viene presentato un form (altro che 1999, siamo a metà anni ’90) nel quale ci sono tutti i miei dati e, con un elegante dropdown, posso scegliere la durata del rinnovo. Soltanto nell’ultima schermata di conferma compare la cifra, peraltro inserita in mezzo al form tra tutti gli altri dati, e per sapere quanto costano le varie opzioni disponibili devo tornare indietro e reinviare la form scegliendo ogni volta una durata diversa…

Alla fine rinnovo, pago (su un altro sito ancora) con carta di credito, non mi arriva nemmeno una mail di conferma ma penso sia andato tutto a buon fine. Però mi chiedo: ma se i maggiori servizi digitali del Paese sono messi così, dove pensiamo di andare? E dire che di persone in grado di progettare un servizio web almeno decentemente usabile ormai ce ne sono molte, e ne conosco qualcuna che pure già lavora con le Poste, ma allora come è possibile che in questo settore l’approssimazione continui a dilagare?

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domenica 5 Giugno 2011, 14:26

Riassunto

La mia infanzia riassunta in dieci minuti.

[tags]commodore 64, giochi, retrocomputing[/tags]

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giovedì 26 Maggio 2011, 12:38

Quotidiano Piemontese

Ieri sera, alla Fnac di via Roma, abbiamo presentato al pubblico una nuova iniziativa: Quotidiano Piemontese. Si tratta di un giornale locale online dedicato alle notizie da tutto il Piemonte; è attivo in beta da qualche mese, e ora entriamo nella fase di partenza vera e propria.

Il panorama dell’informazione italiana e torinese è quello che sapete; è arretrato dal punto di vista degli strumenti – in molti casi l’informazione online è soltanto un blando copia e incolla di quella cartacea – e manipolato in termini di sostanza. Sono partite alcune iniziative di giornali online generalisti, ma l’informazione locale è ancora carente, polverizzata in tanti micro-siti; per questo c’è spazio. L’attuale beta di Quotidiano Piemontese è ancora poco interattiva e può migliorare, ma attendiamo i vostri commenti e i vostri contributi; anche in termini di quelle notizie che i giornali ignorano o censurano.

Tuttavia, QP non sarà un giornale schierato, tanto è vero che nel gruppo dei promotori ci sono persone con esperienze diverse anche in termini politici; sarà semplicemente un giornale onesto. Per me, è anche un modo per non smettere di lavorare e per cercare di non diventare un politico di professione. Non sappiamo dove arriveremo con questa avventura, visto che in Silicon Valley avremmo fuori dalla porta la coda di investitori, ma in Italia non si riesce nemmeno ad avere un mercato decente per la pubblicità online o a farsi riconoscere in tempi decenti da Google News… di innovazione si riempiono la bocca in tanti, ma a farla siamo in pochissimi. Senza rischi e senza innovazione, tuttavia, non si costruisce il futuro.

P.S. Cerchiamo persone con esperienza nella vendita della pubblicità locale, su Internet e/o su radio, giornali e TV locali; se siete interessati contattatemi.

[tags]informazione, giornali, quotidiano piemontese, innovazione[/tags]

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venerdì 11 Febbraio 2011, 19:49

Sic transit gloria mundi

Con questa nobile locuzione latina i più dotti di noi esprimono un concetto che più volgarmente viene comunicato come “ce l’avevate fatto a fette da molto tempo”: un concetto perfetto per commentare la notizia che, dopo circa cinque anni di vita, Activision ha deciso di chiudere la serie Guitar Hero.

Non potete non sapere cos’è: è quel videogioco dove con una chitarra di plastica (in seguito, anche una batteria di plastica e un microfono di plastica) si seguono le note sullo schermo eseguendo canzoni famose. All’inizio era fighissimo: sembrava davvero di essere sul palco di un concerto rock e chiunque passasse di lì ne era catturato, diventando la causa di innumerevoli nottate di gioco. Dopo mesi di dipendenza totale, già la versione estiva raffazzonata al volo sembrava un po’ così. Poi la serie passò dagli sviluppatori originali alla Activision, la Microsoft dei giochi, che rilasciò un numero tre di discreta bruttezza e insomma, già nel 2008 per me era tutto abbastanza finito. Ho comprato ancora qualche numero solo trovandolo in offerta a dieci euro, e solo per via di qualche canzone a cui sono molto legato. Nel frattempo, Activision ha cominciato a mungere la vacca e a rilasciare un nuovo gioco ogni due mesi, aggiungendo mirabolanti funzionalità ovviamente costosissime, e dunque la stanchezza è diventata generale.

Questo è però anche l’esempio di come lo sfruttamento commerciale intensivo possa rovinare una buona idea. Moltissimi giovani si sono avvicinati all’idea di suonare uno strumento con questo gioco, e con un po’ di lungimiranza si poteva aprirne lo sviluppo e permettere la nascita di una comunità che lo mantenesse vivo. Invece, il mercato è stato invaso da giochi mal sviluppati, periferiche rese apposta incompatibili l’una con l’altra e amenità del genere… e dunque ci si è presto schiantati contro il muro.

Le mode sono cicliche, e anche questa doveva finire; ritornerà magari tra qualche anno. Addio, Guitar Hero. E grazie per tutto il pesce!

[tags]videogiochi, playstation, guitar hero, musica, copyright, console[/tags]

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domenica 17 Ottobre 2010, 22:49

Una domenica con Ernesto

Questo, una volta tanto, è un post tecnico dedicato a chi si diletta di amministrazione di sistemi Unix: gli altri probabilmente non ci capiranno un’acca e possono anche non leggere.

Oggi, dopo mesi di attesa, era il gran giorno previsto per l’aggiornamento di Ernesto, il mio server di casa. Ernesto è un tipo simpatico ma tosto come il tizio a cui è intitolato, uno dei più famosi forumisti del popolo granata, che in realtà si chiama Fabio ma trae il suo nickname da quell’Ernesto là, a cui dunque il server è intitolato a due gradi di distanza. Ernesto ha tre anni e mezzo di vita, avendo sostituito nel febbraio 2007 il precedente Lazzaro, che aveva svolto il compito, in varie versioni, sin dal 2001. Ernesto è nato con 320 gigabyte di disco, che all’epoca erano una buona misura, ma che ormai da mesi sono pieni, costringendomi a inenarrabili peripezie per spostare file di qua e di là. La soluzione definitiva, dunque, prevedeva la sostituzione dei vecchi dischi di Ernesto con nuovi dischi da un terabyte.

I dischi del server sono due, uguali, configurati in quello che si chiama un RAID mirror: i dati vengono scritti contemporaneamente su entrambi i dischi, in modo che se uno dei due si rompe i file possano ancora essere recuperati dall’altro. Con Linux è possibile realizzare questa configurazione in modo piuttosto semplice, di modo che poi sul computer i due dischi appaiano come un disco solo. Il cambiamento dei dischi avrebbe dovuto essere una operazione abbastanza indolore: il piano era quello di togliere quelli vecchi, mettere quelli nuovi, far partire il computer in modalità di emergenza tramite un CD con una distribuzione Linux “live”, riattaccare uno dei dischi vecchi come disco esterno infilato in un’apposita scatoletta USB, e copiare tutti i file – sia il sistema operativo che i dati – dai vecchi dischi a quelli nuovi, facendo attenzione a preservare proprietà e privilegi (cp -a).

La parte fisica del lavoro è filata via liscia; infilare e sfilare i dischi richiede qualche bestemmia, perchè lo spazio di manovra è ridotto dalla memoria che sporge e dai cavi semirigidi attaccati alla scheda madre, ma si fa senza grandi problemi. Già che aprivo, ho fatto un po’ di pulizia; erano due anni che non aprivo il case, e le ventole erano coperte di parecchia polvere, trasformata in quel tessutino grigio piuttosto fitto che si forma in questi casi; soffiando col phon e grattando i punti più complicati delle griglie e delle ventole con una bacchetta di legno (non con un oggetto metallico e comunque non sull’elettronica, e sempre a spina staccata e dopo essersi messi a terra toccando il metallo di un elettrodomestico…), ne è venuto via parecchio.

Richiuso il case, faccio partire il CD “live” con gli strumenti d’emergenza – un System Rescue CD del 2009, non sono stato nemmeno a masterizzarne uno nuovo – e il sistema parte che è un piacere. Con fdisk partiziono i nuovi dischi in maniera simile a quelli vecchi, lasciando lo spazio in più nella partizione dei dati, e marcando le partizioni di tipo “Linux RAID autodetect” (FD); con mdadm –create inizializzo i volumi virtuali RAID, associando a due a due le partizioni corrispondenti su ciascuno dei due dischi. Poi i volumi virtuali vanno formattati con mkfs; io uso da due lustri il file system Reiser, ma dato che il suo autore è attualmente sotto processo per uxoricidio ho il sospetto che possa non essere più una buona scelta. Decido dunque di provare il nuovo file system Ext4.

Formattati i volumi, uno a uno li monto e comincio a copiare i file dal disco vecchio a quello nuovo… e incontro la prima cosa strana; il volume che doveva essere grande dieci gigabyte è grande venti. Cosa sarà successo? Mi assale un orribile dubbio, ebbene sì: ho sbagliato a digitare il comando e ho creato un volume virtuale di livello 0 (RAID striping) invece che 1 (RAID mirroring). Il RAID 0 è un meccanismo completamente diverso, in cui i due dischi si sommano e non si accoppiano…

Ricomincio: fermo i volumi virtuali, li ricreo giusti, li riformatto, riparto con la copia. A questo punto, il mio volume da 10 gigabyte, che sui vecchi dischi era pieno al 60%, risulta pieno per oltre il 70%… con gli stessi file. Una veloce lista delle directory rivela l’orrido: anche i file più piccoli occupano quattro kilobyte minimo, un blocco. Chiamo anche l’esperto e mi conferma la cosa: nel 2010, il file system Extended ancora non fa quello che Reiser fa da dieci anni, ovvero impaccare i file in modo che un file di 80 byte ne usi 80 e non ne usi 4096. E allora crepa: non voglio perdere il 10% del mio spazio così, e decido di ripartire un’altra volta riformattando i volumi col file system Reiser versione 3, che ha sempre funzionato bene.

Usciamo a fare una passeggiata, spengo, quando torno faccio ripartire tutto e riformatto i volumi virtuali con Reiser. Poi cerco di montare anche le partizioni del disco esterno, per copiare i file, e ricevo uno strano messaggio d’errore: “la partizione è già occupata”. Eppure non risulta montata da alcuna parte. Cerco di capire cosa succede, ma ci vuole un po’; alla fine controllo i volumi RAID, e scopro una cosa incredibile.

Per semplificare la vita a chi usa il RAID, Linux dispone di una capacità di “autoindividuazione” dei volumi virtuali: all’avvio, legge delle informazioni dai dischi stessi e li accoppia automaticamente. Ora, non chiedetemi cosa sia andato storto, ma, facendo partire il computer con il disco vecchio già acceso e collegato esternamente via USB, il sistema ha creato i volumi virtuali non accoppiando le partizioni dei due dischi nuovi, ma accoppiando le partizioni di uno dei nuovi dischi con quelle di quello vecchio! E non è finita qui, perché quando ho riformattato con Reiser i volumi virtuali, in realtà Linux ha formattato le partizioni del disco vecchio, cancellando irrimediabilmente tutti i miei 320 gigabyte di dati…

Comunque, niente panico: anche il computer vecchio usava il RAID mirroring, per cui, per fortuna, avevo ancora lì sulla scrivania l’altro disco vecchio con tutti i dati sopra. Ho dovuto staccare tutto, aprire la scatoletta e cambiare il disco vecchio ormai svuotato con l’altro ancora pieno di dati; poi ho fatto ripartire il sistema e riformattato i volumi virtuali ancora una volta – stavolta, per sicurezza, il disco esterno era spento e staccato… Stavolta è andato tutto bene; dopo aver copiato il sistema, ho generato il nuovo file mdadm.conf come descritto qui e reinstallato il boot loader GRUB su ciascuno dei due nuovi dischi come descritto qui.

Poi ho tolto dal lettore il CD del System Rescue, ho provato l’avvio e… tutto ok! Ernesto è rinato con la massima tranquillità. Mancava solo la copia della partizione contenente i dati; ho dovuto aspettare quasi due ore che (visto il pasticcio precedente) i due dischi nuovi finissero di sincronizzare il mirror, e poi ho dato il via alla copia. Al ritmo a cui sta andando, ci vorranno circa trenta ore per copiare i trecento gigabyte di dati dal disco esterno ai nuovi dischi interni. Tanto, ora è grande e può andare avanti da solo.

[tags]server, linux, raid, installazione, hard disk[/tags]

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mercoledì 25 Agosto 2010, 23:40

Un giro sul Web 0.1

Stamattina, in contemporanea, ho avuto l’ok alla copertura delle spese per la partecipazione a due prossime conferenze riguardanti il futuro di Internet: l’Internet Governance Forum 2010 a Vilnius a metà settembre, e l’INET 2010 a Londra a fine settembre.

E così, dalla montagna, ho dovuto mettermi a prenotare – urgentemente, visto che manca pochissimo tempo e le tariffe sono già alle stelle – quattro voli e due alberghi. In particolare, il viaggio di Vilnius era un po’ complicato da organizzare, dato che la conferenza attira centinaia di persone in una città non particolarmente al centro del mondo, e dunque moltissimi voli in quei giorni sono già pieni; ho dovuto vagliare parecchie opzioni, da Torino e da Milano, partendo un giorno prima o uno dopo, ritornando prima o dopo il weekend, e così via.

Bene, ormai sono piuttosto abituato a questo genere di cose (ogni tanto penso che dovrei fare l’agente di viaggi…), ma non mi era mai capitato di doverlo fare con una connessione lentissima, via cellulare. Ormai tutti i siti di viaggi sono super-interattivi, basati su AJAX, riaggiornati in tempo reale, pieni di opzioni; in pratica, con una connessione lenta e ballerina sono inutilizzabili. Sidestep manco si apre; le cinque o sei finestre in cui Tripadvisor verifica le offerte di prezzo sugli alberghi non si caricano; persino il sito Lufthansa ti lascia lì appeso all’infinito.

Alla fine, dopo aver inutilmente perso mezza giornata, ho fatto così: ho preso la macchina e sono andato fino in paese a Brusson, alla locale biblioteca, dove è possibile usare gratuitamente un PC con Internet per mezz’ora. In quei trenta minuti ho fatto tutte le mie valutazioni e le successive prenotazioni, senza problemi; ma mi son chiesto se tutti questi guru dell’usabilità, portabilità, multicanalità, Internet ubiqua e duepuntozero abbiano mai provato a usare i loro siti con una strumentazione diversa dal loro Macbook ultimo modello collegato ad una ADSL da venti megabit al secondo.

[tags]web, internet, usabilità, connessione, mobile, turismo, prenotazioni[/tags]

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mercoledì 19 Maggio 2010, 08:11

Blu Apple

Scrivo qui un avviso utile agli utenti MacBook Pro: mi capita ogni tanto, riaprendo il portatile dopo averlo lasciato in freeze, che lo schermo abbia una strana tinta bluastra, come se le finestre e le icone fossero state lavate in acqua troppo calda. E’ chiaramente una questione di “profilo colore” dello schermo, con regolazioni del contrasto e della luminosità modificate in modo assurdo, ma non sapevo come risolverla.

Oggi mi sono stancato e dopo un po’ di ricerca ho trovato questo post che spiega la soluzione: è effettivamente un bug del sistema video (documentato dal 2006 e che la Apple non ha ancora risolto…) e si può risolvere, quando si presenta, semplicemente resettando il display premendo Ctrl + Shift + Eject (il pulsante di espulsione CD in alto a destra). In alternativa si può eseguire il seguente comando da terminale, tutto su una riga senza spazi:

/System/Library/Frameworks/ApplicationServices.framework/Versions/A/Frameworks/CoreGraphics.framework/Versions/A/Resources/DMProxy

In attesa che la Apple si svegli e sistemi il problema (saranno troppo occupati a impedire l’uso di Flash sugli iPhone, peraltro non una cattiva idea visto che Flash è la principale fonte di rallentamenti, piantamenti e pubblicità invasiva durante la navigazione), spero che la dritta possa essere utile a qualcun altro…

[tags]apple, macbook, schermo, bug, flash, iphone[/tags]

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