Sky
Vittorio vb Bertola
Affacciato sul Web dal 1995

Mar 19 - 7:17
Ciao, essere umano non identificato!
Italiano English Piemonteis
home
home
home
chi sono
chi sono
guida al sito
guida al sito
novità nel sito
novità nel sito
licenza
licenza
contattami
contattami
blog
near a tree [it]
near a tree [it]
vecchi blog
vecchi blog
personale
documenti
documenti
foto
foto
video
video
musica
musica
attività
net governance
net governance
cons. comunale
cons. comunale
software
software
aiuto
howto
howto
guida a internet
guida a internet
usenet e faq
usenet e faq
il resto
il piemontese
il piemontese
conan
conan
mononoke hime
mononoke hime
software antico
software antico
lavoro
consulenze
consulenze
conferenze
conferenze
job placement
job placement
business angel
business angel
siti e software
siti e software
admin
login
login
your vb
your vb
registrazione
registrazione

Archivio per il mese di Aprile 2020


lunedì 27 Aprile 2020, 21:21

La cena dei cretini, con mascherina

Una ennesima prova del fatto che siamo governati da una banda di inetti è la vicenda delle mascherine, che vale davvero la pena di riassumere per bene.

Intanto, all’inizio hanno detto che le mascherine erano inutili, non servivano a niente, e voi stupidi cittadini smettetela con la psicosi da mascherine, per poi dopo due mesi ammettere che erano utili e anzi devono metterle tutti, però non lo potevano dire, e ancora non le rendono obbligatorie (a differenza di mezzo mondo fuori dall’Italia dove sono già obbligatorie e facilmente disponibili), perché non sanno come assicurarle a tutti.

Le mascherine non ci sono perché due mesi fa hanno fatto la prima genialata: hanno imposto per legge che le Dogane potessero sequestrare tutte le mascherine in corso di importazione e darle alla Protezione Civile, in cambio di un indennizzo minimo che sarà pagato forse tra mesi.

Il risultato è che tutte le ditte italiane specializzate nel settore, che stavano per immetterne milioni sul mercato, hanno bloccato gli ordini: che senso ha pagare un fornitore cinese e pure il trasporto se poi, appena le mascherine arrivano in Italia, lo Stato se le prende gratis? Sarebbe solo buttar via i propri soldi.

Nel frattempo, la Protezione Civile, che avrebbe dovuto mettere in piedi l’importazione per tutti, era in difficoltà: hanno provato a scrivere su Google “acquisto mascherine”, non è uscito niente, allora hanno scritto “buy mascherins”, ma dopo vari tentativi sono arrivati solo su siti in cinese, e nessuno ci capiva niente.

Risultato, dopo un lungo periodo di blocco in cui la gente moriva, hanno permesso a chi sapeva farlo di ricominciare a importarle, passando al meccanismo degli appalti pubblici urgenti. Questo ha permesso almeno alle farmacie e agli ospedali di riuscire pian piano a procurarsele, anche se a prezzi elevati.

Intanto, gli appalti pubblici sono “casualmente” finiti in buona parte a scatole vuote dai proprietari misteriosi, che nell’oggetto sociale avevano tutt’altro, ma magicamente si son viste arrivare soldi pubblici per decine di milioni di euro, per poi dire “eh purtroppo le mascherine non arrivano, sono bloccate in Cina, ci spiace” – e nel frattempo tenersi i soldi.

Tra questi “imprenditori” c’è l’ex presidente della Camera Irene Pivetti, che ha preso un appalto per 30 milioni di euro, ma non contenta però, invece di consegnare le mascherine alla Protezione Civile, ne ha fatte finire diverse nelle farmacie liguri a prezzi da strozzinaggio; ed erano pure prive della certificazione.

Dopo due mesi, mentre gli italiani si sono arrangiati come potevano, arriva la nuova genialata: diciamo che tutti sono obbligati a mettere le mascherine, ma per evitare le proteste, fissiamo noi il prezzo per legge: 90 centesimi, anzi no, 50 centesimi, perché siamo il governo del popolo! Risultato: stamattina le mascherine sono immediatamente sparite dai negozi, perché chi le ha pagate al fornitore due euro l’una come può venderle a cinquanta centesimi?

Al che oggi il governo ha precisato: no, scusate, pagheremo noi la differenza ai negozianti. Ma naturalmente a babbo morto! Non credo che vedremo riapparire le mascherine tanto presto, se non sottobanco; sono talmente inetti che son riusciti a riportare in Italia il mercato nero, una roba che non si vedeva dalla seconda guerra mondiale.

Ma in tutto questo tempo non hanno fatto l’unica cosa che andava fatta, cioé – due mesi fa, non adesso – convocare le associazioni di categoria e dire a tutte le industrie del tessile che chi poteva si riconvertisse a fare mascherine, e che lo Stato avrebbe pagato i costi di riconversione e garantito volumi di acquisto adeguati. Questo avrebbe reso l’Italia autonoma e avrebbe permesso di mettere sul mercato mascherine a prezzo naturalmente basso, creando anche posti di lavoro in Italia. Ma no, quello era comunismo!

Non si possono indirizzare le imprese, salvo poi trovarsi dopo due mesi con l’epidemia che non passa anche per mancanza dei dispositivi di protezione individuale, e tentare di fare una manovra che è molto più “comunista” di quella, ma che fallisce subito.

Che banda di incapaci…

divider
domenica 26 Aprile 2020, 10:16

Covid-19 e PM10, è ufficiale: i giornali italiani sparano titoli a caso

Ho letto con interesse le notizie per cui “è ufficiale, il PM10 trasmette il coronavirus”, come da ineffabile titolo dell’Agenzia AGI (ma tutti i giornali sono della stessa forza), che cita un “annuncio” della Società Italiana di Medicina Ambientale che direbbe che “il coronavirus è stato ritrovato sul particolato”.

Ma essendo abituato a verificare le notizie, sono andato sul sito della società stessa per leggere nel dettaglio. Bene, l’annuncio non c’è: in home page c’è il link a un corso per pubblici amministratori (“patrocinato dalle Regioni ospitanti”, chissà se sganciando soldi pubblici), in cui si spiega cos’è il PM10 ma di covid-19 non si parla; e la sezione “Pubblicazioni COVID-19”, che nel menu è proprio a fianco della pagina per le donazioni, la vedete qui sotto nello screenshot.

C’è, è vero, un “position paper” di un mese fa. Come dice il nome, non è uno studio scientifico soggetto a verifica e revisione di altri scienziati, ma rappresenta semplicemente l’opinione dell’associazione. In pratica, l’opinione è che esista un legame tra PM10 e coronavirus perché hanno ritrovato una correlazione statistica tra le aree con più morti e le aree con più inquinamento.

Ma chiunque mastichi un po’ di pensiero razionale ormai sa che una correlazione statistica non prova affatto una relazione di causalità, come si vede anche dalle mappe che imperversano su Facebook e “dimostrano” la correlazione tra coronavirus e antenne cellulari, o tra coronavirus e supermercati, o tra coronavirus e piccole-medie imprese (“il virus è stato inventato per far chiudere i negozi della gente e arricchire i ricchi!”).

Il livello di prova scientifica è quello; il resto del paper è dedicato a dire che siccome in Cina hanno trovato dei batteri nel PM10, o l’inquinamento peggiora il morbillo, allora il PM10 deve per forza anche spargere il covid-19 – ma senza nessuna prova sperimentale o clinica.

Insomma, lo studio che proverebbe il ritrovamento dell’RNA del virus sul PM10, possibilmente con peer review di scienziati terzi qualificati, io non l’ho trovato. L’unica cosa che è apparsa su una rivista scientifica (il BMJ) è una versione riassuntiva in inglese del position paper, pubblicata non come articolo ma come commento a un altro articolo, e solo con un bel punto interrogativo al fondo dell’affermazione: “Is there a Plausible Role for Particulate Matter in the spreading of COVID-19 in Northern Italy?” (chissà).

Probabilmente l’articolo scientifico vero e proprio, quello con la scoperta del fatto che il virus infetta le persone viaggiando sul PM10, è ancora in corso di pubblicazione, ma fin che non esce e non lo si può leggere, non si capisce da cosa siano giustificati i titoli dei giornali, e a maggior ragione cosa sia “ufficiale” (un bel niente).

Dopodiché, è del tutto possibile che l’inquinamento dell’aria – che di sicuro non fa bene e va combattuto – giochi un ruolo anche in questa epidemia, anche solo come fattore di rischio che peggiora statisticamente l’esito della malattia. Solo, prima di sparare notizie terroristiche e spaventare la gente facendo credere che si possa morire semplicemente respirando il PM10, sarebbe bene avere qualche prova in più.

Del resto, se anche ci fossero davvero tracce di coronavirus sul PM10 (cosa non sorprendente, visto che le hanno trovate anche nelle fogne e più o meno ovunque), mi pare molto probabile che siano tracce deboli e non infettive; altrimenti, semplicemente, nella Pianura Padana ce lo saremmo già preso tutti.

divider
mercoledì 22 Aprile 2020, 09:41

Gomme invernali e democrazia

Un altro bell’esempio dell’approssimazione con cui è gestito il lockdown, in contrasto a principi di base della democrazia, è quello delle gomme invernali.

Sì, perché il 15 aprile è scaduto il periodo, e l’obbligo di rimettere le gomme estive entro il 15 maggio non è stato né abolito né rinviato. Oddio, obbligo: in realtà pare sia un obbligo solo per certe categorie di gomme invernali e non tutte, per le altre è solo un consiglio. Anche se alcuni però sostengono che girare con le gomme invernali d’estate sia insicuro comunque, e quindi passibile di multa in ogni caso: non si sa, dipende dal poliziotto che ti ferma.

Certamente, girare con le gomme invernali d’estate non è il massimo né dell’efficienza energetica né della sicurezza; del resto, fino all’estate scorsa ci facevano una testa tanta che era assolutamente necessario fare tutti il cambio tempestivamente, nonostante il costo. Oggi, improvvisamente non è più un problema, o forse sì, boh.

I gommisti, peraltro, sono aperti, ma solo per i veicoli usati per uno stato di necessità previsto dall’autocertificazione: in quel caso, si è anche autorizzati ad andare dal gommista a cambiare le gomme. Quindi, le ambulanze o le macchine della polizia possono andare. Ok, ma se io devo usare tutti i giorni la macchina per andare a lavorare? Anche quella è una necessità, direi. Va bene, ma se la uso per fare la spesa? Comunque la uso, se l’auto non è sicura è un pericolo anche per pochi chilometri. Ma se vado dal gommista dicendo che la uso per quello, e mi fermano, probabilmente mi fanno la multa per uscita non necessaria. Ma qual è un’uscita sufficientemente necessaria da giustificare il cambio gomme? Boh.

Riassumendo: l’obbligo di cambiare le gomme è in vigore senza cambiamenti, anche se non si sa quanto sia un obbligo. I gommisti sono aperti, ma se ci vai potrebbero multarti, a discrezione di quanto è rigido il poliziotto del momento. Quindi converrebbe fregarsene, salvo che rischi dopo il 15 maggio di prenderti una multa non appena tocchi la macchina, sempre a discrezione del poliziotto.

Quando si parla di lockdown all’italiana incompatibile con la democrazia, secondo me non è tanto per le limitazioni, ma per come ci rende totalmente sottomessi all’arbitrio del potere, che può punirti a piacimento sfruttando la vaghezza e l’incoerenza delle regole che lui stesso ha scritto: tutto l’opposto della “rule of law” che vincola anche il re, cosa che sin dal medioevo è la base della democrazia.

divider
domenica 19 Aprile 2020, 11:51

Un nuovo patto per un lockdown più intelligente

Una delle capacità fondamentali di un buon governante è capire quando i sacrifici che chiede ai cittadini sono sostenibili e quando non lo sono.

Quasi due mesi fa, lo Stato ha fatto un patto con gli italiani: i cittadini dovevano stare a casa per qualche settimana, mentre il governo avrebbe contenuto e ridotto l’epidemia per riportare la situazione quasi alla normalità. I cittadini hanno sostanzialmente rispettato la loro parte del patto; lo Stato no, per suoi errori e disorganizzazione. Magari era impossibile fare di meglio (mah), ed è chiaro che riaprire troppe attività, ora o a breve, sarebbe irresponsabile, ma il rischio adesso è quello di una generale perdita di fiducia nello Stato e di una rivolta silenziosa, già visibile nel percepibile aumento della gente per strada, con successiva nuova epidemia e caos.

Per questo è necessario rivedere le restrizioni in maniera intelligente, mantenendo i divieti che servono ma evitando i divieti stupidi, quelli che frustrano inutilmente la gente senza contribuire significativamente a contenere l’epidemia. Basterebbe passare a principi semplici, ma ben definiti:

1. Qualsiasi attività che non provochi un contatto diretto con persone che non siano un convivente o un familiare (nel seguito “terzi”) è permessa.

2. Le attività che richiedono un contatto diretto con terzi sono permesse se ricadono tra questi casi:

  • attività lavorative che non possono essere svolte in telelavoro;
  • esami, interventi e visite mediche prescritti da un medico o da altre autorità sanitarie;
  • acquisti e ritiri di beni o servizi presso qualsiasi negozio o attività aperta al pubblico;
  • accesso a uffici pubblici e privati per pratiche che non possono essere svolte a distanza né rinviate senza creare danno a nessuno;
  • spostamenti e attività necessarie ad evitare un grave rischio per la salute o la sicurezza di qualcuno;
  • altri casi di necessità preventivamente autorizzati dalla Polizia Municipale del Comune in cui ci si trova.

Quanto sopra è permesso indipendentemente dalle distanze da percorrere, ma solo se le attività per cui si lavora o presso cui ci si reca sono legittimamente autorizzate a restare aperte. Tali attività devono comunque adottare accorgimenti per ridurre il più possibile i contatti diretti.

3. Al di fuori delle attività permesse, ognuno è tenuto a rimanere all’interno del proprio domicilio.

4. E’ permesso scegliere il proprio domicilio presso qualsiasi abitazione in cui si evitino contatti diretti con terzi. Se si dispone di più di un domicilio adatto, è permesso spostarsi tra essi secondo le condizioni del punto 5.

5. Gli spostamenti a piedi o su un veicolo, se da soli o insieme soltanto a conviventi o familiari, sono permessi se funzionali allo svolgimento di una attività permessa e solo evitando contatti diretti con terzi. Gli altri spostamenti sono permessi solo se funzionali alle attività permesse di cui al punto 2 e solo indossando i dispositivi di protezione individuale. Limiti geografici agli spostamenti possono essere imposti separatamente se vi è la necessità di contenere il contagio all’interno di determinate aree.

6. Un contatto diretto è definito come uno tra i casi seguenti:

  • parlare con un’altra persona a meno di due metri di distanza;
  • restare a meno di due metri di distanza da una o più persone per più di due minuti;
  • stare in uno stesso spazio chiuso con una o più persone per più di quindici minuti, se la superficie dello spazio chiuso è inferiore a 40 mq per persona.

7. Chiunque, durante lo svolgimento delle attività permesse, è tenuto a comportarsi in modo da ridurre numero e durata dei contatti diretti con terzi e, durante di essi, a usare i dispositivi di protezione individuale.

Quanto sopra (di cui naturalmente si possono discutere i dettagli) garantirebbe già una maggiore libertà, ma sarebbe una libertà limitata a situazioni che non creano rischio significativo, dando in modo intelligente una valvola di sfogo alla popolazione; ed eviterebbe multe totalmente prive di senso, come quella alla famiglia di Grosseto che portava la bimba a un controllo post trapianto, o alla famiglia scesa in tre a buttare l’immondizia (che rischio crea?), e anche soprusi da dittatura orwelliana, come la gente che, a seconda di come gira al poliziotto, viene multata perché c’era troppo vino nella spesa, o perché poteva andare in un’altra farmacia più lontana ma dentro il Comune, o perché ha usato un autolavaggio che pure era autorizzato ad aprire.

Sarebbe una buona base per proseguire un lockdown che pure è pesante per tutti, ma che altrimenti diventerà sempre più insopportabile di fronte al mix di fallimento sanitario e repressione inutile, con tanto di elicotteri mandati a pattugliare i parchi e le spiagge mentre la gente aspetta per settimane un tampone.

divider
domenica 12 Aprile 2020, 12:17

Taglio pasquale

È primavera, fa caldo, l’ultima volta che sono andato dal barbiere era metà febbraio, e i capelli cominciano a dare fastidio – anche perché i miei non crescono in lunghezza, ma in altezza e in volume. Speravo di poter rivedere presto Anna, la mia parrucchiera cubana che ha ereditato clienti e negozio dal povero Dante, lo storico barbiere di corso Francia mancato qualche anno fa dopo una lunga malattia. Ma venerdì sera, all’ennesimo annuncio di nessuna riapertura in vista per settimane, ho deciso che dovevo fare da solo.

Ho passato la serata a documentarmi sulle macchinette tagliacapelli, e poi a preoccuparmi: a quanto pare non sono l’unico con questo problema, per cui su Amazon tutti i modelli più gettonati sono esauriti e disponibili solo tra un paio di settimane, mentre gli altri prevedono la consegna dopo il 22 aprile. Su molti negozi online i tagliacapelli sono difficili da trovare, ma alla fine mi ha salvato Unieuro: aveva ancora disponibile un Philips che sembrava adatto, per 46 euro consegna compresa. Il problema è che non erano specificati tempi di consegna; molti e-commerce ormai hanno un grosso avviso che dice “non possiamo garantire tempi, ci saranno ritardi”.

Tuttavia, provando a fare l’acquisto, ho scoperto che chiedendo la consegna in negozio – quello di Porta Nuova è aperto, anche a questo scopo – era garantita la disponibilità entro 5 giorni lavorativi. Bene, penso, arriverà alla fine della prossima settimana, comunque prima di Amazon, e posso andarlo a ritirare alla prossima uscita per la spesa.

E invece mi hanno sorpreso: ieri mattina, a meno di 12 ore dall’ordine, è arrivato l’avviso che il prodotto era già disponibile e potevo ritirarlo. E così, spinto dal fastidio di una nuca troppo spessa, ho fatto una ulteriore puntata fuori, fino a una Porta Nuova post-apocalittica e completamente deserta, e ho recuperato il mio tagliacapelli.

Restava l’impresa di usarlo. Pensavo che sarebbe stato un disastro, e invece tra me e Elena, nonostante la nostra inesperienza, è venuta fuori una cosa più che accettabile. Certo, in pratica l’unico taglio che siamo stati in grado di fare è una rasatura uniforme a due centimetri con effetto coperta pelosa, ma è venuta fuori sorprendentemente a posto. Non vedo comunque l’ora che riaprano i barbieri, ma almeno per un po’ sono a posto.

divider
sabato 4 Aprile 2020, 10:24

Una rapida analisi dei dati (3)

Vedo in molti di voi i primi segni di cedimento. Anzi, vedo molti che non ci hanno nemmeno provato, che cercano ogni scusa per uscire tutti i giorni a fare la corsetta, il giro col bambino, la spesa di tre euro al supermercato. Vedo anche quelli che postano le analisi costituzionali, “la mia libertà ingiustamente limitata”. Vedo quelli che si ritengono vittima di un complotto, che dicono che in realtà non muore poi tanta gente, che si poteva andare avanti normalmente. Vedo quelli che, comprensibilmente, dicono che va bene ancora un po’ ma poi basta, che entro maggio comunque si deve riaprire.

Allora, stamattina ho pensato di rispiegare per bene ancora una cosa, senza entrare troppo nella matematica (ben spiegata nel post da cui è tratta la figura sotto). Una epidemia si diffonde secondo un suo valore caratteristico chiamato R0, che dipende dalla sua contagiosità e da quanto le persone si incontrano tra loro. Se R0 > 1 ogni persona ne infetta più di un’altra e il numero dei malati aumenta, se R0 < 1 il numero dei malati diminuisce; col tempo, quando compare un grande numero di immuni (e siamo ancora molto lontani da esso, persino se ipotizziamo di avere moltissimi malati asintomatici) il fattore R effettivo diminuisce naturalmente perché non ci sono più persone da infettare. Con un tasso normale di contatti sociali, il covid-19 ha un R0 almeno pari a 2, e cresce velocemente.

Per questo, nel momento in cui “si riapre”, se in giro ci sono ancora dei casi, l’epidemia riparte esattamente come all’inizio, come se non ci fossimo mai fermati, vanificando tutti i sacrifici che abbiamo fatto. Basta guardare la figura qui sotto.

Questo vuol dire che si può “riaprire” solo nei seguenti casi:
1) è stato trovato un vaccino e quasi tutti sono stati vaccinati;
2) il numero di casi in Italia è sceso a zero, e siamo in grado di controllare anche le infezioni di ritorno, chiudendo per bene le frontiere;
3) il numero di casi è diventato basso, e la riapertura è molto parziale, facendo in modo che i contatti siano molto meno del normale e quindi mantenendo R0 inferiore o al massimo quasi uguale a 1, e preparandosi a tornare subito al blocco se si scopre che R0 è risalito sopra 1.

Inizialmente, confido che speravo nel caso 2: ci chiudiamo in casa, portiamo R0 molto sotto 1, ammazziamo l’epidemia in un paio di mesi, eradichiamo il virus e riapriamo tutto, come hanno fatto (dicono) in Cina. Ma poi siete arrivati voi: quelli che non ci provano nemmeno, quelli che cercano ogni scusa per uscire “tanto non incrocio nessuno, che male faccio?”. Ma ogni uscita ha comunque una probabilità di un incrocio e di un contagio; magari è molto bassa, ma se milioni di persone escono, una probabilità molto bassa moltiplicata per milioni di persone fa migliaia di contagi. E non è una buona giustificazione il fatto che siano permesse uscite anche più pericolose, come quelle per chi lavora nei servizi essenziali: quelle non si possono eliminare senza far morire tutti di fame, la vostra passeggiata invece sì.

Il risultato di tutto questo è che secondo un recentissimo paper dell’Imperial College il blocco italiano non è riuscito nemmeno a far scendere R0 chiaramente sotto 1; secondo loro, siamo probabilmente attorno a 1,1-1,2. Il che vuol dire che l’andamento oscillante dei dati di questi giorni potrebbe non preludere a un progressivo calo delle infezioni, ma restare così all’infinito, potenzialmente per anni, fin che non ci siamo infettati tutti. Oppure potrebbe trasformarsi in un calo, ma lentissimo, portando a “zero o quasi” e alla parziale riapertura solo in autunno – e nel frattempo passando tutta la primavera e tutta l’estate chiusi in casa con molta gente in bancarotta. Possiamo sperare che l’ulteriore stretta di due settimane fa dia nei prossimi giorni una spinta più chiara verso il basso, ma non è detto che faccia più di tanto.

Questo perché? Perché i cinesi non sono pieni di gente che reclama il suo diritto costituzionale alla corsetta e al giro al mercato, noi sì.

(Faccio notare che su questa questione la prestazione del sistema sanitario è irrilevante, il sistema sanitario cura meglio o peggio chi si è infettato e determina il numero dei morti, ma non influenza il numero dei contagi: quello è solo determinato dal comportamento sociale e al massimo dalle protezioni, tipo le mascherine che ufficialmente non servono ma che comunque un governo decente dopo un mese e mezzo avrebbe procurato a tutti – ma questa è un’altra storia.)

Quello che voglio dunque sottolineare è che i segni di cedimento di cui parlavo all’inizio allontanano la riapertura, e non il contrario. Ogni uscita fatta oggi, specialmente quelle fatte senza criterio e senza protezioni, vuol dire settimane di uscite in meno più avanti, vuol dire maggiori danni economici e più gente senza lavoro. Uscendo, non rischiate soltanto voi, ma danneggiate tutti, compresi quelli che sono diligentemente in casa da oltre un mese. Non c’è nessun diritto costituzionale, nessuno sfinimento da bambini in casa che possa alterare questa realtà. Pensateci.

divider
 
Creative Commons License
Questo sito è (C) 1995-2024 di Vittorio Bertola - Informativa privacy e cookie
Alcuni diritti riservati secondo la licenza Creative Commons Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo
Attribution Noncommercial Sharealike