Una discussione seria e approfondita sulle bufale che sempre più spesso popolano la comunicazione di massa è urgente e importante, ma sfortunatamente non è quella che si è sviluppata in questi giorni tra Grillo e il garante antitrust, che è solo l’ennesima battaglia di propaganda, quindi una bufala anch’essa.
La nostra società del consumo si basa da sempre sul marketing, che è l’arte di dire mezze bugie senza mai arrivare a una bugia intera, anche se poi spesso la bugia intera si dice lo stesso. La “post-verità ” nell’informazione ne è solo la naturale evoluzione, e peraltro, già molto tempo fa, da Goebbels a Orwell, in molti ci hanno avuto a che fare.
Comunque, ho passato gli ultimi vent’anni a usare la rete per fare controinformazione rispetto alle manipolazioni dei giornali, per cui non dovete spiegare a me che siamo in fondo alle classifiche della libertà di stampa. Tuttavia, il fenomeno visto sulla rete italiana in questo ultimo paio d’anni è qualcosa di nuovo, incomparabile rispetto alle “linee editoriali” e agli articoli scandalistici della carta stampata (compresa persino la colonnina destra di Repubblica). E’ nuovo per sfacciataggine, è nuovo per sistematicità , è nuovo per diffusione, è nuovo per la completa anonimità dei suoi responsabili.
Io non ho mai visto alcun giornale pubblicare una bufala tipo quella che ho segnalato qualche giorno fa, quella della foto di un ponte crollato a Piacenza anni fa spacciata per un ponte della Salerno-Reggio Calabria crollato subito dopo l’inaugurazione di Renzi. Non si possono paragonare le interviste sdraiate dei telegiornali a una cosa del genere.
E dato che la moneta cattiva scaccia quella buona, se queste pratiche vengono ammesse come legittima forma di comunicazione, allora anche i giornali e la televisione, prima di scomparire del tutto per la naturale evoluzione tecnologica, ci si adegueranno completamente; e vivremo davvero dentro il libro di Orwell.
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Si potrebbe commentare a lungo parlando della crisi da troppo successo dell’economia capitalista, della fine del lavoro salariato e di altri fenomeni storici che stanno inesorabilmente portando al collasso il modello socialdemocratico alla base delle società europee.
Oppure si potrebbe commentare, come ho letto poco fa su una bacheca di Facebook, “E tutti d accordo PD sindacati massoni e falsi profeti!!La gente umile e onesta calpestata e sfruttata.Il popolo ha capito è sta capendo!!!”.
Capire davvero il nostro tempo è, temo, fuori dalla portata dell’italiano medio; e quindi, chiunque sia a sfruttare la situazione per arrivare al potere, rischiamo davvero un ventennio di chavismo al pomodoro, grida ai complotti plutomassonici e ghigliottine di Stato.
Pubblicato nella categoria Itaaaalia, Piangioccioni|Commenti disabilitati su Chavez al pomodoro
Credo di poter parlare con una certa cognizione di causa della questione del divieto di botti a Capodanno, visto che in cinque anni da consigliere sono stato l’unico a intervenire puntualmente prima della fine dell’anno per sollecitare il rispetto del divieto, e dopo il capodanno per chiedere conto della sua applicazione. I botti di fine anno, infatti, sono un disturbo inutile non solo per gli animali ma anche per le persone che per qualsiasi motivo (malati, anziani…) non possono festeggiare e hanno bisogno di tranquillità , oltre che essere un pericolo per le persone (non solo quelle che li accendono).
In passato, sindaci di ogni colore (Fassino compreso) si sono appellati a questa possibilità per introdurre il divieto di botti sotto Capodanno, in una ordinanza o in un regolamento comunale, anche se quasi mai poi il divieto è stato fatto seriamente rispettare, viste le oggettive difficoltà ; diciamo che si tratta più di una campagna di opinione (e, per i politici, del tentativo di accaparrarsi i numerosi voti degli animalisti).
Quest’anno, tuttavia, c’è stata una novità : una circolare del Ministero dell’Interno di tre settimane fa dice che il potere di un divieto in tal senso non sta nelle mani del sindaco, ma in quelle del prefetto, in quanto si tratterebbe di una questione di ordine pubblico legata a un evento unico e imprevedibile, e non di un problema di salute pubblica; se fosse un problema di salute pubblica, i botti sarebbero vietati sempre (dalla legge) e non solo a Capodanno.
La circolare di un ministero non ha valore di legge, ma quel che è successo è che le associazioni di categoria dei venditori di botti hanno impugnato al TAR Lazio l’ordinanza di Roma, chiedendo se l’interpretazione giusta della legge fosse quella dei sindaci o quella del ministero; e il TAR Lazio, che invece ha potere vincolante, ha deciso che potrebbe avere ragione il ministero, e quindi ha sospeso l’ordinanza in attesa di poter discutere dettagliatamente nel merito a fine gennaio.
Non è chiaro se questa pronuncia renda automaticamente invalide anche tutte le ordinanze delle altre città , e comunque per ora è solo una sospensiva; magari a gennaio la pronuncia finale sarà opposta, e comunque c’è da aspettarsi un ricorso al Consiglio di Stato.
Per l’anno prossimo, sperabilmente, la questione legale sarà conclusa e sapremo se i sindaci hanno o no il potere di vietare i botti, e come (essendo in Italia, magari basta riscrivere l’ordinanza in modo diverso). Tuttavia, la soluzione vera è una sola, ovvero quella di cambiare la legge a livello nazionale, inserendo nella legge stessa la prerogativa dei sindaci di vietare i botti in occasione di determinate feste.
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Nella seconda metà del Seicento, il compositore religioso tedesco Joachim Neumann, ribattezzatosi Joachim Neander in onore del greco antico, andava a cercare ispirazione nella forra del fiume Düssel, una stretta gola lussureggiante intagliata tra le rocce.
Nel primo Ottocento la sua produzione fu riscoperta e gli venne intitolato quel tratto di valle.
Nel Novecento i visitatori volevano vedere il luogo della scoperta, ma non esisteva più; fu solo edificato, pochi metri più in là , un simpatico museo didattico, pensato per i bambini ma molto utile anche all’adulto medio, che attualmente ospita anche una mostra sui quarant’anni dei Playmobil.
Solo negli ultimissimi decenni a qualcuno è venuto il dubbio di andare a setacciare i prati che si sono sviluppati a lato del fiume, sul terreno di scarto delle cave, e così ha ritrovato altri pezzi dell’uomo di Neanderthal, rimasti per altri 150 anni in mezzo ai residui.
Questo è il punto dove sono stati trovati; e le ricerche ancora continuano per estrarre il suo bravo corredo neanderthaliano, fatto di punte di selce, lance preistoriche, CD di Gigi d’Alessio e chiavi di Golf GTI nera.
Pubblicato nella categoria Roomenta|Commenti disabilitati su Dalla preistoria fino a oggi
so che domenica sera, alla riunione cittadina, il primo punto all’ordine del giorno sarà la mia espulsione dal Movimento 5 Stelle di Torino. Domenica sarò in Germania e non mi sarà possibile essere presente di persona; per questo motivo ho pensato di scrivere qualcosa.
Nel tempo che mi rimane, continuo a fare il cittadino attivo, e credo di fare un buon servizio alla collettività proseguendo nel “fiato sul collo” a mezzo Internet che era il vanto del M5S delle origini, e che ho sempre fatto di mia iniziativa da ben prima che esistesse il Movimento. Solo, come l’ho fatto con Chiamparino e con Fassino trovo giusto farlo anche con Appendino, e senza sconti. Se il vanto del M5S di ieri è incompatibile con la partecipazione al M5S di oggi, amen: preferisco la fedeltà ai principi che quella ai simboli di partito.
Mi permetto però soltanto di segnalare una cosa. Trovo strano che in una città piena di problemi, dopo alcuni mesi di amministrazione a cinque stelle non certo esaltanti, la preoccupazione più urgente del M5S Torino sia espellere una persona che nei fatti già non partecipa più.
Credo che gli attivisti dovrebbero preoccuparsi di altro. Dovrebbero pretendere dal proprio movimento e dai propri eletti il rispetto del programma elettorale e delle promesse fatte prima del voto, ora tanto velocemente messe da parte. Dovrebbero pretendere coinvolgimento e partecipazione, invece di accettare a scatola chiusa le scelte della giunta. Dovrebbero pretendere il rispetto dei principi base tanto sbandierati dal Movimento 5 Stelle, a partire dal taglio degli stipendi, visto che sindaco, assessori e presidente del consiglio comunale continuano a guadagnare dai seimila euro al mese in su.
Dovrebbero preoccuparsi di poter andare per strada a testa alta, senza trovarsi di fronte a cittadini perplessi o arrabbiati che hanno votato Appendino per ottenere un cambiamento e ora vedono che poco o nulla sta cambiando. Dovrebbero preoccuparsi dei segnali evidenti di assimilazione del M5S alla mediocrità della politica italiana, dei primi arresti nel Movimento nazionale, del continuo cercare scuse, usare il marketing per negare i problemi, cercare traditori e nemici per sviare l’attenzione.
Io capisco che governare non sia facile, e sono anche convinto della buona fede e dell’impegno di molti degli eletti. Sono anche convinto però che il M5S abbia fatto delle scelte e ne debba rispondere a chi lo ha votato, tra cui il sottoscritto.
Per esempio, il M5S ha scelto una brutta strada quando ha messo la fedeltà davanti a tutto il resto, regalandoci momenti come quelli di questo video, con il presidente del consiglio comunale, la massima carica istituzionale della città , che non riesce nemmeno a leggere il numerale romano “II” contenuto nel nome di uno dei principali corsi cittadini.
Fossi in voi, dunque, mi concentrerei sul vero compito della base di qualsiasi forza politica sana, che non è quello di applaudire e di farsi i selfie coi capi, ma quello di controllare e dirigere l’operato di chi rappresenta la base e i cittadini.
Comunque, nessuna decisione di partito potrà cancellare quasi dieci anni di lavoro al servizio della mia città e dell’ideale di un tempo, i tempi meravigliosi delle origini, lo spirito avventuroso ed entusiasta che fu, i dibattiti accesi su idee di democrazia diretta e di riforma sociale che forse erano ingenue e utopistiche, ma che avrebbero davvero potuto cambiare il mondo, se non fosse arrivato prima il potere che tutto vincola e tutto corrompe, insieme a tempi cupi che fanno presagire il peggio.
Spiace, ma spiace soprattutto che il tempo della rivoluzione sia passato, e che ora ne resti soltanto più la caricatura.
Stamattina mi sono messo a pagare le tasse di fine anno. Già che c’ero, ho controllato le mie varie posizioni; faccio così da quando ho scoperto che Equitalia aveva in serbo per me delle cartelle non dovute che io pensavo fossero state sgravate dal mio commercialista anni prima, e che invece secondo loro erano ancora dovute, ma senza avvertirmi; la volta che andai là a pagare 18 euro arretrati che dovevo alla Camera di Commercio, chiesi per curiosità l’estratto e venne fuori che esistevano ancora queste cartelle, che continuavano a maturare more in silenzio; e magicamente poco dopo cominciarono i solleciti.
Bene, secondo voi cosa risulta? Che una buona metà degli arretrati che ho pagato più di un anno fa secondo loro non sono mai stati pagati, e sono ancora lì che maturano more in silenzio, forse in attesa di qualche futura occasione per minacciarmi di sequestrarmi la macchina, pignorarmi la casa o altre robe così.
Ovviamente ho dovuto perdere un’oretta a spese mie per ricostruire tutti i passaggi e verificare che le somme che mi chiedono sono proprio quelle che ho già pagato, e adesso dovrò andare a rompere le scatole per fargliele cancellare del tutto.
Tra l’altro gli manderei un messaggio dal sito, ma dentro l’area riservata, in cui l’identità è validata dall’Agenzia delle Entrate o addirittura da SPID, non c’è alcuna possibilità di aprire un ticket. C’è invece una form di contatto da fuori, ma per autenticarmi devo allegare una scansione della mia carta d’identità , favorendo così ogni genere di possibili furti d’identità a mio danno. Geniale…
Da diverse settimane volevo scrivere il mio parere sul referendum di dopodomani, ma non mi ci sono mai messo.
Il motivo è molto semplice: più ci penso e più ritengo questo referendum, se non del tutto inutile, comunque poco importante; un’arma di distrazione di massa.
Alla fine, infatti, non è la forma del procedimento legislativo il problema dell’Italia; i problemi dell’Italia sono economici e culturali, sono la mancanza di meritocrazia, le competenze decrescenti, la scarsa capacità di innovare, i bassi investimenti nelle persone, uniti a una carenza di posizionamento strategico del Paese sul mercato globale. Questi problemi, urgenti e vitali, non sono minimamente affrontati dal referendum.
Ma anche a chi invece è ancora convinto della centralità della politica e della Costituzione, io vorrei far notare che non sono le norme che fanno la democrazia. Certo, le norme hanno delle conseguenze, ma qualsiasi siano le norme ciò che ne determina l’effetto è la mentalità delle persone che sono chiamate ad applicarle.
L’Italia del futuro sarà più o meno democratica, più o meno costruttiva, più o meno competente, non per come sarà scritto questo o quell’articolo della Costituzione, ma per quanto saranno democratici, costruttivi e competenti i politici che la guideranno, dal governo e dall’opposizione.
In politica sono molto spesso le prassi non scritte, quelle delle cose che non sono illegali ma sono inopportune, a fare la democrazia; sono principi come il rispetto reciproco, il riconoscimento della legittimità degli altri, la capacità di dialogare e di arrivare a un compromesso.
E dato che ho visto continuamente calpestare questi principi da tutti, da Renzi come dal M5S e dai rottami del centrodestra, credo che l’esito di questo referendum potrà al massimo decidere se a sistemarsi al potere saranno ancora i renziani o piuttosto i vari giovani rampanti del M5S; ma, qualunque esso sia, non salverà certo l’Italia dal suo declino e dal suo degrado democratico e culturale.
Per questo, avendo avuto l’opportunità di andare via da Torino proprio in questi giorni, non mi sono stracciato le vesti all’idea di non poter andare a votare; e credo che saranno comunque in parecchi a non farlo, o a farlo di controvoglia, votando il meno peggio.