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Archivio per il mese di Dicembre 2007


lunedì 31 Dicembre 2007, 09:16

L’ha detto lui

Ieri papa Ratzinger – nonostante i giornali riportino una versione leggermente diversa – ha rilasciato urbi et orbi la seguente dichiarazione: “Il pene della persona e della società è strettamente connesso alla buona salute della famiglia.”

Non sto mica scherzando! Se non ci credete, qui c’è il video.

[tags]ratzinger, pene[/tags]

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domenica 30 Dicembre 2007, 18:48

Elettrodomestici online

In questi giorni di relativa tranquillità ho potuto dedicarmi a una faccenda che attendeva da qualche settimana: acquistare gli elettrodomestici mancanti per la mia nuova casa (con trasloco in programma a metà-fine gennaio). Li ho elencati in ordine di priorità e importanza, e quindi mi sto dedicando nell’ordine a:
1) Televisore del tinello;
2) Frigorifero;
3) Lavatrice.

Per quanto riguarda il televisore del tinello, purtroppo ho un limite hardware: la posizione che ha più senso è a muro, su una parete stretta tra la serranda della porta-finestra e la porta del cucinino, dove la larghezza disponibile è di 70 cm. Per questo motivo, pur se a malincuore, ho dovuto accontentarmi di un piccolo 26 pollici.

Bene, la massaia media si sarebbe limitata ad entrare da Fnac o da Mediaworld, guardarne un paio, e prendere quello che accattivava di più. Ma noi siamo ingegneri, non donnicciuole! E’ per questo motivo che doniamo alle nostre attività di massai un tocco di ordinata pianificazione, che ricorda da vicino le nevrosi da collezione di francobolli.

Quindi, dopo un paio di settimane di giri esplorativi, mi sono deciso a passare un paio d’ore con Google per cercare recensioni e giudizi da fonti indipendenti. Dovete infatti sapere che i televisori piatti – a parte la fondamentale distinzione tra LCD e plasma – sono molto diversi in termini di qualità, anche a parità di dimensioni e risoluzione del pannello (in massaiese, “HD Ready” o “Full HD”; meglio il secondo, ma sotto i 37 pollici la differenza è sostanzialmente impercettibile). Molto infatti fa la bontà dell’elettronica di controllo, ossia gli algoritmi di gestione e filtro dell’immagine; mentre quei valori dichiarati che le case sparano a palla – contrasto, angolo di visione eccetera – sono sostanzialmente prodotti degli uffici marketing, cioè totalmente inaffidabili. Trattandosi di un investimento significativo su di un elettrodomestico che appallerà i miei occhi per diversi anni, ci tenevo a comprare un buon prodotto.

Leggendo un po’ di prove in giro, quindi, ho scoperto che la qualità migliore nella fascia medio-bassa è del Sony Bravia KDL26S3000, insidiato dal Samsung LE26R86BD. Mi sono quindi fatto una cultura sui Sony: vi sarete pur chiesti perché cambiando una lettera della sigla il prezzo raddoppia? Beh, la U o la P sono le serie base, poi ci sono la S e la V come serie medie; poi – sugli schermi più grossi – ci sono quelle sempre più avanzate, cioè la D che aggiunge il refresh a 100 Hz, poi la W che è la prima Full HD, e poi la X che è il top di gamma.

Tutto chiaro? No, vero? Difatti la morale è questa: ormai comprare un elettrodomestico capendo se vale il suo prezzo o no è praticamente impossibile, in una giungla di offerte, rinnovi di modelli ogni tre mesi, e marchettari creativi. Tocca affidarsi un po’ alla fiducia nella marca – io sono un fedele di Sony e tutto sommato non mi posso lamentare – e un po’ a qualche sana botta di fortuna.

C’è però una cosa che potete fare: una volta scelto un modello, pagarlo il meno possibile. Il prezzo del mio Sony, durante i giri esplorativi, è risultato il seguente:

  • Mediaworld delle Gru: non disponibile;
  • Saturn di 8Gallery: “offerta speciale” a 749 euro;
  • Carrefour delle Gru: 709 euro;
  • ComputercityHW: 699 euro.

Bene, io non mi sono accontentato: sono andato sul mai abbastanza ringraziato Trovaprezzi – in alternativa c’è il più nuovo Twenga, che vi fa anche i filtri per parametro e un sacco di altre cose carine – e ho inserito la sigla del modello. Ho così scoperto almeno una decina di negozi che offrivano un prezzo migliore; verificando l’effettiva disponibilità, tempi e spese di spedizione (con cui alcuni vi fregano…), alla fine l’ho ordinato da Fotodigit per 637 euro spedizione compresa, cioè 60 euro in meno del prezzo offline più basso, e 110 euro in meno – quasi il 20%! – di quello più alto. Siamo nelle feste, quindi pur avendolo ordinato venerdì pomeriggio arriverà giovedì prossimo, ma non ho fretta.

Ora sto cercando di ritentare il colpo con il frigorifero, dove ho un difficile incrocio tra un limite massimo di profondità di 60-61 cm – e ormai i frigoriferi combinati sono quasi tutti da 65 – e i miei requisiti su colore (argento) e classe energetica (A+), più un desiderata di non avere maniglie sporgenti ma ad incasso. Ho visto un Bosch che mi piace, e anche lì il prezzo online, poco sopra i 500 euro, è di quasi 100 euro inferiore al miglior prezzo offline; anche se son quasi certo che mi stiano rifilando il bianco da 350 euro di tre anni fa, semplicemente ridipinto di argento; ché di questi tempi basta dipingere di argento o ricoprire di acciaio un frigorifero per aumentare il valore percepito di 200 euro.

Certo, c’è sempre il rischio che qualcosa vada storto: ordini un frigorifero da un negozio di Treviso o di Napoli, e se poi arriva e non funziona? Quanto ti costa rimandarlo? Se poi devi litigare? Ciò detto, nel momento in cui uno trova un certo numero di fornitori affidabili e li mette in competizione tra loro per trovare ogni volta il prezzo migliore, è certo di risparmiare.

Sempre sapendo che se poi l’azienda cambia una lettera nella sigla del modello e ti rifila la tecnologia di cinque anni fa dentro un nuovo case alla moda, c’è poco da fare…

P.S. A proposito di frigo: se qualcuno nei commenti prova a pronunciare la parola Smeg, si prende una sberla dietro le orecchie!

[tags]e-commerce, elettrodomestici, sony, bravia, tv, lcd, frigoriferi[/tags]

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sabato 29 Dicembre 2007, 12:43

Ristorante ad Ivrea

Io vado spesso a mangiare fuori, e poi in questo periodo le cene si susseguono; ogni tanto però scopro qualche posto che merita menzione. In questo caso, ieri sera sono andato a cena con un gruppo di ex compagni di università; siamo andati al ristorante Aquila Antica di Ivrea, proprio nel mezzo del Borghetto, a due passi dalla stazione.

Abbiamo preso antipasto, primo, secondo, contorno e (quasi tutti) dolce; tutto molto buono, con menzioni speciali per l’antipasto (caponet con fonduta di toma) e il dolce (semifreddo al torroncino con cioccolato gianduia fuso). Il mio stracotto al Nebbiolo era buono, ma uno di noi ha preso un fritto misto alla piemontese eccezionale, sia per qualità che per qualità. In generale, le porzioni erano da normale a buono, non da scoppiare ma certo non la quantità micragnosa che ti portano in molti locali di tendenza. In più, abbiamo preso in sei una bottiglia di Barolo da trenta euro; e alla fine abbiamo speso 35 euro a testa, con cui ormai a Torino mangi primo e secondo di qualità media.

Penso che quando capito da quelle parti ci tornerò spesso.

[tags]ristoranti, ivrea[/tags]

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venerdì 28 Dicembre 2007, 14:49

Da Torino a Milano

Visto che siamo in periodo natalizio, continuo con i video, e in particolare con questo meraviglioso spot, dedicato a tutti i torinesi che si lamentano di non essere milanesi. Chi emigra da Torino a Milano raramente lo fa in piena libertà, e più spesso lo fa perché spinto da questioni professionali; ma sono parecchi quelli che anche dopo vent’anni di vita milanese continuano a sentirsi sabaudi anziché biscioni.

[tags]torino, milano[/tags]

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giovedì 27 Dicembre 2007, 20:04

Poste

Oggi ho avuto un incontro ravvicinato con le Poste che merita di essere raccontato.

Dovendo inviare una raccomandata e pagare un bollettino, mi sono infatti recato all’ufficio postale vicino al mio ufficio, quello di via Stradella angolo via Sospello. Si tratta del classico ufficio postale di periferia, quello dove si realizza l’incontro perfetto: una manciata di impiegate imbranate, pigre e permanentemente incazzate a servire un’accolita di vecchietti che utilizza l’ufficio postale come centro d’incontro (alle volte li vedi pagare un bollettino e poi rifare la coda per pagare il secondo, per stare lì ancora un po’ e non dover tornare a casa a star soli, poveri).

Il problema è che, quelle rare volte in cui in uno di questi uffici entra un essere umano, egli viene colto dalla spiacevole sensazione di essere piombato dentro Il ritorno dei morti viventi, o in un universo parallelo del quale non sospettava l’esistenza.

Oggi sono arrivato circa alle 13, e l’ufficio postale straboccava di gente: prevalentemente vecchietti, ma anche un paio di esseri umani, con cui abbiamo subito solidarizzato. Dall’altro lato del vetro c’erano effettivamente tre postali tipici: donne con una età superiore al quoziente intellettivo. Io ero comunque fortunato, in quanto la coda all’unico sportello dedicato alle raccomandate era solo di cinque persone, mentre quella per i bollettini era oceanica.

Peccato che allo sportello ci fosse un vecchietto che stava spedendo pacchi di Natale in ritardo, in luoghi che come parte dell’indirizzo avevano stringhe che suonavano come “su pirru”, “sa puzzetta” e “sas perdas de lupu”, o cose così: insomma ci son voluti dieci minuti per smaltire solo lui. Nel frattempo è arrivata in fondo alla fila una signora con un pacco da spedire; l’impiegata la squadra e le fa “Eh no, scusi, non può arrivare con un pacco così tardi!” La signora è basita, visto che manca ancora mezz’ora alla chiusura, ma l’impiegata sbuffa e decide autonomamente che deve farla passare davanti a tutti, se no poi il pacco non partirà.

A questo punto arriva allo sportello un tizio che deve inviare cinque raccomandate; si fa dare i cinque foglietti e comincia a compilare, visto che per inviare una raccomandata è ancora necessario compilare vari rotoli di papiro egizio di diverse forme e dimensioni. Egli invita quindi il signore successivo a passare allo sportello, mentre lui compila; peccato che l’impiegata di cui sopra risponda con tono incazzato che lei sta già servendo qualcuno (cioè il tizio che scrive). Al suggerimento che forse si può ottimizzare e sveltire la coda gestendola in parallelo, lei non risponde, ma si mette a riordinare pile di carta e di pacchi sul fondo dell’ufficio; e poi ci dice che così si mette avanti col lavoro, se no le tocca restare mezz’ora dopo l’orario di chiusura (ossia uscire da lavoro ben alle 14,30). Io subito penso che comunque la coda si accumula, per cui è semplicemente un modo per far aspettare di più la gente in coda, che però andrà poi servita; poi penso meglio e realizzo che, come ho fatto io tante volte, se c’è troppa coda la gente non entra nemmeno, quindi così facendo l’impiegata si libera di un po’ di potenziali clienti.

A questo punto ci godiamo anche la scena di due vecchietti che arrivano, dopo quaranta minuti di coda, allo sportello a fianco, e chiedono di aprire un libretto di risparmio. L’impiegata di quello sportello fa una faccia scandalizzata, e dice: “Ma no! Signora, ma non vede quanta gente? Aprire un conto è un’operazione lunga, non possiamo farla adesso! Torni domani mattina all’apertura, alle 8 – 8,30 al massimo!” E io penso dove altro nel mondo potrei vedere una istituzione finanziaria che riceve un nuovo cliente che vuole depositare dei soldi e lo manda via sgarbatamente…

Per chiudere in bellezza, quando io finalmente sono allo sportello arriva una signora africana piuttosto anziana, si infila nella coda, batte sullo sportello e dice testualmente: “Io qui per polizia!”. Si capisce poi che non vuole il permesso di soggiorno, ma è stata mandata (non so da quale subappaltatore di subappaltatori) per fare le pulizie nell’ufficio. La risposta dell’impiegata è la seguente: “Non c’è il direttore, vada via, torni domani!”. La signora africana non capisce bene, dice che lei deve lavorare. L’impiegata insiste, chiede alla collega “Vogliamo pulire l’ufficio?”, la collega dice di mandarla via, e così urla alla signora “Vada via, vada via!”. La signora non capisce. Alla fine in due o tre ci offriamo di mediare, e spieghiamo alla signora che per qualche motivo non la lasceranno entrare a pulire, e che lei dica pure che il lavoro l’ha fatto. A quel punto l’impiegata urla ancora “Torni domani!”, e la signora – che magari vivrà a un’ora di bus di distanza da lì – chiede “Che ora?”. L’impiegata non risponde. Allora lo chiedo io, e la risposta è “Che venga quando vuole, cosa importa a me.”

E io mi chiedo perché in Italia non si possa finalmente abolire il divieto di licenziare la gente, specialmente nel settore pubblico; o in alternativa, come si sarebbe dovuto fare con Alitalia, trovare il modo di far fallire le Poste.

[tags]poste, dipendenti pubblici[/tags]

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mercoledì 26 Dicembre 2007, 15:06

Colleghe

Oggi riposo: mi limito a rigirare il link ad un video che insegna agli uomini come baccagliarsi le colleghe sul posto di lavoro senza incorrere in denunce per molestie…. così i commentatori e le commentatrici potranno litigare su quanto le regole proposte dal video siano effettivamente valide!

[tags]molestie sessuali[/tags]

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martedì 25 Dicembre 2007, 19:34

Auguri calcistici

Quest’anno Mediolanum Channel il sito del Toro ospita un video di auguri, con il presidente SilvUrbano Cairo, lo staff e la squadra che si esprimono al massimo. Quindi, perché non riportarlo anche qui? I punti salienti del video sono l’astuto posizionamento sullo sfondo di Matteo Rubin (futuro campione) in modo che non si noti l’imponenza del suo naso; l’impresentabile terna occhiali da sole – maglioncino verde – erre moscia di Jimmy Fontana; Matteo Sereni vestito da boss della mala alla prima comunione del nipote; e la smodata gnoccaggine della moglie di Oguro. Enjoy.

Per i meno esperti di facce da Toro, ecco l’ordine di apparizione della squadra: 1) da sinistra, Malonga, Motta, Melara, Rubin, Bottone; 2) Fontana; 3) Lanna; 4) Corini, Grella; 5) Di Michele; 6) Comotto; 7) Sereni; 8) Ventola; 9) Rosina; 10) Lazetic; 11) Oguro; 12) Moglie di Oguro; 13) Di Loreto, Zanetti; 14) Stellone; 15) Dellafiore; 16) Bjelanovic; 17) Franceschini; 18) Barone.

[tags]toro, natale[/tags]

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martedì 25 Dicembre 2007, 09:48

Il senso del Natale 2007

Anche quest’anno vi tocca il pippone di Natale: adesso non è che possiate pensare di cavarvela uppando subdolamente il pippone di Natale dell’anno scorso! E’ vero che dice in parte le stesse cose, ma questo è il pippone di Natale nuovo e come tale ve lo dovete pippare. Buon Natale.

Fin da bambini ci educano a pensare che il Natale sia il momento migliore dell’anno, un momento di tranquillità, felicità e di bontà per tutti.

La realtà è ben diversa: ad una analisi oggettiva dei fatti, il Natale è invece caratterizzato dall’essere il momento più stressante. Per settimane, il traffico diventa ingestibile, e le persone si affollano per spendere una quantità spropositata di denaro in regali altrettanto ansiogeni: e cosa prendo per Tizio, e cosa prendo per Caio, e se lo faccio a lui devo farlo anche a lei, e se per caso poi non piace, e se poi ce l’ha già.

Quando poi arriva il momento della festa, i casi sono solitamente due: o vi toccano pranzi e cene con i parenti – magari a tappe, se siete nel numero crescente di persone che dispone di più di un gruppo di parenti in rotta tra loro – nei quali, visto che i parenti non si scelgono, spesso ci si sente in imbarazzo, quando poi non riemergono le liti ancestrali per l’eredità del bisnonno; oppure rimanete da soli e vi sentite tagliati fuori dal mondo, abbandonati e inutili.

Non è quindi un caso che il periodo di Natale sia, secondo i dati, uno di quelli in cui più si addensano suicidi, liti e casi di follia omicida; che poi sarebbe il caso di smettere di chiamarli “follia”, visto che praticamente sempre hanno cause estremamente chiare e maturate lungo un cospicuo periodo di tempo, perché l’uomo non agisce mai senza un motivo.

Ciò nondimeno, pur essendo coscienti di tutto questo, c’è comunque modo di vivere il Natale in un modo più tranquillo e insieme più profondo. Mi scuso quindi in anticipo se non ho fatto regali quasi a nessuno, perché l’idea di pescare un CD o un libro a caso mi sembra insensata; e se è vero che è il pensiero quello che conta, il pensiero per me è l’osservare una necessità o un desiderio di un altro e cercare di soddisfarli, il che può avvenire in un qualsiasi momento dell’anno, a intervalli irregolari, e non necessariamente sotto una festa comandata.

Vorrei invece utilizzare il post di Natale per ricordare che c’è una dimensione più profonda e spirituale in tutto ciò che facciamo; qualunque sia il senso che voi attribuite alla ricorrenza, oggi può essere un buon momento per pensare al proprio piccolo ruolo nel mondo, in relazione con tutto ciò che ci circonda, e a come ci si propone di interpretarlo.

L’altro giorno su La Stampa era riportato un aneddoto raccontato da don Piero Gallo: una signora ha appena subito un grave lutto e non riesce a riprendersi. Le amiche le dicono “Ora è tempo di farsene una ragione”; ma lei risponde che la ragione se l’è già fatta, ma non è servita, perché non è con la ragione che si soffre, ma con il cuore. La nostra società è basata sull’ossessione della razionalità, e la nostra educazione è spesso concentrata sullo sviluppo delle nostre capacità intellettive; eppure non è la razionalità a determinare se siamo o non siamo felici, ma la nostra sfera emotiva.

Imparare ad esaminare, riconoscere e condividere le nostre emozioni è una impresa a cui siamo poco abituati; ma è anche la strada per ritrovare l’armonia con la nostra parte più profonda, con gli altri e con l’immensità della natura. Il Natale dovrebbe essere il momento in cui, lasciando per un attimo da parte le carte di credito e i panettoni, ci si dedica almeno un po’ a ricercare la via.

[tags]natale, pipponi[/tags]

P.S. Per il resto, sottoscrivo in pieno il post di Suzukimaruti e faccio mie tutte le sindromi ivi descritte.

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lunedì 24 Dicembre 2007, 09:30

Strane civiltà

Ci sono molte cose da dire a favore dei tedeschi: sono efficienti e organizzati, rispettano le regole e producono dell’ottimo cibo nei settori “carne”, “pane” e “pasticceria”. Però ieri sono rimasto sconvolto da una scoperta: è difficile da credere, ma a Monaco, domenica 23 dicembre, i negozi sono tutti chiusi!

Cioè voglio dire, è l’antivigilia di Natale, la domenica culmine dello shopping di tutto l’anno, e i negozi sono chiusi! Chiusi! CHIUSI!!!

E io che volevo andare in un Mediamarkt a vedere se i controller della Playstation costavano meno!

Il problema è che i tedeschi hanno i mercatini di Natale, che sono bellissimi da vedere, e anche un’ottima e inesauribile fonte di wurstel arrosto, wurstel viennesi, wurstel bianchi bolliti (tipici di Monaco e buonissimi), wurstel larghi, lunghi, alti, nel panino, nel panone, coi brezen, venduti a coppie e a terne; e anche di frutta glassata e vin brulè. Ma per il resto vendono solo stupidaggini: statuine di presepe; oggettini di legno; stracci e strofinacci da cucina; bamboline; saponi profumati; palle di vetro con la neve finta; candele di ogni ordine e grado; taglieri con scritta customizzata; eccetera. Ma non hanno i controller della Playstation, né alcun altro oggetto che possa venire utilizzato in un consesso civile!

L’unico altro luogo aperto oltre ai mercatini di Natale era una fiera, nello stesso piazzale dell’Oktoberfest, dove, su una scala dieci volte più grande, vendevano… le stesse cose che nei mercatini di Natale! E i locali prendevano la metro e accorrevano a frotte, dicendo “oggi non ho voglia del solito mercatino di Natale, andiamo in un mercatino di Natale più grosso e affollato”!

Dev’essere che i tedeschi – specialmente i bavaresi – sono così. Sono efficienti e moderni, dominano il mercato globale in molti dei settori all’avanguardia, ma in fondo sono paciosi e semplicioni: gli metti un wurstel in una mano, una pinta di birra nell’altra, e gli fai dondolare davanti agli occhi una statuina di presepe o un ritratto in miniatura di papa Ratzinger, e loro sono contenti. Al massimo l’unica altra cosa che desiderano è il televisore, per piazzarcisi davanti e vedere di nuovo il Bayern Monaco perdere la Champions League e la Germania perdere i Mondiali di Calcio. Ma cosa importa, quando hai così ampie opportunità di acquistare candele profumate!

[tags]germania, monaco, natale, wurstel, ratzinger, candele[/tags]

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domenica 23 Dicembre 2007, 11:31

La cosa più bella

La cosa più bella di un lungo viaggio in treno è il ciclo delle acque: l’osservare come una bottiglietta di Coca Cola ingerita a Verona si trasformi in prezioso liquido giallo poco dopo Bolzano. Si può provare il lungo piacere di resistere un po’ allo stimolo per pregustare l’attimo della minzione, e immaginarselo con calma; e poi, quando la maturazione è completa e il frutto dorato è pronto per venire alla luce, ci si può alzare di botto, scavalcando la selva di gambe dei viaggiatori riempitivo (quelli che non siedono accanto al finestrino, perché, agli sgoccioli dell’anno di grazia duemilasette, c’è ancora gente che prende un intercity senza prenotare il posto; e poi si stupisce di doversi continuamente alzare ed infine rimanere in piedi).

Ma non ritardiamo ulteriormente il racconto! Che ora siamo in piedi, e ci dirigiamo con passo sicuro verso il termine della carrozza. Alla cabina mingitoria! In un’unico, poderoso sforzo di muscoli e cervello, tutte le parti del corpo come una macchina perfetta cooperano per terminare l’azione. Là! Dietro l’angolo, saltata la valigia della vecchia suora e aggirato il gruppo di turisti stranieri, si cela il ridotto dove si combatterà l’ultima battaglia.

Dentro, ed è subito quiete! Schivando i resti e i caduti di battaglie più antiche, si può afferrare l’angolo dell’asse con la cautela di un artificiere, per portarlo lentamente su, su, sempre più su, fino ad erigersi impettito. E poi, l’inno alla gioia: una, due, tre, poi subito dieci, cento, mille gocce di dorata rugiada si scatenano in una danza festosa all’interno del tubo. Come magici folletti liquefatti, cadono con gioia verso il proprio destino, salutando nella discesa i loro fratelli maggiori, quei due o tre stronzoli marroni e pastosi che hanno avuto la sfortuna, ore prima, di non situarsi al centro dell’attrazione gravitazionale, e di schiantarsi mollemente contro le pareti di ghisa, rimanendovi poi aggrappati come escursionisti in cordata.

Eppur giù, in fondo al buio, appare un cerchio di luce: è salvifica o ferale? Sarà per queste gocce la strada per una nuova vita, da autonome e liberate figlie di un corpo ormai lontano, o sarà invece la via dell’inferno, verso un triste schianto che ne cancelli la potenza, e ponga subito fine alla speranza? Non mi è dato sapere, per quanto io veda distintamente il luccichio dell’acciaio temprato che scorre a velocità fantastiche (n.b. in Germania – in Italia scorre invece a velocità sin troppo reali) e che viene lavato e lubrificato dalla prole feconda dei miei reni.

E tutto questo senza alcun bisogno di menzionare Giuliano Ferrara!

[tags]treni, viaggi, luttazzi, giuliano ferrara, cacca, pipì[/tags]

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