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mercoledì 9 Ottobre 2013, 13:40

Il disastro che verrà

Oggi è il cinquantennale del disastro del Vajont, ed è impossibile non pensare a quella tragedia, un disastro che ha cancellato una valle e che chiama tutti a non dimenticare (il mio piccolo contributo, diversi anni fa, fu riscrivere quasi da capo la relativa pagina sulla wikipedia inglese).

Del Vajont è stato scritto e detto molto, e oggi, se volete, potete visitare l’abbandono di Erto con Mauro Corona o ascoltare la retorica del video ufficiale dei lavori; per questo il discorso che vorrei farvi non riguarda proprio il Vajont. Perché ci sono disastri e disastri; il Vajont è enorme, immenso, palese, impossibile da minimizzare; ma ci sono quelli che sono avvenuti in maniera più sottile e ancora faticano a essere riconosciuti, e quelli che ancora aspettano un responsabile che forse non si troverà mai.

Tra i primi ci sono quelli relativi all’inquinamento; solo adesso si comincia a parlare seriamente della devastazione ambientale in Campania, e solo adesso si comincia a indagare sulle stragi da inceneritore (il vecchio inceneritore di Pietrasanta avrebbe causato oltre mille morti di cancro in Versilia negli anni ’70 e ’80); e per processare l’amianto ci sono voluti decenni di tragedie e migliaia di morti. Tra i secondi c’è la strage di Viareggio, che nemmeno ancora si può chiamare strage: solo per avere degli indagati ci sono voluti anni di lotte.

Ieri, davanti al Parlamento, si è svolta una manifestazione per i diritti negati a chi si è ammalato di mesotelioma su luoghi di lavoro pieni di amianto; e hanno partecipato anche i familiari delle vittime di Viareggio. Hanno però commesso una colpa imperdonabile: hanno aperto gli striscioni nel punto sbagliato della piazza, e sono stati allontanati in malo modo dalla polizia, con uno dei tutori dell’ordine che, secondo il titolo ad effetto del Fatto Quotidiano, “fa le corna ai manifestanti”. In realtà, il poliziotto non fa le corna alla manifestante, per offenderla; fa le corna perché la signora dice “ringrazino che non è successo a loro” e lui, da buon italiano scaramantico, fa le corna.

Ed è proprio così: l’unica seria contromisura delle istituzioni per i disastri che verranno è fare le corna e sperare che non accadano. Se c’è un rischio, negare; sostenere che tutte le norme (ampie, complicate e pesantissime per tutte le aziende oneste, mentre i disonesti tanto se ne fregano e continuano a delinquere) sono state rispettate, e che pertanto non ci saranno problemi. Poi, regolarmente, si scopre che i limiti di emissione degli inquinanti non venivano rispettati, che i rifiuti non venivano smaltiti come dovuto, che le bonifiche non hanno bonificato un bel niente o hanno solo spostato il problema dal punto A (noto) al punto B (ignoto). E lo Stato che fa? Fa le corna.

Per esempio, oggi è uscita la notizia per cui, nell’ambito dell’indagine che ha portato all’arresto dell’ex presidente socialista del Piemonte Enrico Enrietti (almeno fin che Napolitano non indulterà pure lui), si sarebbe scoperto che l’amianto estratto dall’ex area Fiat Avio di via Nizza – che a rigor di logica avrebbe dovuto essere bonificato dalla Fiat, e che invece sta venendo bonificato a spese pubbliche dalla Regione Piemonte, che ha acquistato l’area per costruirci il proprio grattacielo – non sarebbe stato smaltito regolarmente, ma sarebbe stato direttamente interrato sotto i nuovi parcheggi della Reggia di Venaria: non ci sono ancora le analisi, ma ci sono le intercettazioni in cui se ne parla.

Noi, un anno fa, preoccupati dalle segnalazioni dei nostri attivisti della zona, avevamo presentato una interpellanza in materia; e, come vedete nel video, l’assessore Lavolta ci aveva rassicurato sul fatto che lo smaltimento era ben gestito. Sicuramente l’assessore non immaginava che chi doveva smaltire quell’amianto non lo faceva in regola, e la verità è ancora da accertare; certo che se la storia sarà confermata, e però nessuno si fosse accorto di niente, e poi magari chi abita vicino a quei parcheggi avesse iniziato ad ammalarsi, si sarebbe parlato di statistica e di fatalità, e ci sarebbero voluti anni di lotte e di spintoni dei tutori dell’ordine per avere ascolto.

Per questo è giusto ricordare il Vajont e tutti i disastri, ma è anche giusto ricordare che il disastro più importante è quello che verrà, almeno se non smetteremo di trattare il nostro pianeta come un immondezzaio e di fidarci delle rassicurazioni facili di chi amministra.

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