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Archivio per la categoria 'NetGov’It'


giovedì 4 Gennaio 2007, 10:27

Eppur si muove

Probabilmente è una questione tecnica che interessa direttamente pochi di voi, ma da questa settimana è in vigore un cambiamento storico: con solo una quindicina d’anni di ritardo, l’ITU – l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di standardizzazione delle telecomunicazioni – ha deciso di rendere gratuitamente disponibili in PDF i propri standard attualmente in uso.

Nell’era di Internet, gli standard dell’ITU effettivamente fondamentali sono ormai pochi; comunque, che vogliate costruire un modem 56k (raccomandazione V.90), implementare un sistema di sicurezza per la posta elettronica (X.509) o imparare le reti a pacchetto dell’era pre-Internet (X.25) – o magari accedere a questi documenti per studiarli -, ora potete almeno leggere lo standard gratuitamente.

Il segno del cambiamento, difatti, è soprattutto simbolico. L’ITU, difatti, è stata sin dalla metà dell’Ottocento il luogo dove si realizzavano gli standard delle telecomunicazioni, mediante lunghe negoziazioni tra rappresentanti dei governi e delle telecom monopoliste nazionali. Tutto questo è andato improvvisamente in crisi negli anni Novanta, quando il modello di rete a pacchetto definito dall’ITU, l’OSI, fu sorprendentemente trascurato dal mondo a favore del TCP/IP di Internet. Ci sono vari motivi per cui ciò è avvenuto, ma uno dei maggiori è proprio che gli standard TCP/IP, memorizzati nelle cosiddette RFC, sono sempre stati sviluppati in modo aperto a tutti e resi disponibili elettronicamente senza costi, mentre per partecipare alla definizione degli standard dell’ITU bisogna esserne membri – non tutti lo possono essere, e costa parecchio – e anche solo per leggerli, fino a ieri, bisognava pagare botte di 15-20 euro l’uno.

L’ITU sta lottando da anni per non scomparire, ingoiata dalla decentralizzazione e dalla privatizzazione della governance delle telecomunicazioni; questa mossa è un segno che infine, pur con la lentezza delle grandi burocrazie, qualcosa sta cominciando a capire.

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venerdì 8 Dicembre 2006, 20:16

Ri-in partenza

Tra mezz’ora scarsa mi aspetta il taxi che mi porterà all’aeroporto (è ora di punta e spero che due ore nel traffico saranno sufficienti) per poi ritornare in Italia: se tutto va bene, dovrei essere a casa domani a metà pomeriggio.

Ho ancora molte cose da raccontare sul Brasile, e proverò magari a scrivere qualcosa sull’aereo, vista la lunghezza del volo (quasi dodici ore). Oppure cercherò di guardare qualche film – dovrebbe esserci Carros, la versione portoghese di Cars – e di lavorare un po’. E magari, di rilassarmi: stamattina ho fatto la mia prima apparizione sul palco di ICANN, anche se solo per mezz’oretta, che però è stata sufficiente per l’elezione a vicepresidente di Roberto Gaetano, che diventa così un autorevole candidato a sostituire Vint Cerf come presidente di ICANN l’anno prossimo. Poi, naturalmente, abbiamo avuto un paio di meeting e mi sono arrivate un paio di coltellate nella schiena da parte di colleghi che non hanno preso benissimo il risultato del voto di ieri… ma insomma, fa parte del gioco quando si svolge a certi livelli.

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giovedì 7 Dicembre 2006, 20:11

Italia 2 – Resto d’Europa 0

Ebbene sì, dopo tre giorni frenetici di discussioni, molte delle quali nel corridoio, l’Italia ha ottenuto il suo secondo membro del Board di ICANN, nella persona del sottoscritto, che ha appena vinto un tiratissimo voto (8 – 6) per diventare il rappresentante nel Board dell’At Large (senza diritto di voto) per il 2007, contro Wendy Seltzer di EFF. Mi aggiungo a Roberto Gaetano, che poche settimane fa era stato promosso a membro effettivo; e noto che, per il momento, non ci sono altri europei nel Board… nè tedeschi, nè francesi, nè inglesi (anche se forse ne arriverà qualcuno tra le altre liaison).

Questo vuol dire almeno un altro anno di meeting in giro per il mondo, però stavolta nell’albergo a cinque stelle invece che a quattro. Più significativamente, vuol dire trovarsi proprio al centro dell’azione, nella stessa stanza di Vint Cerf, Paul Twomey e un sacco di altra gente interessante, da Joi Ito a Janis Karklins, discutendo al massimo livello tutti i problemi di cui ICANN si occupa. E’ un’esperienza eccezionale, e spero che ne farò buon uso.

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martedì 5 Dicembre 2006, 12:42

Piovve

Piovve… orca vacca se piovve! Un gruppo di rappresentanti delle associazioni di utenti sudamericane, in gita-shopping per la città, è rimasto bloccato su un autobus impantanato in mezzo a una via che si è trasformata in un fiume, inondando mezzo quartiere. Più prosaicamente, noi stasera avremmo il torneo di calcio – il vero motivo per cui siamo qui – e il campo è da strizzare, anche se stamattina, pur essendo il cielo grigio scuro, non piove. Saremo coraggiosi abbastanza? E avrò fatto bene a non portarmi dietro la roba, contando di riuscire a fare avanti e indietro dal mio albergo (cinque chilometri che nelle ore di punta sono completamente intasati) nelle due ore di buco che ho a fine pomeriggio?

Ieri, in compenso, mi sono visto l’approvazione definitiva dello Statuto della organizzazione At Large latino-americana, la prima organizzazione At Large che viene ufficialmente istituita. Oggi a mezzogiorno ci sarà la cerimonia della firma, con Vint e Paul sorridenti davanti ai fotografi! Nel frattempo, ieri hanno eletto i due nuovi membri sudamericani dell’ALAC, per rimpiazzare i miei colleghi di quattro anni di Comitato, l’argentino Sebastian Ricciardi e il peruviano Erick Iriarte Ahon (che tipo). Per sei voti a cinque, sono usciti fuori l’argentino Carlos Aguirre e il venezuelano José Ovidio Salgueiro; quest’ultimo, eletto in contumacia in quanto attualmente impegnato nello scrutinio elettronico della rielezione di Chavez, è noto per aver giocato in porta nella nostra squadra al precedente torneo di calcio di Mar del Plata 2005. Tuttavia, a fine riunione sono arrivati quelli che erano rimasti bloccati dalla pioggia, che ovviamente hanno chiesto di rifare la votazione; e stamattina si stanno scannando per decidere che fare.

Dal punto di vista sociale, va invece segnalata la mia cena al ristorante italiano del centro commerciale di fronte all’albergo, io e la Chair tedesca del comitato, soli come due piccioni. Il clou è stato quando mi hanno portato un bel vassoio pieno dei vari dessert, per farmi scegliere; io ne ho individuato uno e l’ho preso. Il cameriere mi guarda, e fa: “Nao come!” Ok, non mangio, penso io, ma perchè? Noto che le guarnizioni di panna sono in realtà di plastica, e penso: ah, deve togliere le guarnizioni, per farmi mangiare il gelato che sta in mezzo. E invece no, anche il gelato era di plastica: praticamente, sul carrello dei dolci portano delle perfette riproduzioni in plastica di tutti i dessert!

Per fortuna che mi sono tirato su con la TV via cavo, e in particolare con i canali di cartoni animati, dove ho potuto non solo vedere qualche puntata in portoghese dei Fairly Oddparents, un cartone americano buffissimo sulle avventure di un bambino e della sua coppia di pseudogenitori fatati (peccato che in italiano il gioco di parole non si possa rendere, e quindi su Sky è diventato banalmente Due fantagenitori); ma anche guardare due minuti dei Gigimon, la versione dei Digimon per un popolo che non riesce a pronunciare la D.

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sabato 25 Novembre 2006, 10:02

Internet e non capirla

Avrete senz’altro sentito dai telegiornali la notizia dell’incriminazione di Google per concorso in diffamazione a mezzo stampa, per la ripubblicazione del video del ragazzo disabile picchiato. Casi come questo si stanno moltiplicando: ad esempio il caso Tuttosport contro Toronews – dove la discussione sulla diffamazione è solo il pretesto per una lotta commerciale – pare si arricchirà presto di una vera denuncia, con conseguente ulteriore autocensura del forum.

Si tratta della linea di pensiero, in circolazione da anni, che vorrebbe estendere ai portali e a qualsiasi sito che pubblichi contenuti anche non propri (forum, newsgroup, aggregatori di blog…) la responsabilità tipica dell’editore e del direttore di un giornale, quella su tutto il contenuto del proprio prodotto. Questa responsabilità fu introdotta per evitare che un giornale conduca una campagna denigratoria contro qualcuno scaricando poi le responsabilità legali sui poveretti pagati per scriverla, invece che su chi li paga.

Peccato che qui nessuno paghi o incentivi nessuno, nè costruisca linee editoriali: si tratta di aggregatori neutri – neutri, perchè non verificano in anticipo il materiale prima di diffonderlo – di contenuti. Si tratta dell’omino che porta i giornali direttamente dal produttore al consumatore, non di un editore, cosa che al massimo potrebbe essere nel caso in cui si tratti di servizi moderati ex ante – in cui quindi esistono una visione e validazione a priori dei contenuti, e quindi anche una scelta editoriale – o di aggregazioni non automatiche ma svolte da un umano.

Nel resto del mondo (ultima una recentissima sentenza della Corte Suprema californiana) esiste spesso chiara legislazione o giurisprudenza che stabilisce come per i siti che ripubblicano contenuti degli utenti in modo automatico non vi sia responsabilità del gestore del sito sui contenuti diffamatori o lesivi del copyright, se non quella di rimuovere il materiale offensivo su segnalazione.

A questo punto sarebbe bene considerare l’opportunità di un provvedimento che metta ordine in questo settore anche in Italia, stabilendo le effettive responsabilità ma anche evitando che una applicazione a tappeto delle norme sulla stampa finisca per mettere a rischio tutti i portali da Google in giù, e tutti gli spazi di discussione in rete; e agendo prima di farci ridere dietro ancora una volta da mezzo mondo per aver spedito la polizia postale ad oscurare Google.

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venerdì 17 Novembre 2006, 10:49

Sorprese

Sorprese come prendere la macchina per andare in montagna (mercoledì mattina – vedi anche il post precedente), accendere la radio, e scoprire per caso su Radio Uno (mica Radio Piripacchio) una intervista telefonica in coppia a Giuseppe Granieri e Carlo Formenti, che parlano dell’articolo di Rodotà su Repubblica sul tema della Costituzione di Internet.

Fa ovviamente piacere trovarsi pienamente in mezzo a una campagna che sta diventando visibile, sia a livello nazionale che internazionale. Fa ancora più piacere che questa campagna arrivi sulla radio nazionale, sperando magari di provocare un po’ di riflessione in chi questi temi li vede ancora solo di striscio.

Certo, ora, perchè non resti solo un bello ed altissimo dibattito politico all’italiana, toccherà anche fare qualcosa di concreto…

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martedì 7 Novembre 2006, 09:21

Italiani ad ICANN

Per completare il quadro delle buone notizie dopo Atene, segnalo la nomina di un italiano, Roberto Gaetano, nel Board di ICANN (vedi annuncio). Per chi non lo conoscesse, Roberto (oltre che mio collega di comitato At Large sin dal 2003) ha partecipato a ICANN sin dalla fondazione; vive all’estero da molti anni e attualmente lavora a Vienna all’Agenzia Atomica dell’ONU (IAEA).

Separatamente, va rilevato come Roberto sia l’unico europeo tra i 15 membri votanti del prossimo Board di ICANN, visto che uno dei due europei uscenti è stato sostituito dall’ennesimo americano: certamente per l’Europa, dal punto di vista del peso politico su Internet, non è un complimento. Forse le dichiarazioni della commissaria Reding (il “ministro” europeo per l’ICT) sul nuovo accordo tra ICANN e governo americano erano un po’ troppo ottimiste.

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lunedì 6 Novembre 2006, 21:32

Un resoconto di Atene

Chiudo le cronache dell’Internet Governance Forum di Atene con un piccolo resoconto serio di quello che è successo.

La formula dell’IGF, in ambito di Nazioni Unite, è totalmente innovativa: prevede di trattare tutti alla pari e in quanto individui, indipendentemente dal fatto che rappresentino un governo, una azienda, una associazione o semplicemente se stessi. Si è partiti con il grande dubbio che non potesse funzionare, e invece è stato un buon successo: la partecipazione è stata elevata, e la maggior parte dei presenti ha capito lo spirito, dando luogo ad alcune scene piuttosto inconsuete – ad esempio il rappresentante del governo tedesco che arriva a un workshop, non trova posto e si siede per terra.

Certo, ci sono stati governi che hanno insistito per arrivare lì col discorso precotto da leggere a tutti i costi; soprattutto, si ha la sensazione che i rappresentanti di molti governi siano venuti a vedere cosa succedeva, ma senza sbilanciarsi troppo, contribuendo quindi piuttosto poco al dibattito. Il problema è che i governi non possono assumere posizioni ufficiali come faremmo noi, rispondendo agli input in maniera immediata. Trovare un modo che permetta a loro di partecipare senza sbilanciarsi in modo ufficiale – e senza nascondersi dietro a questo problema per rifiutare il dialogo – è una delle prime questioni da affrontare.

I quattro giorni del forum sono volati, organizzati in due filoni paralleli: da una parte sessioni plenarie sui temi principali e sulle questioni generali, e dall’altra una stringa di workshop (tre per volta) per approfondire i singoli temi.

Le sessioni plenarie sono state organizzate come dei panel, con un infinito elenco di relatori (scelti col bilancino per rappresentare tutti) e con possibilità di prendere la parola dalla platea importanti ma limitate, e soprattutto “spettacolarizzate”. In altre parole, i moderatori (degli ottimi giornalisti di testate come Economist e BBC) ricevevano foglietti con nome, qualifica e argomento dell’intervento, e poi sceglievano quelli che gli parevano più in linea.

Il risultato, ad esempio, è stato che il giornalista della BBC che moderava la sessione sulle libertà in rete ha concentrato la discussione, per due ore e mezza delle tre a disposizione, sulle violazioni dei diritti civili in Cina, relegando in dieci minuti tutti i temi relativi alla proprietà intellettuale, e in altri dieci la vicenda del blogger greco arrestato pochi giorni prima del Forum. Ora, è sicuramente interessante insistere sulle responsablità di Cisco e di Google (in realtà era Yahoo!, ma quel che conta è lo spettacolo) e sulla cattiveria dei cinesi, ed è certamente “di rottura” vedere un giornalista battere ancora e ancora su questo tema in un forum delle Nazioni Unite, ma allo stesso tempo nulla mi toglierà la sensazione che la seduta sia stata orientata su un comodo capro espiatorio proprio per evitare di toccare temi come il Patriot Act o i DRM.

Tuttavia, in questa sessione è emersa con chiarezza una delle grandi tensioni del prossimo futuro: dove si colloca il confine giusto tra libertà d’espressione e licenza inaccettabile? Tutti concordano che esistono contenuti che è corretto censurare, dalla pedopornografia agli inni al nazismo, ma come ci si accorda su cosa sia corretto censurare? E se è corretto censurare la pedopornografia, perchè non è corretto censurare le vignette danesi, che per una parte del miliardo di musulmani sono altrettanto rivoltanti?

I workshop sono stati piuttosto interessanti, anche se il primo problema era scegliere quali vedere: io ho visto quello sullo spam (pienissimo), quelli sui diritti umani, pezzi di altri qua e là. In generale, ho trovato eccessivo il tempo allocato alle presentazioni: il workshop medio, di durata prefissata a 90 minuti, era fatto da 85 minuti di presentazioni (spesso sbrodolate e noiose, oppure autocelebrative) dopo le quali si chiedeva, “Chi vuole intervenire in sala?”, si alzavano 25 mani, e c’era tempo per un solo intervento. Per il futuro, dovrebbe essere garantito spazio sufficiente per il dibattito.

Inoltre, molti workshop erano multistakeholder solo in teoria – ad esempio si sono viste parecchie presentazioni, da parte delle associazioni del business e dei governi dei paesi anglosassoni, di quanto sia importante la “partnership pubblico-privata” nello sviluppo dell’ICT nei paesi in via di sviluppo, dove la “partnership pubblico-privata” vuol dire naturalmente che il governo locale deve lasciare mano libera alle multinazionali americane nel fare ciò che vogliono, e magari sussidiarle pure. Forse sarebbe il caso di assicurare la presenza di tutti i punti di vista in tutti i workshop…

Veniamo ora alla partecipazione italiana: degli aspetti personali ho già parlato, per cui mi limiterò a una valutazione oggettiva. Io sono molto soddisfatto di essere riuscito a coinvolgere un po’ di più alcuni circoli nazionali in queste discussioni; allo stesso tempo, trovo significativo il fatto che, di ventiquattro italiani che in tutto o in parte hanno seguito l’IGF, io fossi l’unico che girava per le riunioni con un portatile. (Però c’era anche Arturo con la sua inseparabile videocamera digitale…) Ma il tempo risolverà anche questo, insieme all’annoso problema della scarsa familiarità con l’inglese dell’italiano medio.

E’ molto positivo il fatto che sia venuto da Roma il sottosegretario Magnolfi, e abbia diligentemente seguito e ascoltato i primi due giorni del Forum; siamo anche riusciti a farla intervenire nella prima sessione plenaria (dovrò pagare delle cene per questo…). Il nostro workshop, da me moderato, è stato molto ben seguito: la stanza era piena, e abbiamo fatto secondo me la scelta giusta nell’orientarlo più come una discussione che come una presentazione. I quattro panelist (Rodotà, Cortiana, Robin Gross di IP Justice, e Jose Murilo Junior in rappresentanza del governo brasiliano) hanno lasciato spazio agli interventi già dopo i primi 40 minuti; e abbiamo riscosso molti consensi. Quando io, nella plenaria conclusiva di giovedì mattina, ho ribadito l’idea e le motivazioni invero nobili che ci spingono a portarla avanti, sono arrivati persino degli applausi.

Il termine “Internet Bill of Rights“, insomma, è diventato già di uso comune nell’ambito del Forum, e il nostro annuncio sul lancio di una “coalizione dinamica” che ci lavorerà sopra, così come dell’impegno del governo italiano (che ora va rispettato…) nell’ospitare una conferenza internazionale sul tema in primavera, è stato ben ricevuto. Allo stesso tempo, ho visto anche qualche diffidenza da parte di chi si occupa di diritti della comunicazione da anni, sia per la paura che, di questi tempi, il bilanciamento tra libertà e sicurezza in un nuovo documento si sposti troppo dal lato della sicurezza, sia per la naturale diffidenza nei confronti dei “nuovi arrivati”. Ci sarà molto da lavorare, e non sarà facile.

Dei problemi pratici e organizzativi ho già accennato nei giorni scorsi; nulla che non si possa risolvere. La grande sfida per il futuro, invece, è stata sollevata da molti – me compreso – nell’ultima riunione: come evitiamo che l’IGF sia soltanto un bell’incontro di chiacchiere, e arriviamo a soddisfare anche quelle parti del mandato che prevedono che esso debba proporre soluzioni concrete, per quanto non vincolanti, ai problemi della rete?

La nostra risposta iniziale, come società civile, è stato il lancio delle “coalizioni dinamiche”, termine che indica un gruppo di persone e entità che vogliono lavorare insieme su un determinato tema; oltre alla nostra, ne è nata una sulla privacy, una sugli standard aperti, una sulla “convenzione quadro” (concetto non troppo diverso dal nostro), una sui problemi di genere, una per il finanziamento della partecipazione dei paesi in via di sviluppo. Le prime due sono serie (nella prima c’è il jet set del settore, nella seconda c’è Sun), le altre per ora sono solo sulla carta.

Ammesso però che in questi gruppi si riesca a lavorare e ad arrivare veramente a, che so, una proposta largamente condivisa di policy globale per l’adozione di standard aperti, il problema è: che se ne fa? Detto che su Internet una proposta di policy ha peso se è intelligente e non se è imposta dall’alto, chi la riconosce, la approva, le dà uno status formale che la sollevi all’attenzione di tutti?

Esiste un nocciolo duro di entità che vogliono evitare che l’IGF possa fare altro che chiacchierare: il governo americano, la “comunità tecnica di Internet” (ICANN, ISOC “centrale”…), le grandi corporation dell’ICT. Sono quelli che già ora, di fatto, controllano Internet, fanno il bello e il cattivo tempo, e non hanno certo voglia di doversi mettere a discutere con qualcun altro. Eppure, spero che prima o poi capiranno che un accordo generale conviene anche a loro: meglio condizioni ambientali certe e condivise, supportate da tutti, che la logorante guerra di posizione a cui assistiamo da anni ad esempio sulla proprietà intellettuale. Meglio una crescita condivisa e rispettosa di tutti, che il rischio della frammentazione incontrollata o degli sforzi concorrenti.

Certo, è difficile immaginare come un forum a “porta aperta” – in cui chiunque può iscriversi ed entrare – possa prendere decisioni formali. Eppure, qualcosa possiamo immaginare. Mi ha fatto piacere sentire Nitin Desai – l’ex vicesegretario dell’ONU che presiede l’IGF – proporre nel discorso conclusivo il modello dell’IETF, che è quello secondo cui io e altri della società civile abbiamo sviluppato negli anni l’idea del Forum. Ovviamente è tutto da inventare, e qualsiasi meccanismo, giudicato secondo i paludati e formalissimi meccanismi del ventesimo secolo, risulterà illegittimo e attaccabile.

Eppure, la IETF, con i suoi gruppi di lavoro aperti e basati sul consenso di massima, e con il suo Board che verifica e approva formalmente, funziona; riuscire a portare un modello del genere dentro le Nazioni Unite vorrebbe dire non solo renderle compatibili ad avere un ruolo nel futuro di Internet, ma anche porre un seme per trasformare la maggiore istituzione politica mondiale in qualcosa di veramente moderno e partecipato.

Non sono l’unico a pensarla così: molti di noi sono consci che quello che stiamo facendo in questo esperimento potrebbe gettare le basi di nuovi modelli per la governance del mondo globalizzato. Forse è una ambizione eccessiva, ma è anche una delle ragioni che ci spinge a provare.

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martedì 31 Ottobre 2006, 16:25

Cortine di fumo

Ormai siamo verso la fine del secondo giorno dell’IGF; domani sarà il momento del nostro workshop sulla Carta dei Diritti, ma si possono già trarre alcune conclusioni.

L’aspetto più positivo è ovviamente quello sociale. Ieri è arrivato il grosso della delegazione, e ho avuto modo di spendere un pomeriggio, una serata e una mattinata con loro. Sono persone piacevoli, e certo fa un certo effetto andare al ricevimento con Rodotà e signora e sentire racconti tipo “Eh, quella volta che eravamo a cena da Napolitano… è la volta che poi venne anche Lula, da giovane, e non aveva una lira… ti ricordi che battuta fece Mussi, ah ah!”, il tutto condito da scatti per la conquista del buffet assolutamente giovanili. Con Cortiana ormai c’è molta confidenza, mentre Rodotà ha una profondità intellettuale che affascina ma anche intimidisce… per quanto sia pure un accanito tifoso del Cosenza, così si può anche parlare di calcio.

Per il resto questa conferenza non è male, ma ha un problema di fondo: è stata completamente evirata e resa inoffensiva per le lobby multinazional-statunitensi. Le sessioni principali sono organizzate come uno show televisivo: c’è un giornalista della BBC che fa delle domande a un panel infinito, raccogliendo poi altre domande dal pubblico. In teoria il Forum dovrebbe permettere a chiunque di dire la propria, ma devi mettere prima per iscritto chi sei e cosa vuoi dire, e poi loro decideranno se si può fare, e se è abbastanza “spettacolare” come domanda. Il risultato è un qualcosa che sarebbe decisamente bello da vedere in TV, ma che potrebbe essere utile solo per chi non ha mai sentito parlare di queste cose; per persone che se ne occupano da anni e vengono qui per far avanzare la discussione su misure concrete da prendere, è semplicemente inutile, anzi frustrante.

Oltretutto, l’organizzazione è molto attenta ad orientare la discussione. Stamattina, ad esempio, c’era la sessione sulla libertà in rete, e molti di noi avrebbero voluto parlare di brevetti software, proprietà intellettuale, software libero, accesso alla conoscenza, trusted computing… Invece, il moderatore ha introdotto il suo tema, che era la libertà di espressione in Cina, ed è andato avanti per oltre due ore su quello. Tutto il resto, compreso il caso del blogger greco arrestato pochi giorni fa, è stato discusso al massimo per dieci minuti, più spesso omesso. Il Patriot Act è stato menzionato forse una volta, le domande sul regime della proprietà intellettuale ridotte al minimo necessario; sembrava che al mondo ci fosse solo un male, la Cina, e al massimo Yahoo e Cisco che gli consegnano gli strumenti per identificare i dissidenti.

Si è giunti al punto che il rappresentante del governo cinese ha dovuto prendere la parola e chiedere gentilmente di metter fine a questa sfilza di critiche al suo Paese. Sono giustificate, per carità, e lui si è anche reso ridicolo sostenendo che in Cina non ci sono restrizioni alla libertà di espressione, però io ho trovato l’intera faccenda abbastanza vergognosa.

Ad ogni modo, anche se io non riesco mai a prendere la parola, ieri pomeriggio sono riuscito a far parlare il sottosegretario Magnolfi, mediante negoziazioni a margine della seduta: gli interventi/domanda erano di 60-90 secondi l’uno, e lei si era preparata un discorso stampato di tre pagine… Alla fine però il contenuto del suo intervento è stato molto apprezzato: bene. Anche se dovrò pagare delle cene per questo.

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lunedì 30 Ottobre 2006, 10:35

L’apertura

La prima giornata dell’IGF si è appena aperta, in un clima di grande eccitazione ma anche di grande confusione. E’ una prima assoluta e sono molte le cose che non funzionano, da quelle piccole (non ci sono prese di corrente in sala…) a quelle grandi: la scelta di una zona di turismo di lusso, in un albergo da 170 euro a notte, è decisamente esclusiva; io sto in una quasi-topaia che costa 130 euro (altri dettagli qui), e un panino all’albergo costa 15 euro… insomma, i greci stanno cercando di farci i soldi.

Ora sta parlando il primo ministro greco, leggendo un discorso che è un copia e incolla di tutti i documenti precedenti di questo processo: ho persino riconosciuto parola per parola una frase che ho scritto io… Si è anche vantato che la Grecia ha “uno dei più alti tassi di crescita al mondo delle connessioni a banda larga” (prima erano due, ora sono quattro?). Ma insomma, è normale: in questo genere di occasioni viene mandato ad aprire un politico di alto livello che solitamente non capisce nulla dell’argomento, e si limita a leggere qualcosa scritto dall’assistente del vice del direttore del ministero responsabile, l’unico che abbia veramente usato Internet in vita sua.

Il posto però è bello, ed è sempre piacevole essere qui nel mezzo dell’azione. Resta da vedere se tutto questo riuscirà prima o poi ad avere impatti pratici, ma insomma, siamo qui per provarci.

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