In questi giorni se n’è parlato parecchio un po’ ovunque, e allora vorrei esporre il mio pensiero sulle domeniche ecologiche come quella che si svolgerà domani (perdonate se è un po’ lungo, ma la materia non si può trattare per slogan).
Premetto che a me l’idea di girare tranquillamente per la città a piedi o in bicicletta piace molto, ma che non è questo il punto che deve determinare le decisioni di una amministrazione comunale, dato che ognuno può scegliersi le attività ricreative che preferisce. Quello che però richiede un intervento è il livello di inquinamento: la libertà di muoversi in auto finisce là dove genera danni intollerabili alla collettività , in termini di salute, di ambiente e di costi.
(Infatti, il sussidio economico collettivo all’uso dell’auto privata, in termini di spese per strade, parcheggi, sottopassi, semafori, vigili, incidenti e di spese mediche per le malattie che ne derivano, è incalcolabile; nel momento in cui una parte consistente della cittadinanza rifiuta l’auto privata, le spese che ne derivano dovrebbero essere strettamente accollate a chi invece la usa.)
Quello che però lascia perplessi, tuttavia, è proprio lo scarso collegamento tra domeniche ecologiche e calo dei livelli di inquinamento, spesso del tutto smentito dai dati. E’ vero, si può tirare in ballo un fattore educativo, ma l’idea che chi è rimasto (controvoglia) bloccato in casa la domenica poi impari a non usare l’auto il lunedì mi pare abbastanza dubbia; anzi, scommetto che gli automobilisti incalliti la useranno ancora di più per rifarsi contro i “maledetti ecologisti”.
D’altra parte, non è nemmeno accettabile l’estensione per induzione di questo ragionamento. Il fatto che una domenica di blocco del traffico non faccia particolarmente calare l’inquinamento non vuole affatto dire che il traffico non sia una sorgente importantissima di inquinamento. Se mai, vuol dire che le domeniche ecologiche sono “too little, too late”: un rimedio improvvisato e abborracciato di fronte a una situazione devastante (16 sforamenti dei limiti di legge, già piuttosto generosi, nei primi 18 giorni dell’anno) di cui però nessuno vuole farsi carico, perché all’italiano medio piace essere “benaltrista” e dire che non è la propria auto che inquina, ma il bus pubblico vecchio di vent’anni o la caldaia del palazzo di fronte (mai la propria, beninteso).
Scommetto peraltro che la logica risposta a quest’ultima argomentazione – togliere il blocco del traffico e imporre invece un “blocco delle caldaie” in pieno gennaio – non soddisferebbe comunque chi la espone; e vorrei anche far notare che un bus Euro 0 con anche solo dieci persone a bordo (ma spesso sono venti o cinquanta) inquina comunque molto meno che dieci auto Euro 5 con una persona a bordo ciascuna; peraltro buona parte del parco bus torinese è già stata rinnovata abbastanza di recente.
Dunque, investiamo pure nel rinnovo dei mezzi pubblici (magari elettrici) e in controlli accurati sulle caldaie (e su questo vi rimando alla bella analisi dell’esperto in materia della lista a cinque stelle), ma il traffico è e resta un problema; piantiamola di cercare scuse per non voler fare il sacrificio di usare un po’ meno l’auto privata. (Qualcuno mi ha pure detto che la colpa è delle Alpi che impediscono il ricambio d’aria; vero, ma allora la soluzione qual è, spostare Torino in Liguria? o morire di cancro allargando le braccia e gridando “maledette Alpi”?)
Bisogna però finirla con le improvvisazioni, che moltiplicano il disturbo e il danno ai cittadini. Per questa domenica erano programmate innumerevoli attività private, incontri sportivi, aperture straordinarie di ipermercati e persino l’inaugurazione di un mobilificio, che avrà speso una fortuna in pubblicità : un danno pesante che si poteva evitare se le “domeniche ecologiche” fossero state programmate non con tre giorni d’anticipo, ma con tre mesi.
E poi, piuttosto che bloccare il traffico di domenica bisogna farlo diminuire 365 giorni l’anno. Da una parte bisogna investire per migliorare frequenza e comodità dei mezzi pubblici, puntando su altre linee di metro (magari coi soldi risparmiati non facendo l’inutile TAV Torino-Lione) e su linee di tram e bus ad alta frequenza, aumentando le corsie preferenziali e le vie riservate al trasporto pubblico, diffondendo il bike sharing e piste ciclabili decenti e non raffazzonate come le attuali; dall’altra bisogna disincentivare economicamente le auto private, possibilmente con tariffe proporzionali al valore e al consumo dell’auto per non creare differenze sociali (i ricchi in auto e i poveri in bus).
Se tutti i torinesi che spendono tranquillamente 2000 o 3000 euro l’anno per la propria auto privata ne dessero 300 al Comune, si potrebbero avere mezzi pubblici molto migliori e si potrebbe vivere a Torino senza possedere un’auto, prendendola al car sharing solo quando strettamente necessario; e i torinesi risparmierebbero anche un mucchio di soldi.
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