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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


sabato 12 Febbraio 2011, 12:00

Dedicato ad Agostino Ghiglia

Ieri a Torino si è verificato un brutto episodio, l’invasione della sede torinese del PDL da parte di un gruppo di donne vicine ai centri sociali, tra cui la ragazza che tirò un fumogeno a Bonanni alla festa del PD. E’ brutto perché, secondo me, invadere la sede di un partito che la pensa in maniera opposta a te non è un metodo di protesta democratico, anche se posso capire che ormai qui di democratico c’è poco (però quel poco che c’è va difeso, a partire dagli articoli 21 e 49 della Costituzione).

Ma è ancora più brutta la reazione della polizia, che ha picchiato e spintonato non solo i manifestanti ma anche i giornalisti, aizzata dai due “leader politici” del PDL che, stando alle testimonianze, si sono tranquillamente uniti agli spintoni: Agostino Ghiglia e Maurizio Marrone.

Ghiglia è da sempre il leader degli ex fascisti di Torino, prima nell’MSI, poi in AN, ora nel PDL; nel suo passato c’è anche una condanna a 8 mesi per aver picchiato dei liceali di sinistra, e solo un annetto fa, nello stesso luogo, affrontava gli studenti con la cinghia in mano. Marrone è un suo adepto, un fan Ghiglia ex FUAN e attualmente candidato sindaco alle primarie del PDL (la corrente ha candidato lui da quando si è scoperto che persino l’usciere del palazzo raccoglie più consensi di Ghiglia), che ha tappezzato Torino con un fantastico slogan che invita appunto a colorare Torino di marrone: se lo dicono pure da soli che sono delle (puntini).

E allora io vi lascio prima con un video che potete guardare qua e là per capire meglio quanto è accaduto ieri:

e poi con un video più piacevole: è divertente, va cantato in coro e vi spiega perché i fascisti del PDL sono lì. Dedicato ad Agostino Ghiglia.

[tags]torino, pdl, politica, manifestazioni, donne, ghiglia, marrone, elezioni comunali[/tags]

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giovedì 10 Febbraio 2011, 16:01

Le manipolazioni dei giornali locali

Spesso mi chiedono perché noi grillini ce l’abbiamo con l’informazione, e se non pensiamo di essere ipercritici o vittimisti quando sosteniamo che i media manipolano la realtà a fini politici, anche nelle piccole cose. Eppure, in questo paio di giorni sono usciti due articoli davvero esemplari, e dunque ve li sottopongo.

Il primo viene dalla cronaca di Torino di Repubblica: è intitolato “Appalti truccati per lavori stradali, otto condanne e sei assoluzioni”. In realtà, leggendo il pezzo, si scopre che il principale “appalto truccato” è quello relativo alla TAV Torino-Lione, e per la precisione alla realizzazione del cunicolo esplorativo a Venaus; il cantiere degli scontri del 2005, il cui appalto è ora stato mutato in quello per il nuovo cunicolo esplorativo di Chiomonte. Gli altri appalti sono opere minori, di almeno un ordine di grandezza.

Ora, che quel cantiere fosse truccato è una grossa notizia; e invece non solo ci si mette un titolo che porta fuori strada, ma nell’articolo si parla ripetutamente di “linea ferroviaria ad alta velocità”… senza specificare quale. Solo in un punto si parla di “Torino-Lione”, ma non dove si parla degli appalti oggetto di processo, bensì dove si parla delle persone coinvolte, come a suggerire che potrebbe trattarsi di una persona che ora lavora a quello ma al tempo dei fatti faceva altro. E nell’intero articolo non compare nemmeno una volta, nemmeno una volta, la parola “TAV”.

Bisogna comunque dire che almeno, pur se in maniera accuratamente depotenziata, Repubblica ha dato la notizia; sul sito della Stampa c’era solo un articolo che diceva che gli oppositori della TAV si sono alleati con gli odiati milanesi per portarci via il luminoso futuro cementizio.

La Stampa festeggia però con un altro meraviglioso articolo uscito oggi: questo. In esso, il giornale della fabbrica di auto sostiene che in questo periodo di blocchi del traffico gli ecologisti non hanno tanto da fare gli splendidi, perché anche le biciclette inquinano l’aria. Come? Beh, semplice: l’attrito delle gomme sulla strada solleva le polveri inquinanti depositate in terra e le rimette in circolo nell’aria.

L’argomento è totalmente demenziale: primo perché c’è una differenza fondamentale tra produrre inquinamento, come fanno le auto (i veicoli a motore generano l’85% del PM10 nell’aria), e spostare l’inquinamento già creato da altre fonti. E’ una differenza che capisce anche un bambino, non pensiate che non la capiscano i redattori della Stampa. Secondo, perché a questo punto tutto inquina, anche i pedoni, anche i piccioni, anche le flatulenze del vostro gatto; e infatti l’obiettivo è proprio quello, dire che tutto inquina dunque non fa differenza, e andiamocene pure in macchina.

Se leggete spesso La Stampa, saprete che ogni due o tre giorni su Specchio dei Tempi compare una lettera contro i ciclisti, pericolosi investitori di pedoni, occupanti di marciapiedi, sottrattori di parcheggi e così via; ora anche inquinatori. So che l’idea urta la vostra intelligenza, ma pensateci: La Stampa vi considera così deficienti da pensare che possiate credere che in fondo in fondo un’auto o una bici per l’inquinamento è lo stesso. E voi gli date pure dei soldi.

[tags]giornalismo, malafede, disinformazione, tav, no tav, corruzione, appalti, repubblica, la stampa, specchio dei tempi, torino, inquinamento, bici, traffico[/tags]

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venerdì 4 Febbraio 2011, 14:18

Raphael Rossi, il Comune e i cittadini

Sicuramente conoscete la vicenda di Raphael Rossi, consigliere di amministrazione dell’Amiat che ha bloccato una delibera di acquisto da quattro milioni di euro rendendosi conto che non serviva a nulla, e a cui i dirigenti Amiat dell’epoca avrebbero offerto una tangente per chiudere un occhio, tangente che lui ha rifiutato chiamando i carabinieri. In queste settimane si è svolta l’udienza preliminare e ieri è arrivata la prima decisione: tutti gli imputati sono stati rinviati a giudizio (uno ha direttamente patteggiato).

Lo scandalo nello scandalo è però avvenuto quando, subito prima di Natale, il Comune di Torino ha deciso di non costituirsi parte civile nel processo. In un processo penale, la costituzione di parte civile serve a dichiararsi parte lesa: nel processo (a differenza del processo civile) è lo Stato ad essere controparte degli imputati, ma chi ha subito danno dal reato può diventare parte civile ed eventualmente ricevere poi un risarcimento. Un gran numero di costituzioni di parte civile, di fatto, dimostra anche l’interesse pubblico nel processo stesso.

Il Comune ha dichiarato che per loro era sufficiente la costituzione della stessa Amiat, ma la sostanza è ben diversa: non costituirsi parte civile è un modo per prendere politicamente le distanze dalla coraggiosa denuncia di Raphael. Non vi sembri strano: persone che partecipano attivamente ai circoli ecologisti della nostra città, ambienti progressisti e di sinistra, hanno riportato che quando si tocca l’argomento scattano gli imbarazzi, e anzi molti dicono esplicitamente che “così non si fa”, che va bene bloccare la delibera ma denunciare no, che non si portano in pubblico i panni sporchi dell’amministrazione cittadina, “che poi se no vincono la Lega e i qualunquisti”.

(Queste frasi mi hanno ricordato di quando noi andammo a contestare Schifani alla festa del PD e alla fine alcuni dirigenti PD si avvicinarono a noi in privato e ci dissero: “va bene contestare per richiamare le telecamere, ma così non si fa, dopo un po’ dovete smettere e lasciarci fare il comizio”. Loro non capivano che uno potesse contestare perché veramente indignato dal fatto e non per ottenere un passaggio televisivo; e si riferivano però a regole non scritte del teatrino politico che evidentemente noi non conosciamo.)

Comunque, dopo essermi indignato, io ho pensato un’altra cosa: ma il Comune mica è Chiamparino. Il Comune siamo noi, tutti i torinesi; e la corruzione nelle aziende di servizi danneggia tutti noi. Se l’Amiat butta via quattro milioni di euro in modo clientelare, poi la TARSU dovrà aumentare, oppure aumenterà il già enorme buco di bilancio del Comune. Ognuno di noi soffre dalla corruzione un danno economico diretto e ben preciso!

E così, ho tentato l’impossibile: ho tentato di costituirmi personalmente parte civile nel processo. Subito dopo le vacanze sono andato in tribunale, a cercare di parlare con il PM Pellicano: una scena surreale. Sono salito su negli uffici, ho percorso i corridoi fino a trovare la stanza giusta, numero 61401. Lui non c’era, c’era la segretaria; le ho spiegato brevemente cosa volevo fare. Lei mi ha guardato con gli occhi sbarrati e ha detto: “ma scusi, ma allora se è parte lesa lei lo è chiunque, lo sarei anch’io!”. Brava signora, vedo che ha capito.

Alla fine, comunque, non ci sono riuscito. Il PM ha avuto problemi personali, le udienze sono state rinviate – ma (con mia sorpresa, credevo che i processi fossero pubblici – si vede che non sono pratico di processi?) si sono svolte a porte chiuse. Ho chiesto ovviamente a Raphael, anche per assicurarmi che l’iniziativa fosse a lui gradita e non controproducente per l’accusa; lui è stato gentilissimo e ha gradito l’idea, ma mi ha detto che la vedeva difficile. Ho interpellato un’amica avvocato e competente in materia, che mi ha confermato che era praticamente impossibile che un giudice accogliesse la mia richiesta; è già difficile che vengano accettate le costituzioni di parte civile delle associazioni (so che ci stava provando Legambiente ma non so come sia finita), quella di un singolo cittadino è fantascienza.

Eppure non capisco perché: il Comune non è un sindaco-amministratore delegato, un assessore-manager che parla di “risultato economico” del “gruppo Città di Torino” (caro Passoni parlo di te) o un gruppetto di dirigenti che rispondono solo a se stessi. Il Comune siamo tutti noi, e non è assolutamente solo uno slogan.

P.S. In molti mi hanno chiesto perché non portiamo Raphael Rossi nel Movimento, perché non lo candidiamo. Con Raphael c’è collaborazione, solidarietà massima per la sua vicenda, grande stima; ma lui è tesserato di un partito (Rifondazione) e ha altre idee politiche (sul suo vecchio profilo Facebook c’era scritto “idee politiche: Cuban Communist Party”). Non c’è niente di male nell’essere comunisti, ma noi non vogliamo portare nelle istituzioni quell’ideologia – né alcuna ideologia; ciò non toglie che, sulle questioni in cui la pensiamo allo stesso modo, agiremo insieme senza problemi.

[tags]amiat, processo, raphael rossi, rifiuti, corruzione, torino, comune, sindaco[/tags]

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mercoledì 2 Febbraio 2011, 18:49

La casa è un diritto (anche per chi ce l’ha)

Anche se raramente arrivano all’onore delle cronache, storie come quella di via Frejus 83 – famiglie che non possono più pagare l’affitto della casa in cui abitano, ma resistono allo sfratto non sapendo dove andare – sono sempre più frequenti nella nostra città. Sono paradossali, in una città con decine di migliaia di alloggi vuoti, spesso nuovi di zecca e mai abitati. Sono storie che da sole non si risolvono, perché caratterizzate dal conflitto tra due esigenze primarie: quella di avere un tetto sulla testa e quella di poter usufruire del proprio patrimonio legittimamente acquisito. Proprio per questo, sono storie che evidenziano soprattutto un vuoto, il vuoto della politica e dell’amministrazione pubblica, che esiste appunto per gestire collettivamente situazioni singolarmente ingestibili.

La discussione di questi casi degenera di solito in diatribe ideologiche: nella nostra società è considerato prevalente il diritto di proprietà, dunque quasi tutti sono a favore dello sfratto, mentre una rumorosa minoranza – ben rappresentata dai centri sociali, che infatti si sono buttati a pesce a strumentalizzare il caso, ma che raccoglie molti insospettabili adepti anche nei salotti buoni e tra gli intellettuali alla moda – ritiene che sia prevalente il diritto alla casa. In realtà, esiste una soluzione che riconcilia entrambe le esigenze: lo sfratto s’ha da fare, ma il Comune deve trovare una sistemazione provvisoria a queste persone; una sistemazione che, come per i sussidi di disoccupazione nei sistemi sani, fornisca un aiuto temporaneo ma non diventi a tempo indeterminato.

Infatti, la realtà spesso è molto meno chiara di come la dipinge l’ideologia. Io nella mia vita ho assistito direttamente a situazioni molto varie; ricordo il dramma, da bambino, di quando pignorarono i mobili alla nostra vicina di casa; ricordo una visita da amici alle case popolari di corso Taranto, con persone che non compravano la carne perché costava troppo ma avevano, magari di terza mano, il macchinone e la TV gigante con l’abbonamento al calcio Sky; ricordo i miei parenti che affittarono il loro alloggio a una avvocatessa in carriera, certo non a corto di denaro, che smise di pagare l’affitto dopo i primi due mesi sfidandoli a farle causa, e ci sono voluti quattro anni per buttarla fuori; ricordo la casa popolare in cui vivono alcuni amici, dove la vicina di sotto si fingeva ragazza madre disoccupata, nascondendo il compagno fisso e i redditi, per mantenere la casa e l’affitto quasi nullo, truffando lo Stato e negando la casa a qualcuno più bisognoso di lei.

Come vedete, c’è una cosa che proprio non si può fare in questi casi: giudicare per categorie precostituite. Quando io sento parlare dell’ennesima “proroga del blocco degli sfratti”, mi vengono i brividi: perché accanto a situazioni che meritano sostegno, ci sono tantissimi furbi che stanno in una casa altrui a spese altrui. E’ pratica tutta italiana quella di scaricare i problemi su chi è così sfortunato da trovarseli in casa (vedi anche, su scala gigante, la vicenda della Clinica San Paolo, dove il problema dell’accoglienza dei profughi venne scaricato su chi ci abitava vicino senza tanti complimenti). Io non sono affatto contrario a un riutilizzo anche forzoso degli spazi inutilizzati in città: se ci sono strutture inutilizzate, anche private, le si metta a buon uso. Ma non si scarichi il costo dell’assistenza sullo sfortunato proprietario di turno, talvolta senza nemmeno andare a vedere se questa assistenza è veramente meritata.
[tags]casa, sfratti, diritti, urbanistica, immobili[/tags]

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sabato 29 Gennaio 2011, 19:44

Una riflessione sulle domeniche a piedi

In questi giorni se n’è parlato parecchio un po’ ovunque, e allora vorrei esporre il mio pensiero sulle domeniche ecologiche come quella che si svolgerà domani (perdonate se è un po’ lungo, ma la materia non si può trattare per slogan).

Premetto che a me l’idea di girare tranquillamente per la città a piedi o in bicicletta piace molto, ma che non è questo il punto che deve determinare le decisioni di una amministrazione comunale, dato che ognuno può scegliersi le attività ricreative che preferisce. Quello che però richiede un intervento è il livello di inquinamento: la libertà di muoversi in auto finisce là dove genera danni intollerabili alla collettività, in termini di salute, di ambiente e di costi.

(Infatti, il sussidio economico collettivo all’uso dell’auto privata, in termini di spese per strade, parcheggi, sottopassi, semafori, vigili, incidenti e di spese mediche per le malattie che ne derivano, è incalcolabile; nel momento in cui una parte consistente della cittadinanza rifiuta l’auto privata, le spese che ne derivano dovrebbero essere strettamente accollate a chi invece la usa.)

Quello che però lascia perplessi, tuttavia, è proprio lo scarso collegamento tra domeniche ecologiche e calo dei livelli di inquinamento, spesso del tutto smentito dai dati. E’ vero, si può tirare in ballo un fattore educativo, ma l’idea che chi è rimasto (controvoglia) bloccato in casa la domenica poi impari a non usare l’auto il lunedì mi pare abbastanza dubbia; anzi, scommetto che gli automobilisti incalliti la useranno ancora di più per rifarsi contro i “maledetti ecologisti”.

D’altra parte, non è nemmeno accettabile l’estensione per induzione di questo ragionamento. Il fatto che una domenica di blocco del traffico non faccia particolarmente calare l’inquinamento non vuole affatto dire che il traffico non sia una sorgente importantissima di inquinamento. Se mai, vuol dire che le domeniche ecologiche sono “too little, too late”: un rimedio improvvisato e abborracciato di fronte a una situazione devastante (16 sforamenti dei limiti di legge, già piuttosto generosi, nei primi 18 giorni dell’anno) di cui però nessuno vuole farsi carico, perché all’italiano medio piace essere “benaltrista” e dire che non è la propria auto che inquina, ma il bus pubblico vecchio di vent’anni o la caldaia del palazzo di fronte (mai la propria, beninteso).

Scommetto peraltro che la logica risposta a quest’ultima argomentazione – togliere il blocco del traffico e imporre invece un “blocco delle caldaie” in pieno gennaio – non soddisferebbe comunque chi la espone; e vorrei anche far notare che un bus Euro 0 con anche solo dieci persone a bordo (ma spesso sono venti o cinquanta) inquina comunque molto meno che dieci auto Euro 5 con una persona a bordo ciascuna; peraltro buona parte del parco bus torinese è già stata rinnovata abbastanza di recente.

Dunque, investiamo pure nel rinnovo dei mezzi pubblici (magari elettrici) e in controlli accurati sulle caldaie (e su questo vi rimando alla bella analisi dell’esperto in materia della lista a cinque stelle), ma il traffico è e resta un problema; piantiamola di cercare scuse per non voler fare il sacrificio di usare un po’ meno l’auto privata. (Qualcuno mi ha pure detto che la colpa è delle Alpi che impediscono il ricambio d’aria; vero, ma allora la soluzione qual è, spostare Torino in Liguria? o morire di cancro allargando le braccia e gridando “maledette Alpi”?)

Bisogna però finirla con le improvvisazioni, che moltiplicano il disturbo e il danno ai cittadini. Per questa domenica erano programmate innumerevoli attività private, incontri sportivi, aperture straordinarie di ipermercati e persino l’inaugurazione di un mobilificio, che avrà speso una fortuna in pubblicità: un danno pesante che si poteva evitare se le “domeniche ecologiche” fossero state programmate non con tre giorni d’anticipo, ma con tre mesi.

E poi, piuttosto che bloccare il traffico di domenica bisogna farlo diminuire 365 giorni l’anno. Da una parte bisogna investire per migliorare frequenza e comodità dei mezzi pubblici, puntando su altre linee di metro (magari coi soldi risparmiati non facendo l’inutile TAV Torino-Lione) e su linee di tram e bus ad alta frequenza, aumentando le corsie preferenziali e le vie riservate al trasporto pubblico, diffondendo il bike sharing e piste ciclabili decenti e non raffazzonate come le attuali; dall’altra bisogna disincentivare economicamente le auto private, possibilmente con tariffe proporzionali al valore e al consumo dell’auto per non creare differenze sociali (i ricchi in auto e i poveri in bus).

Se tutti i torinesi che spendono tranquillamente 2000 o 3000 euro l’anno per la propria auto privata ne dessero 300 al Comune, si potrebbero avere mezzi pubblici molto migliori e si potrebbe vivere a Torino senza possedere un’auto, prendendola al car sharing solo quando strettamente necessario; e i torinesi risparmierebbero anche un mucchio di soldi.

[tags]traffico, inquinamento, auto, mezzi pubblici, divieti, domeniche ecologiche[/tags]

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venerdì 28 Gennaio 2011, 23:25

Geni al volante

Ieri all’ora di pranzo ero sul 15, in via Monginevro, poco prima dell’incrocio con corso Trapani, in direzione periferia. La via è stretta, e in larghezza ci stanno quattro macchine e tre spilli per separarle; le due file ai lati sono occupate dalle auto parcheggiate, mentre nelle due centrali passa il traffico, una corsia per senso di marcia, inframmezzato ai tram. E’ una di quelle vie da cui il traffico di scorrimento andrebbe eliminato, rigirandolo sui viali adiacenti; ad esempio si potrebbe pedonalizzare (tram escluso) un isolato ogni tanto, che diventerebbe anche un centro commerciale naturale.

Comunque, in quel punto il 15 fa una fermata; e dunque io ero lì, seduto negli ultimi posti, a tram fermo. Dietro di noi c’era una fila di tre o quattro auto ferme in attesa che il tram ripartisse, visto che non c’è assolutamente spazio per passare. A un certo punto, arriva una utilitaria grigia guidata da una donna di età sui quarant’anni; vede la coda, e come se niente fosse decide di superare in blocco l’intero gruppo. Imbocca dunque con decisione la corsia contromano, senza considerare che il blocco era lungo diverse decine di metri.

E infatti, quando non era ancora giunta nemmeno al retro del tram, dall’altra parte hanno cominciato ad arrivare delle auto, dritte dritte verso lo scontro frontale. A quel punto, che fare: fermarsi e rientrare? Ma no: sfruttando un parcheggio libero sul lato contromano, si è infilata diagonalmente di punta, mettendo una ruota sul marciapiede e rischiando così di investire un paio di pedoni.

Ovviamente, nel frattempo il tram ha finito la fermata ed è ripartito, portandosi dietro le auto diligentemente ferme in coda, mentre l’autista geniale rimaneva bloccata contromano sul marciapiede: allontanandomi col tram, l’ho vista sparire in lontananza bloccata lì, mentre cercava un improbabile momento di calma per mettere la retromarcia e riuscire a uscire. E mi son chiesto cosa possa spingere delle persone a guidare in quel modo.

P.S. Prima che partano i luoghi comuni, segnalo che ho visto abbondanti episodi del genere anche con guidatori uomini…

[tags]viabilità, traffico, auto, tram, guidatori, via monginevro[/tags]

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giovedì 27 Gennaio 2011, 08:02

Flash mob a Porta Nuova

Forse avrete sentito al telegiornale che ieri sera a Porta Nuova c’è stato un “flash mob”: un nutrito gruppo di persone vestite di nero, principalmente donne, si è radunato nell’atrio della stazione e, ad un segnale convenuto, ha cominciato a ballare. Poi è stato esposto uno striscione che diceva “L’Italia non è una repubblica basata sulla prostituzione.”: l’obiettivo era contestare la cultura apertamente sessista e squalificante verso le donne che è riemersa in questi ultimi tempi, a partire dagli scandali sessuali del Presidente del Consiglio.

Un “flash mob” è una manifestazione aperta a chiunque e organizzata in un luogo pubblico senza preavviso, semplicemente spargendo la voce, e iniziando di colpo, ad un segnale noto solo ai partecipanti, per cogliere di sorpresa tutti quelli che passano di lì; una volta sarebbe stato impossibile farlo, ma oggi c’è Facebook. Peraltro questo “flash mob” ha avuto poco di “flash”, visto che tutti erano lì già mezz’ora prima esibendo apertamente cartelli e vestiti, che la manifestazione era stata ampiamente annunciata sui media ufficiali – ne aveva parlato persino La Stampa, con tanto di link – e che c’erano più telecamere che nel caveau di una banca. Se la sorpresa è un po’ mancata, l’effetto però è stato ottimo, così come la risonanza della manifestazione stessa.

Il momento migliore, però, è arrivato inatteso: alla fine, quando la musica si è spenta e tutti erano in silenzio non sapendo bene che fare, qualcuno (non so se sincero o provocatorio) ha gridato “Forza Silvio!”. Lì la folla ha reagito fischiando, e poi con un minuto di grida, “dimissioni, dimissioni”, che ha quasi fatto venir giù i muri della stazione.

La rabbia che una parte del Paese ha verso Silvio è ampiamente giustificata, ma spesso dimentica il fatto che il problema è culturale e non politico, e che le cose non sarebbero molto diverse con altri partiti al governo (per quanto quello dell’approccio alle donne sia uno dei campi dove esiste ancora una diversità). Comunque, l’intensità del sentimento è impressionante; e per domenica 6 febbraio è prevista una grande manifestazione ad Arcore. Vedremo cosa succederà; nel frattempo, ecco qui sotto il video di ieri sera, mentre su Youtube potete trovare anche una versione integrale senza tagli.

[tags]flash mob, torino, porta nuova, berlusconi, ruby, contestazione, donne, pari opportunità[/tags]

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martedì 25 Gennaio 2011, 23:56

Torino città dell’open government

Giustamente non ne sapevo nulla, ma oggi pomeriggio tutta una serie di persone che conosco bene ha lanciato un appello ai candidati sindaco per Torino, ospitato sul blog di Fabio Malagnino. Lo scopo dell’appello è promuovere l’idea di Torino città dell’open government, garantendo la massima trasparenza ai dati e alle azioni della pubblica amministrazione e incrementando la possibilità dei cittadini di accedervi, ad esempio tramite il wi-fi libero e il free software (loro parlano di “open source” ma sono sicuro che intendevano “free software”).

Potevo rifiutare l’invito? No di certo. Come ho scritto loro, sottoscrivo in pieno e di cuore: non solo la trasparenza della politica e della pubblica amministrazione è una delle battaglie fondamentali del Movimento 5 Stelle, ma personalmente mi occupo di libera circolazione dell’informazione e della conoscenza in rete da qualcosa come quindici anni.

Non a caso, nel video che ci presenta e dove ci può essere spazio solo per pochissime delle nostre proposte, abbiamo voluto infilare un portatile in piazza Castello e un brano in Creative Commons (con annessa protesta civile sull’iperprotezione della proprietà intellettuale, come descritto nel post scorso).

Spero davvero che il pungolo di un movimento civico indipendente come il nostro possa servire a far aderire anche i candidati dei partiti: è successo con altre battaglie e magari succederà anche con questa… purché poi mantengano le promesse!

[tags]internet, trasparenza, pubblica amministrazione, open government, software libero, wi-fi, creative commons[/tags]

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lunedì 24 Gennaio 2011, 23:51

Cineasta anzichenò

Forse avrete visto che anche Beppe Grillo, trovando una foto di me in giacca e cravatta che manco io sapevo di avere, ha fatto l’annuncio della lista del Movimento 5 Stelle Torino. E insieme all’annuncio c’è un video che abbiamo girato ormai qualche settimana fa, nel gelo dei primi giorni dell’anno, coinvolgendo molti dei candidati della nostra lista, che avete così l’occasione di vedere in faccia.

Girarlo è stato impegnativo (ci abbiamo messo due giorni e mezzo per i due minuti di video nuovi, più un altro paio di giornate mie per il filmato di repertorio: quattro giorni e mezzo per quattro minuti e mezzo di filmato) ma ci siamo divertiti, spostandoci per Torino nei vari luoghi (potete divertirvi a riconoscerli tutti, comunque sono elencati in fondo). Io ho ideato lo storyboard, ma le immagini sono di Alberto Airola, che oltre ad essere uno dei nostri candidati è anche un professionista del mestiere (tipo che ha lavorato con Storaro alle riprese del Rigoletto in diretta della RAI). E infatti le immagini sono bellissime, e Youtube non rende loro giustizia.

Il video sul blog di Grillo è la versione ufficiale – con tutta la musica perfettamente legale. Ma a me questa storia che in Italia non esista il “fair use” (o meglio: esiste ma è molto limitato) non va proprio giù. Secondo me, per scopi non commerciali uno dovrebbe poter usare tutta la musica che vuole, fatto salvo il diritto dell’autore (dell’autore, non del discografico) di opporsi per motivi morali. E allora ho pubblicato anche la versione “director’s cut” con la musica che avevo originariamente scelto; la trovate qui sotto. Se vuole, la casa discografica può chiedermi i danni, ammesso che riesca a giustificare quali possano essere.

P.S. Ovviamente sul mio profilo è subito arrivato uno del PD che si è attaccato a quanto sopra per sostenere che noi grillini siamo pericolosi criminali refrattari alla legge – mica come il PD, che ha portato dei pregiudicati in Parlamento e alla presidenza della Campania, e a cui evidentemente la libera circolazione della conoscenza non interessa granché. Poi, alla seconda critica, ha negato di essere del PD, nonostante il suo profilo Facebook al momento si presenti così:

profilo-magazzu.png

Inoltre, mi pare che questa sia la stessa persona che presiede l’associazione Fly Torino, che dovrebbe combattere i guasti devastanti che l’amministrazione comunale del PD, l’amministrazione provinciale del PD e l’amministrazione regionale del PD hanno portato all’aeroporto di Caselle: uno strano conflitto di interessi. Ah, e se non era lui era un suo sosia, che circa un anno e mezzo fa mi offrì un aperitivo in piazza Sabotino e poi mi chiese se ci si poteva candidare alle regionali nel Movimento 5 Stelle

Capisco che noi poveri dilettanti della politica non possiamo competere col fascino tutto speciale del PD, però mi chiedo quanta paura di noi devono avere questi, per attaccarsi a tutto quel che trovano!

[tags]movimento 5 stelle, torino, video, riprese, copyright, fair use, pd, fly torino, caselle[/tags]

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venerdì 21 Gennaio 2011, 22:43

Vogliamo il Filadelfia

Oggi pomeriggio, una delegazione di tifosi granata ha incontrato l’assessore allo Sport del Comune di Torino per discutere dell’atto costitutivo della Fondazione Filadelfia, che ormai da tre anni gli enti pubblici si sono impegnati a creare per gestire insieme al Torino FC e alle associazioni dei tifosi la ricostruzione del glorioso stadio Filadelfia – per i tifosi del Toro, semplicemente “il Fila”.

Non si tratta tanto di una questione di tifo, ma di storia: lo stadio Filadelfia è un monumento dello sport nazionale, essendo il campo di gioco del Grande Torino perito nella tragedia di Superga. E’ un luogo assolutamente speciale persino non essendoci più; e per questo vi posso rimandare a qualche articolo del passato, ma soprattutto invitarvi a farci un giro (molti torinesi nemmeno sanno dove sia).

Costruito nel 1926, usato fino al 1963 per la Serie A e fino al 1993 per le giovanili granata (qui un gol di Christian Vieri al Filadelfia), lo stadio viene abbattuto nel 1998 – a parte alcuni moncherini di tribuna – dopo anni di parole al vento e di degrado, con la promessa di ricostruire immediatamente un impianto moderno in cui ospitare allenamenti, giovanili, foresteria, sede e museo del Grande Torino. In realtà, l’area (semicentrale) fa immediatamente gola a speculazioni edilizie di vario genere: palazzine e supermercati.

Per oltre dieci anni i tifosi si organizzano per salvare il loro monumento: puliscono il terreno, tagliano le erbacce, lo mantengono dignitoso e allo stesso tempo combattono con petizioni e manifestazioni i tentativi di speculazione. Buona parte dei soldi per ricostruirlo ci sarebbero, in quanto prima del fallimento del Torino Calcio di Cimminelli era stata posta a garanzia della ricostruzione una fidejussione di 3,5 milioni di euro che il Comune ha potuto incassare; inoltre vi è un impegno della società Bennet a versare un milione di euro per urbanizzazione e viabilità dell’area, in cambio del supermercato costruito nell’isolato adiacente già da alcuni anni.

Nonostante il Comune sia prontissimo a spendere soldi o a offrire condizioni di favore per impianti ben meno utili o sentiti dalla popolazione, dall’Arena Rock (5 milioni di euro, mai usata per un concerto) al recentissimo “stadio del curling”, per il Filadelfia le cose non si sbloccano mai. Nel 2008 il Comune si impegna a costituire con altri enti pubblici, la società e i tifosi una fondazione ad hoc, per gestire la ricostruzione con i fondi suddetti; ma continuano ad apparire problemi burocratici di ogni genere.

Dopo tredici anni di buio e tre anni dall’ultima promessa, i tifosi si radunano sotto il Comune per chiedere che venga costituita la Fondazione Filadelfia prima che il consiglio comunale venga sciolto per le prossime elezioni. Qui sotto potete vedere com’è andata.

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