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lunedì 18 Giugno 2007, 16:06

Le note sono secche

Ieri sera andavo tranquillamente in automobile per le vie di Torino, quando dalla radio una canzone ha attratto la mia attenzione: un pezzo di alcuni anni fa che conoscevo bene. Si tratta di The Seed 2.0 dei The Roots – anche se la canzone è originariamente di Cody ChesnuTT, un artista semisconosciuto “featured” nella versione dei The Roots, del 2003, distinta appunto dal “2.0”. I The Roots sono da vent’anni un gruppo hip-hop americano dei più quotati, anche se in Italia sono poco conosciuti. Il pezzo è molto bello, ha un riff di chitarra che si appiccica al cervello e racconta in modo crudo la storia di un uomo che commette un adulterio pur di avere un figlio, con tanto di dettagli su preservativi, pillole e test contro l’AIDS, e un metaforico parallelo con la nascita meticcia della musica nera di questi anni, che mescola jazz, rock e rap.

Peccato che qualcosa non tornasse: la musica era quella, ma sopra, invece di un flow in inglese, c’era la voce di Zucchero che cantava un testo altrettanto impegnato, qualcosa come “Sei proprio tu / Che cosa vuoi di più / Il poroporopompompero”. Insomma, alla fine il tutto era spacciato come “il nuovo singolo di Zucchero”: Un kilo, dal disco Fly dello scorso anno.

Ora, io ad Adelmo sono molto affezionato; Rispetto, oltre ad essere un capolavoro, è uno degli album a cui sono più attaccato, per motivi molto personali. Fino alla fine degli anni ’80 ha fatto della gran bella musica. Poi, però, la vena deve essersi seccata; e allora, è diventato il re del plagio: prende un pezzo bello ma poco conosciuto da noi, fa copia e incolla, cambia un paio di accordi in un angolino, e ci aggiunge un testo italiano pieno di vaghe e fini allusioni, tipo E scoppia la bomba, olé / Il grande baboomba è con te / E cala la mutanda, olé / Il grande baboomba è per te”; oppure, “Baila / Baila Morena / Sotto questa luna piena / Under the moonlight / E daila / Under the moonlight / Sotto questa luna piena / Daila Morena”. E poi, voilà, ecco il suo nuovo singolo!

Per rendervi conto di quel che intendo, se siete registrati (che qui ai bot non apriamo), potete ascoltare il pezzo di Zucchero, che, come dicono i crediti ufficiali, è “music & lyrics by Zucchero”:

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e confrontarlo con quello dei The Roots:

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Non solo il riff è sostanzialmente identico, ma persino la maggior parte del ritornello lo è; addirittura, Zucchero lo attacca cantando “Il tuo cervello non pesa un kilo” (con la k che fa più successo coi ggiovani) sulla stessa precisa melodia vocale di “I push my seed in her bush for life” dell’altra canzone (mi scusino le signore, il testo quello è).

Fin qui, niente di nuovo; del resto la manina lunga di Adelmo è nota a tutti, nonostante la sua faccia di tolla: qui trovate vari esempi (anche di altri: Tiziano Ferro che clona Kelly Osbourne è fantastico). Tornando al nostro, l’altra settimana l’ho visto vantare in TV la sua “collaborazione” col “grande poeta Piero Ciampi”, la cui poesia Mare al tramonto costituisce quasi alla virgola il testo del ritornello di una famosa canzone di Zucchero; peccato che sulla prima versione del disco non ci fosse menzione di Ciampi, i cui parenti dovettero fare causa per ottenere il riconoscimento di diritti morali e materiali e la correzione dei crediti: altro che collaborazione…

E però, in questo caso Zucchero si è superato, oppure la canzone dei The Roots doveva piacergli davvero tanto, perchè nello stesso disco, a qualche traccia di distanza, si trova una ulteriore canzone intitolata Pronto:

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Ok, qui ha cambiato almeno un paio di altre note del riff (la batteria è identica, eh). Ma si sa, le note sono sette, e queste cose succedono per caso…

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domenica 17 Giugno 2007, 10:24

Celebrità

Ieri sera siamo andati a fare una pizzata di fine anno in un locale di San Salvario. Il posto non era granchè, la pizza nemmeno, ma insomma non era quello il punto; ci siamo divertiti fino a tardi e poi, quando verso le undici e mezza hanno cominciato ad abbassarci le serrande in faccia, abbiamo capito che era tempo di andare.

Dopo aver pagato, usciamo e troviamo il proprietario seduto nel dehors con un amico. Il proprietario si informa se siamo soddisfatti, aspetta la risposta, poi indica l’amico seduto con lui e ci fa: “E lui, lo conoscete?”. Lo guardo, la faccia non sembra ignota, ma più che altro mi pare un qualsiasi tarro torinese ben oltre la quarantina. Il proprietario ci guarda, sorride, e poi, con orgoglio, ci dice: “E’ il fotografo di Corona!”. Il mio vicino sbarra gli occhi, al che lui aggiunge: “Quello che ha scoperto Lapo! Ma dai, è andato anche a Striscia la Notizia!”.

Lì, io collego: qualche mese fa, quelli di Striscia avevano rotto le scatole all’infinito – persino durante il TG5 – promettendo “scottanti rivelazioni sul caso Lapo Elkann”. Essendo presumibilmente una di quelle sere in cui la puntata dei Simpson su Fox si era rivelata una replica riproposta per la decima volta, avevo anche visto il servizio (dato che su Internet non si butta via niente, eccolo qua). Rispetto al servizio, si era rasato il pizzetto e stinto i capelli, ma era lui.

I due cercano invariabilmente di trascinarci nella conversazione, sembrando ansiosi di discutere dei dettagli. Noi facciamo l’osservazione standard ISO richiesta in questa situazione – “ma pensa uno che sta con Martina Stella e va con un trans” – e poi ce ne andiamo. L’unica domanda seria – “quanto paga Striscia?” – non sarebbe stata gentile, e poi siamo pur sempre piemontesi. Però, pensate a come se la tirerà questo tizio per il resto dei suoi giorni…

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sabato 16 Giugno 2007, 12:48

Rifiuti

È parecchie settimane che voglio commentare sull’infinita vicenda dei napoli che vivono nella propria merda. E, come potete notare, intenderei farlo senza ipocrisie: per cui, non parlare di “cittadini della Campania che si oppongono alla localizzazione di nuove discariche per il conferimento dei rifiuti solidi urbani”, ma di “napoli che vivono nella propria merda”, esattamente come è.

Premetto chiaramente che la generalizzazione è sbagliata e che le categorie di cui parlerò sono geografiche solo in modo tendenziale: sicuramente a Napoli esistono moltissimi individui onesti, lavoratori e con il senso della collettività, così come anche a Torino esistono moltissimi napoli – il termine dialettale per indicare un immigrato campano privo di istruzione e poco avvezzo all’igiene personale – dalle origini più varie, Piemonte incluso.

Eppure, quel che è successo a Napoli, a Torino sarebbe inconcepibile. Anche qui ci sono proteste di piazza, anche estremamente intense, contro discariche e inceneritori, così come contro altre opere che nessuno vuole nel cortile, a partire dalla TAV. Tuttavia, non è mai successo che le proteste arrivassero a bloccare le discariche per più di qualche simbolico pomeriggio; e non è mai successo che le proteste continuassero in modo violento e menefreghista anche di fronte a mesi e mesi di monnezza accumulata per le vie, ai topi che montano, alla puzza che manda le persone all’ospedale, ai roghi improvvisati che generano ogni specie di fumo tossico e poi magari si attaccano alle auto, alle scuole chiuse per pericolo di epidemie.

Perchè, sempre per dirlo chiaramente, nessuno di noi vuole vivere nella propria merda: da persone educate, abbiamo un rigetto istintivo verso l’idea, e persino la discarica nel cortile, alla fine, ci appare per quel che è, ovvero un male molto minore rispetto all’avere l’immondizia per le vie.

Ma anche perchè, avendo raggiunto la maggiore età, siamo tutti in grado di capire che i rifiuti esistono, che qualcosa bisognerà pur farne, e che questo è un problema collettivo, da cui nessuno può chiamarsi fuori; e quindi, si protesta finchè si può, anche duramente, ma una volta che la decisione viene presa, tramite le procedure più o meno democratiche che come Paese ci siamo dati, la rispettiamo perchè è la decisione di tutti.

A Napoli, invece, regna il menefreghismo più totale: l’immondizia è un problema di qualcun altro, e la collettività non esiste, esiste solo l’io, confidando che prima o poi appaia San Gennaro, o più probabilmente qualcuno più fesso di noi, a farsi carico del problema; o festeggiando il ritorno della squadra di calcio in serie A colorando di biancoazzurro i batteri del colera. Vi è, insomma, il rifiuto della società, del vivere insieme, della legge e dello Stato: il rifiuto della civiltà.

Davanti al rifiuto della società, la società ha due gradi di reazione possibile: l’educazione prima, e la repressione poi. Tuttavia, l’educazione è lavoro difficile e di lungo termine; nel momento in cui la società viene attaccata frontalmente, essa può soltanto cedere, o imporre l’interesse collettivo con la forza.

E così, in un paese civile, ad Ariano Irpino come in tutti quei posti con la monnezza per strada e la gente in rivolta, avrebbero già mandato da tempo i carri armati. Si è deciso che la discarica deve riaprire? E la discarica riapra, a qualsiasi costo; perchè se non lo si fa, è segno che lo Stato non esiste. I politici che invece impediscono questa risposta – dal sindaco del paese a Bassolino e Pecoraro Scanio – sono quindi doppiamente responsabili: perchè come amministratori pubblici hanno il dovere di imporre il rispetto della legge e dell’interesse collettivo, e invece sono i primi a sabotarlo.

Tutto questo, naturalmente, verrà prontamente bollato da alcuni come fascismo, leghismo o razzismo; e invece è il discorso più di sinistra che c’è, perchè quelli che perdono, nell’assenza di regole, sono i più deboli e non i più forti; lo Stato esiste proprio a garanzia dei deboli. In questa come in tante altre cose (dall’evasione fiscale alla microcriminalità cittadina), lo Stato italiano ha provato di non esistere più: di essere soltanto uno zombie che cammina per inerzia.
E quindi, cosa ci stiamo a fare noi, persone oneste e con il senso dello Stato, in uno Stato che non esiste, che chiede tasse sempre maggiori per finanziare la corruzione, le clientele e le libagioni dei potenti – come in un qualsiasi feudo medievale – e non garantisce nemmeno il rispetto della legge?

Si è parlato tanto, quindici anni fa, di secessione. All’epoca, era una proposta da burla, con un pirla in canottiera che delirava di ampolle magiche. In questi anni, però, i politici di entrambi gli schieramenti hanno lavorato duro per renderla realistica; la situazione è degenerata silenziosamente, e non so se siamo prima o dopo il punto di non ritorno. Perchè il mio sospetto è che la secessione già ci sia: perchè io, con quei “cittadini” che vivono nella propria merda e con quei politici che li assecondano, non ho nulla da spartire. Non è questione di divergenza di vedute, ma proprio della mancanza delle basi minime per poter impostare una convivenza civile. Io, da questa Italia, dentro di me ho già seceduto, e sono certo che non sono l’unico.

Cosa succederà, non lo sa nessuno; o finiremo per emigrare tutti, e lasciare che gli altri completino la trasformazione dell’Italia in un immondezzaio; o finirà di consumarsi lo Stato, in mezzo a bancarotte e proteste di piazza, dando luogo all’anarchia; o scatterà una guerra civile (anche se, vista la narcolessia da Grande Fratello, credo non ci siano le premesse culturali).

In tutto questo, è dura dover constatare che, forse forse, il progetto leghista era ancora la cosa meno drammatica.

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venerdì 15 Giugno 2007, 19:47

ICI online

In mezzo a tante lamentele, finalmente lo Stato italiano ne ha fatta una giusta: da quest’anno è possibile pagare l’ICI per qualsiasi comune d’Italia tramite il modello F24, e quindi, con praticamente qualsiasi banca, è possibile pagarlo online tramite Internet banking. Finora, esisteva soltanto qualche comune che accettava pagamenti tramite RID (ma richiedeva una lunga e burocratica procedura di accreditamento iniziale) o tramite carta di credito (ma con commissioni esorbitanti: a Torino si pagavano dodici euro, contro l’euro del bollettino postale…).

In pratica, una volta ricavate le cifre da pagare, si prende un modulo F24 (cartaceo o elettronico che sia), si va alla sezione “ICI e tributi locali”, e si compila una riga per ciascuna riga non vuota del classico bollettino ICI, ossia una riga per ciascun comune e ciascun tipo di immobili ai fini ICI (“abitazione principale”, “altri fabbricati”…). In ciascuna riga, bisogna indicare il codice catastale del comune in cui sono situati gli immobili – quella lettera e tre cifre che compaiono anche nel codice fiscale, es. L219 per Torino, e che potete ritrovare ad esempio qui -, barrare la casella dell’acconto (a dicembre sarà il saldo), inserire il numero delle unità immobiliari di quel tipo, e specificare il codice tributo 3901 per l’abitazione principale, 3902 per i terreni agricoli, 3903 per le aree fabbricabili o 3904 per gli altri fabbricati, box e case della nonna compresi; e poi, completare con l’anno – 2007, perché l’ICI si paga subito per l’anno in corso… – e l’importo. Nella casella in basso, va indicato l’importo di detrazione applicato per l’abitazione principale in questo acconto: 66 euro quasi ovunque.

Dopodichè, si invia; in genere si può anche indicare come data di pagamento quella della scadenza (lunedì, in questo caso), in modo da pagare il più tardi possibile. In caso di dubbi, il Comune di Torino offre persino delle pittoresche istruzioni, piene di effetti di testo in stile Word 6.0. Non male!

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venerdì 15 Giugno 2007, 13:35

Stile Moggentus

Ieri Marco Tardelli, ex giocatore campione del mondo ed ex allenatore della nazionale Under 21 campione d’Europa, ha lasciato il consiglio d’amministrazione della Juventus: il motivo da lui dichiarato ai giornali è che, dopo averlo cooptato nei giorni della bufera come “faccia pulita”, l’hanno accuratamente tenuto fuori da ogni attività tecnica o di mercato, che – tramite un prestanome, tal Alessio Secco – sono rimaste saldamente nelle mani di Bettega (non è un caso di omonimia: è lo stesso che dirigeva la Juve di Moggi). Capito che il cambiamento era solo di facciata, quando il contratto di Bettega è stato prolungato anche per i prossimi anni, Tardelli se ne è andato sbattendo la porta.

Tutto ciò sarebbe normale stile Moggentus, se non fosse per la ciliegina: oggi La Stampa dedica una intera pagina alla questione, che con toni pacati e vaselinosi parla di “questioni di potere” poste da “l’irrequieto Tardelli”. Aggiunge poi un disegnino (sui giornali vanno tanto di moda) raffigurante l’attuale CdA della Juve: esso comprende “Jean-Claude Blanc, amministratore delegato”, e poi “Aldo Mazzia, direttore amministrazione e bilancio Ifil”, e poi “Camillo Venesio, amministratore delegato e direttore generale Banca del Piemonte”… E poi lui, Tardelli, qualificato così: “Marco Tardelli, commentatore televisivo”. Che perfidia!

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giovedì 14 Giugno 2007, 18:03

Russi

Per equità, faccio seguire al post precedente – sulla tipica ignoranza della propria lingua che affligge gli americani – un post sullo stile retorico dei russi.

Qualche giorno fa, mi è stato forwardato questo articolo di una newsletter russa. Non starò a tediarvi con la traduzione in italiano della traduzione in inglese che un bulgaro ha fatto per me; in sostanza, si tratta di un pezzo sull’imperialismo americano che si estende alla rete. Intitolato “Gli americani vogliono governare la rete russa” (ossia, i domini in cirillico), presto inizia con le domande retoriche come “Non sarebbe ora che la Russia stessa controlli l’Internet in russo?”, supportato dall’inoppugnabile argomento che i cinesi già fanno così.

Ma la cosa più bella è che, in uno stile che ricorda i comunicati del vecchio PCI, il pezzo viene chiuso con un richiamo ad una famosa frase dell’immortale compagno Lenin Stalin Kruscev Breznev Gorbaciov Eltsin Putin, e precisamente «Мы проявили слабость, а слабых бьют», ovvero, se la sfilza di traduzioni non inganna, “Abbiamo mostrato debolezza, e i deboli vengono battuti!”.

Se la ripetete pensando al ghigno malefico di Vladimir, non potranno che venirvi i brividi; anche se non sono del tutto sicuro che siano preferibili le citazioni dei comunisti nostrani, “Attento alle comunicazioni” e “Facci sognare”.

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giovedì 14 Giugno 2007, 15:18

Sloppy writing

Ok, la pronuncia è quasi uguale; ok, in italiano sono la stessa parola. Ma l’inglese è la tua madrelingua, mica la mia: quindi perché devo passare dieci minuti a spiegarti la differenza tra councillor e counselor?

(Però dev’essere una confusione comune, vista la nota che hanno dovuto aggiungere persino in cima alla pagina di Wikipedia…)

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mercoledì 13 Giugno 2007, 15:04

Pazzolivo

È cominciata come una di quelle stupidaggini che fanno subito il giro del Web: le due giovani promesse della Fiorentina, l’attaccante Pazzini e il centrocampista Montolivo, si assomigliano talmente tanto che, per scherzo, qualcuno ha cominciato a sostenere che fossero la stessa persona, un mitico Pazzolivo pedatore. E così, un paio di settimane fa, ha aperto un blog su Splinder, uno dei tanti blog qualsiasi della piattaforma, e ha cominciato a pubblicare post assurdi e divertenti cercando di provare la propria teoria.

In breve tempo, con il passaparola, l’idea è piaciuta. Si è cominciato a sentirne parlare in giro, sui forum, nei newsgroup. Il sito si è ingrandito, si è spostato a un dominio tutto suo, www.pazzolivo.com. Poi sono iniziate le citazioni in trasmissioni demenziali come quella del Trio Medusa, o sui giornali sportivi. E’ diventato velocemente un fenomeno, una sana presa in giro della valanga di stupidaggini e assurdità che i media calcistici sputano fuori ogni giorno per vendere ed appagare la fame di notizie dei calciofili italiani.

Poi, però, è spuntato lo spot. Per caso, guardando la TV. Trenta secondi su Italia 1, in ora di grande ascolto… e non costano due lire. Lo spot, dopo una serie di immagini, rimanda anch’esso al sito. Lo scrive bello grosso, WWW.PAZZOLIVO.COM. E, alla fine, il logo. Nike.

Naturalmente, ora i forum di tutta Italia ne parlano ancora di più, cercando di capire se la Nike ha cavalcato il fenomeno, o se era tutto organizzato dal principio. Io sono piuttosto sicuro della seconda, più che altro per una serie di dettagli, come il fatto che i due, nello “scatto amatoriale di Giuli75” pubblicato sul sito, abbiano le stesse magliette fighette viste nello spot.

La cosa inquietante è la sensazione di non potersi fidare di nessuno. Chi era in buona fede, chi sapeva, e chi ha preso per il culo il pubblico? I giornali che hanno parlato della questione come un fenomeno della rete, sapevano tutto? Il Trio Medusa ha preso soldi dalla Nike? I giornalisti di Sky? Perchè da una parte è sempre stato ovvio, che su Internet non ci si può fidare di niente; dall’altra, la blogosfera è il simbolo della alternativa dal basso ai giornali corrotti e alle logiche commerciali, e il fatto che venga invasa così, con l’esplicito obiettivo di ingannare il pubblico per un paio di scarpe made in bambino pakistano, lascia proprio l’amaro in bocca.

Anche perchè, ovviamente, io stesso sto contribuendo al successo di questa campagna pubblicitaria; e voi non saprete mai se lo faccio in buona fede, o se la Nike mi ha dato cinquanta euro per il disturbo.

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mercoledì 13 Giugno 2007, 09:38

Connessioni

Ma il personaggio dell’“Architetto” in Matrix era basato su Vint Cerf?

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martedì 12 Giugno 2007, 11:21

Ritratto tutto

Ho capito il perchè dell’entusiasmo con cui gli albanesi hanno accolto Bush: guardate qui

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