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Archivio per il giorno 9 Gennaio 2011


domenica 9 Gennaio 2011, 15:40

Chi li ha costruiti rubando

Scandalizzò i benpensanti, quel famoso brano in cui De Gregori, in piena era Tangentopoli, chiedeva “stai dalla parte di chi ruba nei supermercati / o di chi li ha costruiti rubando?” (il testo ufficiale è zeppo di punti interrogativi per confondere gli avvocati del Pam). Ancora oggi viene definito “populista” e “facilone”; e per quanto sia ovvio che la risposta è “con nessuno dei due”, quei commenti per me ribadiscono soltanto la tendenza tutta italiana ad accettare con gioia i furti e i soprusi purché vengono dal potere (alle volte sembra proprio che l’italiano medio sogni solo un ombrello nel culo).

Comunque, in queste feste è scattato l’allarme sulla nuova moda del furto al supermercato con scassiera: la “scassiera” è una cassiera parente che cerca di far passare il carrello dei propri congiunti battendo sì e no un articolo su tre. Ora, è evidente che un furto del genere viene facilmente beccato, soprattutto se il carrello è pieno fino all’inverosimile di giochi della playstation e di un televisore piatto 22 pollici (e no, la scusa “me l’ha messo il bambino nel carrello di nascosto”, pur proferita, con un televisore proprio non regge). Ma a me interessa il fenomeno sociologico.

Perché di gente che fa fatica a mangiare a Torino ce n’è tanta, ed è un problema di cui si parla troppo poco; ma, dalle cronache, non pare che le famiglie di cui si parla rubassero per sopravvivere. Rubavano, invece, per “sopravvivere”: per avere anche loro il televisore piatto e i giochi della playstation o anche solo un cenone con salmone e caviale invece che pasta e pollo. Rubavano, dunque, per non sentirsi inferiori agli altri, identificando “gli altri” con il modello forzatamente sorridente che domina la comunicazione natalizia, ancora di più in un momento di crisi, in cui ai media è stato dato ordine di “diffondere positività e benessere” per non deprimere i consumi.

E’ questo che spesso fa la differenza tra felicità e infelicità: è provato che la felicità, sopra la soglia di sopravvivenza materiale, non dipende da ciò che si ha, ma dalla proporzione tra ciò che si ha e ciò che hanno gli altri: di qui gli “status symbol”. Chi si sente escluso dalla grande festa, chi ritiene di avere meno, lotta per accumulare oggetti e dunque status come può: a costo di distruggere il pianeta e sfruttare gli altri, o anche solo di rubare in un supermercato; oppure investendo il buttafuori che gli ha impedito l’ingresso in discoteca e lo ha sminuito davanti a tutti.

E’ questa dinamica negativa, indotta artificialmente nell’interesse di pochi, che va combattuta; e la sua penetrazione è davvero ubiqua, se viene presentato come un grande gesto di beneficenza il regalare a un bambino rom non un’istruzione, non un’assistenza, non il riscaldamento o una casa decente, ma una playstation (e sarebbe strano se il bambino non si lamentasse perché è il modello vecchio).

Allo stesso tempo, va poi detto che le “scassiere” erano tutte precarie stagionali, persone che probabilmente non trovano lavoro e che l’avrebbero comunque perso a breve. Insomma, per certi versi questa faccenda è anche una vendetta proletaria: tu mi sfrutti da precaria sottopagata? E io allora ti derubo. Non è una giustificazione valida, ma allo stesso tempo, a questi supermercatari, gli sta bene: perché in una società dove il lavoratore fosse considerato (come è) un valore fondamentale per l’azienda, invece che un costo secco da minimizzare, certi trattamenti di lavoro non sarebbero consentiti e prima ancora non sarebbero nemmeno concepiti. Quando gli “imprenditori” e i “manager” italiani arriveranno a capirlo davvero – non solo a parole, nelle melense e ipocrite letterine motivazionali di fine anno – sarà sempre troppo tardi.

[tags]lavoro, supermercati, cassiere, furti, consumismo, status sociale, benessere, povertà[/tags]

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