Immaginare un’altra economia
Per quanto non faccia esattamente parte del mio mandato di consigliere comunale, in queste settimane è impossibile non parlare di economia: la situazione è sempre più drammatica e tutti ci interroghiamo su come uscirne. Anche nel Movimento le visioni sono variegate, e per questo è stato molto interessante leggere i risultati del sondaggio svolto da Beppe Grillo sul suo blog a proposito del futuro sviluppo dell’Italia.
E’ vero che il sondaggio non ha basi scientifiche, è vero che impegnandosi probabilmente si poteva votare più volte, è vero che non è detto che i votanti coincidano con un insieme rappresentativo della base del Movimento, è vero che si votava per slogan e non per analisi approfondite dei singoli punti, eppure il risultato secondo me più interessante è questo: la proposta “Nazionalizzazione delle banche”, invocata a gran voce da molti ideologi dentro e fuori il Movimento, è stata una delle meno votate, ottenendo solo il 48,57% di favorevoli.
Ora, sarebbe semplice dire “la proposta è stata bocciata e non se ne parli più”, ma in realtà il punto è un altro: convivono presumibilmente nel Movimento, con pesi quasi uguali, due visioni dell’economia radicalmente opposte e difficilmente conciliabili, una che vorrebbe aggiustare il capitalismo e l’altra che vorrebbe rovesciarlo; e nello scioglimento di questa contraddizione sta gran parte del futuro politico delle cinque stelle.
E allora, che facciamo? Quando nacque il Movimento, Grillo fece una promessa chiara: che esso non si sarebbe schierato a fianco di nessuna delle grandi ideologie del Novecento – né a destra, né a sinistra; né col capitalismo, né col comunismo – e che invece si sarebbe concentrato sulla risoluzione dei problemi concreti e sull’unica, vera, grande rivoluzione socioeconomica del terzo millennio: l’avvento della rete.
Io credo che la degenerazione dell’economia, la negazione dei nostri diritti e del nostro benessere, non derivino tanto dalla scelta tra pubblico e privato – parole che hanno ormai perso di significato – ma dall’accumulo di potere e denaro nelle mani di pochi, che lo usano per controllare sia il pubblico che il privato. In quest’ottica, nazionalizzare banche ed aziende non serve a niente, perché trasferire il potere di controllo delle nostre vite dalle mani di Marchionne e Tronchetti Provera a quelle di Berlusconi e Bersani non cambia sostanzialmente nulla.
Se mai, ci servirebbe un’economia fondata sulla cooperazione e sulla distribuzione a tutti delle risorse; non su una fittizia proprietà collettiva che diventa dominio dittatoriale della politica, ma su una effettiva proprietà privata distribuita nelle mani di tutti, in cui le differenze di censo siano limitate e comunque derivino dal merito e non dall’abuso del potere. Ci servono banche cooperative, come Banca Etica, e aziende co-gestite dagli azionisti e dai lavoratori. Ci serve una informazione libera offerta tramite una rete priva di punti di controllo, che permetta a tutti di far circolare anche i fatti più scomodi. E ci serve una politica senza piramidi di partito, dove i cittadini possano veramente svolgere un periodo di “servizio civile” nelle istituzioni senza inchiodarsi alle poltrone.
Questa, credo, sarebbe una vera rivoluzione: una forma di società tutta da inventare, che guardi al futuro e non al passato!
[tags]economia, politica, rivoluzione, sviluppo, movimento 5 stelle, capitalismo, comunismo, nazionalizzazione[/tags]