Salviamo i servizi pubblici di Torino
Nessuno lo sa, eppure è vero: nel giro di un paio di settimane Torino perderà di fatto il controllo dei propri servizi pubblici. Già lunedì 7 novembre in Consiglio Comunale PD, SEL, IDV e Moderati approveranno la cessione del 100% di Amiat, TRM (inceneritore) e GTT alla holding Finanziaria Città di Torino SpA, la quale ne darà in garanzia una parte per ottenere dalle banche un prestito che verrà girato al Comune per tappare i buchi del 2011 e del 2012. La finanziaria provvederà poi a vendere entro marzo a privati il 40% di queste aziende, ripagando il prestito (se tutto va bene).
Non vi tragga in inganno il fatto che il Comune tratterrà (per ora) il 60% delle quote. Questo è già avvenuto in altri casi di privatizzazione, come l’aeroporto e le farmacie comunali; in entrambi i casi, però, è stato stipulato un patto parasociale per cui a comandare è il privato. Di fatto è un ulteriore favore: il privato paga per il 40% ma comanda per il 100%. L’unica banca disposta a finanziare l’operazione – Unicredit – ha chiesto di controllare addirittura l’intera holding.
I rifiuti finiranno quasi certamente nel calderone Iren – e se oggi è difficile farsi ascoltare da Amiat per le strade sporche o i cassonetti mancanti, figuratevi quando dovrete chiamare un call center a Reggio Emilia. La TARSU aumenterà senz’altro, visto che attualmente il Comune paga ad Amiat meno di quanto costa il servizio di raccolta; ora Amiat compensa con altri guadagni, ma un privato certo non lavorerà in perdita. L’inceneritore, una volta privato, avrà come unico obiettivo bruciare qui più rifiuti possibile. I trasporti finiranno come l’aeroporto, dove da dieci anni comanda Benetton che ha trasformato lo scalo in aerogrill: pochi voli e tanti negozi, utili elevati per gli azionisti, e i torinesi costretti a volare da Malpensa o da Bergamo.
Perdipiù, questa privatizzazione avviene a pochi mesi da un referendum votato da 27 milioni di italiani, che diceva esattamente l’opposto: i servizi pubblici essenziali devono rimanere pubblici. Il 14 settembre, zitto zitto, il governo ha reintrodotto la norma abrogata dal referendum, obbligando a privatizzare entro marzo. I partiti che governano Torino, che a giugno erano in piazza a farsi belli con il voto degli italiani, ne sono stati talmente addolorati che il 7 ottobre avevano già approvato in giunta la privatizzazione.
Ma da qui a marzo non saranno in vendita solo le nostre aziende, ma quelle di tutta Italia: una vera svendita in blocco del patrimonio pubblico, che ovviamente comporterà incassi bassissimi per i Comuni, e grandi guadagni per i privati che compreranno. I soldi incassati pagheranno qualche debito e poi saremo da capo. Anche chi non ha pregiudizi di principio contro i privati deve riconoscere che questo è un pessimo momento e un pessimo modo per privatizzare.
Lunedì pomeriggio, insieme al comitato referendario per l’acqua pubblica e a quello contro l’inceneritore, abbiamo organizzato un primo presidio sotto il Municipio; lo ripeteremo il 7 novembre. Ma è la città che deve svegliarsi, nonostante il silenzio complice dei mezzi di informazione. Invece di farsi da parte, i politici svendono la città per mantenersi il castello dorato ancora per un po’. E quando ci saremo venduti tutto?
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