L’aria pulita dell’alessandrino
Nel Nord Italia, si sa, le grandi città sono inquinate: è per questo che in questo periodo chi può cerca di andare al mare, in campagna o in montagna, in modo da respirare un po’ d’aria buona.
Peccato che anche le grandi aziende abbiano seguito lo stesso ragionamento; anzi, nel periodo del tanto rimpianto “boom economico” e nei successivi anni ’70 e ’80 ogni angolo del Bel Paese reclamava la sua fabbrica. Sono nati così dei veri mostri in posti meravigliosi: oggi tutti parlano dell’Ilva di Taranto, ma ricordo lo shock che provai quando, giunto a Catania per lavoro e avendo una giornata libera, presi il treno per Siracusa e mi trovai di fronte a una baia magnifica completamente ricoperta di impianti petrolchimici, per chilometri e chilometri: uno scempio indicibile, coronato dalla storia terribile di Marina di Melilli.
Dalle nostre parti non si sta meglio, ed è per questo che non mi stupisce sentire le intercettazioni telefoniche dei dirigenti della Solvay di Spinetta Marengo, sita nella pianura a est di Alessandria. Temo che dialoghi simili avvengano in ogni fabbrica chimica italiana.
P.S. Se pensate che noi a Torino siamo tranquilli, ripensateci: in via Reiss Romoli si trova la Rockwood, una fabbrica di vernici che già per molti anni ha colorato i balconi delle case circostanti un giorno di giallo e un altro giorno di rosso. Basta chiedere notizie agli abitanti…
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