Acqua alta a Falchera
È tempo di vacanze e molti sognano di andare a Venezia. Ma perché? Anche se quasi nessuno lo sa, anche a Torino c’è una piccola Venezia: alla Falchera. Nell’area più vicina alla stazione Stura, infatti, garage, ascensori e cortili si trasformano in piscine estive, in molti casi con quasi un metro d’acqua. E lo fanno ogni estate. Da dieci anni.
A chi non farebbe piacere avere le fondamenta della casa invase dall’acqua per almeno tre mesi l’anno, con il rischio che a lungo andare marciscano e crolli tutto? Magari una casa comprata a prezzo di grandi sacrifici e per la quale ci si sta tuttora impiccando con il mutuo, nonché si pagano regolarmente IMU, TARSU e altre tasse?
Gli abitanti delle case si organizzano come possono, ad esempio dotandosi di grandi pompe. Ma è inutile, perché questa non è acqua fuoriuscita una tantum da qualche parte, ma è proprio la falda acquifera che sta sotto la pianura tra Torino e Lanzo, e che qui (ma anche al Villaretto e a Bertolla, proprio dove vogliono costruire decine di nuove palazzine, e dove hanno risolto il problema vietando alle nuove case di avere le cantine) è pochi metri sotto il terreno. E dunque, puoi pompare tutta l’acqua che vuoi, ma il livello non scende: c’è un intero pezzo delle Alpi a riempire di nuovo la vasca.
Quando le case sono state costruite, però, non era così; tanto è vero che tutte queste case sono regolarmente autorizzate dal Comune. La falda è risalita, dicono le istituzioni, perché non ci sono più le industrie che consumano l’acqua. Sicuramente è vero, tanto che anche altre città del Nord ex industriale, Milano in testa, hanno lo stesso problema.
E però, colpisce la coincidenza per cui il fenomeno è improvvisamente diventato pesante proprio tra il 2002 e il 2004, ovvero quando GTT ha costruito il nuovo sottopasso del 4, che parte dal fondo di corso Giulio Cesare, passa sotto la stazione Stura e riemerge a Falchera poco oltre queste case. Un’opera da decine di milioni di euro salutata come un grande regalo per Falchera, la fine del suo storico isolamento, con tagli di nastro e giubilei chiampariniani.
In realtà , gli abitanti e i loro periti sostengono che proprio quel sottopasso, costruito in maniera improvvida perpendicolarmente alla falda, ha creato una diga sotterranea che fa risalire l’acqua subito a monte, ovvero nelle case che vedete nel video. Ma le istituzioni negano: perché altrimenti il Comune potrebbe dover pagare decine di milioni di euro di danni ai cittadini. E dunque, è colpa delle piogge, della crisi industriale, del tempo che passa.
Da anni le istituzioni si rimpallano il problema senza risolverlo. Noi avevamo citato questa vicenda come esempio, nel discorso in piazza Castello, e quindi vogliamo mantenere le promesse; appena eletti, la scorsa estate, abbiamo fatto una interpellanza, a cui la giunta ha risposto che avrebbero provveduto insieme a Provincia e Regione a finanziare uno studio.
Ne abbiamo fatta un’altra in primavera, per chiedere come andava: la nuova risposta è stata che lo studio non si è fatto, naturalmente secondo il Comune per colpa della Regione, secondo la Regione per colpa del Comune. Sta di fatto che un altro anno è passato senza che si facesse niente; e colpiscono i ringraziamenti dell’assessore perché gli abitanti sono stati “civili e oggettivi” (si aspettavano torce e forconi?) e l’impegno in conclusione di discuterne quanto prima in Commissione Ambiente (sono passati tre mesi e ancora la riunione non è stata fissata).
A questo punto il Movimento ha deciso di finanziare, con i soldi tagliati dagli stipendi dei consiglieri regionali, delle analisi per verificare se quest’acqua oltretutto è anche inquinata, con conseguente emergenza sanitaria e obbligo di intervento rapido.
Sorpresi? Si sa che a Torino tutto va bene, non ci sono tagli, non ci sono problemi. Notizie come questa devono passare per forza a mezza voce, confinate al massimo alla pagina dei quartieri de La Stampa, se non in qualche caso eccezionale o quando ci scappa il morto, caso in cui sono concessi un paio di giorni di visibilità seguiti da grandi promesse della politica, che poi invariabilmente finiscono nel nulla.
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