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Archivio per il giorno 16 Aprile 2013


martedì 16 Aprile 2013, 12:28

L’impresa

Giovedì scorso, in commissione Lavoro, abbiamo parlato del Centro Agroalimentare Torinese (CAAT), ovvero i nuovi mercati generali, costruiti negli anni ’90 tra Grugliasco e Rivalta. Su richiesta di alcuni consiglieri della maggioranza, i dirigenti del centro sono stati sottoposti a due ore di terzo grado perché La Stampa aveva riportato che nel centro lavorano degli immigrati sfruttati, che di notte si infilano clandestinamente e vengono impiegati in nero da una delle quaranta cooperative o da uno dei cento imprenditori grossisti che lavorano nel centro.

Per due ore si è parlato di come reprimere questo fenomeno, attribuendone la colpa esclusivamente alle imprese. Si è parlato di maggiori punizioni da infliggere a chi viene trovato a impiegare clandestini (da sette a quattordici giorni di chiusura dell’attività), di come buttare fuori immediatamente le aziende che non hanno pagato i contributi, di ulteriori adempimenti burocratici da richiedere alle imprese per provare di non essere mafiose. In sostanza, per l’intera seduta il consiglio comunale si è dedicato a come creare nuove complicazioni e nuovi controlli, basati sull’idea che un imprenditore sia di base un potenziale criminale, e che debba essere lui a provare continuamente di non esserlo.

Sabato, uno di quei cento imprenditori del Caat si è suicidato: tra crisi, controlli, tasse, banche e burocrazia, non riusciva più a tenere in piedi l’azienda.

Questa lugubre coincidenza fa davvero molto riflettere sul pessimo rapporto tra la politica e le imprese; quelle che, bene o male, tengono in piedi tutto il resto. Quelle che sono sempre e solo viste come vacche da mungere, con una pressione fiscale e un carico di adempimenti legali fuori da ogni logica, salvo poi stupirsi e indignarsi se qualcuno di loro cede e sposta le attività all’estero, dove gli fanno ponti d’oro. Quelle per cui non vale la presunzione di innocenza, ma la presunzione di colpevolezza: se uno è imprenditore, di sicuro evade o elude le tasse, e comunque sfrutta la gente per arricchirsi.

In un Paese normale, a chi ha il coraggio di intraprendere verrebbe dato un premio: non tanto perché crea ricchezza per sé, ma soprattutto perché la crea per gli altri. I 16 milioni di pensionati, i 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici, i 13 milioni di adulti disoccupati o inattivi e gli 8 milioni di bambini e ragazzi si mantengono tutti sulla ricchezza creata dai 19 milioni di lavoratori privati, senza la quale non ci sarebbe niente da tassare e dunque nessuna risorsa con cui pagare pensioni, stipendi pubblici e welfare. Ma un rapporto numerico del genere quanto può essere sostenibile?

confapri-torino-incontro.jpg

Ieri a Torino il Movimento 5 Stelle ha incontrato Confapri, un forum di imprenditori che non ce la fanno più. Abbiamo ascoltato le loro storie, che sono poi tutte simili: tasse che non si riescono a pagare, una burocrazia infinita che si autoalimenta, le banche che strozzano peggio degli usurai. Gianroberto Casaleggio ha illustrato le proposte che il Movimento 5 Stelle ha fatto e che presenterà come proposte di legge; tutti erano d’accordo, ma con una sola postilla: fate presto.

In questo momento, difatti, tenere aperta in Italia un’impresa è già un’impresa di per sé; se non facciamo presto, potremo discutere all’infinito di grandi diritti e di grandi principi, ma l’economia del nostro Paese sarà talmente desertificata che non ci saranno mai più i soldi per garantirli.

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