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venerdì 3 Maggio 2013, 11:51

La violenza

Come ormai sa tutta Italia, questa settimana sono stato processato dai media. Per aver lanciato un allarme sull’estensione della rabbia violenta contro le istituzioni, che chiunque può percepire da una qualsiasi conversazione per strada, sono stato accusato di fomentarla e di esserne contento; idem, ieri, per il professor Becchi. Da buona tradizione italica, difatti, il modo con cui lo Stato affronta i problemi è far finta che non esistano, almeno fin che non si arriva all’emergenza (una conclusione spesso voluta, dato che l’emergenza è una buona scusa per abolire controlli e garanzie e fare con la cosa pubblica ciò che si vuole). Eppure, bastava sapere l’italiano e leggere ciò che ho scritto.

La reazione scomposta dei media e dei partiti alle mie parole, comunque, dimostra non solo l’attitudine – ovvia e inevitabile in Italia, ma comunque riprovevole – a manipolare le parole degli avversari politici e mettergli in bocca cose che non hanno detto per poterli attaccare (e anche questa, per quanto verbale, è violenza), ma la spaventosa distanza tra i circoli della politica e dell’informazione nazionale e la realtà dell’Italia di oggi. Probabilmente queste persone non escono mai dalle auto blu, dai salotti e dagli studi televisivi, perché basta prendere l’autobus o fare due passi in un mercato o aprire un qualsiasi spazio di discussione politica in rete per toccare con mano ciò che io ho riportato. Le reazioni scandalizzate non risolvono la situazione, anzi la peggiorano, perché la radice della rabbia è proprio la sensazione di essere esclusi e non ascoltati dalle istituzioni.

A nessuno fa piacere essere sputtanato a reti unificate e a livello nazionale per qualcosa che non si pensa e non si è detto, specialmente dopo aver dedicato anni della propria vita al bene comune. Peraltro io ho imparato a ignorare i media; chi mi conosce sa come sono e certamente sa che non ho la minima simpatia per la violenza, né sarei in grado di praticarla. Mi ha fatto piacere la solidarietà o perlomeno la comprensione giunta da centinaia di cittadini e da ambienti anche ben lontani dal Movimento, da Nuova Società a esponenti di SEL e della sinistra passando per alcuni giornalisti dell’Espresso, e ovviamente quella di esponenti a cinque stelle di mezza Italia, come Alessandro Di Battista e Stefano Camisasso. Mi è spiaciuto un po’ per il silenzio quasi completo del resto del Movimento torinese, ma non mi aspettavo altro.

Tuttavia, pur capendo il desiderio di non farsi trascinare in polemiche strumentali, la controversa dissociazione di ieri (dei parlamentari da Becchi) mette in evidenza una timidezza dei vertici del Movimento che trovo preoccupante. Difatti, il Movimento 5 Stelle è l’alternativa democratica alla rabbia di piazza; quelli che più spesso fanno riferimenti violenti non sono gli elettori convinti del Movimento, ma quelli che ci credono poco, o più ancora quella metà o quasi degli italiani che non crede più nella politica, Movimento compreso, che non va più a votare e che non crede a una soluzione istituzionale della crisi. Guai se anche il Movimento cominciasse a non avere più empatia verso la rabbia degli italiani, a non comprenderla e non farla propria, calmandola e trasformandola in protesta istituzionale: vorrebbe dire perdere altri italiani alla dialettica democratica.

La violenza è sbagliata verso chiunque e non ha mai risolto niente, non va tollerata e non va nemmeno giustificata. Va però capita, nella sua forma moderna e spaventosa che non è più la violenza di massa, ovvero un terrorismo organizzato e controllato ideologicamente che può essere individuato e infiltrato, ma la violenza di moltitudine, ovvero una grande quantità di individui che agiscono da soli in maniera imprevedibile e incontrollabile. L’unica soluzione è eliminare le cause prime della rabbia, che non sono le parole violente – altrimenti a forza di fucili di Bossi saremmo già nel caos da vent’anni – ma le difficoltà economiche della crisi, che portano milioni di italiani alla disperazione.

E dunque, cari governanti, invece di indignarvi e di rafforzarvi le scorte, trovate i soldi per garantire a tutti gli italiani almeno la sopravvivenza; risparmiateli, prendeteli a prestito, stampateli, non importa, basta che li tiriate fuori qui e subito; perché nessun ordine sociale è mai sopravvissuto a lungo alla fame dei propri cittadini.

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8 commenti a “La violenza”

  1. Mike:

    Tu esamini le situazioni in maniera analitica, per cui ti sembra ovvio e naturale che se c’è un problema e lo si vuole risolvere bisogna descrivere quello che sta succedendo e quello che ci si aspetta che succeda, dopodiché si cerca di capire quali siano le cause del comportamento inaspettato, cercare le soluzioni possibili al problema e valutare quali siano vantaggi, svantaggi e costi delle soluzioni possibili, e quindi applicare la soluzione migliore trovata.

    Questo lavoro richiede sforzo, molto più semplice parlare per slogan e fare artifici retorici ed accusare l’avversario di essere un pedoterrosatanista.

  2. Aldo:

    Effetivamente non c’era nulla nelle tue dichiarazioni che giustificasse o tantomeno incitasse la violenza, che anzi implicavano una preoccupazione per il possibile insorgere della stessa, e l’attacco mediatico a cui sei stato sottoposto è stato vergognoso (però non penso che siano milioni gli italiani che si augurino che qualcuno “faccia secco” un ministro).

    Analogo discorso per il professor Becchi, sebbene alcune sue frasi (“….poi non lamentiamoci se….”) possano far sorgere il sospetto di una qualche giustificazione alla violenza come reazione al malgoverno. Ma nulla che a mio parere potesse giustificare un attacco da “sbatti il mostro in prima pagina” del tipo che abbiamo assistito. Concordo poi con i tuoi dubbi sulla secca dissociazione dal professor Becchi dei parlamentari, senza alcun accenno alla strumentalizzazione che veniva fatta sulle sue dichiarazioni (e neppure sulle tue) in funzione anti-movimento, che mi hanno fatto sorgere il sospetto che i nostri siano rimasti colpiti dagli effetti della propaganda in atto.

    In realtà questi signori, che cercano e cercheranno in tutti i modi di collegare il movimento 5 stelle con gli episodi di violenza che accadano e che potranno accadere, dovrebbero al contrario ringraziare l’esistenza di una forza politica di opposizione di natura non violenta che raccoglie democraticamente il giusto e legittimo malcontento così evitando che si incanali in forme di protesta estreme che, queste si, potrebbero favorire la violenza.

    Ma ormai il movimento 5 stelle è diventato il nemico pubblico numero uno, e non c’è da stupirsi se tutto va bene per attaccarlo. Ieri ho visto 8 e mezzo in cui era ospite il professor Rodotà (che evidentemente è diventato anch’egli un nemico del “modello unico”): è stata una trasmissione che ho trovato molto sgradevole, in cui il professore è stato quasi sottoposto a un processo da parte di due personaggi presenti in collegamento (tra le accuse quella di non aver condannato la gente che sosteneva la sua elezione fuori dal parlamento e gli insulti che ha subito qualche parlamentare nell’occasione, l’aver provocato la spaccatura del centro sinistra con la sua candidatura, e altre amenità del genere). Rodotà (sebbene frequentemente interrotto) si è difeso molto bene, ma è stato a mio parere disgustoso il modo in cui è stata aggredita una persona del valore del professore (che, seppur lucidissino e combattivo, è pur sempre signore di 80 anni).

    Per impedire il cambiamento, questi non si fermeranno di fronte a nulla.

  3. Piero:

    Fai bene a lanciare l’allarme sull’estensione della rabbia violenta contro le istituzioni. Guarda caso il capro espiatorio di queste violenze contro le istituzione finiscono per essere il M5S e i suoi esponenti che invece le denunciano.

    Non si vogliono guardare le vere cause che, da quando mondo è mondo, portano a tutto questo: un modello basato sulla legittimazione della proprietà privata e sul capitale con le sue aberrazioni più squallide come i soldi facili di cui il gioco d’azzardo parente del gioco in borsa ne è una delle tante espressioni, complice lo Stato che, suo malgrado, lo permette, lo gestisce e lo controlla.

  4. Lucano:

    Il sig Bertola non ha detto niente di straordinario ha tradotto in parole un pensiero fugace simile a quelli che sono passati nella testa di ognuno. Se però questi è un personaggio associabile a qualche istituzione importante allora deve essere più cauto perchè le sue parole non sono come le mie al bar . Naturalmente la prosa risulterà meno brillante ,consueta scontata quindi: politichese. Avete ragione c’è troppa attenzione nei vostri confronti , ma siete l’oggetto misterioso e perciò ogni parola viene esaminata con attenzione forse esagerata .Leggo i vostri articoli ed ogni tanto intervengo spero di non essere fastidioso. Buona giornata

  5. Ciskje:

    “non ha mai risolto niente”

    La seconda guerra mondiale, ha eliminato un sacco di cattivi, la violenza ci vuole, è il fine che cambia.

  6. Alberto:

    Parliamo per parabole così sgombriamo il campo dal sospetto di strumentalizzazioni e attacchi al povero M5S, perseguitato da tutti.
    Il 13 Dicembre 2009 in Piazza del Duomo un tizio tirava una statuetta in testa a Berlusconi. Supponiamo adesso che un esponente politico di altro orientamento il giorno dopo avesse dichiarato:
    «Il vero problema non è che qualcuno, magari uno squilibrato, vada in Piazza del Duomo e tiri una statuetta in testa a Berlusconi. Il vero problema è che in questo momento, ne sono assolutamente certo, ci sono alcuni milioni di italiani che pensano “peccato che non l’abbia fatto seccoâ€Â».
    Personalmente avrei pensato: sì, hai ragione, ne sono convinto anch’io e se l’avessi detto durante una tranquilla chiacchierata al bar di fronte ad un caffè ti avrei dato ragione, avrei probabilmente anche aggiunto che un paese che considera (a torto o a ragione) il proprio Capo del Governo un malfattore non è un paese che ha un buon rapporto con sé stesso.
    Però se sei un esponente politico, nel tuo ruolo ciò che dici non può rifarsi solo ad un criterio di veridicità dal punto di vista meramente linguistico ma anche a ciò che quello che dici può suggerire in chi ti ascolta. Sottolineare che una posizione è condivisa da molte persone determina di per sé, nelle stesse persone, l’effetto psicologico di suggerir loro che quella posizione non è del tutto sbagliata (chiamalo effetto gregge, effetto carrozzone o argumentum ad populum). Se dichiaro che “Molte persone sono favorevoli alla pena di morte†mi limito ad enunciare una verità, e se fossi un sondaggista non ci sarebbe nulla di male, ma se sono il rappresentante di un partito politico indurrò senza dubbio chi simpatizza per il mio partito a guardare più favorevolmente alla pena di morte.
    Per questo avrei trovato quella dichiarazione sull’aggressione a Berlusconi davvero infelice, ed uso il condizionale senza con questo voler dare per scontato che non ci sia stato qualche esponente politico che in quell’occasione abbia detto qualcosa di simile: non mi stupirei…

  7. lucano:

    Tale Ciskje afferma ” La seconda guerra mondiale, ha eliminato un sacco di cattivi, la violenza ci vuole, è il fine che cambia”. Peccato che ha eliminato pure un sacco di poveri cristi stuprato donne indifese buttato già tutti i ponti distrutto le fabbriche deportato milioni di persone e … penso che ti basti. Ciskje , quanti anni hai ? Io la guerra non la ricordo ma ne ho un sacro terrore. Mettiamoci bene in testa che il problema è solo una casta politica avida ed incompetente , bisogna cambiarla con il voto. I cinque stelle sono un segnale e potevano essere pure la soluzione . Come vedi l’ultimo verbo è al passato.

  8. Stefano Cattaneo:

    Tanto per provare a fare un po’ di teoria: la violenza è sempre sbaglita. Può essere giusta la “controviolenza” Se io dessi una legnata in testa ad uno che stesse strangolando la moglie, farei cosa giusta, ma sbagliato semanticamente sarebbe definire violenza il mio gesto.
    Quanto all’istigazione alla violenza, non viene affatto da frasi come quella pronunciata da Vittorio. Proviene invece da un incultura politica che invece di basarsi sul; capace-incapace si basa sul concetto buono-cattivo. Logico che se uno è convinto che Berlusconi, se solo volesse, potrebbe dare benessere a tutti, sia indotto a tirargli una statuetta se non lo fa.
    Invece, non è che Berlusconi sia cattivo e Grillo sia buono, sul piano personale saranno uguali, anzi, potrebbe essere più di buon cuore il primo. La differenza fra loro due, è che Berlusconi è legato a vecchi schemi economici che non possono portare nulla di Buono. Grillo ed il movimento cinque stelle hanno invece un eccellente piano economico, soprattutto laddove prevede la descrescita controllata. Il solo avere in testa questo concetto, mi porta ad escludere la violenza. Se uno propone soluzioni economiche cervellotiche, non è assolutamente necessario che gli tiri statuette, mi basta non votarlo.

 
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