Inceneritore del Gerbido, tecnologia all’italiana
Mercoledì pomeriggio in Municipio si è tenuta l’ennesima riunione del Comitato Locale di Controllo (CLdC) dell’inceneritore del Gerbido. Il CLdC è una strana entità che è stata istituita per tutelare la popolazione, coinvolgendo i Comuni circostanti all’impianto, ma le cui riunioni trascorrono per la maggior parte in battibecchi tra i cittadini del pubblico che chiedono di parlare e la presidente Erika Faienza – consigliere provinciale del PD, nonché segretario del PD di Beinasco, nonché moglie del sindaco PD di Grugliasco, nonché nota alle cronache per aver falsamente autenticato delle firme per una lista elettorale a sostegno di Fassino – che cerca polemicamente di tenerli a bada.
Comunque, a differenza della precedente riunione, talmente burrascosa da finire persino sul Fatto Quotidiano, questa è andata un po’ meglio, anche perché invece di TRM e Arpa (di cui i cittadini non si fidano più) c’erano i medici responsabili dello studio ufficiale di controllo della salute della popolazione, un mastodonte dal costo milionario pagato con le compensazioni dell’inceneritore stesso.
Lo studio prende in esame due campioni di quasi 200 persone, uno che abita vicino all’inceneritore (prevalentemente a Beinasco) e uno che abita subito fuori dalla zona di teorica ricaduta delle emissioni (a Torino Lingotto). La scorsa estate sono stati effettuati dei prelievi per misurare la salute dei due gruppi prima di accendere l’impianto; tra qualche mese si farà una nuova misurazione per vedere se qualcosa è cambiato in maniera diversa tra i due gruppi.
Per ora, le uniche differenze rilevate dagli scienziati tra i due gruppi sono che quelli di Beinasco sono molto più preoccupati per l’inceneritore e che quelli di Beinasco hanno un titolo di studio mediamente più basso; almeno hanno avuto il buon gusto di non ipotizzare correlazioni tra i due dati. Le rilevazioni però sono già preoccupanti di loro, in quanto è emerso che già ora per alcuni metalli pesanti i dati sono piuttosto elevati; in particolare per l’arsenico (anche se lo step successivo ipotizzato, non ridete, è “vedere se nel campione c’è tanta gente a cui piace molto il pesce”, perché se non è quello allora sono le fabbriche della zona) e per il palladio e altri elementi rari usati nelle marmitte catalitiche e quindi dipendenti dal traffico.
Comunque, i medici dell’Istituto Superiore di Sanità hanno detto chiaramente che per loro, per come è costruito lo studio, qualunque peggioramento del campione di Beinasco sarà dovuto all’inceneritore; poi qualcuno ha tentato una mezza marcia indietro, dicendo che però bisogna vedere perché se le emissioni sono in regola allora forse no… ma è stato alla fine sconfessato.
Nel frattempo, la vita dell’impianto prosegue male come sempre. Nell’ultimo mese ci sono stati altri due incidenti, il 23 dicembre e il 12 gennaio, che hanno comportato sforamenti e fermo dell’impianto, e ormai gli sforamenti sono talmente tanti che la procura ha dovuto aprire una inchiesta; e hanno cominciato a comparire enormi colonne di fumo, specialmente di sera, che escono direttamente dalla base dell’impianto.
Noi abbiamo presentato l’ennesima interpellanza, che vedete nel video; alla fine la risposta è che il fumo è solo vapore da raffreddamento, che d’inverno condensa e si vede di più; anche se io, in seduta di commissione, ho chiesto all’Arpa se loro abbiano mai verificato se davvero è solo vapore, e la risposta è stata “in effetti per legge siamo tenuti a farlo ma non l’abbiamo ancora fatto, ma tanto è impossibile che sia altro perché lì non passano tubi col fumo della bruciatura”.
Comunque, l’impianto funziona tanto bene che TRM ha annunciato che a inizio febbraio spegneranno l’impianto per una settimana per cambiare tutta una serie di pezzi. Poi, naturalmente, hanno insistito che comunque a maggio inizierà l’esercizio commerciale; io non mi sento per niente tranquillo sul fatto che siamo pronti, e credo che sia una minima garanzia per tutti che ci siano almeno tre mesi di funzionamento senza intoppi prima di poter dire che il collaudo è finito e l’impianto è sicuro, cosa che abbiamo scritto in una mozione in modo da obbligare le forze politiche perlomeno a prendere posizione in consiglio comunale.
Purtroppo, in sede politica – oltre a pretendere spiegazioni – si può fare poco, perché tutte le amministrazioni, dai Comuni al governo con la sola eccezione del Comune di Rivalta, sono in mano a partiti favorevoli all’inceneritore; e anche quando riusciremo a cacciarli, ci troveremo con contratti ventennali già firmati, penali altissime e una grande difficoltà nel cancellare le decisioni di chi è venuto prima; la stessa vendita dell’inceneritore dal Comune di Torino a Iren (gruppo di diritto privato ma di fatto nelle mani del PD) serve anche a rendere più difficili futuri cambiamenti di rotta nella gestione.
La strada maestra per fermare l’inceneritore è pertanto documentare i danni alla salute, in modo da forzare un intervento per vie legali. Per questo serve, ad esempio, che chi si sente male per colpa delle emissioni vada al pronto soccorso a farsi visitare, lasciando una traccia dell’accaduto. Serve registrare ogni problema e metterlo in evidenza, costringendo i gestori a spiegazioni pubbliche che rimangono, come facciamo noi in consiglio comunale. Anche un cambiamento politico servirebbe comunque a cambiare il clima in cui operano le istituzioni di controllo; del resto una delle cose che fanno alzare il sopracciglio è il fatto che il direttore dell’Arpa sia la moglie di un consigliere regionale del PD, un incrocio tra controllori e controllati che non dovrebbe mai avvenire.
Per questo più ci si addentra nella vicenda dell’inceneritore e più le preoccupazioni aumentano; perché anche chi ignora i semplici motivi per cui incenerire i rifiuti è sbagliato (è costoso, inquinante e uno spreco di risorse e materiali in via di esaurimento) e pensa di trovarsi di fronte al gioiello della scienza e della tecnica prospettato dai suoi promotori, si rende presto conto di trovarsi invece in mezzo a una delle tante vicende di grandi opere all’italiana, dove l’unica cosa che funziona senza intoppi è il flusso di denaro in uscita dalle casse pubbliche.