Perché non disprezzo Mihajlovic
In curva Maratona da molti decenni vige una regola d’oro, quella di lasciare la politica fuori dalla curva; figlia di un periodo in cui per la politica ci si ammazzava a vicenda, è però una regola che, pur permettendo alla Maratona di essere una delle curve con la maggiore coscienza sociale e con molte persone che affiancano all’attivismo sportivo quello politico, ha tuttora un senso per evitare divisioni.
Per questo, io avrei preferito commentare l’arrivo di Sinisa Mihajlovic come allenatore del Toro in senso strettamente sportivo, come quello di un ex ottimo calciatore che ora, da allenatore, è considerato una delle migliori promesse della generazione dei quarantenni. Tuttavia, proprio per la coscienza sociale di cui parlavamo, è inevitabile che l’arrivo di Mihajlovic abbia fatto storcere il naso a molti commentatori granata, come ben riassunto in questo articolo che sta facendo discutere.
Le simpatie nazionaliste serbe di Mihajlovic sono note, così come è nota la sua amicizia personale con la Tigre Arkan, un criminale di guerra responsabile di molti dei massacri della guerra jugoslava, che era il capo degli ultrà quando lui giocava alla Stella Rossa. Rimase famoso l’episodio del 2000 in cui, dopo la morte di Arkan, i fascisti della curva della Lazio esposero uno striscione in suo onore:
Si disse al tempo che fosse stato Mihajlovic a chiederlo, anche se lui ha smentito; sta di fatto che la Maratona diede allora la risposta perfetta, esponendo la domenica successiva un altro striscione che ha fatto la storia:
Di quello striscione andiamo tutti fieri; ora però, quasi vent’anni dopo, in uno di quei cicli beffardi del calcio ci ritroviamo Mihajlovic in panchina. Io capisco quindi chi lo ritiene almeno moralmente complice di quello che successe nella ex Jugoslavia, e non lo gradisce; eppure, non credo che sia la conclusione giusta.
Per prima cosa, prima di liquidare qualcuno come nazista e genocida vorrei conoscerlo meglio e di persona; perché ho imparato che ciò che scrivono i giornali è solo una approssimazione della verità , e che l’immagine pubblica che ogni personaggio si porta appresso è spesso imprecisa e piuttosto diversa dal vero. Del resto, secondo i giornali io sarei uno che si augura che mezzo governo venga ammazzato a mitragliate (aprile 2013) e che desidera rimpatriare a calci nel sedere quelli che sbarcano dai barconi (agosto 2015) e vi assicuro che nella realtà non penso minimamente alcuna delle due cose.
Ma poi, se leggo i racconti della sua esperienza personale che lo stesso Mihajlovic ha dato nel tempo – per esempio questo, del 2009 – non posso che concludere che l’idea del nazista, razzista e amico degli squadroni della morte è come minimo molto semplificata; non solo per le altre idee che esprime (per esempio l’apprezzamento per Tito e per la sua Jugoslavia multietnica) ma perché i racconti che fa – e vi raccomando di dedicare tre minuti a guardare questo video, che risale solo a un paio di mesi fa – mostrano che nessuno di noi può davvero capire, e figuriamoci giudicare, l’esperienza di un ragazzo di vent’anni, nato e cresciuto proprio sul confine tra Serbia e Croazia, che improvvisamente si trova al centro di una guerra sporchissima, una guerra in cui suo zio croato voleva ammazzare suo padre serbo, poi Arkan cattura lo zio e gli telefona per chiedere se vuole che lo ammazzino o solo che glielo portino.
Anche a me viene naturale giudicare le persone a prima vista, ma poi realizzo che, se distinguere tra il bene e il male è un obbligo morale per chiunque in qualunque situazione, giudicare la scelta degli altri è uno sport per gente con la pancia piena e le pantofole davanti al caminetto. Credo che nessuno di noi abbia vissuto quell’esperienza, e tantomeno quella successiva di vedere il proprio Paese bombardato per mesi dalla NATO, cioé anche da noi. E se questo non mi rende le vere o presunte idee di Mihajlovic più simpatiche, mi porta però a pensare di non avere il diritto di giudicarlo.