Una visita al museo Lombroso
Ieri sera ho approfittato della Notte dei Musei per partecipare alla visita guidata del Museo Lombroso. Il museo è piccolo, molto inquietante e molto interessante, purché visitato con un po’ di cervello; aiuta a porsi una serie di domande scomode sul rapporto tra scienza, etica e umanità .
Lombroso non era uno scienziato pazzo né deviato, era semplicemente uno scienziato che ha applicato il metodo scientifico e la conoscenza teorica e tecnologica della sua epoca a ipotesi soltanto parzialmente errate. Sia l’idea che esistano parametri misurabili del nostro corpo correlabili con i nostri schemi individuali di comportamento, che l’idea che tali parametri siano ereditati dai nostri antenati, sono corrette; soltanto, i parametri non sono le dimensioni e la forma del cranio ma le nostre sequenze di DNA, e la correlazione non è assoluta e deterministica, poiché contano anche le influenze dell’ambiente, della cultura e dell’educazione; tale correlazione non riguarda la “delinquenza”, che non è una patologia, ma piuttosto alcune di quelle che oggi sono considerate forme di disabilità e di disturbi nella socialità dell’individuo.
L’applicazione del pensiero scientifico di Lombroso sulla criminalità innata, partendo dalle sue ipotesi, era logica: se c’è un parametro corporeo che mi permette di dire con certezza che una persona avrà comportamenti criminali, da una parte è inutile punirla perché non c’è alcuna volontà nel suo destino, e dall’altra è insensato tenerla libera nella società perché certamente non potrà che danneggiare gli altri. E’ chiaro che una ulteriore conseguenza logica e scientifica di questo pensiero, tratta da altri nei decenni immediatamente successivi, è che a questo punto tanto vale impedire la nascita di questi individui oppure rinchiuderli o addirittura ucciderli una volta individuati: di lì la “soluzione finale”.
Per questo il museo Lombroso è importante e va visto, perché se ne esce con diverse questioni filosofiche fondamentali che travalicano i confini della scienza, a partire da quella sull’esistenza del libero arbitrio: esiste veramente un libero e insondabile arbitrio degli esseri umani, oppure il nostro comportamento è pienamente determinato da leggi fisiche e reazioni chimiche che semplicemente noi ancora non conosciamo sufficientemente? E comunque, nel momento in cui scopriamo una correlazione certa tra il modo in cui è fatto un essere umano e il modo in cui si comporterà e si inserirà nella vita sociale, qual è il comportamento giusto da tenere?
Proprio perché la scienza, col suo continuo progresso, ci permette sempre più facilmente una selezione eugenetica dei futuri esseri umani prima ancora che nascano, è importante essere coscienti di questa domanda; sapendo che il rifiuto di questa selezione è una scelta fieramente antiscientifica, ma non per questo sbagliata, anzi è l’affermazione del principio che esistono ambiti dell’esistenza umana situati su piani diversi e inconciliabili con quello della scienza.
D’altra parte, però, anche questa affermazione è potenzialmente altrettanto pericolosa del positivismo; e anche su questo il museo Lombroso, suo malgrado, pone delle domande urgenti. E’ innegabile che in Occidente gli ultimi anni vedano una recrudescenza dell’oscurantismo, delle credenze mitologiche in qualsiasi bufala, della ribellione all’autorità della scienza, per sua natura sempre meno intuitivamente comprensibile man mano che avanza e diventa più complessa, ma per questo equiparata a una manipolazione di poteri forti contro il popolo. Così come i momenti di sviluppo e di fiducia nel futuro promuovono il positivismo, i momenti di crisi economica e di paura promuovono il negativismo.
Al povero Lombroso tocca ora un destino beffardamente opposto rispetto a quello di Galileo e di tanti altri scienziati. Galileo, scienziato di valore, fu bruciato (metaforicamente) in vita per essere riconosciuto da morto; Lombroso, riempito di onori mentre era in vita, è ora metaforicamente bruciato da morto. Egli è, in effetti, il bersaglio perfetto per il negativismo; essendosi occupato di studiare scientificamente il corpo umano nell’unico modo che la tecnologia dell’epoca gli permetteva, ovvero sotto forma di collezionista di spoglie (che continuo a pensare andrebbero sepolte e sostituite da riproduzioni, ma non è questo il punto), può facilmente essere fatto passare per un Mengele ante litteram, un crudele e freddo massacratore di esseri umani. Ovviamente era l’opposto; attivamente socialista, i suoi studi miravano al benessere dell’umanità , compresi i più poveri, e l’uso di cadaveri era proprio il modo per farli senza danneggiare nessuno. Ma chi meglio di lui può essere sfruttato come simbolo aggregatore per qualsiasi ribellione antiscientifica e complottista, dal revanscismo neoborbonico al rifiuto della medicina “ufficiale”?
Per questo il museo Lombroso deve rimanere aperto e venire difeso (qui la petizione); e bisogna che esso sia libero di mandare il suo messaggio, senza gli imbarazzi della nostra guida di ieri che ogni due minuti era costretta a ripetere che le teorie di Lombroso erano screditate. Certo, il problema è che spesso chi lo critica non è in grado di capirlo; e allora, l’ultimo messaggio importante che Lombroso ci manda è che nessuna società umana complessa come la nostra può sopravvivere senza la fiducia, anche se non illimitata, nella scienza e nel suo metodo; e che questa fiducia non è mai scontata, ma va costruita dalla società tramite l’educazione.
23 Maggio 2016, 16:02
Vittorio, giá sei in odore di scomunica, al capoverso n. 6 fai una pericolosa intemerata contro una parte non marginale del pensiero del fondatore (a me Biowashball é apparso davanti a caratteri cubitali): non é che rischi di finire l´avventura a poco dalla “conclusione naturale” (con tutte le polemiche seguite) e che non ti facciano entrare nel Rousseau nemmeno da semplice militante?
Alcuni si sono visti cancellare come Trotzki per molto meno.
Ti prego di non prenderlo come una trollata gratuita, ma di vederlo come una semplice constatazione di chi é lontano anni luce dalla politica italiana (penso di non essere andato a votare dal 2001, ma potrebbe essere anche prima, onestamente non ricordo).
Cordialitá
Attila
27 Maggio 2016, 09:25
Non lo so, comunque dico quello che penso.
27 Maggio 2016, 16:59
E’ la prima volta che commento, probbailmente sarà anche l’ultima. Caro Vittorio sono un tuo lettore ante litteram da ben prima che cominciasse il tuo impegno pubblico. Ti ho sempre considerato una persona intelligente e moderna, in qualche modo un esempio da indicare anche quando non ero d’accordo con le tue idee.
Forse proprio per questo la superficialità di queste tue parole è stata una (piccola) delusione. Non che conti granché immagino, ma mi sembrava stranamente opportuno metterlo per iscritto.
Saluti, b.
p.s. Capirò se deciderai di non pubblicare questo commento.
30 Maggio 2016, 12:50
Tenete pure aperto questo museo , restituite il cranio del calabrese come vi è stato chiesto -Punto- . Mi risulta che non lo avete ancora fatto . La storia della Scienza è piena di cercatori che non hanno trovato nulla .Nel Museo potete celebrare pure tutti gli alchimisti che hanno cercato la pietra filosofale e quelli che hanno cercato il moto perpetuo . Noi non gli vogliamo male , ma lui ne ha voluto a noi.
30 Maggio 2016, 15:28
caro Vittorio, ero indeciso se scriverti la mia opinione perchè su questo argomento, di cui mi occupo da tempo, ho imparato che chi ha la sua idea se la tiene anche se messo di fronte all’evidenza dei fatti. Ma poi ho letto il commento di b. e non posso fare a meno di dire che lo condivido virgola per virgola.
Rifletti solo su una cosa: ci sarà pure un motivo per cui il Lombroso è l’unico museo in Europa (al mondo) per cui 15 mila persone ne chiedono la chiusura? In altri paesi forse basterebbe solo questo per (almeno) ripensarlo dall’inizio.
3 Giugno 2016, 14:49
L’argomento è divisivo, non cercherò di convincere nessuno. Posso solo chiedere secondo voi quanti di quei 15.000 che ne chiedono la chiusura hanno davvero visitato il museo? Perché a me pare che spesso lo si giudichi per partito preso, senza averlo davvero visto.