Un disastro certificato
Qualche giorno fa, mi è arrivato l’avviso di scadenza della mia casella di posta elettronica certificata, che avevo aperto tre anni fa presso le Poste.
Ora, la webmail PEC di Postecert è una cosa orripilante, con una interfaccia che pare ferma al 1999 e all’era dei CGI, con font piccolissimi e illeggibili, pulsanti indistinguibili, nessun tipo di responsività … un disastro di interfaccia utente. Però funziona, e per le tre volte l’anno che mi serve va bene, per cui mi loggo, entro e… nell’account non c’è il pulsante di rinnovo e nemmeno alcun avviso di scadenza.
Allora rileggo la mail, e scopro che per rinnovare la casella PEC bisogna andare su un altro sito, loggarsi con un altro account con diverso username e password, ed effettuare la procedura. Digito l’indirizzo, e il browser resta appeso, dando infine errore; solo dopo un paio di tentativi capisco che il sito è solo HTTPS e non c’è la banale redirezione automatica dall’HTTP, ma bisogna inserire “https” a mano.
Mi viene allora fuori una pagina in Times New Roman, priva di CSS, nella quale (dopo aver recuperato da vecchie mail i dati) effettuo il login e avvio il rinnovo, ma senza che mi venga detto quanto costa. Mi viene presentato un form (altro che 1999, siamo a metà anni ’90) nel quale ci sono tutti i miei dati e, con un elegante dropdown, posso scegliere la durata del rinnovo. Soltanto nell’ultima schermata di conferma compare la cifra, peraltro inserita in mezzo al form tra tutti gli altri dati, e per sapere quanto costano le varie opzioni disponibili devo tornare indietro e reinviare la form scegliendo ogni volta una durata diversa…
Alla fine rinnovo, pago (su un altro sito ancora) con carta di credito, non mi arriva nemmeno una mail di conferma ma penso sia andato tutto a buon fine. Però mi chiedo: ma se i maggiori servizi digitali del Paese sono messi così, dove pensiamo di andare? E dire che di persone in grado di progettare un servizio web almeno decentemente usabile ormai ce ne sono molte, e ne conosco qualcuna che pure già lavora con le Poste, ma allora come è possibile che in questo settore l’approssimazione continui a dilagare?