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lunedì 18 Giugno 2018, 13:57

Italia spaghetti pizza mandolino, ovvero una storia di ordinario delirio fiscale

Ieri pomeriggio ho accolto due colleghi tedeschi del mio team; per fargli apprezzare l’Italia, li ho portati in giro per Torino, poi li ho caricati in macchina e siamo andati a mangiare in Monferrato. E’ stata un’ottima serata, fino a quando, nella rotonda all’uscita dell’autostrada di Milano, sono stato fermato dalla polizia stradale.

Porgo al poliziotto patente e libretto, lui mi chiede l’assicurazione, gli spiego che l’assicurazione non è più obbligatoria, mi dice “ah sì, allora guardo online”, poi se ne va in macchina per diversi minuti. Io spiego ai colleghi che è normale, che stanno guardando in un database, loro mi chiedono come mai ci vogliano diversi minuti. Il poliziotto torna, e mi fa: ho una brutta notizia, risulta un fermo amministrativo sulla sua macchina.

Ricorderete che anni fa avevo avuto una vicenda con Equitalia che pretendeva soldi; secondo me e secondo il mio commercialista non erano dovuti, ce ne avevano scorporato un pezzo, poi avevano minacciato il fermo amministrativo e quindi, a ottobre 2015, avevo pagato gli 800 euro che volevano e chiuso la faccenda… o almeno così pensavo. Spiego che ho pagato, e il poliziotto mi fa: deve provarmelo, se no le faccio la multa. Io sono organizzato, gli recupero la ricevuta digitale dal cloud, e lui risponde: no così non va bene, io ho bisogno di qualcosa su carta, con un timbro. Purtroppo io non giro con tutta la mia contabilità in auto, così alla fine lui torna in macchina e mi dice di aspettare.

Passano cinque, dieci, quindici minuti, coi miei colleghi tedeschi che ridacchiano e cominciano a fare l’unico commento possibile, cioè “Italia spaghetti, pizza mandolino!”. Alla fine mi chiamano e mi consegnano un foglio compilato in triplice copia a mano, un capolavoro certosino con decine di fittissime righe di dati, e 500 euro di multa. Mi dicono: ma se ha pagato non c’è problema, vada all’ACI entro cinque giorni e le annullano tutto.

Io spiego gentilmente che oggi e domani ho appunto il meeting del mio team, con gli ospiti tedeschi, e poi domani alle 19 ho un aereo per la Colombia e sarò via due settimane per lavoro; ma questo è indifferente, per lo Stato italiano nessuno ha niente da fare se non stare dietro alla sua burocrazia e a enti che scavano buchi per permettere poi ad altri enti di riempirli, giustificando nel frattempo un sacco di stipendi pubblici (ah, ma è colpa dell’euro). Ma non importa: o così, o la multa diventa di 1500 euro.

A questo punto arruolo Elena, che stamattina comincia una trafila per uffici pubblici. All’ACI la mandano via: il fermo amministrativo risulta, è stato messo a gennaio 2016, quindi noi non c’entriamo, parlatene con Equitalia. Allora va da Equitalia, fa una prima coda di due ore, allo sportello le dicono che il pagamento non era valido perché è stato fatto con una compensazione, e c’è una circolare ministeriale (nemmeno una legge) che dice che quella compensazione si può fare solo per certe tasse ma non per altre.

E’ vero, io a ottobre 2015 pagai compensando con un credito IRPEF; l’Agenzia delle Entrate si prese regolarmente gli 800 euro, scalandomeli dai miei crediti; nessuno mi disse niente, e da allora non mi è stato più notificato né alcun debito pendente, né il fermo amministrativo suddetto. Ma a quanto pare Equitalia ha deciso che il pagamento non era valido, ha messo il fermo senza avvertirmi, e se ne è stata ben zitta continuando a far maturare interessi.

Dopo un’altra ora di coda, Elena viene passata a un altro sportello Equitalia, a cui le dicono che è comunque colpa mia, perché io avrei dovuto sapere che anche se lo Stato si era preso i soldi il pagamento poteva non essere valido. Quindi l’unica soluzione è ripagare una seconda volta la cartella con soldi contanti allo sportello (solo bancomat o assegni circolari), poi fare domanda di annullamento del fermo amministrativo, ma nel frattempo pagare anche la multa perché il fermo amministrativo è legittimo anche se non è stato notificato, e poi fare domanda di restituzione del credito che l’Agenzia delle Entrate si è tenuta due anni e mezzo fa, che è “parcheggiato” (parole loro). Naturalmente sulla cartella che io ripago devo aggiungere due anni e mezzo di nuovi interessi, mentre sul credito “parcheggiato”, che sarebbe rimasto “parcheggiato” all’infinito senza essermi restituito, lo Stato non mi riconosce niente.

Io son qui che mi chiedo cose come “come facevo a sapere di non poter usare la macchina se nessuno me l’ha comunicato?”. Alla fine, però, l’unico commento possibile è davvero “Italia spaghetti pizza mandolino”: sperando che prima o poi la Germania ci invada.

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2 commenti a “Italia spaghetti pizza mandolino, ovvero una storia di ordinario delirio fiscale”

  1. MailMaster C.:

    Ho sempre apprezzato il tuo coraggio e la tua scelta di restare in Italia, ma francamente ti capisco sempre meno. Per me questa sarebbe la classica goccia per andarmene.

  2. Marco MOSSO:

    Buongiorno Vittorio, comprendo sfogo.
    Tuttavia mi pare che la norma consenta di non esporre il tagliando di assicurazione, ma di tenere nel cassetto dell’auto copia della assicurazione per eventuali controlli.
    Forse è meglio così, almeno hai scoperto di essere “moroso” a tua insaputa.
    Pensa se avevi un paio di appartamenti intestati a Roma, davanti al Colosseo!

 
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