Pagare le tasse è quasi bellissimo
Tra ieri mattina e stamattina mi sono dedicato alla mia dichiarazione dei redditi online. Bontà loro, il software diventa disponibile dal mese di maggio; anche se la versione online ha tuttora diversi errorini, ad esempio nel testo di accompagnamento di varie caselle e sezioni. Il modo migliore per accertarsene è confrontare col PDF del modello cartaceo, che invece è corretto; sicuramente si tratta di programmatori pigri/affrettati che facendo la nuova versione a partire da quella dell’anno scorso si sono persi alcuni aggiornamenti dei testi, in parte anche ovvi (se sto presentando la dichiarazione consuntiva dei redditi 2018, l’acconto sull’addizionale comunale sarà ben per l’anno 2019 anche se c’è scritto 2018).
Nonostante questo, e nonostante per qualche motivo i moduli online generino un carico di CPU da supercomputer ogni volta che li apri, il meccanismo ormai è piuttosto funzionale, e con lo SPID ci sono sempre più opzioni utili; per esempio ho scoperto quest’anno il portale della tessera sanitaria, che ti permette di vedere in dettaglio tutte le spese sanitarie già inserite nel precompilato, che io verifico una per una con le ricevute che ho in mano e con il foglio contabile in cui le registro durante l’anno.
Insomma: ci son voluti vent’anni (qualcuno ricorda le orride applicazioni Java per Windows di inizio secolo?), ma adesso su questa procedura sembriamo quasi un Paese civile. Quasi, perché comunque farsi la dichiarazione dei redditi in proprio è sempre istruttivo: scopri la marea di bizantinismi e piccoli regali che costano più di quello che valgono, come intere sezioni del modulo riservate solo a chi ha affittato casa ai terremotati ma solo per il terremoto del 2009, o il codice speciale per indicare che le case a Venezia possono pagare un po’ meno di tasse sull’affitto rispetto a tutto il resto d’Italia. Magari, razionalizzandoli un po’ si abbasserebbero le tasse per tutti…