La sinistra baciapile
Ci fu un tempo, tra gli anni ’60 e ’70, in cui la sinistra italiana prese forza rispondendo a una richiesta di progresso sociale. Una parte dei temi erano economici: i diritti sul lavoro, la redistribuzione delle ricchezza tra le classi sociali, le opportunità di educazione e crescita per tutti. Una parte, però, erano sociali; l’Italia era allora una società chiusa e fortemente cattolica, e questo si rifletteva in termini oppressivi sulle donne, sugli omosessuali, sui diversi di ogni genere, a partire dai divieti sul divorzio e sull’aborto.
In quell’epoca fu soprattutto la sinistra ad abbracciare questa battaglia, concentrandola su un principio fondamentale: la laicità dello Stato. Non era un principio nuovo, perché la battaglia per l’affrancamento dalla religione di Stato inizia nell’Ottocento, dopo l’era napoleonica, con la carboneria e con i grandi liberali alla Cavour. Nell’Italia repubblicana, però, l’area laica e liberale è sempre stata molto ridotta; e fu quindi la sinistra a essere determinante.
Fino a vent’anni fa, dunque, ricondurre la religione a un affare privato, garantendo piena libertà di culto a tutti purché nessuno pretendesse di usare lo Stato per imporre il proprio credo agli altri, era una bandiera delle forze di sinistra; e questo ha indubbiamente portato un grande progresso sociale, che si è tradotto in una vita migliore, più indipendente e più libera per tutti. In quell’epoca, un politico di sinistra, pur accettandole, non avrebbe mai esaltato la classica processione della statua della Madonna per le strade, o una pubblica piazza piena di persone in preghiera; perché la religione deve rimanere un affare privato, confinata nelle case e nei luoghi di culto.
Questo, però, è velocemente cambiato negli ultimi vent’anni; e ora siamo ai politici di sinistra che postano citazioni di papa Francesco ogni tre per due, e si esaltano di fronte alle foto della fine del Ramadan, cerimonia religiosa che diventa talmente pubblica da occupare un intero parco e da bloccare il traffico in tutta Torino nord. E sono proprio quelli della sinistra più radicale – e, a Torino, della sinistra del M5S – ad esaltarsi di più; ne sono testimoni le deliranti dichiarazioni dell’assessore Giusta su quanto sia bello e giusto festeggiare la Repubblica in moschea.
Alla fine, questo è un altro effetto del sostegno acritico all’immigrazione senza limiti, per cui l’idea di porre un qualsiasi limite alla pratica pubblica dell’Islam – che è cosa ben diversa dal discriminare gli immigrati – viene equiparata al razzismo; e siccome limitare l’invadenza dell’Islam sarebbe razzismo, ma non si può privilegiare una religione sulle altre, non si può nemmeno limitare l’invadenza della Chiesa Cattolica.
E però, questa demolizione del principo di laicità proprio da parte di chi l’ha sempre sostenuto non è senza conseguenze. E’ un altro tassello della trasformazione della sinistra in una forza conservatrice e reazionaria, non solo sul piano economico, ma anche sul piano sociale; perché la conseguenza dell’accettare la religione nella sfera pubblica è il continuo arretramento sulla libertà e sui diritti di chi religioso non è, un film già visto peraltro negli ultimi decenni in tutto il mondo islamico, da Iran e Afghanistan al Nord Africa, e in tutto l’Est Europa cattolico, a partire dalla Polonia; è l’imposizione culturale, prima ancora che legale, di vestiti sempre più lunghi, di aborti sempre più difficili, di mogli e di figlie sempre più oppresse.
Se la sinistra fa la destra, il risultato è che le elezioni vanno alla destra vera; e se oggi abbiamo Salvini che bacia il crocefisso e prende una marea di voti, è anche per questi vent’anni di progressivo divorzio tra la sinistra e la laicità . Sotto la doppia pressione degli imam e dei vescovi, la società italiana avrebbe davvero bisogno di difendere il principio costituzionale della separazione tra Chiesa e Stato; peccato che non si veda alcuna forza politica intenzionata ad abbracciarlo.