Storie di gioventù e antichi maestri
Nel 1995, da studente ventenne, ebbi la fortuna di succedere a Carlo Chiama nel consiglio d’amministrazione del Politecnico. Spesi così due anni a osservare Rodolfo Zich molto da vicino, in un rapporto di stima e, diciamo così, di affettuosa dialettica.
Io ero già allora un rompiscatole a cui piaceva provocare e che criticava tutto, anche se di certe critiche vado fiero; per esempio, se nell’area del raddoppio del Politecnico non è stato tirato giù tutto ma si è tenuta e ripristinata tutta la parte originale davanti alle OGR, dopo quella della mai abbastanza compianta Vera Comoli c’è anche la mia firma, anche se comportò subire una sfuriata assurda durante una memorabile riunione di consiglio. E come dimenticare quando imbucai una serie di amici studenti in maglietta a un importantissimo incontro riservato con l’allora presidente del consiglio Romano Prodi?
Ma da Zich ho imparato grandi lezioni su come si sta al mondo, e ne cito una: quando il consigliere di Comunione e Liberazione gli chiese di intercedere con Romiti per farsi togliere un rimborso spese di sei milioni di lire che la Ferrari aveva chiesto per esibire una macchina a una manifestazione studentesca, Zich gli rispose “io Romiti lo chiamo per chiedergli sei miliardi, non sei milioni”.
Certo, la cosa evidentemente non valeva nel senso opposto, altrimenti non avrebbe dato il mio numero di telefono di casa a Lapo Elkann perché mi telefonasse intercedendo per far avere fondi studenteschi al giornalino dei suoi amici. Ma questa è ancora un’altra storia.