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Archivio per il mese di Novembre 2020


giovedì 26 Novembre 2020, 18:38

Un discorso razionale contro le restrizioni inutili

La discussione sullo sci e sulle vacanze natalizie, solo temporaneamente nascosta da Maradona, non è ancora arrivata alla fine; adesso, secondo i giornali, il governo pensa di nuovo di bloccare gli spostamenti e di vietare di andare in montagna persino da soli. Lo sci, in particolare, è l’ennesimo capro espiatorio trovato dalla politica per nascondere le proprie responsabilità, la propria incapacità di definire e far rispettare regole logiche e efficaci; eppure, sembra essere di moda criticare anche solo l’idea che ci si possa divertire in questo periodo.

A me questo approccio sembra assurdo, e se lo sembra anche a voi, ecco una comoda guida a come rispondere ad affermazioni che nell’ultima settimana sono state ripetute all’infinito.

“Lo sci è pericoloso, poi con gli infortuni si intaserebbero gli ospedali!”
A parte che l’attività di gran lunga più pericolosa per gli infortuni è stare in casa a cucinare o fare lavoretti, le regole però permettono di andare per divertimento in bicicletta o a fare una corsetta. In zona rossa è permesso persino il free climbing, se stai in un Comune che ha una palestra di roccia all’aperto. Sono tutti sport che, dicono le statistiche, hanno tassi di rischio comparabili o superiori a quelli dello sci. Che cavolo ha fatto lo sci di male per essere trattato diversamente da tutti gli altri sport individuali?

“Eh ma lo sci è una roba da gente della Torino e Milano bene! Allora non è vero che c’è crisi se la gente ha i soldi per sciare!”
Ok, ho capito cosa ha fatto lo sci di male: costa ed è considerato una roba da ricchi, quindi per principio immorale. Ma lo sci non è solo questo, è anche la vita di molte zone di montagna che hanno solo quello per sopravvivere e non spopolarsi; e in montagna c’è molto altro da fare oltre allo sci, quindi non è nemmeno accettabile bloccare del tutto gli spostamenti verso le montagne perché se no la gente va a sciare. Quanto alla crisi, per fortuna che non ha portato in miseria tutto il Paese e che c’è ancora gente che può spendere qualcosa, se no avremmo problemi ancora più gravi di quelli che abbiamo.

“Ma non è credibile che gente che l’anno scorso dichiarava di guadagnare mille euro al mese oggi dichiari di perderne ventimila!”
Non è credibile nemmeno che una persona adulta non sappia distinguere tra utile, fatturato e spese di una attività economica, eppure nel tuo caso evidentemente è così.

“Ma ti pare che in piena pandemia si debba pensare alle vacanze? Infatti le altre attività di divertimento, come i cinema e le discoteche, sono state fermate!”
Le altre attività di divertimento sono ferme perché si svolgono in luoghi chiusi con molte persone insieme, non perché sono di divertimento. L’idea che non ci si debba divertire fin che c’è la pandemia è piuttosto allucinante.

“Invece no, bisogna smettere di pensare al divertimento! Parlate di sci mentre oggi sono morte centinaia di persone, vi vadano di traverso i bastoncini, infami!”
Mi sfugge davvero il legame logico: le centinaia di persone mica sono morte perché sono andate a sciare, sono morte per via dei comportamenti di un mese fa. La questione è se lo sci o la vacanza tra un mese possano aumentare significativamente il numero dei contagi oppure no. Per il resto, seriamente: la gente muore sempre, dappertutto. Ogni giorno nel mondo muoiono circa 150.000 persone, e quest’anno grazie al covid se ne sono aggiunte circa altre 4.000. I lutti fanno parte della vita, toccano a tutti, ma questo non vuol dire che tutto il mondo debba passare tutta la vita in lutto.

“Ok, ma oggi in Italia sono morte 750 persone! E’ come se fossero caduti due jumbo jet!”
Ok, ma ogni giorno in Italia nascono anche mediamente 1200 bambini! E’ come se fossero nati tre jumbo jet! (Scusate la risposta altrettanto insensata.)

“Teniamo le scuole e i ristoranti chiusi e invece permettiamo attività inutili e di puro divertimento!”
Certo, le permettiamo perché hanno un profilo di rischio più basso delle scuole e dei ristoranti. Non si capisce perché o a che titolo dovremmo vietarle. Una delle peggiori stupidaggini della gestione dell’epidemia di questo governo è quello di introdurre spesso divieti senza alcun tipo di correlazione logica con il rischio di trasmissione del virus che le attività vietate comportano effettivamente, a partire dal divieto di uscire dal proprio Comune. In un paese civile, si può vietare solo ciò che presenta una ragione chiara che giustifichi il divieto, non quello che non piace al governo del momento.

“Non possiamo permettere attività che rischiano di creare anche solo un contagio e un morto in più!”
Veramente permettiamo quotidianamente e da sempre di andare in macchina, di bere alcool, di fumare, di fare lavori usuranti in ambienti malsani o pericolosi, di correre sui veicoli in un circuito e di lanciarsi col paracadute dai grattacieli, anche se queste attività provocano ogni anno numeri di morti significativi, in certi casi ben superori a quelli del covid. Ovviamente bisogna prendere tutte le precauzioni possibili per limitare i rischi, ma le attività a rischio zero sostanzialmente non esistono e l’umanità non si è mai fermata per questo.

“Ma allora liberi tutti e facciamo finta di niente?”
No, nessuno ha detto che il covid-19 non esiste, che non si debbano limitare le attività e prendere precauzioni, o che si possa passare il Natale in discoteca. Semplicemente si può fare come altri paesi europei, cioé trovare regole che limitino il rischio ed evitino gli assembramenti. Per esempio, per lo sci si può ridurre la capienza, eliminare le code in biglietteria, garantire le distanze e chiudere i punti di ritrovo al chiuso dove si genererebbero affollamenti. Questi sono i provvedimenti già presi in Svizzera e in Austria, dove le piste stanno riaprendo senza tanti drammi. Basta poi sbattersi a farli rispettare.

“Ma non si può andare a sciare senza assembrarsi! La cabinovia è al chiuso! E poi uno va in montagna ma poi deve andare in albergo, a mangiare al ristorante, a fare l’aperitivo…”
Ci sono stazioni sciistiche che non hanno neanche una cabinovia, solo seggiovie e skilift; e comunque, il tempo di permanenza in una funivia è limitato, certamente più quello che in un negozio o in una metropolitana, la capienza può esserlo altrettanto, e l’aria può essere cambiata semplicemente tenendo i finestrini aperti. Quanto alle attività dopo lo sci, in realtà parecchia gente va a sciare in giornata dalle città. Molta altra gente va in montagna in una seconda casa, sua o affittata; mangia a casa, sta per conto suo e poi va a sciare. Dal punto di vista economico ovviamente sarebbe meglio per le comunità locali se fossero aperti anche gli alberghi e i ristoranti, ma questo dipende dalle normali regole in vigore in tutta Italia.

“Ma non ha senso riaprire i ristoranti a Courmayeur e non a Milano!”
Infatti tutta la discussione nasce dal presupposto che l’Italia stia per ritornare uniformemente zona gialla, quindi con ristoranti aperti normalmente a pranzo e per l’asporto a cena, sia a Courmayeur che a Milano. Ovviamente i ristoranti devono essere trattati tutti allo stesso modo, anche se, come detto, c’è un sacco di gente che va a sciare senza aver bisogno dei ristoranti aperti. D’altra parte, non si capirebbe nemmeno perché concedere di andare al ristorante a Milano e non a Courmayeur, a meno che Courmayeur non vi stia sulle scatole più di Milano.

“Allora va bene però facciamo che se uno si fa male sciando poi non lo soccorriamo!”
Allora non soccorriamo nemmeno chi si è preso il cancro fumando o chi si schianta in macchina, ok? Anzi, a me non piacciono i pitbull, quindi facciamo che se uno viene morso da un pitbull impazzito lo lasciamo lì sanguinante, mi raccomando! Aveva solo da non prendersi un pitbull!

“Comunque non mi hai convinto! Ti aspetto a febbraio, quando ci sarà la terza ondata e sarà tutta colpa della gente come te che ha spinto per andare a sciare!”
Intanto, io non scio da vent’anni e non ci andrò nemmeno stavolta (spero semplicemente di poter passare il periodo natalizio in casa in montagna invece che a Torino), però frequento la montagna e mi dà fastidio vederla maltrattare come una appendice inutile del resto d’Italia, specie confrontando con il trattamento di favore ricevuto dalle spiagge del centro-sud in estate, con tanto di vacanze a spese dello Stato. Dopodiché, quasi certamente a febbraio ci sarà una terza ondata, ma prima di dire che è lo sci a causarla ci andrei piano; mi sembra più probabile che la possa causare l’assembramento nei negozi o un eventuale giro di cenoni al chiuso con venti persone per volta.

“Non è vero, le spiagge estive aperte hanno causato la seconda ondata!”
Mi sembra una teoria un po’ strana, hai dei dati a supporto? No, perché la crescita esponenziale e ubiqua della seconda ondata è iniziata due settimane dopo che sono state riaperte le scuole, non due settimane dopo le feste di Ferragosto. Sono tutte ipotesi abbastanza campate in aria, ma se proprio dovessi ipotizzare una causa specifica…

“Appunto, sarebbe meglio tenere tutto chiuso fino ad aprile, altro che cenoni e shopping natalizio!”
Per quanto mi riguarda potrei anche essere d’accordo, però capisco che sarebbe un disastro epocale per categorie già alla canna del gas: è facile dirlo quando sei un dipendente pubblico e la tua maggior preoccupazione è organizzare uno sciopero il 9 dicembre perché il 4% di aumento non ti basta, è meno facile quando sei un operaio in cassa integrazione dalla primavera e aspetti ancora che l’INPS ti paghi quella di luglio, o quando senza riaprire il negozio non sai più come pagare le bollette di casa e il governo ti promette “ristori” che arrivano poco e tardi o non arrivano proprio, e in più ti prende anche per il culo regalando 500 euro a testa anche a gente senza problemi economici perché si compri la bici da corsa nuova. Detto questo, il punto è un altro: se si decide di riaprire i negozi, i ristoranti e pure le chiese per le messe collettive, non si capisce perché gli unici sfigati debbano essere quelli che vivono di sport invernali all’aperto in montagna. Cosa hanno fatto di male?

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mercoledì 25 Novembre 2020, 23:24

Pensavo fosse ovvio (una esegesi di Maradona)

Pensavo fosse ovvio, ma visto che c’è gente che si lamenta degli omaggi a Maradona dicendo che era un cocainomane evasore fiscale che picchiava la fidanzata, mi tocca precisare quanto segue.

Maradona è una leggenda, è al di sopra del bene e del male e delle leggi del mondo e della fisica, e lo è proprio perché è stato insieme esagerato nel bene e esagerato nel male. Ma lo è anche perché non era malvagio lui, ma piuttosto il male ce l’aveva dentro come ostacolo, era geneticamente stampato nel suo essere piccolo, brutto e figlio delle favelas, con una montagna da scalare solo per avere le stesse opportunità dei nati meglio. Era il male di tutte le periferie del mondo, di tutti gli sconfitti in partenza che una volta su un milione per miracolo, con talento e con furbizia, arrivano in cima; e per questo tutti gli sconfitti del mondo si riconoscevano in lui, e lui in loro.

Inoltre, Maradona – a differenza di altri che sono grandi calciatori e niente di più, da Pelé a Platini, alla cui morte non piangeranno i popoli – è riuscito ad arrivare in cima senza leccare culi, senza accomodarsi col e al potere, senza comportarsi da bravo bambino e sorridere alle telecamere, ma piuttosto abbracciando Fidel e Hugo Chavez e mandando affanculo i giornalisti, ben sapendo che questo lo avrebbe tagliato fuori da tante cose e fregandosene lo stesso.

Io sulla tomba di Maradona metterei una foto come quella qui sotto, quella in cui al mondiale del 2018 fa un doppio dito medio alle telecamere, dopo che l’Argentina a quattro minuti dalla fine ha segnato il gol qualificazione a una di quelle classiche nazionali africane che a ogni mondiale vengono strapompate dai media in nome del politicamente corretto, salvo poi fare regolarmente cagare a spruzzo. Maradona col politicamente corretto ci si puliva il culo, e se questo non vi piace, potete andarvene affanculo anche voi.

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lunedì 23 Novembre 2020, 09:12

Il deposito pieno di tasse

Ho letto sui giornali della petizione di un gruppo di professori universitari torinesi a favore di una tassa patrimoniale sui “paperoni”, anche se poi nel testo si parla anche di una patrimoniale per tutti, ricchi o meno.

Ora, ho grande stima per il professor Terna (meno per alcuni altri firmatari), ma la premessa della petizione non si può proprio leggere.

Innanzi tutto, non si può leggere perché è evidente (a maggior ragione in epoca di Recovery Fund) che quel che manca allo Stato adesso non sono i soldi, ma la capacità di spenderli in maniera utile ed efficiente. L’ultima cosa che ci serve è un’altra tassa per pagare altri bonus bici, altri banchi a rotelle, altre Alitalia e altri redditi di cittadinanza a gente che spaccia o che lavora in nero: prima lo Stato impari a spendere, e poi può venire a chiedere altri soldi.

Poi, mi piacerebbe sapere come potrebbe funzionare in pratica una tassazione della ricchezza finanziaria, e chi colpirebbe davvero. Di sicuro non colpirebbe i “paperoni”, che i soldi li hanno all’estero e/o li hanno sotto forma di quote societarie spesso nemmeno commerciabili (a meno che non pensiamo all’esproprio proletario, ossia ogni anno il 5 per mille della Ferrero diventa “nostro” fin che non l’abbiamo espropriata tutta).

Colpirebbe invece chi ha messo dei risparmi da parte, come se risparmiare invece di buttar soldi in puttanate fosse una colpa da punire. La proposta è lo 0,8% per il 10% più ricco delle famiglie: peccato che siamo un Paese in cui risulti in quella fascia se guadagni quello che in Europa è lo stipendio di un neolaureato (non so a che titolo i proponenti li chiamino “paperoni”). Chissà dove sono tutti gli altri soldi; di sicuro non in mano a chi paga le tasse e tiene i suoi risparmi ben in vista in banca, cioé al target di questa misura.

Ad ogni modo, con una aliquota del genere – non una tantum, ma annuale! – ogni vent’anni se ne andrebbe via un sesto dei risparmi solo in tasse: a parte qualsiasi considerazione etica su un esproprio di tale portata, credo che il giorno dopo vedremmo in televisione la pubblicità delle fiduciarie in Lussemburgo, o degli immobili da reddito in Portogallo o in Croazia.

Ma poi, l’odiosità sociale della proposta è ben riassunta dall’ultima frase della premessa: “chi ha “solo” 20.000 euro in banca dovrebbe pagare 100 euro l’anno”. Questa frase dà davvero la sensazione che per quelli che fanno questa proposta, tutti professori universitari che guadagnano migliaia di euro al mese da stipendi pubblici ipergarantiti, 20.000 euro di risparmi e 100 euro di tasse siano una mancetta trascurabile: “dottò, che te stai a lamenta’ pe’ 100 euro?”. Chi magari si è dovuto sudare quei 20.000 euro in anni di sacrifici da precario o da imprenditore di se stesso, invece… paga cento euro l’anno, che servono anche a coprire quegli stipendi, e sta zitto.

In questo Paese c’è una dicotomia da affrontare urgentemente, sì. E’ quella tra chi si deve guadagnare da vivere con le proprie forze sapendo che al primo rovescio saranno tutti cavoli suoi, e chi ha già un mondo di garanzie, finanziate dai soldi degli altri, e passa il tempo a pensare a come farsene pagare di nuove. Sarà mica che i veri “paperoni” sono loro?

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